giuliano

mercoledì 22 aprile 2020

UNA PRIMAVERA SILENZIOSA (13)






































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Una favola che può diventare realtà…

C’era una volta…

...una città nel cuore dell’America (ma non solo lì) dove tutta la vita sembrava scorrere in armonia con il paesaggio circostante. La città si stendeva al centro d’una scacchiera di operose fattorie, tra campi di grano e colline coltivate a frutteto dove, di primavera, le bianche nuvole dei rami in fiore spiccavano sul verde dei prati.

In autunno le  querce, gli aceri e le betulle si vestivano di un fogliame rosseggiante che lampeggiava come fiamma tra le scure cupole dei pini. Era quello il tempo in cui le volpi ululavano sulle colline e i daini scorrazzavano silenziosi nella campagna, seminascosti dalla bruma del mattino.




Lungo le strade, siepi di bosso e di alloro, ontani, felci giganti e fiori selvatici rallegravano l’occhio del viandante per buona parte dell’anno. Perfino d’inverno i bordi delle strade avevano una loro particolare bellezza, perché innumerevoli uccelli si abbassavano sulla terra per nutrirsi delle bacche e delle gemme rimaste sui rami sporgenti dalla neve.

La regione era famosa, infatti, per l’abbondanza e la varietà degli uccelli che vi stanziavano e, quando gli stormi migranti arrivavano e ripartivano in primavera e in autunno, la gente veniva da grandi distanze per assistere al loro passaggio. Altri visitatori venivano a pescare lungo i corsi d’acqua che scendevano limpidi e freddi dalle montagne; qui, in punti ombrosi e profondi, le trote deponevano le uova.

Così era sempre stato fin da quando, molti anni prima, i primi coloni avevano edificato le loro case, scavato i pozzi e costruito i fienili.




D’improvviso un influsso maligno colpì l’intera zona, ed ogni cosa cominciò a cambiare. La popolazione cadde sotto il potere di una diabolica magia; genti e pollame furono decimati da misteriose malattie; i bovini e le pecore si ammalarono e perirono.

Dappertutto aleggiava l’ombra della morte.

Ogni giorno, nelle campagne, i contadini parlavano di malanni che colpivano le loro famiglie. Nelle città i medici erano costretti a far fronte sempre più spesso a malattie nuove che colpivano i loro pazienti. Si andavano verificando subitanei ed inesplicabili decessi non soltanto tra gli adulti, ma anche tra i fanciulli: fanciulli che venivano ghermiti improvvisamente dal male mentre erano intenti a giocare e non sopravvivevano più di qualche ora.

Si trattava d’una singolare epidemia.




Gli uccelli, per esempio: dov’erano andati a finire?

Molta gente ne parlava con perplessità e sgomento; nei cortili non se ne vedeva più uno in cerca di cibo. I rari uccellini che si potevano vedere erano moribondi; assaliti da forti tremiti, non potevano più volare.

La primavera era ormai priva del loro canto.

Le albe, che una volta risuonavano del gorgheggio mattutino dei pettirossi, delle ghiandaie, delle tortore, degli scriccioli e della voce di un’infinità di altri uccelli, adesso erano mute; un completo silenzio dominava sui campi, nei boschi e sugli stagni. Nelle fattorie le chiocce continuavano a covare, ma nessun pulcino nasceva. I contadini si lamentavano perché non riuscivano più ad allevare i maiali: infatti ben pochi porcellini venivano al mondo, ed anche quei pochi sopravvivevano per breve tempo.




Giunse per i meli la stagione della fioritura, ma le api non danzavano più fra le corolle; non vi fu quindi impollinazione e non si ebbero frutti. I bordi delle strade, prima tanto attraenti, erano adesso fiancheggiati da una vegetazione così brulla ed appassita che sembrava devastata da un incendio.

E pure qui regnava il silenzio e si notava l’assenza di un qualsiasi segno di vita. Anche i corsi d’acqua erano rimasti spopolati. Ed i pescatori li disertavano giacché tutti i pesci erano morti. Nelle grondaie e tra le tegole dei tetti apparivano le tracce d’una polvere bianca e granulosa; essa era caduta come neve, qualche settimana prima, sulle case e sulle strade, sui campi e sui fiumi.

Nessuna magia, nessuna azione nemica aveva arrestato il risorgere di una nuova vita: gli abitanti stessi ne erano colpevoli.




Una città come questa non esiste nella realtà, ma la si può ricostruire prendendo come esempio migliaia di località in tutto il mondo. Nessuna comunità - per quanto ne sappia - è stata finora bersagliata dal complesso di sciagure che ho qui descritto, tuttavia ciascuna di queste calamità ha davvero fatto la sua apparizione da qualche parte, e molti popoli hanno già subìto le conseguenze d’un buon numero di esse.

Anche se inavvertito, un truce fantasma cammina al nostro fianco, e la catastrofe qui prospettata può facilmente diventare una tragica realtà.

Perché tacciono le voci della primavera in innumerevoli contrade?

E’ quanto cercherò di spiegare...




La storia della vita sulla Terra è la storia dell’interazione tra gli esseri viventi e la natura circostante. L’ambiente esterno ha avuto una grande importanza nel plasmare la morfologia e il comportamento del regno vegetale ed animale. Al contrario, da quando la Terra esiste, gli esseri viventi hanno modificato l’ambiente in misura trascurabile.

…E soltanto durante il breve periodo che decorre dall’inizio di questo secolo ai giorni nostri, una sola “specie” - l’uomo - ha acquisito una notevole capacità di mutare la natura del proprio mondo.

Nel corso degli ultimi 25 anni questo potere non solo è diventato tanto grande da costituire un pericolo, ma ha assunto anche un aspetto completamente nuovo. Il più allarmante assalto, fra tutti quelli sferrati dall’uomo contro l’ambiente, è la contaminazione dell’aria, del suolo, dei fiumi e dei mari con sostanze nocive e talvolta mortali.




Questo inquinamento è, nella maggior parte dei casi, irreparabile; le sequenze di reazioni da esso scatenate, sia nel mondo che deve alimentare la vita, sia nella vita stessa dei tessuti, sono per lo più irreversibili. In questa contaminazione ormai universale dell’ambiente, gli agenti chimici diventano sinistri, e non sempre noti, coadiutori delle radiazioni nel trasformare la natura reale del mondo - la natura reale della vita.

Lo stronzio…, sprigionato da un’esplosione nucleare nell’atmosfera, scende sulla terra insieme con la pioggia oppure, per spontanea ricaduta (fall-out), si deposita al suolo, è assorbito dalle erbe, dal frumento e dal granoturco, ed infine prende stabile dimora nelle ossa dell’uomo, dove resta finché c’è un alito di vita.




Analogamente, certe sostanze chimiche irrorate sui terreni coltivati, nei boschi e nei giardini restano per lungo tempo sul suolo, e penetrano negli organismi viventi, che si contagiano l’un l’altro in una incessante catena di intossicazione e di morte. Oppure esse filtrano misteriosamente nelle correnti sotterranee per riemergere più tardi e, grazie alle trasformazioni operate dall’aria e dalla luce solare, combinarsi in nuove forme che uccidono la vegetazione, ammorbano il bestiame e diventano un’ignota minaccia contro la vita di coloro che si avvicinano ad una fonte per dissetarsi.

“L’uomo”,

come ha detto Albert Schweitzer,

“riesce raramente a ravvisare gli aspetti diabolici delle proprie creazioni”.




Sono state necessarie centinaia di milioni d’anni perché la vita sulla Terra assumesse la forma che oggi conosciamo - un enorme lasso di tempo in cui lo sviluppo, l’evoluzione e la differenziazione delle specie ha raggiunto uno stadio di adeguamento e di equilibrio con il mondo circostante.

L’ambiente, che plasmava e regolava la vita, conteneva elementi utili per certi aspetti, ma pur ostili allo svolgersi di essa: certe rocce emettevano radiazioni pericolose; anche nella luce solare erano presenti raggi di piccola lunghezza d’onda, particolarmente insidiosi.

Ma, con il passare del tempo - un tempo che non va misurato in anni, ma in millenni - la vita vi si è assuefatta e ha raggiunto l’attuale equilibrio. Giacché il tempo è un fattore fondamentale; ed è proprio il tempo che manca nel mondo moderno. La rapidità dei mutamenti in atto e la velocità con cui si producono situazioni sempre nuove derivano non già dal susseguirsi degli eventi naturali, ma dalla smania violenta ed avventata dell’uomo.




Le radiazioni non sono più soltanto costituite dalle radiazioni di fondo sprigionate dalle rocce, o dal bombardamento di raggi cosmici, o dalle radiazioni ultraviolette della luce solare che esistevano anche prima della comparsa di qualsiasi germe di vita sulla Terra; sono ora il frutto innaturale della manomissione dell’atomo da parte dell’uomo.

Le sostanze chimiche alle quali la vita ha fatto ricorso per raggiungere il suo assetto attuale non sono più soltanto il calcio, il silicio, il rame ed i minerali provenienti dalle rocce e trasportati dai fiumi verso il mare; oggi esse sono ottenute per sintesi grazie all’inventiva umana, nascono nei laboratori scientifici senza che ne esista un corrispondente in natura.

Per assuefarsi a queste sostanze chimiche sarebbe necessario un periodo di tempo misurabile sulla scala degli eventi naturali; occorrerebbero molte generazioni e non già i pochi anni della vita di un uomo.




Ma, quand’anche - per un miracoloso concorso di circostanze - si realizzasse questa eventualità, si tratterebbe pur sempre di un beneficio fittizio poiché, frattanto, i nostri laboratori continuerebbero a produrre incessantemente altre nuove e pericolose sostanze; basti pensare che, soltanto negli Stati Uniti come in Cina, ogni anno cinquecento di esse trovano una loro possibilità di impiego.

La cifra è sbalorditiva, anche se non se ne afferra completamente il significato: 500 nuove sostanze chimiche ogni anno, alle quali il corpo degli uomini e degli animali deve in qualche modo assuefarsi; e, per di più, sostanze chimiche completamente estranee a qualsiasi esperienza biologica.

Tra esse, molte vengono usate nella lotta condotta dall’uomo contro la natura.




Dal 1945 in avanti, più di 200 composti sono stati creati per estirpare erbacce e sterminare insetti, roditori ed altri organismi che, nel linguaggio dei nostri tempi, vengono considerati “pestilenziali”: 200 composti messi in vendita con migliaia di differenti marchi di fabbrica. Da allora queste irrorazioni, polverizzazioni e vaporizzazioni vengono praticate universalmente nelle colture agricole, nei giardini, nelle foreste e nelle abitazioni; e si tratta di prodotti non specifici che sterminano tutti gli insetti, “buoni” e “cattivi”, che impediscono agli uccelli di cinguettare ed ai pesci di guizzare nei fiumi e nei torrenti, che coprono ogni foglia d’una pellicola mortale e si depositano al suolo.

Tutto ciò nell’unico intento di distruggere poche specie di gramigna e di parassiti. C’è mai qualcuno disposto a sostenere che sia possibile disseminare una tale quantità di veleni sulla superficie…

(R. Carson)











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