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Di un Italia ancora da fare (24/5)
Prosegue con...:
Io era già
inconsciamente educato al culto dell’Eguaglianza
dalle abitudini democratiche dei due miei parenti e dai modi identici che essi
usavano col patrizio e col popolano: nell’individuo essi non cercavano
evidentemente se non l’uomo e l’onesto. E le aspirazioni alla libertà, ingenite
nell’animo mio, s’erano alimentate dei ricordi di un periodo recente, quello
delle guerre repubblicane francesi, che suonavano spesso sulle labbra di mio
padre…
…Assieme alle
Storie di Livio e di Tacito non meno quelle di Giuliano che il mio maestro di
Latino mi faceva tradurre, e della lettura di alcuni vecchi giornali da me
trovati semi-nascosti dietro ai libri di medicina paterni, fra i quali ricordo
alcuni fascicoli della Chronique du Mois
pubblicazione girondina dei primi tempi della Rivoluzione di Francia.
Ma l’Idea che v’è un so’ che di guasto nel
mio paese contro il quale bisognava lottare, l’Idea cioè che in quella lotta io avrei potuto far la mia parte,
non mi balenò sino al giorno che ebbi modo di incontrare dei veri oppositori.
O meglio,
ora che ricordo uno solo di loro!
Per il vero
procedeva - e non certo volava sulle note di un più elevato Pensiero, giacché
se ciò lo tenta e sprona nel naturale desiderio se pur immobile nella medesima certezza di un
cacciatore, o critico, del nuovo antico progresso per sempre assiso nel
palchetto concesso sulla vasta platea; dirigersi - come dicevo - verso una più
che calcolata cella e non più guerra, penso che questa eterna condizione
l’abbia abdicata ai suoi nemici i quali sanno ricavarne giusto margine di
profitto in ogni Impero ove si è imprigionati, non più verso l’esilio, ma cella
ove ogni Manoscritto vittima della
secolar grammatica con cui posto all’Indice di una Storia interdetta.
Ricordo
questo esule contrario alla sua patria, si incamminava verso una perigliosa Cima, dacché meditai che anche lui deve
avere un amore, lo stesso, per l’Uguaglianza
e la Libertà ove sempre minacciata e reclusa.
In quel
giorno ho meditato che avrebbe potuto scegliere l’esilio, ma costui il quale mi astengo nel nominare, si avviò alla
calcolata reclusione per dimostrare che l’Ideale
merita ancora Sacrificio.
Mi debbo
ravvedere circa la paradossale condizione in cui posto dalla mia stretta cella
il meditato egoistico Sacrificio, giacché costui avrebbe
potuto comodamente contrastare l’avversato principio in ogni patria ove non
gradito… il Tiranno…
…Non
volendo interpretando un paradossale soggetto (& sceneggiatura) con il
dovuto abito di Scena grato ad ogni Tiranno…
se pur avversato…
La
condizione amletica del Primo Atto assume dovuta consistenza!
Il
paradosso della sottile critica la abdichiamo alla rappresentazione storica…
Ma come il
sottoscritto - il soggetto facente parte della Memoria deve palesarne l’Ideale
che al meglio la contraddistingue nella storia genetica di cui smemorata, e non più rinchiuso
nell’egoismo dell’uomo, semmai indicare l’altrui delirio sfociato nel più vile egoismo,
con cui ogni Tiranno cinge e confonde
l’urgenza del proprio concetto di patria barattata e ancor più confusa al bene (o
convenienza) individuale della propria personale ricchezza… nella correttezza
della Scena posta…
Incaricata dallo
sforzo di ogni Compagnia con l’Economia sovrintendere - per inteso e
sottinteso - ogni palcoscenico interpretato - quindi - sfarzosamente
rappresentato per il bene, almeno così dicono, del beneficio d’ogni singolo
spettatore colmare e saziare la vasta platea…
La
rappresentazione scenica della stessa richiede non più il libretto digitalizzato
estraneo all’Atto, semmai il vecchio libretto in uso ad ogni Teatro ove non
solo la grande lirica assume la
propria alta espressione…, ma come già espresso, la stessa Scena colmare - in ogni Impero
ove rappresentata con le innumerevoli repliche - la grande lacuna di cui la Verità povera e per sempre imprigionata…
Costui,
dicevo, lo incontrai una mattina, andava a combattere la sua Guerra, senza odio
alcuno eccetto la secolare volontà, affine alla mia, di poter indicare al mondo
intero il Tiranno.
Ho meditato
a lungo tal scelta, dacché individuata la patria comune di intenti ho offerto l’umile
ricordo, giacché la ricchezza confusa in nome di un falso ideale scritto
nell’economia, oggi più che ieri, nonostante le apparenze, regna incontrastata.
Possiamo conoscere così i Tiranni, ed indicare ciò che al meglio li
contraddistingue e divide ma quantunque unisce.
L’Ideale del falso progresso congiunge e
mai divide, ed ogni finalità scritta nel presupposto dell’Economia ci suggerisce che la Tirannia
mai sconfitta, regna solo la parvenza d’uno specchio deformato e illusorio, conferendo
di rimando l’abito ben indossato coprire le nude membra di ugual immutato
corpo.
L’immutato - in verità e per il vero - medito!
Giacché in
quella patria ove l’Esule va combattendo
la secolare guerra di un Pensiero per
sempre imprigionato, regna altrettanta ugual dittatura donde proviene l’istinto
motivato.
Dacché ne
ho sinceramente meditato la Storia.
La Storia - per il vero - di determinati grandi Imperi, i quali, pur le travagliate
vicissitudini, comporre Libri e Tomi
con vaste Biblioteche custodirne -
offenderne - se non addirittura celarne la Memoria
ivi custodita; non hanno mai posto dovuta sufficiente attenzione al
ragguardevole uso della ‘moda’ -
specchiata e riflessa - nel corpo imbalsamato (nonché ibernato) e numerato, se pur
convinto del cambio di ‘scena’, in
realtà indossare medesimi costumi dal primo all’ultimo suo ‘atto’…
Ben rilegato ed impaginato…
L’Esule come il medesimo che scrive, incarna
un medesimo Tempo rappresentato e
giammai mutato, il grande palcoscenico che andrà a calcare con la vasta platea
talvolta digiuna circa la vera Storia,
comporre l’immutato non più inscenato ma la deviata natura di cui l’uomo.
Alla fine
della mia difficile e perigliosa Vita
ne meditati la piccola statura!
Se pur gli
interpreti diversi sussiste sempre medesima condizione o illogica natura
contrastata; ed un ‘interprete’ dell’Ideale il quale ‘indossa’ - e non più da
provato ‘attore’ -, il Dramma rappresentato ed incarnato quale
forma di più elevata Natura la qual
impone l’Opera inscenata, e non certo per proprio Egoismo affine alla ricchezza come ebbi a meditare, ma l’altrui
corrotto privato egoistico delirio contrario ad ogni Natura trascesa ed
interpretata dall’ideale umano.
Un tempo
antico avremmo potuto contraddistinguerlo con la Tragedia, nel quale si cercava di indicare ed interpretare al
meglio la Tirannia detta.
In siffatto
vasto Teatro ove il proscritto
incontrato nella medesima ugual mattina avviarsi al compimento della Tragedia in ogni Impero rappresentata, i
valori del Tempo posto con le proprie rappresentazioni suddiviso
in ‘atti’, indossati (giammai possiamo dire mascherati) con ‘costumi’ in vasti panorami per al
meglio raffigurare le ‘scene’
rappresentate, ed altresì accompagnate da un orchestra sontuosa; medesime, statene certi attenti
osservatori nonché prolissi custodi della Storia
ivi rappresentata!
Dacché quel
che ne risalta, oltre la mancanza di originalità ed intelletto, anche un apparente
cambio di costumi ove la ‘Scena’ non
riesce a mutare la Dottrina per sempre inscenata.
I monologhi
di talune amletiche pretese poco comprese nella Follia rappresentata e tenuta ben reclusa per ciò cui intravede il
regnante assiso al doppio spettacolo offerto dalla Compagnia: la Tragedia interpretata smaschera l’inganno
e non più l’eterna pazzia per sempre imputata in siffatto Teatro…
Il Teatro sì vasto ed impareggiabile in
sontuosa rappresentazione, là ove regna ogni grande o piccolo Impero con il suo monarca o tiranno ben
assiso al proprio secolare palchetto specchiarsi nell’Opera offerta, se sia uno Zar o un gerarca di partito regna più
fitto mistero con cui accompagna l’inchino di proclami volti alla vasta platea
che lo applaude ringraziandolo dell’immutata
Scena; se ci fate caso, pur la Sinfonia unica impareggiabile con note
di Libertà per ognuno, o Rivoluzionarie alternate da fanfare con
grandi schiere di violini Controrivoluzionari;
medesima in siffatto Teatro ove
difficilmente potete scorgere il ‘povero’
Ideale di cui vi raccontavo in un mio ‘Manoscritto
imprigionato’, il quale prende coscienza d’ogni falsa natura ivi e per
sempre rappresentata.
Non men che
ingannata!
Codesto Teatrino della Storia inscenata volgere al suo
immancabile successo, accompagnato dalle innumerevoli folle convenute - cause
le infinite repliche - non meno di una ‘critica’
talvolta cieca verso le Muse della Storia; le stesse, le quali come vi
dicevo e mi raccontavo, spesso mi vengono a far visita, e nel volgere del compimento
di codesto terreno ‘Atto’ mi
suggeriscono tra l’altro, che neppure Dio
hanno ben inscenato compreso ed interpretato in medesimo Teatro; immutato Teatro
in tutti i luoghi ove tal rappresentazione - con tutte le Repliche - privata da qual si voglia Natura - quasi un dovere a cui
tacitamente si conviene nella illogica sfarzosa economia dei Costumi
rappresentati; dacché potremmo dedurne che il vero Spettacolo della Natura risiede ed inscenato al di fuori codesto ‘Atto’ privato del reale Tempo non meno della Verità con cui si è soliti interpretarne
la Storia…
[Prosegue ancora con i travestimenti della Storia...]
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