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...Sul ghiaccio...
... Pancia e un rimbocco in fondo al fil delle reni. Per tutta gente morta
sulle forche dopo ventiquattr’ore di convulsioni spasmodiche!...
Accanto a que’pigmei, allineati penzoloni da un regolo di cavicchi e di
chiodi, passeggiano curvi, silenziosi, guardinghi, sei o sette fantasmi enormi,
colossali, barbuti, dall’occhio spento, dalla faccia pallida, dalla pelle
rugosa; giganteschi e terribili a confronto di quelle figurine pusille. Vanno e
vengono in fretta, evitando studiosamente ogni rumore, continuamente
affaccendati ad impiccare i personaggi, le comparse, i draghi, le chimere, i
serpenti che prendono parte alla rappresentazione serale. Costoro sono i
burattinai.
Veduti così da vicino, in quell’ambiente ristretto e fumoso, a tu per
tu cogli uomini veri, i burattini trasportati qua e là sembrano uno sciame di
insetti mostruosi; e si direbbe che è impossibile ottenere da loro l’illusione
perfetta e indispensabile all’ottica teatrale. Eppure dall’altra parte della
ribalta, quando è alzato il sipario, l’effetto è sorprendente.
Il rapporto di proporzione fra le diverse figure, e fra le figure e le
suppellettili del palcoscenico, e fra le suppellettili e gli scenari, è
stabilito con tanta esattezza e serbato con tanto scrupolo secondo le leggi
della prospettiva, che cinque minuti dopo il principio della commedia, l’occhio
si avvezza all’armonia di quel rapporto, le marionette sembrano raggiungere la
statura ordinaria dei personaggi viventi, lo spazio si allarga, il fondo si
allontana, l’aria circola liberamente, e per poco le scene siano dipinte a
garbo da un artista coscienzioso, ognuno può immaginarsi di passare un’ora in
compagnia de’suoi colleghi del genere umano.
Lungo il telone di fondo, dalla parte opposta a quella che si presenta
all’occhio degli spettatori, corre un panchetto di legno alto pochi centimetri,
sul quale prendono posto gli operatori, che ai nostri giorni, a dispetto della
massima della divisione del lavoro, recitano la parte e nel tempo stesso
maneggiano i fantocci.
Per riuscire a cotesto doppio incarico, appoggiano il petto a una
traversa di legno, solidamente assicurata alle due estremità laterali
dell’edifizio, e protendono di lì sopra le braccia, facendo giocare quasi
sempre due burattini alla volta, uno per mano… E intanto, sporgendo innanzi la
testa, leggono la parte sopra un libro, o sopra un copione, posato sulla
superficie inclinata d’un asse parallelo alla traversa d’appoggio. Una misera
candela di sego, infilzata nella punta d’una bulletta, o mantenuta da una scolatura
opportunatamente praticata sull’asse, rischiara il libretto d’ogni
operatore.
Ci sono dei burattini che muovono gli occhi, che aprono e chiudono la
bocca, che agitano tutte le dita delle mani. Il Tartaglia torce le labbra a una
smorfia ridicola; il Rugantino digrigna i denti; lo Stenterello fa gli
sgambetti e porta il dito al naso per grattarselo in atto di meditazione. Il
famoso Carciofo, ha il torso vuoto munito d’una cassetta metallica, e d’un
meccanismo a rocchetti ed a ruote che gli rende possibile il bere, il mangiare
un piatto di maccheroni, il fumare… ed ha le dita congegnate in guisa da
imitare perfettamente il pasteggiare del violinista sul manico del suo
strumento… e gli abiti infilati addosso e cuciti da potersi spogliare sulla
scena e rimanere in maniche di camicia e mutande!...
Per una compagnia primaria di Marionette abbisognano almeno cento
burattini, spesso due o tre figure di un medesimo personaggio principale, per
bastare a fingere i rapidi travestimenti del protagonista in una stessa
produzione.
Il burattinaio è un essere pacifico, queto, cittadino onesto, e padre
di famiglia affettuoso. Non di rado è afflitto da qualche infermità negli arti
proprii alla locomozione. Quasi sempre esercita anche un altro mestiere… non di
rado è sceneggiatore della propria produzione. Ma è sempre entusiasta dell’arte
drammatica, e parla del suo teatro, delle sue scene, de’ suoi attori, delle sue
peregrinazioni per le diverse piazze d’Italia, de’ gusti e degli umori del
pubblico, del valore comparativo delle commedie e de’commediografi, coll’enfasi
d’un capocomico che racconti i suoi trionfi.
Interrogandone alcuni ho saputo che il gusto delle marionette dura
sempre più vivo nelle città che nelle campagne; ho imparato che i contadini,
gl’ignoranti e i ragazzi sono poco sensibili alla perfezione del meccanismo
nelle figurine di legno, e che per apprezzare degnamente tutte le virtù fisiche
e morali d’un Carciofo (anche di bianco vestito e con la corona secolare di
papa…) ci vogliono pubblici scelti, spettatori molto istruiti, e persone
squisitamente educate…..
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