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Circa la percezione della realtà (48)
Prosegue con il...:
Capitolo completo (50)
& l'Albero del mondo (51)
& La percezione della realtà 'cosciente' (52/3)
La
profondità del mondo in base alla terza dimensione è qualcosa di
qualitativamente altro rispetto alle prime due dimensioni. Ma se immaginassimo
una contemplazione piatta in essa sarebbero immediatamente visibili solo i
segmenti retti, mentre la curvatura delle linee, cioè la profondità del mondo
in base alla seconda dimensione, si otterrebbe attraverso una specie di
correzione intellettuale, derivante anch’essa da una deduzione inconscia.
Voi direte.
‘Non sarà dunque una finzione?’.
Sì, ma non
distante dalla realtà quotidiana come potrebbe sembrare a prima vista.
Noi tutti
sappiamo in parte le conseguenze di questa ‘finzione’, poiché per noi, per
tutti noi, la prima e la seconda dimensione non hanno lo stesso peso.
Mi
riferisco all’astigmatismo della nostra vista.
Se voi ora
immaginate un occhio con un cristallino la cui curvatura raggiunga una forma
cilindrica, che soffra cioè del massimo grado di astigmatismo, allora
l’immagine da esso riprodotta consisterà in una serie di linee parallele. Ogni
linea, nel caso in cui sia perpendicolare alla direzione dell’asse del
cristallino, sarà invisibile e quindi noi non potremo nemmeno immaginare che
siano possibili delle linee perpendicolari a quel fascio di parallele che
costituirà l’unico oggetto della nostra esperienza.
E se le cose stanno così, allora non ci sarà nemmeno l’idea della misura della distanza tra le parallele e quindi della distanza stessa, poiché questa è data da una perpendicolare; in altre parole, intellettualmente, tutte le parallele confluiranno in una. Questo significa che noi vedremo solo una linea retta e proprio la correzione intellettuale le darà la profondità nella seconda dimensione e ci inserirà in tal modo nel mondo piatto.
Per una
maggiore chiarezza di giudizio, supponiamo poi che l’iride dell’occhio
rappresenti una fenditura lineare, collocata tra l’altro proprio sulla retina,
cosicché l’occhio vedrà solo una linea isolata o, se si vuole, si avrà
coscienza della sola superficie.
Che cosa
vedremo in questo mondo piatto?
Per
rappresentarlo in maniera più distinta, è necessario immaginare un piano che
intersechi il mondo tridimensionale da cui risulta una sezione del mondo sotto
forma di sistemi, cioè di immagini piatte, linee e punti. Immaginiamo di
sottoporre un Albero a una simile sezione. I suoi rami daranno sezioni
ellittiche e rotonde, le foglie dei segmenti quasi lineari, i fiori e i frutti
delle immagini piatte più complesse. Otterremo molti ‘oggetti’ piatti,
indipendenti l’uno dall’altro.
La connessione temporale: ecco la maggiore apertura del pensiero che il nostro botanico astigmatico sarebbe in grado di raggiungere. E che fantasioso e scientifico delirio sembrerebbe l’ipotesi di alcuni ‘mistici’, secondo i quali, forse, tutti questi organismi non sono un’unica cosa solo nella successione temporale, ma anche nella realtà, ed esiste un’unità superiore, un certo ‘Ev (Uno), nel quale essi sono visibili e non solo pensabili come organi.
Forse i pittori del mondo piatto cercherebbero di creare artisticamente un’immagine sintetica nella quale entrerebbero anche le foglie e i ramoscelli. Ma i loro sogni confusi rimarrebbero probabilmente del tutto incomprensibili per la società ‘piatta’ e per i ‘piatti’ critici d’arte, pur riuscendo a risvegliare una sorta di insoddisfazione per questa sorta di contemplazione bidimensionale.
Ma
immaginiamo ora che, all’improvviso, nell’occhio di uno di questi
‘contemplativi’ il cristallino cominci a curvarsi lungo la direzione dell’asse.
Allora bisognerebbe riconoscere anche una nuova dimensione dello spazio,
inizialmente in modo confuso poi, man mano che entrambi i raggi di curvatura
delle principali sezioni del cristallino si eguaglino, sempre più chiaro. Ed
ecco che, nel momento in cui il cristallino prendesse una forma normale per
l’uomo, uno degli spettatori vedrebbe subito l’Albero come un tutto intero.
Ciò che
egli vedrebbe non è paragonabile a nulla di ciò che ha già visto in precedenza:
sarebbe una contemplazione qualitativamente nuova. Ma in questo
qualitativamente nuovo si potrebbe anche scorgere il vecchio come ‘uno’ degli
innumerevoli momenti della sua pienezza. Così tra il vecchio e il nuovo la
relazione sarebbe irreversibile: mentre il passaggio dall’alto al basso è
naturale, il passaggio dal basso verso l’alto può avvenire solo per il mezzo di
un ‘miracolo’.
La porta per passare dalla conoscenza inferiore a quella superiore si apre solo da un lato e qualsiasi tentativo di varcarla forzatamente nella direzione opposta non può che fallire.
Questo vale
anche per noi.
Forse per
la visione quadridimensionale il nostro cristallino è ancora rettilineo e
perciò noi siamo del tutto privi della possibilità di vedere e di conoscere il
carattere quadridimensionale del mondo. La pluralità degli oggetti simili tra
loro, in tal caso, si può spiegare per mezzo del loro carattere proiettivo: si
tratta della proiezione tridimensionale di un unico oggetto quadridimensionale.
Ma, nel
momento in cui i nostri occhi si aprono e il mondo ci appare nella sua
profondità, noi vediamo il bosco come un unico essere, tutti i lupi come un
unico super-lupo e l’umanità come l’unica Una Anima-Mundi.
Ma è
altrettanto chiaro che la somiglianza tra questo Bosco, il Lupo, l’Uomo e
l’Albero, il lupo e l’uomo è assai inferiore, ovviamente, a quella che esiste
tra l’albero, il lupo, l’uomo e le loro sezioni microtomiche. A chi conosce la
sostanza superiore quella inferiore risulta più comprensibile che a colui il
quale conosce solo la sostanza inferiore: per quest’ultimo, la sostanza
superiore è completamente irraggiungibile.
Ma è
possibile per un essere bidimensionale, seppur molto intelligente, capire, in
base a cinque ghirigori impressi sulla sua superficie, che queste sono le
impronte di una persona umana nella sua unicità? E tanto meno egli potrebbe raffigurarsi
l’immagine di quest’uomo tridimensionale, che non può essere paragonata a
nessun’altra immagine che egli conosce e che quindi a lui è inaccessibile. Con
un grande sforzo del pensiero, l’uomo tridimensionale potrebbe essere concepito
dall’uomo bidimensionale, ma soltanto come un’esigenza del pensiero, priva di
qualsiasi corrispondenza con la sua esperienza concreta.
E proprio
la successione del percorso di questa serie di momenti unisce lo Spazio
pluridimensionale con il Tempo, che in questo modo risulta essere una specie di
equivalente della quarta dimensione o, se si vuole, della quarta coordinata.
Il Pensiero
che qui abbiamo analizzato nella sua sostanza è noto a tutti, in quanto esso
sta proprio alla base del metodo genetico per l’esame della realtà. Si può
comprendere un fenomeno come un tutto, nella sua interezza, non dopo aver
staccato da esso un momento sul quale poi si concentrerà tutta l’attenzione, ma
abbracciando complessivamente tutti gli stadi dello sviluppo.
[Prosegue con il capitolo completo]
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