giuliano

giovedì 28 gennaio 2021

(benvenuti) ALL' EXCELSIOR (22)

 









Precedenti capitoli...:


Benvenuti...( 21/1)


Prosegue con...:


Il capitolo completo... (23)


& con una Italia ancora da fare (24)








E che la gemma rifletta raggi fulgidi lo confermammo nel conversare amichevole al desco che ci imbandì la più colta ed eletta cittadinanza nelle sale dorate dei marchesi Parisani. Non poteva non esserci grata l’ornata parola del Sindaco, il quale ricordando lo scopo della istituzione, e chiedendone l’applicazione ai suoi monti ci chiamava per altra volta a più posati studi che ne perscrutassero ogni parte. Fu lieta, espansiva, dalla memoria incancellabile quell’ora di fraterna armonia; anche il gentil sesso vi portò spirito e cuore; ond’è che alle vivaci alpiniste di Val d’Ensa che ricordavano a noi il chiarissimo nome del loro germano Pigorini, ornamiento delle scienze archeologiche e preistoriche in Italia, mandiamo di qui il saluto dell’amicizia e del ricordo, chiamandole interpreti della nostra riconoscenza agii ospiti verso noi così cortesi.




Lunga ed aspra era la via che verso sera imprendevamo a percorrere per giungere a Visso! Lasciammo Camerino, l’ospitale, che avevaci dato il proprio contingente all’escursione, discendendo la china per quinci volgere e penetrare nel più selvoso Appennino. E al di là, della Muccia, punto di conversione a varie gole fra cui scorrono i tributari del Chienti — per la cui Valle le Marche hanno una via Nazionale, che per Macerata e Tolentino ascende a Colfiorito e a Spoleto, onde congiungerle per Foligno a Roma — ò al di là della Muccia che i monti più si fanno erti, e più grandeggiano le selve, avvicendandosi il Cerro, la quercia, e la farnia, a quel modo con cui s’intrecciano e si fondono i monti, chel’un l’altro si susseguono e si innestano, divisi da gole, rotti da burroni o congiunti da altipiani, che ti appresentano una natura selvaggia sì, ma tranquilla ed incantevole quando non mugga il rombo della tempesta.




E già avevamo lasciato da lato l’acuminato monte che dà il nome o trae il nome dall’intera catena, ed è detto Appenino (metri 1,572) — culmine allo spartiacque dei due versanti idrografici, e nella cui erta si aggruppa l’omonimo villaggio, — quando, scomparso l’ultimo raggio di sole per mezzo a quelle gole, veniva annottando, così abbuiava, che non ci era assentito di spinger oltre lo sguardo fra quei monti selvaggi, e quelle rocce che venivano davvicino assumendo forme strane e fantastiche. Era il momento favorevole a raccogliere le idee, così come è opportuno il momento al dire onde richiamar ad un rapido sguardo sulla struttura orografica della regione che venivamo percorrendo.




Traversando in ferrovia la sezione naturale della Rossa noi avevamo attraversato le serie cretacea e giurassica che formano il nucleo della catena orientale Appennina. Repente inclinano verso sud-est; il frapposto bacino s’innalza anche esso, e noi lo vedemmo nel di seguente restringersi, formare l’angusto altipiano di Visso, e quello maggiore di Castelluccio; dopo di che le due catene riunendosi, vanno a comporre l’enorme gruppo della Sibilla e di Norcia. Tale l’orografia : in quanto alla struttura geologica, è questa. Risalendo la valle longitudinale dell’Esino da Albacina a Matelica il terreno è in gran parte costituito dal detrito appenninico; al di là di Matelica si appoggiano sui fianchi delle due catene le rocce terziarie eoceniche — calcari e schisti marnosi — e mioceniche — marne ed arenarie — anzi un lembo superiore di miocene prossimamente a Matelica ha cave di gesso. L’elevazione di terreno interposta fra Matelica e Castel Raimondo in parte è miocenica, in parte detritica, e separa la Valle dell’Esino da quella di Potenza.  




 A Visso ci avevano preceduto i compagni di Macerata, e fu un gradito stringer di mani fra antichi e nuovi conoscenti. Gli Umbri giunsero più tardi al convegno, e fu. solo nel cuor della notte, che varcate le montagne di Spoleto e di Norcia, scesero a Visso. Un contemporaneo pensiero degli alpinisti delle Marche e dell’Umbria, ci aveva spinti gli uni al desio d’invitare, gli altri, di chiedere la comunanza nell’escursione al Vettore, onde non è a dire se fosse lieto il primo sorgere del nuovo dì, ed il momento in. cui nella maggior piazza di Visso la svelta e veramente montanistica figura del professore Bellucci a noi presentavasi in mezzo all’eletta schiera dei compagni.

 

Che dirvi della montana cordialità, dei Vissani?




Il cavaliere Gaola Antinori ricco di censo al pari che di cuore e d’ingegno, Sindaco ed allora, padre di quella onesta, laboriosa ed ordinata popolazione, deputato al Parlamento per Macerata, fu il nostro provvido amico in quel centro delle convalli, che può ben dirsi la chiave dei Monti Sibillini ove, erano diretti i nostri passi. È prossimo a Visso un tempio d’antica fama sacro alla Vergine di Macereto, e noto quale stupendo monumento in arte. A raggiungerlo v’ha lunga via a percorrere di valle e di costa, ed era il punto segnato alla parte artistica della nostra escursione.

 

Il Gaola ebbe apprestati ad una parte di noi i mezzi ad una piacevole cavalcata, che ci fu resa anche più gradita dai cortesi e franchi modi dei cittadini cui piacque d’esserci guida nella escursione.

 

Chi foco Visso perde senso e lumi

 

Posel fra ciiuiuo valli o qualtro fiumi 




 Così dice un distico popolare: ma ciò che il distico non dice, e che diremo noi, è il giro di civiltà che per Visso si introdusse in mezzo all’aspre rocce ed alla natura selvaggia dei luoghi. Però sta in fatto che da quattro profonde valli vi convergono quattro fiumicelli che poi riuniti assumono il nome del maggiore di essi, il Nera, il quale per la quinta valle — stretta gola che taglia tra Monte Femma (metri 1,573) e Monte Forgeleto la catena occidentale — convoglia al Tevere le acque dell’intero bacino.

 

Di queste valli è per quella detta Ussita che corre gran parte della strada da Visso a Macereto.

 

Oh come è incantevole la vista di quella angusta valle nella quale rumoreggia il torrente, raffrenato non sempre nelle sue invasioni dall’arte la più avveduta; intantochè l’arte ancora trae dal suolo in relazione ai luoghi la migliore produzione. Ma ahimè quante volte l’industria dell’uomo è sopraffatta dalla prepotenza delle acque!




La Valle d’Ussita, che ò posta fra terreni secondari, e nel cui fondo si elevano torreggianti il Monte Bove ed il Pizzo dei Tre Vescovi, i più prossimi dei colossi Sibillini, è ben propizia al geologo; né è a dire se fosse ragione di studio a chi tra noi più direttamente interessavasi a quelle osservazioni, dacché ai due lati di essa una sezione naturale normale agli strati, permette di riconoscere la struttura e la successione delle serie. Esaminiamola attentamente che qui affiorano pressochè tutte le rocce dei nostri monti.... 

 

Il santuario di Macereto (metri 970), che trae il nome dal monte su cui s’erge (metri 1,044), in vero ci apparve degno della sua rinomanza. È costrutto di un bellissimo calcare subsaccaroide, l’una delle varietà del Lias medio, per tale addimostrato dalla struttura e dal luogo donde fu tratto — Monte Bove. La forma dell’edificio all’esterno è ettagona, con avancorpi nei tre lati normali ai due assi dove sono aperti i tre ingressi:  posteriormente v’ha una appendice poligonale. É architettato all’esterno a due ripiani sormontati da cupola anch’essa ottagonale. La sua forma all’interno è di croce greca, con presbiterio di prospetto all’ingresso, con grandi nicchie all’estremità delle braccia, ed altre piccole laterali, e con cappella al centro, a mo’ di quella di Loreto, soggiacente alla cupola sorretta da quattro grandi archi e pilastri.


(Prosegue con il capitolo completo... Buon Viaggio!)








Nessun commento:

Posta un commento