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Cercatori d'oro (27)
Prosegue con...:
I cercatori d'oro (29)
& Il capitolo completo (30)
& La grande 'depressione' (31/2)
Al
principio della mia esistenza nata all’orfanotrofio, fui introdotto a una
specie di ‘vita in transito’, passando da un ‘guardiano’
all’altro, da uno spettatore all’altro, da un idiota all’altro, mentre i legni
veniva caricati su battelli a vapore del Mississippi.
In effetti,
si trattava piuttosto di un continuo passaggio approssimativo di brevi
palcoscenici, brevi seppur eterni ritratti, comunque molto distanti dalla mia
città natale in Ohio… o in qualsiasi parte del mondo…
E ho sempre
pensato che non ci sarebbero stati così tanti ‘frammenti
figurativi’
‘personaggi da palcoscenico’ ‘caratteriali comparse’ che potevano essere trascurati ed attraverso i
quali, osservandoli, navigo il difficile Fiume della Vita; ed ora lo confesso,
mi sono dilettato attraverso la ‘maschera’ di quei lineamenti, e se i passaggi
non fossero stati così ampiamente ispirati da questi personaggi da teatro:
caricature di se medesimi pur atteggiandosi ad altri; sarei regredito ad un
improprio palcoscenico.
Questione
di stile!
Questione
di intelligenza!
Tutto è Teatro
in questa loro comparsa, a noi l’intelligenza o al contrario l’idiozia della
(loro) maschera restituita e riflessa nello specchio del delirante ‘atto’ della
Storia…
Alla fine,
all’età di otto o nove anni, fui spedito a Buffalo, New York, per essere iscritto
a scuola.
Sono stato
mandato lungo il lago Erie da Toledo, a bordo del vecchio piroscafo Indiana,
comandante del capitano Appleby.
Molte Anime
che affollano il Fiume ricorderanno questo mestiere, il primo con cui mi sono
dilettato, e da parte mia ora ricordo il ‘nobile indiano meccanizzato’ con cui
attraversare il Fiume di Anime, mentre si trova a cavalcioni nella solitaria
catasta di fumo che lentamente penetra l’alba come il tramonto. Anche un magro
gruppo di ‘ottoni’, in posa e seduti vicino a lui come la generosa usanza di
quei giorni, ed imbarcato al piroscafo durante il viaggio si ode musica fine,
oppure, suono scomposto e sgradevole, sapete… dipende molto dal ‘copione’
recitato.
Dallo
stile.
Dalla
Compagnia del teatro!
Dipende
molto dal regista della nuova Compagnia!
Ad uno
sguardo più attento, il coraggio attenuato e affumicato della mia èstasi
giovanile, ahimè! sembra più una sagoma indifferente intonacata e belligerante
contro il cielo; ma è stato il primo pezzo di statuaria bellezza colta che
abbia mai visto e sentito; e il Belvedere di Apollo, a Roma, o l’orchestra di
Strauss, guidata da lui stesso, a Vienna, non ha mai suscitato in me così tanti
brividi di ammirazione.
Trascorsero
molti mesi prima che quell’indiano di spessa lamiera smettesse di navigare di
giorno come di notte attraverso una nuvola mista di fumo di carbone e musica d’ottone,
nei miei sogni da ragazzo.
Il lago era
straordinariamente calmo e l’intero passaggio per Buffalo è stato, per anni,
uno dei miei ricordi più piacevoli. In quel Viaggio, senza dubbio, fu
generato il primo amore per i battelli a vapore, il cui frutto maturò poco dopo
nelle avventure che sto per raccontare. Ma questo affetto sconfinato per le
specie di imbarcazioni in questione mi consente di ricordare, come si vedrà
direttamente, i nomi di tutti i vecchi piroscafi da lago e di Fiume che avevano
a che fare con la mia infanzia.
Senza
manifestare un compassionevole sentimento che sono sicuro non commuove o
commuoverà alcuno, nel narrarvi dei due o tre miserabili anni trascorsi in
compagnia di questi teatranti, futuri razzisti di ben altre commedie non più
recitate per ampie platee.
Ho avuto
presagi della mia prima visione del grande Mississippi e del funzionamento
pratico della legge di Lynch allo stesso tempo nella notte del nostro avvento
al ‘Cairo’ ben illuminata dai fuochi di una magistrale esecuzione.
Un negro, a
quanto pare, era il proprietario o il locatario di una vecchia barca del molo
che era stata ormeggiata all’argine di quella città adibita ad uso di sala da
gioco. Il comitato di vigilanza, che allora governava il Cairo, si era spesso
sforzato di catturare il negro e di sottoporlo a processo; ma lui, astuto,
aveva passaggi segreti da una parte all’altra del molo, con cui sfuggiva sempre
ai suoi inseguitori.
Non avendo
dubbi sul fatto che fosse colpevole di diversi omicidi, i vigilantes, nella
notte del nostro arrivo, erano scesi sull’argine, duecento o trecento, armati,
ben equipaggiati e determinati a catturarlo. In risposta alle loro convocazioni
non ricevettero altro che insulti dal negro, ancora fuori dalla vista e al
sicuro in uno dei suoi nascondigli.
A un dato
segnale la nave del molo fu incendiata e fu lasciata andare alla deriva, e
mentre galleggiava nella corrente, i vigilantes la circondarono con piccole
imbarcazioni, e con i fucili pronti per impedire la fuga del negro.
Quando la
barca del molo era nel Fiume, il negro apparve audacemente nel luogo che, nel
mezzo di tutte le imbarcazioni fluviali di quel tipo, veniva lasciato aperto
per l’accoglienza e lo scarico delle merci. E ora si verifica una scena, così sensazionalmente
drammatica, così facilmente adattabile al palcoscenico di questi ultimi giorni,
che non avrei il coraggio di metterla in relazione con la verità se non avessi
assistito ai miei occhi.
Il negro
non è stato catturato fino a quando non ha rotolato un grosso barilotto di
polvere nel mezzo dello spazio aperto appena menzionato. Mentre si trovava alla
luce della sua nave in fiamme, la gente delle piccole barche nel fiume poteva
vedere che aveva un moschetto armato ed il barilotto di polvere. Quindi il
negro li sfidò a salire e prenderlo, versando su di loro allo stesso tempo
orribili giuramenti e maledizioni che raramente provengono dalle labbra dell’uomo.
Le piccole
imbarcazioni mantenevano ora una distanza adeguata, i loro occupanti si
preoccupavano solo di impedirne la sua fuga in acqua. Mentre le fiamme si
addensavano attorno a lui, il negro si fermò, fluttuando nell’oscurità che
avvolgeva il maestoso fiume, con il suo moschetto carico e con il barile
di polvere dinamitarda, imprecando e sfidando i suoi carnefici. Abbiamo udito l’esplosione
lungo il torrente e abbiamo visto affondare la barca del molo.
Il giorno
dopo parlai con il capo della Compagnia sulle piccole imbarcazioni, un omino
basso e robusto, con un occhio penetrante. Ha detto che non aveva il cuore di
sparare al negro, perché ha mostrato un tale coraggio. Confessò persino che,
per lo stesso motivo, si sentiva quasi dispiaciuto per la vittima, dopo che l’esplosione
lo aveva portato nell’eternità.
Un vecchio artista
arriva a guardare i modi, ora silenziosi ora confusi e pazzeschi, che da
quell’apparente silente perbenismo derivano, ‘figura scenica’ della vita
ordinaria con tutto l’orrore dei suoi volti, dipinto e scolpito come una
maschera della tragedia greca e con essa della Vita. Con i suoi costumi, i
luoghi, con i suoi teatri, ispirando lo stesso tipo di desiderio ed interesse
romantico con cui una certa specie di giovane immagina guardare sempre all’impossibile
gloria di viaggiare in una più profonda realtà naturale irrimediabilmente
dismessa e persa.
…Va da sé
che fra il naturalista e l’artista corre un filo antropologico nonché
scientifico. E quando ricordiamo i detti ‘pagani’ inscenare danze propiziatorie
in onor della loro Natura così pregata, imitandone scene e più naturali
profili, anche l’artista sciamano cerca adempiere ad ugual medesimo rito e
funzione, nel riproporre quei ghigni quei musi quei volti quei costumi sociali…
Con molte
delle Compagnie con cui abbiamo viaggiato il nostro compito antico, e pur se
insceniamo l’orrore sociale, per ogni maschera interpretata, corre tanta
differenza fra la bellezza della natura e da tutto ciò che da lei deriva…
(Ralph Keeler)
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