giuliano

giovedì 9 aprile 2020

L'OSCURA NUBE VIOLA (6)




















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Circa Viole & Pensiero (5/1)

Prosegue...:

Fra meno di mezzo secolo (7)

& talune analisi...:

di un Breve Dossier.(pandemia & inquinamento)  &...

Lo stato attuale del Pianeta (breve Dossier)













Il contachilometri misurava nove miglia dall’inizio del Viaggio. Ero nelle vicinanze del Polo. Non posso dire quando è iniziato, ma ora sono consapevole di un suono giungermi alle orecchie, distinto se pur vicino, un suono preciso di schizzi fruscianti a tratti, e assordante alternare il Tempo precipitato e conteso, costante ma improvviso, come se non fosse propriamente il voluminoso fragore cui l’orecchio abituato, ma qualcosa di profondamente diverso, regolato da un estraneo principio regolare vista e udito distogliere il naturale meccanico moto cui abituati, per giungere infine simile al rumore di una cascata o di un ruscello.




Cresceva e si ritirava come un respiro!

Mio Dio!

Sì!

‘Qualcosa’ attraverso l’apparente forma di una Cascata o di un Ruscello sembra non adempiere alle reciproche funzioni connesse così come abituati a percepire ed intendere Madre Natura, bensì autonome:  pensare respirare…vivere…




Altre poche centinaia di metri ed intravedo ancora, con il cuore in gola ma il passo spinto meccanicamente dall’istinto mosso dalla curiosità mista a folle paura, un qualcosa assomigliare a delle pietre forse meteore, poi, con mio improvviso orrore, mi fermai ad un lago circolare pulito, limpido, e forse perché l’uomo attraverso il proprio occhio il quale con l’abitudine ogni cosa interpreta nelle secolari immagini di Natura celata e disquisita, cotal Visione sembra non appartenere di comune concerto alla Terra, giacché neppure la limpidezza del mare - glaciale o tropicale - possono appena evocare la spettrale inusuale  Anima della Natura che mi apprestavo scorgere come in balia di un Sogno o all’opposto incubo. Forse perché appartiene ad un qualcosa, o meglio, ad una forma di Vita se non il Principio di questa che mai prima avevamo scorto, oppure solo immaginato…




In ogni cadavere sezionato, in ogni pianta tronco albero ramo e foglia, fiore pietra insetto ed animale, e in ogni inanimato frammento di Terra eppure si scorge, se pur celato, un qualcosa a cui l’uomo sembra abituato, anche davanti o dietro la tela di un quadro, o in laboratorio al microscopio sezionato e scomposto.

Di questo in quell’attimo fui e sono certo!

Forse perché scritto nel mio ed altrui codice genetico, giacché sono sicuro che niente e nessuno mai si sarebbe avvicinato così tanto.




Solo un minuto o un Secolo anche il Tempo sembra (fuggito se pur compagno del mio cammino, ed io fuori da questo, o meglio abbandonato senza neppure scorgerlo nel piacere o terrore reciproco della propria ed altrui realtà da cui l’occhio e la vista e la Vita per ciò di come abituati ad intenderla o ammirarla ed al contrario scrutati dalla stessa…) scomporre le proprie regole e non solo l’ago della bussola impazzito, deambulando come un sonnambulo con solo il mio e lo strano Spirito.

Vivo!

E ondeggiando come una fragile Navicella sospesa in Aria quanto aggrappata alla Terra, nell’orbita impaurita terrorizzata e non certo per la tormenta o il frastuono del ghiaccio, o qual si voglia Elemento calcolato dentro e fuori ogni strumento di bordo, accompagnare l’Infinita Stagione, né Inverno né Primavera, non più Eterna calma o tormento, come abituati a disquisire ed interpretare morte e resurrezione, zero e materia: assordante come l’inizio da cui nato l’Universo precedere il fragore da cui il primo vagito e con lui la vista.




Sì!

Perché speravo di non averla smarrita, e con lei la gravità, nella profonda immateriale cecità da cui nato, e non solo del Tempo, in quella Infinita frazione precedente al concetto di Vista per potere dire o solo calcolare come nata la Vita…  

Più d’ogni silente frastuono, più d’ogni quiete annunziare eterna pace nella bufera non lontano da questo breve perimetro, ed io rappresentare l’intera civiltà della Terra intrappolata fra gli spessi ghiacci, i quali vogliono raccontare qualcosa di loro.

Una Voce mai udita prima, quand’anche pensavamo che la Terra con tutta la sua Natura mai può o potrà non solo parlare ma pensare e disquisire non meno di reagire se non attraverso singoli Elementi sospesi fra la Vita e la Morte incastrati nella materia: un fraseggio interpretato dalla Scienza o Dio, ora però qualcosa sembrava confondere quanto, sia dai Teologi, quanto dai moderni scienziati, se pur divisi per secoli affermano ed avevano affermato…

E annuendo mi alzai, poi caddi svenuto.




In cento anni, suppongo, non dovrei mai analizzare perché svenni: ma la mia coscienza conserva ancora l’impressione di quell’orrido brivido. Non vidi nulla di distinto, poiché tutto il mio essere si agitava e cadde ubriaco, come una trottola nella disperata lotta mortale contro il momento in cui si contrassegna e traballa in modo dissoluto per cadere; nell’istante in cui i miei occhi incontrarono ciò che avevo davanti, lo sapevo, qui era la santità delle santità, il vecchio eterno segreto interiore della vita di questa Terra, che fu ed è un’ardente vergogna a cui assistere per un uomo.

Il lago, immagino, deve essere largo un miglio e il fluido del lago mi sembrava girare con brividi di èstasi, schizzi svolazzanti intorno al pilastro, sempre da ovest a est, nella direzione della rotazione della Terra; un qualcosa differente dal magnetismo terrestre e precedente a quello, non posso assolutamente dire come questo fluido fosse sangue linfa o sostanza di una creatura vivente; ho avuto la netta percezione - più che fantasia - d’una creatura con molti occhi ed un solo occhio, con molti Elementi, ma una sola volontà singola anche se afflitta…




Quello stesso giorno iniziai ad incamminarmi verso la mia strada, e per cinque giorni ho fatto dei buoni progressi. L’ottavo giorno notai, allungato proprio attraverso il orizzonte sud-orientale, una regione di vapore viola oscurare il volto del sole: e il giorno dopo  l’ho vista propagarsi costantemente in ogni direzione…

Cosa poteva essere non l’avevo né capito né intuito.




In seguito attraverso il deserto di ghiaccio ho continuato la mia strada solitaria, con il terrore a tratti deprimente e delirante nel cuore come nella mente alternato da stupende inattese èstasi. Ahimè! È il carico di quella solitudine artica su una povera anima umana. A volte mi sono fermato ad ascoltare a lungo immobile il vuoto silenzio… colmare e formare il vortice del Pensiero divenire Istinto e Ragione: attraverso il Vento, attraverso la quiete dopo una bufera, attraverso tutti i lamenti di ciò che rimaneva d’una Natura moribonda, attraverso le Stagioni alternarsi irregolari camminare lungo il mio stesso cammino. Regredendo se pur avanzando in ugual medesimi evoluzioni da cui sentivo e percepivo o forse’anche scandivo il rumore del Tempo colmare il vuoto apparente dell’Universo intero, e indietreggiando, schiacciato, condividere non più il misero pasto ma il silente Pensiero muto non ancora Parola con i primi esseri compagni del mio cammino, come fu da principio. Brevi momenti e lunghi periodi senza Parole connessi nel remoto principio della Natura intera, guardavo e scrutavo e a tratti contemplavo ciò che ne rimaneva e questa contraccambiava l’istinto di sopravvivenza come ogni specie condiviso dopo un ultimo o primo evento dell’evoluzione della crosta.

Un giorno feci un sogno piacevole.




Sognai di essere in un giardino tuttavia con la stessa cosciente consapevolezza di trovarmi in ugual incubo racchiuso in una tempesta che in realtà soffiava da sud-est sopra il ghiaccio e, nel momento in cui mi svegliai, ronzava per metà, forse facendomi desiderare di trovarmi in un giardino.

Un giardino di pesche ma non sono nel giardino, mi trovo sul ghiaccio. Solo, e con la tempesta che mi  insegue con l’aroma e l’odore di un giardino di pesche in fiore.




Ho aperto gli occhi e mi sono alzato in piedi! Per tutti i miracoli o maledizioni! - Non potevo dubitare – c’è un  aroma come il fiore di pesco. L’aria mi alita dattorno! Prima che potessi raccogliere i sensi persi e stupiti, ho iniziato a vomitare abbastanza violentemente, e allo stesso tempo ho visto alcuni cani scheletrici entro un letto di fiume. Oppure un fiume con degli scheletri affiorare fra costole di sassi sporgenti reclamare l’acqua del proprio inaspettato mutevole martirio anche loro, le immagini si confondevano sovrapponevano in un tutt’uno di cui percepivo il Pensiero. E con la bava alla bocca piena di vomito o di schiuma affiorare vicino alla riva. Per molto tempo fui ammalato e stordito e, al risveglio, trovai due dei cani morti: scheletri come frammenti di sassi sporgere dal ghiaccio e la neve.




Il vento adesso scorre da Nord a Sud.

Da Est ad Ovest.

Ho barcollato, combattendo contro ogni debolezza nella volontà e conferma di voler e poter di camminare ancora, non solo proseguire nella neve o ghiaccio e in ogni deserto, ma solo a stento muovere le gambe di pochi centimetri peggio d’una tormenta di neve e sabbia con cui sono arrivato ed in cui ritorno.

E questo odore non ancora dolore di fiori di pesco, la malattia come la morte: incomprensibile regione posta nella terra di nessuno fra il terrore e la meraviglia, fra il Sogno e il delirio d’una strana psicologia incapace decifrarne la Memoria…




…Due giorni dopo, con estremo identico terrore conferma d’una Visione mi sono imbattuto in un lupo e il suo cucciolo, giacciono morti ai piedi d’un letto di Fiume. Cosa può averli uccisi? Non certo il mio Sogno o l’inguaribile incubo, qualcosa che testimonia e (contrad)distingue grandezza e destino, forza e debolezza, carezza e violenza, vento e brezza, calma e tempesta, vela e mare oceano della Terra…, porto e destino, colono ed assassino, Bibbia e Dio. Sogno e delirio, felicità e malattia, santo e dèmone, connessi o alieni alla materia forza d’un Superiore Spirito… 




In tutti quei mesi il peso di un pensiero mi fece inchinare al calvario e tempio di Dio; accompagnato da ugual medesimo sacrificio, e senza una più che valida risposta all’ossessiva domanda, come la lenta rotazione d’un preciso costante meccanismo non ancora compreso regolare lo Spirito. Ruota nella costante simmetria dell’Anima-Mundi poiché l’orologio biologico si muove su tal ordine di Spirito incarnando tutte le fasi da cui l’Anima immortale procede verso le vaste Regioni e Ragioni antiche della materia approdare ad una riva remota principio della civiltà. Percepisco l’Anima intravista calare dalle vaste distese dell’Universo Infinito ad immagine di Dio con tutte le tesi della stessa nella grande geografia rimembrata, di certo furono molti i panorami dei Principi giacché sto procedendo nel cammino della Storia divenire materia.




La materia ma non il suo Spirito muore, scorgo perire ogni specie, e non solo animale, soffocata in un ultimo rantolo di delirante respiro vomitarne il veleno, urlare un ultima preghiera, tutt’attorno il silente simmetrico odore di pesco innestato chissà in quale giardino.

La Natura deve aver reagito…

Forse solo ora comprendo! 

La polvere, sebbene molto sottile e voluminosa sopra i ponti, giaceva spessa, depositata, e dopo aver effettuato un giro di indagine mi ripromisi di analizzarla, giacché per tutta la nave in cui mi ero imbarcato per il viaggio di esplorazione se ne avvertiva la presenza. Come nelle vaste distese ghiacciate non ancora agonizzanti, solo ferite ma non certo decimate, offese ma non certo uccise, per scoprirle in tutto l’orrore che mi accompagna per questo diario di bordo. 





La prima cosa che ho fatto è stata esaminare quella polvere, ho trovato il mio microscopio nel punto in cui l’avevo lasciato nella scatola nella cabina della nave, anche se ho dovuto sollevare Egan per raggiungerlo e per scavalcare Lamburn per entrare nella sala da carteggio; entrambe morti. Ma lì, verso sera, mi sono seduto al tavolo dello studio per vedere se potevo rilevare qualcosa della polvere, certo comprendo che un odore di fiori di pesco nell’aria, con conseguente morte, può essere associato solo con qualche effluvio vaporoso di cianogeno o di acido cianidrico (‘prussico’) o di entrambi; e quando alla fine sono riuscito ad esaminare un po’ di polvere al microscopio, non ero affatto sorpreso di trovare, tra la massa generale di cenere violacea, un certo numero di particelle di colore giallo brillante, che potrebbero essere solo minuscoli cristalli di potassio ferrocianuro.




Come mai il ferrocianuro di potassio a bordo del Boreal, non lo sapevo e non avevo né i mezzi né la forza della mente, ahimè! per immergersi ulteriormente nel mistero. L’ho capito solo da alcuni straordinari eventi da cui il mio Viaggio, eventi protratti da alcuni decenni ad indicare l’aria appena a sud della regione artica  irrimediabilmente impregnata di un vapore identificato cianogeno, o alcuni derivati di cianogeno; inoltre, questo vapore mortale, che è molto solubile, ormai si è sciolto dal mare come nello spazio (probabilmente compiendo un ciclo compromettente per l’intera Vita), lasciando solo il suo leggero profumo; vedendo tutto ciò, ho lasciato cadere la mia povera testa abbandonata sul tavolo, e per lunghe ore mi sono seduto lì a fissare il vuoto che si era formato fra me e la Vita, adesso comprendevo la Visione del lago chiedere aiuto…
   



Scriverò degli ‘effetti’ d’uno o più eventi osservati simmetrici fra loro circa una certa ostilità nell’‘umore’ degli Elementi evolversi continuamente ed impropriamente.

Le tempeste mutate e rilevate nei grafici di bordo come una furia che vuol reagire contro un falso creatore divenire molto più infuriate, mi ricordano l’ululato di un lupo – che, come annotato - lo trovai morto, ebbene ululava non come solitamente udito ma con una frequenza e disperazione qual voce di quella mente del lago e nel qual-tempo simmetrico annunziare tempesta.

…Più che un ululato sembrava un ultimo disperato richiamo d’aiuto, come un naufrago che per grazia del Dio che l’ha creato, scrive il suo messaggio o geroglifico sul ghiaccio…




…Il mare più truculento e illimitato nella sua irruenza, l’invincibile possente bianca balena ritratto di un’èra mai tramontata forza e destino d’ogni nave affrontata nella vendetta consumata, ora decimata peggio dei resti della battaglia vinta, di certo oggi  dipinge immacolata tristezza quale ultimo destino e testamento e non solo della sua specie ma della vita intera… 

Da tutto ciò una tempesta tuona con un veleno nuovo ed inaspettato, infrangendosi e spezzandosi come se volesse  spazzare il firmamento intero, urlando attraverso il paradiso dei cieli come se ruggisse per divorare ogni cosa.




Il ghiaccio rompersi all’improvviso aprirsi inaspettato ed il mare attorno allo scheletro del cetaceo, in lontananza, lascia intravedere quasi un miraggio: cascate non più precipitare ma esplodere entro il mare come se la doppia visione percepita a bordo descrivesse un improprio delirio per un nuovo tramonto, per chi l’ha seminato non meno per chi ora ne scrive e narra la collera. Ed il rumore che ne deriva - simmetrico ai sismografici costantemente rilevati – evidenziare costanti crepe e fratture in ogni luogo di ciò che una volta doveva essere una Terra un Continente, alla deriva  precipitato, nel processo inverso in cui nato.

Sono svenuto al pavimento e non solo per l’ordinato profumo di pesco…




…Sono convinto che entro cinquant’anni enormi forze della Terra precipiteranno senza nessun ordine come fu all’inizio e come si mantiene l’apparente disordine della Terra, ‘apparente’ mi ripeto perché con il Tempo sino al momento di questo breve Frammento e diario che spero, qualcuno sopravvissuto, un domani successivo a questa Apocalisse raccoglierà. Il fine si è mantenuto entro il perfezionamento dell’evoluzione, e non come a tutt’oggi del mio scrivere, il contrario e l’opposto…




La Terra è tutta nel mio cervello, il solo mio sogno e folle immateriale destino: alba e tramonto, èstasi e martirio, incubo visione e folle delirio divenuto desiderio; ed anche se aspiro all’Infinito in quanto in Lei per sempre contemplerò quanto Creato nella più perfetta simmetria d’ogni Elemento di nuovo nato; risorgerò per crearla più luminosa e bella di prima, per fondarla più perfetta di pria rinunziando ad ogni limitante perimetro gravitato nella geometrica orbita d’ogni dottrina; e coniarla libera con il motto di Giano rinato Re d’ogni più Elevato Pensiero divenuto ideale di Vita al riparo da ogni inutile martirio; tutto il resto frutto dell’Anima ad immagine di Dio come dell’Universo intero, Madre dalla mente oscura, con i desideri appassionati di infinito: Dèi e Dio, oracoli e profeti, credenti e martiri, pagani e cristiani, uniti e congiunti con il Sole e la Luna strette nelle mani dissetare pregare e creare l’oggi per il domani sulle glorie di ieri, rinunziando alle inutili ceneri; rinunziando ad ogni Sacrificio croce martirio e morte d’ogni Dio offeso e vilipeso. I tuoi rimpianti e potenti dolori Terra io curerò, anche se un Re, unico testimone dei tuoi tremendi tetri dolori devo far risorgere dall’umiliazione in cui costretto…, ogni celato peccato in cui l’intero Creato… consumato e precipitato…

…Nell’Abisso ove non si scorge il fondo solo per pronunziarlo…

(Ispirato da M.P. Shiel, La Nube Purpurea)










   

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