giuliano

mercoledì 3 febbraio 2021

TALUNI ACCENNI AUTOBIOGRAFICI (26)

 










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La Storia travestita (27)








Io era già inconsciamente educato al culto dell’Eguaglianza dalle abitudini democratiche dei due miei parenti e dai modi identici che essi usavano col patrizio e col popolano: nell’individuo essi non cercavano evidentemente se non l’uomo e l’onesto. E le aspirazioni alla libertà, ingenite nell’animo mio, s’erano alimentate dei ricordi di un periodo recente, quello delle guerre repubblicane francesi, che suonavano spesso sulle labbra di mio padre…

 

…Assieme alle Storie di Livio e di Tacito non meno quelle di Giuliano che il mio maestro di Latino mi faceva tradurre, e della lettura di alcuni vecchi giornali da me trovati semi-nascosti dietro ai libri di medicina paterni, fra i quali ricordo alcuni fascicoli della Chronique du Mois pubblicazione girondina dei primi tempi della Rivoluzione di Francia.

 

Ma l’Idea che v’è un so’ che di guasto nel mio paese contro il quale bisognava lottare, l’Idea cioè che in quella lotta io avrei potuto far la mia parte, non mi balenò sino al giorno che ebbi modo di incontrare dei veri oppositori.

 

O meglio, ora che ricordo uno solo di loro!

 

Per il vero procedeva - e non certo volava sulle note di un più elevato Pensiero, giacché se ciò lo tenta e sprona nel naturale desiderio se pur  immobile nella medesima certezza di un cacciatore, o critico, del nuovo antico progresso per sempre assiso nel palchetto concesso sulla vasta platea; dirigersi - come dicevo - verso una più che calcolata cella e non più guerra, penso che questa eterna condizione l’abbia abdicata ai suoi nemici i quali sanno ricavarne giusto margine di profitto in ogni Impero ove si è imprigionati, non più verso l’esilio, ma cella ove ogni Manoscritto vittima della secolar grammatica con cui posto all’Indice di una Storia interdetta.  

 

Ricordo questo esule contrario alla sua patria, si incamminava verso una perigliosa Cima, dacché meditai che anche lui deve avere un amore, lo stesso, per l’Uguaglianza e la Libertà ove sempre minacciata e reclusa.

 

In quel giorno ho meditato che avrebbe potuto scegliere l’esilio, ma costui il quale mi astengo nel nominare, si avviò alla calcolata reclusione per dimostrare che l’Ideale merita ancora Sacrificio.

 

Mi debbo ravvedere circa la paradossale condizione in cui posto dalla mia stretta cella il meditato egoistico Sacrificio, giacché costui avrebbe potuto comodamente contrastare l’avversato principio in ogni patria ove non gradito… il Tiranno…

 

…Non volendo interpretando un paradossale soggetto (& sceneggiatura) con il dovuto abito di Scena grato ad ogni Tiranno… se pur avversato…

 

La condizione amletica del Primo Atto assume dovuta consistenza!

 

Il paradosso della sottile critica la abdichiamo alla rappresentazione storica…    

 

Ma come il sottoscritto - il soggetto facente parte della Memoria deve palesarne l’Ideale che al meglio la contraddistingue nella storia genetica di cui smemorata, e non più rinchiuso nell’egoismo dell’uomo, semmai indicare l’altrui delirio sfociato nel più vile egoismo, con cui ogni Tiranno cinge e confonde l’urgenza del proprio concetto di patria barattata e ancor più confusa al bene (o convenienza) individuale della propria personale ricchezza… nella correttezza della Scena posta…

 

Incaricata dallo sforzo di ogni Compagnia con l’Economia sovrintendere - per inteso e sottinteso - ogni palcoscenico interpretato - quindi - sfarzosamente rappresentato per il bene, almeno così dicono, del beneficio d’ogni singolo spettatore colmare e saziare la vasta platea…

 

La rappresentazione scenica della stessa richiede non più il libretto digitalizzato estraneo all’Atto, semmai il vecchio libretto in uso ad ogni Teatro ove non solo la grande lirica assume la propria alta espressione…, ma come già espresso, la stessa Scena colmare - in ogni Impero ove rappresentata con le innumerevoli repliche - la grande lacuna di cui la Verità povera e per sempre imprigionata…

 

Costui, dicevo, lo incontrai una mattina, andava a combattere la sua Guerra, senza odio alcuno eccetto la secolare volontà, affine alla mia, di poter indicare al mondo intero il Tiranno.

 

Ho meditato a lungo tal scelta, dacché individuata la patria comune di intenti ho offerto l’umile ricordo, giacché la ricchezza confusa in nome di un falso ideale scritto nell’economia, oggi più che ieri, nonostante le apparenze, regna incontrastata. Possiamo conoscere così i Tiranni, ed indicare ciò che al meglio li contraddistingue e divide ma quantunque unisce.

 

L’Ideale del falso progresso congiunge e mai divide, ed ogni finalità scritta nel presupposto dell’Economia ci suggerisce che la Tirannia mai sconfitta, regna solo la parvenza d’uno specchio deformato e illusorio, conferendo di rimando l’abito ben indossato coprire le nude membra di ugual immutato corpo.

 

L’immutato - in verità e per il vero - medito!

 

Giacché in quella patria ove l’Esule va combattendo la secolare guerra di un Pensiero per sempre imprigionato, regna altrettanta ugual dittatura donde proviene l’istinto motivato.

 

Dacché ne ho sinceramente meditato la Storia.

 

La Storia - per il vero - di determinati grandi Imperi, i quali, pur le travagliate vicissitudini, comporre Libri e Tomi con vaste Biblioteche custodirne - offenderne - se non addirittura celarne la Memoria ivi custodita; non hanno mai posto dovuta sufficiente attenzione al ragguardevole uso della ‘moda’ - specchiata e riflessa - nel corpo imbalsamato (nonché ibernato) e numerato, se pur convinto del cambio di ‘scena’, in realtà indossare medesimi costumi dal primo all’ultimo suo ‘atto’

 

Ben rilegato ed impaginato…

 

L’Esule come il medesimo che scrive, incarna un medesimo Tempo rappresentato e giammai mutato, il grande palcoscenico che andrà a calcare con la vasta platea talvolta digiuna circa la vera Storia, comporre l’immutato non più inscenato ma la deviata natura di cui l’uomo.

 

Alla fine della mia difficile e perigliosa Vita ne meditati la piccola statura!

 

Se pur gli interpreti diversi sussiste sempre medesima condizione o illogica natura contrastata; ed un ‘interprete’ dell’Ideale il quale ‘indossa’ - e non più da provato ‘attore’ -, il Dramma rappresentato ed incarnato quale forma di più elevata Natura la qual impone l’Opera inscenata, e non certo per proprio Egoismo affine alla ricchezza come ebbi a meditare, ma l’altrui corrotto privato egoistico delirio contrario ad ogni Natura trascesa ed interpretata dall’ideale umano.  

 

Un tempo antico avremmo potuto contraddistinguerlo con la Tragedia, nel quale si cercava di indicare ed interpretare al meglio la Tirannia detta.

 

In siffatto vasto Teatro ove il proscritto incontrato nella medesima ugual mattina avviarsi al compimento della Tragedia in ogni Impero rappresentata, i valori del Tempo  posto con le proprie rappresentazioni suddiviso in ‘atti’, indossati (giammai possiamo dire mascherati) con ‘costumi’ in vasti panorami per al meglio raffigurare le ‘scene’ rappresentate, ed altresì accompagnate da un orchestra sontuosa; medesime, statene certi attenti osservatori nonché prolissi custodi della Storia ivi rappresentata!

 

Dacché quel che ne risalta, oltre la mancanza di originalità ed intelletto, anche un apparente cambio di costumi ove la ‘Scena’ non riesce a mutare la Dottrina per sempre inscenata.

 

I monologhi di talune amletiche pretese poco comprese nella Follia rappresentata e tenuta ben reclusa per ciò cui intravede il regnante assiso al doppio spettacolo offerto dalla Compagnia: la Tragedia interpretata smaschera l’inganno e non più l’eterna pazzia per sempre imputata in siffatto Teatro…     

 

Il Teatro sì vasto ed impareggiabile in sontuosa rappresentazione, là ove regna ogni grande o piccolo Impero con il suo monarca o tiranno ben assiso al proprio secolare palchetto specchiarsi nell’Opera offerta, se sia uno Zar o un gerarca di partito regna più fitto mistero con cui accompagna l’inchino di proclami volti alla vasta platea che lo applaude ringraziandolo dell’immutata Scena; se ci fate caso, pur la Sinfonia unica impareggiabile con note di Libertà per ognuno, o Rivoluzionarie alternate da fanfare con grandi schiere di violini Controrivoluzionari; medesima in siffatto Teatro ove difficilmente potete scorgere il ‘povero’ Ideale di cui vi raccontavo in un mio ‘Manoscritto imprigionato’, il quale prende coscienza d’ogni falsa natura ivi e per sempre rappresentata.

 

Non men che ingannata!

 

Codesto Teatrino della Storia inscenata volgere al suo immancabile successo, accompagnato dalle innumerevoli folle convenute - cause le infinite repliche - non meno di una ‘critica’ talvolta cieca verso le Muse della Storia; le stesse, le quali come vi dicevo e mi raccontavo, spesso mi vengono a far visita, e nel volgere del compimento di codesto terreno ‘Atto’ mi suggeriscono tra l’altro, che neppure Dio hanno ben inscenato compreso ed interpretato in medesimo Teatro; immutato Teatro in tutti i luoghi ove tal rappresentazione - con tutte le Repliche - privata da qual si voglia Natura - quasi un dovere a cui tacitamente si conviene nella illogica sfarzosa economia dei Costumi rappresentati; dacché potremmo dedurne che il vero Spettacolo della Natura risiede ed inscenato al di fuori codesto ‘Atto’ privato del reale Tempo non meno della Verità con cui si è soliti interpretarne la Storia…


[Prosegue ancora con i travestimenti della Storia...]








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