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& con una Italia ancora da fare (24)
E che la
gemma rifletta raggi fulgidi lo confermammo nel conversare amichevole al desco
che ci imbandì la più colta ed eletta cittadinanza nelle sale dorate dei
marchesi Parisani. Non poteva non esserci grata l’ornata parola del Sindaco, il
quale ricordando lo scopo della istituzione, e chiedendone l’applicazione ai
suoi monti ci chiamava per altra volta a più posati studi che ne perscrutassero
ogni parte. Fu lieta, espansiva, dalla memoria incancellabile quell’ora di
fraterna armonia; anche il gentil sesso vi portò spirito e cuore; ond’è che
alle vivaci alpiniste di Val d’Ensa che ricordavano a noi il chiarissimo nome
del loro germano Pigorini, ornamiento delle scienze archeologiche e
preistoriche in Italia, mandiamo di qui il saluto dell’amicizia e del ricordo, chiamandole
interpreti della nostra riconoscenza agii ospiti verso noi così cortesi.
Lunga ed aspra era la via che verso sera imprendevamo a percorrere per giungere a Visso! Lasciammo Camerino, l’ospitale, che avevaci dato il proprio contingente all’escursione, discendendo la china per quinci volgere e penetrare nel più selvoso Appennino. E al di là, della Muccia, punto di conversione a varie gole fra cui scorrono i tributari del Chienti — per la cui Valle le Marche hanno una via Nazionale, che per Macerata e Tolentino ascende a Colfiorito e a Spoleto, onde congiungerle per Foligno a Roma — ò al di là della Muccia che i monti più si fanno erti, e più grandeggiano le selve, avvicendandosi il Cerro, la quercia, e la farnia, a quel modo con cui s’intrecciano e si fondono i monti, chel’un l’altro si susseguono e si innestano, divisi da gole, rotti da burroni o congiunti da altipiani, che ti appresentano una natura selvaggia sì, ma tranquilla ed incantevole quando non mugga il rombo della tempesta.
E già avevamo lasciato da lato l’acuminato monte che dà il nome o trae il nome dall’intera catena, ed è detto Appenino (metri 1,572) — culmine allo spartiacque dei due versanti idrografici, e nella cui erta si aggruppa l’omonimo villaggio, — quando, scomparso l’ultimo raggio di sole per mezzo a quelle gole, veniva annottando, così abbuiava, che non ci era assentito di spinger oltre lo sguardo fra quei monti selvaggi, e quelle rocce che venivano davvicino assumendo forme strane e fantastiche. Era il momento favorevole a raccogliere le idee, così come è opportuno il momento al dire onde richiamar ad un rapido sguardo sulla struttura orografica della regione che venivamo percorrendo.
Traversando in ferrovia la sezione naturale della Rossa noi avevamo attraversato le serie cretacea e giurassica che formano il nucleo della catena orientale Appennina. Repente inclinano verso sud-est; il frapposto bacino s’innalza anche esso, e noi lo vedemmo nel di seguente restringersi, formare l’angusto altipiano di Visso, e quello maggiore di Castelluccio; dopo di che le due catene riunendosi, vanno a comporre l’enorme gruppo della Sibilla e di Norcia. Tale l’orografia : in quanto alla struttura geologica, è questa. Risalendo la valle longitudinale dell’Esino da Albacina a Matelica il terreno è in gran parte costituito dal detrito appenninico; al di là di Matelica si appoggiano sui fianchi delle due catene le rocce terziarie eoceniche — calcari e schisti marnosi — e mioceniche — marne ed arenarie — anzi un lembo superiore di miocene prossimamente a Matelica ha cave di gesso. L’elevazione di terreno interposta fra Matelica e Castel Raimondo in parte è miocenica, in parte detritica, e separa la Valle dell’Esino da quella di Potenza.
Che dirvi
della montana cordialità, dei Vissani?
Il cavaliere Gaola Antinori ricco di censo al pari che di cuore e d’ingegno, Sindaco ed allora, padre di quella onesta, laboriosa ed ordinata popolazione, deputato al Parlamento per Macerata, fu il nostro provvido amico in quel centro delle convalli, che può ben dirsi la chiave dei Monti Sibillini ove, erano diretti i nostri passi. È prossimo a Visso un tempio d’antica fama sacro alla Vergine di Macereto, e noto quale stupendo monumento in arte. A raggiungerlo v’ha lunga via a percorrere di valle e di costa, ed era il punto segnato alla parte artistica della nostra escursione.
Il Gaola
ebbe apprestati ad una parte di noi i mezzi ad una piacevole cavalcata, che ci
fu resa anche più gradita dai cortesi e franchi modi dei cittadini cui piacque
d’esserci guida nella escursione.
Chi foco Visso perde senso e lumi
Posel fra ciiuiuo valli o qualtro fiumi
Di queste
valli è per quella detta Ussita che
corre gran parte della strada da Visso a
Macereto.
Oh come è
incantevole la vista di quella angusta valle nella quale rumoreggia il
torrente, raffrenato non sempre nelle sue invasioni dall’arte la più avveduta;
intantochè l’arte ancora trae dal suolo in relazione ai luoghi la migliore
produzione. Ma ahimè quante volte l’industria dell’uomo è sopraffatta dalla prepotenza
delle acque!
La Valle d’Ussita, che ò posta fra terreni secondari, e nel cui fondo si elevano torreggianti il Monte Bove ed il Pizzo dei Tre Vescovi, i più prossimi dei colossi Sibillini, è ben propizia al geologo; né è a dire se fosse ragione di studio a chi tra noi più direttamente interessavasi a quelle osservazioni, dacché ai due lati di essa una sezione naturale normale agli strati, permette di riconoscere la struttura e la successione delle serie. Esaminiamola attentamente che qui affiorano pressochè tutte le rocce dei nostri monti....
Il santuario di Macereto (metri 970), che trae il nome dal monte
su cui s’erge (metri 1,044), in vero
ci apparve degno della sua rinomanza. È costrutto di un bellissimo calcare
subsaccaroide, l’una delle varietà del Lias medio, per tale addimostrato dalla
struttura e dal luogo donde fu tratto — Monte
Bove. La forma dell’edificio all’esterno è ettagona, con avancorpi nei tre
lati normali ai due assi dove sono aperti i tre ingressi: posteriormente v’ha una appendice poligonale.
É architettato all’esterno a due ripiani sormontati da cupola anch’essa
ottagonale. La sua forma all’interno è di croce greca, con presbiterio di
prospetto all’ingresso, con grandi nicchie all’estremità delle braccia, ed
altre piccole laterali, e con cappella al centro, a mo’ di quella di Loreto,
soggiacente alla cupola sorretta da quattro grandi archi e pilastri.
(Prosegue con il capitolo completo... Buon Viaggio!)
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