giuliano

domenica 27 giugno 2021

ENTRA IL MATTO (Secondo atto) (4)

 










Precedenti capitoli:


Circa il matto (3/1)


Prosegue con...:


Il capitolo quasi completo.... 


& Uno e più strani matrimoni


& La psicologia delle folle








Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 7,7 miliardi mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,8 miliardi; mentre il debito degli Enti di previdenza, spiega Banca d'Italia, è rimasto quasi invariato.

 

Alla fine di marzo la quota del debito detenuta dalla Banca d’Italia era pari al 22,2 per cento (0,4 punti percentuali in più rispetto al mese precedente); la vita media residua del debito è lievemente aumentata a 7,4 anni.

 

A marzo sono state erogate due ulteriori tranche (per un totale di 5,7 miliardi) dei prestiti previsti nell’ambito dello strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un’emergenza (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency, SURE); alla fine del mese i prestiti erogati dalle istituzioni europee al nostro Paese ammontavano nel complesso a 26,7 miliardi.




A marzo infine le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari a 30,1 miliardi, in aumento del 9,8 per cento (2,7 miliardi) rispetto allo stesso mese del 2020, che era stato influenzato, tra l'altro, dagli slittamenti d'imposta disposti dal decreto Cura Italia. 

 

I CAPACI (& buffoni associati) S.PA.

 

Sovranismo è un neologismo che, a quanto si legge nella sezione dedicata del vocabolario Treccani, si è attestato stabilmente nel 2017, anche se è comparso tra le prime volte, debitamente virgolettato, in un articolo di Andrea Manzella, pubblicato su la Repubblica il 13 novembre 2002:

 

Dove il necessario affievolimento di sovranità degli Stati a favore di un ordinamento sovrastatuale non tocca minimamente l’unità politica degli Stati-nazione. Solo da noi si riesce a sposare un sovranismo antieuropeo con una devolution anti-nazionale.




Sin dall’inizio la deriva antieuropeista della parola è ben chiara, tanto che la ritroviamo sui giornali in concomitanza con Brexit.

 

Il sovranismo forse è il più recente degli ismi contemporanei, poiché mediante la sostantivizzazione dell’aggettivo sovrano – che sta sopra, più in alto degli altri – ispirata al vocabolo francese souverainisme, dove vale come concetto bipartisan, connota un preciso movimento culturale, le cui basi culturali si distinguono per instabilità e vacuità.

 

Ora ne conosciamo il contesto, ma abbiamo davvero capito cosa vuol dire?




Treccani definisce il sovranismo come una ‘posizione politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovranazionali di concertazione’.

 

Una dotta evoluzione del campanilismo? Forse, ma a scorrere Google e Wikipedia, i termini correlati al sovranismo sono gollismo (movimento politico ispirato a Charles de Gaulle per cui il nemico non era l’Europa bensì USA e URSS), euroscetticismo, federalismo (caro a Umberto Bossi), nazionalismo, e populismo.

 

A noi interessa molto quest’ultimo.




Viktor Mihály Orbán, Vladimir Vladimirovič Putin, Donald John Trump. Due nomi a testa per gli autocrati della contemporaneità che, per amore della sovranità nazionale, non temono di sbandierare il loro gerarchismo razziale.

 

Nonostante le apparenze, fra i tre intercorrono anche profonde differenze riguardanti la gestione degli interessi nazionali.

 

Andando a curiosare sul web si trovano aspetti e idee interessanti.

 

Andiamo con ordine.




Il governo Orbán, ad esempio, in un documento stilato dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) relativo all’andamento delle elezioni politiche ungheresi del 2018, è stato accusato di aver recintato i confini nazionali, di aver indetto un referendum per respingere la quota migranti dell’UE, di aver presentato il fenomeno migratorio come una minaccia alla sicurezza nazionale e alla cultura dell’Ungheria, includendo qualsiasi tipo di ingerenza esterna come l’ONU e Soros.

 

Una retorica definita intollerante dal punto di vista etnico e religioso.

 

Le cose si complicano quando vengono messi in luce alcuni rapporti tra l’Ungheria e il team delle politiche estere di Donald Trump, formato da Jeff Sessions, Carter Page, Jeffrey D. “J.D.” Gordon. Gli ultimi due sembrano avere un’intensa passione per Budapest, visto il loro andirivieni. Gordon, in particolare, come riportato nel 2016 dal Budapest Business Journal, durante un panel si è complimentato con Orbán, dicendo che, al pari di Trump, sogna di rendere l’Ungheria di nuovo grande.




 Orbán, inoltre, è da tempo definito come uno degli strumenti più importanti della campagna contro l’Occidente di Putin, soprattutto perché pare che da strenuo oppositore si sia trasformato in sostenitore dopo quindici minuti di colloquio con il leader russo nel 2010, durante il Congresso della Russia Unita tenutosi a San Pietroburgo.

 

Da lì è anche iniziata la sua ascesa al potere, condita con strette di mano e simpatie ideologiche comuni, ma con una lieve differenza rispetto ai metodi, sicuramente più soft nel caso dell’ungherese. Basti pensare alla strategia contro la stampa avversa che non prevede l’oscuramento o l’eliminazione, bensì l’esaltazione di coloro che stanno dalla parte giusta.

 

Sostanzialmente Putin ha bisogno di un cavallo di Troia sia in sede UE che in prossimità dell’Ucraina, con cui l’Ungheria condivide la frontiera e parecchi cittadini migranti. Non solo visioni comuni, dunque. Restando più vicini non ha mai nascosto il suo supporto nei confronti di Matteo Salvini, con cui condivide i temi centrali del discorso politico, come la difesa della Nazione dall’invasione dei migranti, portatori sani di terrorismo, la rotta all’islamizzazione dell’Europa, la conservazione delle tradizioni locali (ad esempio made in Italy e made in France), il lavoro e la previdenza sociale.




Le Pen ha definito il suo percorso come ‘rivoluzione della vicinanza’, ma qualcosa sarà andato storto visto che il vicino padano ha iniziato a prendere le distanze dal Front National, rifiutando l’invito alla kermesse populista del primo maggio 2018 a Nizza, pare, almeno da quanto si vede nel video condiviso su Twitter, per prendere lezioni di ruspa e andare a governare. Meno male che sia Le Pen che Salvini si erano dichiarati più moderati, soprattutto riguardo al nemico comune UE, passando dall’anti-europeismo assoluto a un’Europa unita senza Unione.

 

Eroi stranieri, l’alter ego del giustiziere Salvini offre pieno sostegno a Putin e Trump, perché si rispecchia nelle loro pratiche politiche, di cui cita spesso i tagli alle tasse, i rapporti con Israele, e ovviamente i controlli dei confini (5 dicembre 2017 il tweet è in inglese, in segno di amicizia: ‘Full support to President Trump’s policies on tax cuts, Israel and border control’). Salvini vorrebbe innalzare muri vetero-sovietici e chiudere i porti per proteggere i suoi amati cittadini?

 

Il vero nemico non è Putin ma gli immigrati clandestini che invadono l’Italia (e il mondo) perché, come ricorda sommessamente in un tweet del 15 novembre 2017, in Italia tutta l’Africa non ci sta.




La sua è un’invettiva contro Gentiloni l’africano, apostrofato come Publio Cornelio Scipione, noto per aver sconfitto i cartaginesi a Zama nel 202 a.C., che, accusato di proditio, cioè di alto tradimento, e di condotta amorale, decise di finire i suoi giorni in esilio. Insomma, Scipione ha fatto sì che Roma dominasse l’Africa, non che fosse invasa da quest’ultima, ma Salvini, non avendo terminato il suo corso di laurea in Storia, potrebbe esserne all’oscuro.

 

Salvini si immedesima molto in Trump in qualità di nume tutelare del Paese, come leggiamo nel tweet del 28 gennaio 2017, dove commenta il provvedimento di veto all’ingresso negli USA per gli immigrati di sette paesi islamici per tre mesi con le seguenti parole:

 

Razzista? No, semplicemente GRANDE.

 

Infatti anela, o almeno così afferma il 28 maggio 2017, alla trumpizzazione, perché è sinonimo dell’avere cura degli interessi di una Nazione.




Trump e Putin sono eroi perché hanno contro tutti quelli che stanno antipatici a Salvini, tra cui l’Unione Europea, le Nazioni Unite, Merkel, Soros, Zuckerberg (che gli ha offerto i suoi canali più prolifici di comunicazione), i giornalisti, i giudici, le celebrità snob o radical chic e l’Islam.

 

Salvini si riflette in Trump e Putin, il loro modo di affrontare situazioni analoghe a quelle nostrane genera effetti di rispecchiamento, raddoppiamento per omologazione, e di uniformazione delle diversità individuali.

 

Salvini si sente simile a loro per analogia, perché riconosce delle somiglianze rispetto al modo di governare una nazione, ma l’ammirazione provata nei confronti dei big della politica estera non è cieca, tanto che, a quanto dichiarato nella diretta Facebook del 14 aprile

 

Se qualcuno che io stimo commette degli errori è mio dovere ricordare che sta sbagliando,




schierandosi a sfavore di Trump riguardo ai bombardamenti in Siria, su cui assume una posizione netta e pacifista, che arriva a essere condivisa persino da Vauro Senesi in forma di retweet di uno status di Facebook.

 

Niente male per uno che, oltre a Putin e Trump, ha al suo attivo una fugace cotta per Kim Jong-un, da cui è stato sedotto dopo una visita in Corea del Nord nel 2014, approfittando del “gancio” Antonio Razzi, che lì è una vera e propria autorità assoluta, una star, come dichiarato a Massimo Rebotti in un’intervista al Corriere della Sera del 3 settembre 2014.

 

A Pyongyang Salvini – con indosso la polo Milan – ha visto un senso di comunità splendido, e uno Stato che potrebbe rappresentare un modello da seguire perché fornisce

 

tutto: scuola, casa, lavoro.


(Prosegue con il capitolo quasi completo...)









Nessun commento:

Posta un commento