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Dei racconti della Domenica,
ovvero: DA QUAL BOCCA LA VERITA' (30)
& Il Capitolo (alle porte) completo...
Prosegue ancora con...:
....Riprese,
‘perché non
ne faremo venire anche uno allegro, amante del lieto vivere?’
E Zeus:
‘Ah, no!
non è dato di mettere il piede qui dentro a chi non segua i nostri principi’.
‘Se è solo
per questo’,
ribatte
Dioniso,
‘lo si
faccia venire all’entrata, e lì lo si giudichi.
Dunque,
se siete d’accordo, io ne conosco uno che, non inesperto nelle cose di guerra,
è però assai più approfondito nei piaceri e nei godimenti. Venga, non oltre il
vestibolo, Costantino!’
Ciò
approvato, rimaneva ancora da deliberare la forma del dibattito.
‘Nulla
vieta’,
dice,
‘che si
lascino arringare, misurando a ciascuno una piccola razione d’acqua, e poi si
interroghino ammodo e si saggino i profondi pensieri d’ognuno’.
E Sileno,
scherzando:
‘Purché
Traiano ed Alessandro, prendendola per nettare, non si tracannino tutta
quell’acqua, e non lascino gli altri all’asciutto!’.
...Ma
Posidone:
‘Non della
mia acqua, sì del tuo liquore andavano pazzi quei due signori. Il pericolo è
dunque più per le tue proprie viti, che non per le mie fontane’.
Sileno,
scottato, non fiatò più, e rivolse, da questo punto, tutta la sua attenzione ai
contendenti….
Ermete faceva da
banditore:
S’apre
una gara
Che
al vincitore
Gioia
prepara
D’ambiti
onor.
È
tempo, via!
Che
ormai si ascolti
La
voce mia
Di
banditor.
Voi
che una volta,
Imperatori,
Osaste
molta
Gente
asservir,
E,
guerreggiando,
Il
fine ingegno
Al
par del brando
Crudele
acuir,
Ora
ad eguale
Lotta sorgete
Or
quel che vale
Dimostri
ognun!
Che
la sapienza
Fosse
lo scopo
Dell’esistenza
Parve
a talun.
Altri
i nemici
Di
molti mali,
Di
ben gli amici
Amò
colmar.
Tale
in conviti
Goder
la vita,
D’oro
e vestiti
Gran
sfoggio far,
Al
braccio in cima
Cinger
monili
Stimò
la prima
Felicità.
Ma
dell’agone
A
chi più spetti
Il
guiderdone
Giove
dirà.
Siam lieti
di assistere
a tal
evento propiziato
al
banchetto offerto
in onor e
per conto
dello stato
da loro
troppo spesso seviziato.
Anche
quando questo
offeso e
vilipeso
da chi
sazia il proprio appetito
al seggio
conquistato
…e poi come
sempre inquisito.
Non
dimenticando così
pur con
tutto l’affetto
compreso
(nel prezzo)
che è pur
banchetto e diletto
spesso
ignaro all’ignaro popolo
agognato e
digiuno
del vero
movimento
con cui si
compone
l’appetito
di un potenziale recluso.
Ma solo in
nome del potere detto
che rende
l’innominato loro ardire
volontà e
Dei reclamati
mai
uguagliati nei lunghi digiuni
neppure -
se per questo -
nel sobrio
aspetto
dal tempio
all’altare offerto:
nobile
vista
penitente
nella forma
aliena alla
sostanza
crollata
alla forza tellurica
di diversa
Omerica Natura.
Consumati
al banchetto
e tradire
in ogni loro dire
il
principio offerto
motivo del
palchetto
divisi ed
uniti
consumati
da ugual pasto
cambiare
portata
così come
un tempo
si era
soliti
accompagnare
il miele con le mele
alla bocca
del porco
del porco
offerto
teatro
della commedia
recita di
un impero.
Dolce e
salato
con il
contorno estasiato
da chi
esiliato
nutrire il
misero corpo
con ordine
e gradimento
adatto -
oltre al palato -
anche
all’antico Spirito vegetariano
ed
ugualmente esiliato.
Ma s’aprano
le danze
chi della
democrazia
non meno
della filosofia
nonché del
povero Nazzareno
fece
scempio
tutto il
popolo è cameriere
nell’ora in
cui la Grande Notizia
al
banchetto e cospetto
di un ben
diverso movimento…
(Giuliano dedicato ai Cesari)
Secondo
la leggenda la Bocca della Verità fu realizzata da Virgilio Grammatico, erudito
vissuto nel corso del VI secolo ed
esperto di arti magiche. Costui incaricò l’idolo di scoprire gli uomini e le
donne che si erano macchiati di tradimento. La leggenda fu confermata da alcuni
scritti risalenti al XV secolo, nei
quali viaggiatori tedeschi e italiani ricordano che la lapide della verità
aveva il potere di indicare le donne che avevano tradito i propri mariti.
Un’altra
leggenda proveniente dalla Germania e risalente al Quattrocento, racconta di
quando la Bocca non osò mordere la mano di un’imperatrice romana che, malgrado
avesse tradito il marito, fu risparmiata.
Il
nome con cui tutti conosciamo l’effige fece la sua prima comparsa in un testo del 1485: da allora, la
Bocca è diventata una delle opere più famose della città, costantemente
menzionata tra le curiosità di Roma. Dal testo stesso apprendiamo che in
origine era collocata in un’altra posizione e che fu Papa Urbano VIII a farla
spostare al di sotto del portico nel
1631.
La
Piazza in cui fu sistemata la Bocca della Verità sorge all’incrocio tra Via
della Greca e Via Luigi Petroselli, nel rione Ripa. Situata nell’area su cui
una volta sorgeva il Foro Boario, di fronte all’Isola Tiberina, prende il nome
dalla Bocca della Verità, che presumibilmente fu collocata sulle pareti esterne
della chiesa di Santa Maria in Cosmedin già prima del Quattrocento.
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