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La bellezza delle forme... (1)
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Se i nostri
orologi fossero solo macchine che misurano il tempo, il cambiamento non sarebbe
tanto importante. Determinante è il fatto che esse sono macchine che creano tempo,
che producono tempo.
Questa
affermazione sembra contraddire l’idealismo, che ha dimostrato in modo così
convincente che il tempo appartiene alle
forme della rappresentazione umana. D’altra parte questa rappresentazione varia
da popolo a popolo e di epoca in epoca, determinando non solo gli strumenti per
misurare il tempo, ma anche il valore attribuito alla misurazione del tempo in
quanto tale. Vi sono infatti, oltre a quello di misurarlo, altri, diversi modi
di percepire il tempo. Se l’uomo in quanto Io pratico, per usare le parole di
Kant, concepisce un nuovo tempo del mondo, in quanto Io teoretico riceve di
ritorno questo suo tempo sotto forma di spiccioli.
Il luogo
ove egli può udire questa eco è l’orologio, e precisamente l’orologio nel suo senso
più alto.
Così, non
solo intorno a noi, ma anche attraverso di noi, è sempre tesa una sottile
griglia di tempo trasformato. Ma in noi vive anche la
dimensione dell’eterno, un potere che si alimenta alla fonte dell’eterno
e che, come il braccio di Gulliver, lacera la ragnatela del tempo dell’orologio.
Lì è la nostra forza.
Nella selva
non batte l’ora.
Non saremo
perciò in eterno vittime dell’automatismo.
E’ questo
il segreto delle dottrine della salvezza.
Se fosse
altrimenti non potremmo neppure riflettere sul Tempo...
Si
può viceversa presumere che quando appaiono nuovi tipi di orologi abbia
già avuto luogo una trasformazione nella coscienza del tempo.
E in effetti,
nel nostro mondo, si vanno sviluppando nuovi metodi e nuovi strumenti di
misurazione del tempo. Se ne sente il bisogno, dal momento che la conoscenza, approdata
alle più piccole unità della materia, tenta di misurare anche intervalli di
tempo per rilevare i quali non sono più sufficienti gli orologi meccanici.
Vorremmo riuscire nell’intento di definire
esattamente, non di valutare approssimativamente, la durata di processi
avvenuti nel corso di migliaia o di milioni di anni.
A questo
scopo comincia a prendere forma una cronometria geologica che utilizza come
base per le proprie misurazioni i cambiamenti che avvengono nella terra e nei
suoi elementi, cioè i processi di decadimento radioattivo della materia.
La Terra viene vista come un orologio
su cui si può leggere il tempo del mondo; ciò che Hamann attribuiva all’intuizione
simbolica, qui lo ribadisce l’intelletto calcolante.
In secondo luogo si studia come misurare intervalli micrometrici di tempo, come rilevare i milionesimi di secondo. In quest’ambito rientrano i dispositivi di misurazione del tempo che si sono sviluppati sotto forma di orologi al quarzo, atomici ed elettronici.
Non è
nostro compito descrivere i dettagli tecnici di questi ultra-orologi. Tutti
questi strumenti hanno in ogni caso un principio comune che, fin dal primo sguardo,
si rivela differente da quello degli orologi meccanici. Non viene più misurato
il moto degli ingranaggi, ma il peso e le radiazioni della materia.
Da questo
punto di vista i nuovi orologi sono
più simili agli orologi elementari e solari che all’orologio meccanico. Vero è
che questo ritorno agli orologi elementari viene al seguito di un lungo cammino
dell’intelligenza, che esso ha luogo su un piano più alto della spirale.
La radiazione non è più la pura e semplice luce del sole che cade sullo gnomone o sull’indicatore dell’orologio solare facendone ruotare l’ombra. Ora la si può misurare nelle sue più impercettibili oscillazioni. Egualmente, la materia che viene utilizzata non è più la sabbia della clessidra, che può essere misurata lasciandola agire secondo la forza di gravità. Ora è materia misurabile nel suo peso atomico, è come un traforo su una superficie di cristalli e sul suo invisibile mosaico.
La sabbia che scorre attraverso la clessidra e il quarzo che regola le onde elettromagnetiche nell’orologio atomico sono fatti della medesima sostanza: ma questa identità in un caso precede, nell’altro segue, il nuovo connubio dello spirito con la materia.
In questo
evento, che vorremmo designare come ritorno
agli orologi elementari su un piano più alto, vediamo un segno della
generale trasformazione nella quale siamo coinvolti. La comparsa di nuovi misuratori
di tempo non significa che gli orologi meccanici abbiano esaurito la loro
funzione, benché sia possibile che ciò avvenga più a lungo termine. Significa
invece che le misurazioni decisive, sia quelle volte a tenere sotto controllo
le più piccole variazioni della rotazione terrestre, sia quelle che riguardano
i processi che hanno luogo nell’invisibile, sono possibili solo con i nuovi
orologi.
Il fatto
che in tutti gli ambiti della nostra vita quotidiana continuino a funzionare gli
orologi meccanici è una delle caratteristiche di queste realizzazioni. Neppure
il loro dominio è iniziato di colpo. La medesima trasformazione avviene oggi in
molti campi legati non solo alla misurazione, ma anche ai valori. L’antico
sistema di misura, per esempio il metro campione, calcolato in modo tanto
assurdo, viene mantenuto in uso solo per convenzione e abitudine e unicamente
per misurazioni approssimative. Conosciamo unità di misura infinitamente più
piccole, più precise ed eleganti, che forniscono misure costanti e fondate sull’ordine
dell’universo.
Queste unità di misura sono nuove ma nello stesso tempo antiche come il mondo. Non si fondano su una imposizione arbitraria, ma sulla scoperta di ritmi e di misure cosmici.
Lo stesso
vale per la nostra costituzione politica e per la nostra letteratura. In
superficie continuano a prevalere sistemi e idee che al momento di decidere si
rivelano inadeguati. Deve allora manifestarsi una nuova coscienza, che sia all’altezza
dei nuovi strumenti. Di qui deriva l’ambivalenza che contraddistingue tutte le
questioni importanti e scottanti che ci impegnano. Essa si fonda sul fatto che
lo sguardo è rivolto a orologi diversi.
Ma non
vogliamo concludere le nostre riflessioni spingendoci sul terreno della politica.
La clessidra è di stimolo alla riflessione, non alla polemica. Attraverso
l’esame di un piccolo dettaglio viene confermata la comune impressione che la
vita diventi nello stesso tempo più concreta e insieme più spirituale, e che le
astrazioni perdano invece il loro potere di seduzione.
Questo significa
che il pericolo crescerà ancora.
Ma intanto cresce e si consolida anche la speranza che riusciremo a dominarlo, sia sul piano razionale, cioè attraverso un più severo esame della condizione terrena, sia sul piano metafisico, quando lo spirito riuscirà a penetrare o a riscoprire l’ordine insito nella creazione. Ne è riprova il riavvicinamento delle scienze fondate sul calcolo, soprattutto della fisica e dell’astronomia, alla teologia, dalla quale un tempo erano scaturite.
(E. Junger)
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