giuliano

domenica 20 giugno 2021

DA QUAL BOCCA LA VERITA' (31)

 























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Dei racconti della Domenica,


ovvero: DA QUAL BOCCA LA VERITA' (30)











&  Il Capitolo (alle porte) completo... 


Prosegue ancora con...:


Pupi di cartapesta  &


L'antropologo (& i diversi)








....Riprese,

 

‘perché non ne faremo venire anche uno allegro, amante del lieto vivere?’

 

E Zeus:

 

‘Ah, no! non è dato di mettere il piede qui dentro a chi non segua i nostri principi’.

 

‘Se è solo per questo’,

 

ribatte Dioniso,

 

‘lo si faccia venire all’entrata, e lì lo si giudichi.

 

Dunque, se siete d’accordo, io ne conosco uno che, non inesperto nelle cose di guerra, è però assai più approfondito nei piaceri e nei godimenti. Venga, non oltre il vestibolo, Costantino!’

 

Ciò approvato, rimaneva ancora da deliberare la forma del dibattito.




 Ermete proponeva che ciascuno a turno parlasse delle proprie azioni, e poi gli Dei dessero il voto. Ma non pareva ad Apollo che questo modo garbasse, perché — diceva — di verità, non di arte persuasoria o di astuzia si fa questione da parte dei Numi. Sennonché Zeus, che voleva compiacere ad entrambi e, in pari tempo, prolungare di più in più l’adunanza:

 

‘Nulla vieta’,

 

dice, 

 

‘che si lascino arringare, misurando a ciascuno una piccola razione d’acqua, e poi si interroghino ammodo e si saggino i profondi pensieri d’ognuno’.

 

E Sileno, scherzando: 

 

‘Purché Traiano ed Alessandro, prendendola per nettare, non si tracannino tutta quell’acqua, e non lascino gli altri all’asciutto!’. 

 

...Ma Posidone:


 

‘Non della mia acqua, sì del tuo liquore andavano pazzi quei due signori. Il pericolo è dunque più per le tue proprie viti, che non per le mie fontane’.

 

Sileno, scottato, non fiatò più, e rivolse, da questo punto, tutta la sua attenzione ai contendenti….

 

 

Ermete faceva da banditore:





  

S’apre una gara

Che al vincitore

Gioia prepara

D’ambiti onor.

È tempo, via!

Che ormai si ascolti

La voce mia

Di banditor.

 

Voi che una volta,

Imperatori,

Osaste molta

Gente asservir,

E, guerreggiando,

Il fine ingegno

Al par del brando

Crudele acuir,

 

Ora ad eguale

 Lotta sorgete

Or quel che vale

Dimostri ognun!

 

Che la sapienza

Fosse lo scopo

Dell’esistenza

Parve a talun.

 

Altri i nemici

Di molti mali,

Di ben gli amici

Amò colmar.

 

Tale in conviti

Goder la vita,

D’oro e vestiti

Gran sfoggio far,

Al braccio in cima

Cinger monili

Stimò la prima

Felicità.

 

Ma dell’agone

A chi più spetti

Il guiderdone

Giove dirà.

 

Siam lieti di assistere

a tal evento propiziato

al banchetto offerto

in onor e per conto

dello stato

da loro troppo spesso seviziato.

 

Anche quando questo

offeso e vilipeso

da chi sazia il proprio appetito

al seggio conquistato

…e poi come sempre inquisito.

 

Non dimenticando così

pur con tutto l’affetto

compreso (nel prezzo)

che è pur banchetto e diletto

spesso ignaro all’ignaro popolo

agognato e digiuno

del vero movimento

con cui si compone

l’appetito di un potenziale recluso.

 

Ma solo in nome del potere detto

che rende l’innominato loro ardire

volontà e Dei reclamati

mai uguagliati nei lunghi digiuni

neppure - se per questo -

nel sobrio aspetto

dal tempio all’altare offerto:

 

nobile vista

penitente nella forma

aliena alla sostanza

crollata alla forza tellurica

di diversa Omerica Natura.

 

Consumati al banchetto 

e tradire in ogni loro dire

il principio offerto

motivo del palchetto

divisi ed uniti

consumati da ugual pasto

cambiare portata

 

così come un tempo

si era soliti

accompagnare il miele con le mele

alla bocca del porco

del porco offerto

teatro della commedia

recita di un impero.

 

Dolce e salato

con il contorno estasiato

da chi esiliato

nutrire il misero corpo

con ordine e gradimento

adatto - oltre al palato -

anche all’antico Spirito vegetariano

ed ugualmente esiliato.

 

Ma s’aprano le danze

chi della democrazia

non meno della filosofia

nonché del povero Nazzareno

fece scempio

tutto il popolo è cameriere

nell’ora in cui la Grande Notizia

al banchetto e cospetto

di un ben diverso movimento…

 

(Giuliano dedicato ai Cesari) 

       

 


 In seguito, fu un’altra leggenda a farsi strada.

 

Secondo la leggenda la Bocca della Verità fu realizzata da Virgilio Grammatico, erudito vissuto nel corso del VI secolo ed esperto di arti magiche. Costui incaricò l’idolo di scoprire gli uomini e le donne che si erano macchiati di tradimento. La leggenda fu confermata da alcuni scritti risalenti al XV secolo, nei quali viaggiatori tedeschi e italiani ricordano che la lapide della verità aveva il potere di indicare le donne che avevano tradito i propri mariti.

 

Un’altra leggenda proveniente dalla Germania e risalente al Quattrocento, racconta di quando la Bocca non osò mordere la mano di un’imperatrice romana che, malgrado avesse tradito il marito, fu risparmiata.




 La storia si intreccia con un’altra leggenda in auge nel Medioevo. Una giovane donna, condotta dal marito sospettoso davanti alla Bocca della Verità, riuscì a salvare la mano grazie ad un espediente. La ragazza, infatti, chiese all’amante di raggiungere la piazza e di fingersi pazzo, quindi di abbracciarla davanti alla folla. L’amante fece esattamente ciò che gli fu chiesto, cosicché quando la donna infilò la mano nella Bocca, giurò di essere stata abbracciata soltanto dal marito e dall’uomo accorso quel mattino stesso. Trattandosi della verità, la donna superò indenne la prova, nonostante avesse commesso davvero l’adulterio.


[& il capitolo completo]

 

Il nome con cui tutti conosciamo l’effige fece la sua prima comparsa in un testo del 1485: da allora, la Bocca è diventata una delle opere più famose della città, costantemente menzionata tra le curiosità di Roma. Dal testo stesso apprendiamo che in origine era collocata in un’altra posizione e che fu Papa Urbano VIII a farla spostare al di sotto del portico nel 1631.

 

La Piazza in cui fu sistemata la Bocca della Verità sorge all’incrocio tra Via della Greca e Via Luigi Petroselli, nel rione Ripa. Situata nell’area su cui una volta sorgeva il Foro Boario, di fronte all’Isola Tiberina, prende il nome dalla Bocca della Verità, che presumibilmente fu collocata sulle pareti esterne della chiesa di Santa Maria in Cosmedin già prima del Quattrocento.









 

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