giuliano

sabato 25 maggio 2013

KNUD RASMUSSEN (2)







































Precedente capitolo:

Knud Rasmussen












Il 5 maggio, di primo mattino, entriamo in Alaska.
La costa è la stessa che abbiamo seguito da quando abbiamo at-
traversato il Mackenzie. La piatta costa bassa si ondula monotona
verso l'interno e i monti, avvolti in una nuvola di tormenta.
Ci fermiamo un istante accanto ai pali alti come un uomo che se-
gnano il confine.
Canada, c'è scritto dalla parte verso est, United States of America
dalla parte opposta. Il confine ufficiale, montato su pali che a brevi
intervalli si susseguono per migliaia di chilometri su pianure, mon-
tagne e fiumi, fa un singolare effetto in queste piane innevate dove
non si scorge un solo segno di vita umana.
Solo un passo dai pali del Canada e si è in Alaska.




Ora tocca a Point Barrow e agli eschimesi d'Alaska, per 800 chilo-
metri dobbiamo seguire la costa desertica della terraferma prima
di poter fare una nuova sosta.
Abbiamo un terreno eccellente. Fuori dalla linea di costa della ter-
ra ferma ci sono gli stretti banchi di sabbia che formano delle lagu-
ne delle quali seguiamo il ghiaccio regolare.
Come un muro verso i cordoni di sabbia ci sono le lastre di ghiac-
cio stravolte dell'Oceano Artico, accavallate nel caos, e la sensa-
zione di barare superando gli ostacoli da dietro ci dà una gioia
doppia.




I cani si mettono al loro abituale trotto, ormai capita di rado che
passino alla vivace galoppata, ma in compenso è un trotto serra-
to, e se veniamo affiancati da slitte estranee vediamo spesso le
loro mute galoppare col fiatone per stare al passo.
La primavera incombe.
Quando montiamo l'accampamento sulle rive delle lagune veniamo
 circondati da uccellini che cantano. La verde tenuta estiva della
tundra sta spuntando fra i cumuli di neve, e quando la luce del so-
le cade dritta sulle imponenti Endicott Mountains, che fanno da
sfondo alla pianura per tutto il tragitto verso sud, scintallano ru-
scelli privi di neve e i pendii dei monti bruciati dal sole.
Gli eschimesi sono sparsi in piccoli accampamenti su tutta que-
sta costa, e incontriamo anche singoli uomini bianchi, danesi,
svedesi, alcuni con piccole golette, altri a mani nude su slitte
cariche di trappole da volpe.




L'intervallo fra gli insediamenti è determinato dalle possibilità
di cacciare animali da pelliccia. Ma quando termina 'the trap-
ping season', alla fine del mese di marzo, le renne e le pecore
 di montagna scendono dai monti, e così cominciano nuove
battute di caccia con gli accampamenti fin sotto le catene mon-
tuose.
La battute durano finché il ghiaccio non è pieno di foche addor-
mentate, e allora si scende di nuovo sulla costa per procurar-
si il cibo e il grasso per i cani, per la caccia alla volpe dell'in-
verno successivo.
Questo periodo è appena iniziato.
Ovunque andiamo incontriamo qualcuno, e se abbiamo fretta
e il terreno è pesante, non hanno mai paura di darci una mano
per qualche giorno.




Incontriamo anche singoli pastori di renne che cercano di te-
nere le loro bestie nelle miti vallate mentre le femmine parto-
riscono.
Il 25 maggio percorriamo la solida pista per le slitte fino all'-
insediamento più settentrionale d'America, Point Barrow, e
per la prima volta da quanto abbiamo lasciato Godthab, nel
1921, ci troviamo in un agglomerato umano.
Il nostro arrivo dall'estremo est desta il massimo interesse
fra la popolazione. Tutti hanno abbastanza conoscenze scola-
stiche da essere in grado di valutare approssimativamente le
distanze che abbiamo percorso, e la curiosità che suscitiamo
ha come risultato che il giorno dopo l'arrivo tengo subito, nel-
la scuola una  grande conferenza sulla Groenlandia e su tutti
gli altri paese che abbiamo attraversato.




Il mio dialetto groenlandese viene compreso senza difficoltà,
e questo mi fa ben sperare per il periodo che trascorrerò nel-
l'Alaska più settentrionale.
Qui vivono circa 250 indigeni e alcuni uomini bianchi.
Ci sono grandi negozi con empori e magazzini, ma ciò che
più ci salta agli occhi sono la scuola, l'ospedale e la chiesa.
E' la prima scuola che vediamo in tre anni, un edificio chia-
ro e festoso in cui il lavoro è diretto da un giovane olande-
se di nome Peter van der Sterre, che ci accoglie con grande
ospitalità.
Siamo nel mezzo del periodo più interessante della stagione
di caccia alla balena. A solo pochi chilometri dalla costa c'è
il mare aperto che culla le lastre di ghiaccio; gli uccelli mari-
ni si sono riuniti in fitte schiere e le loro strida arrivano fino
 a terra.




Quasi tutti gli uomini vivono sui bordi del ghiaccio, in vario-
pinti accampamenti di caccia, e a casa ci sono solo le donne
e i bambini.
C'è tensione in tutti i loro e sembra che non si dorma mai.
Quando noi stessi, alle quattro del mattino, andiamo a let-
to e apriamo le finestre, sentiamo ovunque un chiacchieric-
cio di donne, bambini che gridano e cani ululanti.
Ma tutti i più alti pendii argillosi occupati da attente vedet-
te che aspettano l'istante in cui con un assordante ruggito
potranno annunciare agli insonni nottambuli che una balena
è stata arpionata.
La nostra conoscenza dell'Alaska non risale molto indietro
nel tempo. Fu scoperta nel 1741 dal danese Vitus Bering,
il quale guidò - al servizio della Russia - la famosa spedi-
zione attraverso quello stretto che ora porta il suo nome.
Sarebbero però passati molti anni prima di avere una mi-
gliore conoscenza del paese.




Qui era come più a est: le spedizioni per il Passaggio di
Nordovest erano state l'occasione per lo studio più appro-
fondito delle coste. Nell'anno 1826 Point Barrow fu visitato
per la prima volta da una spedizione inglese sotto la guida
del luogotenente Beechy, che dal Pacifico doveva naviga-
re a nord del paese per incontrare John Franklin che pro-
veniva dal Mackenzie River. Ma Beechy si imbatté in una
popolazione indigena così numerosa e in così tanti uomini
armati che considerò poco saggio scendere a terra.
Non riuscì a passare Point Barrow, ma la conoscenza del-
la costa settentrionale dell'Alaska fornita al mondo dal suo
viaggio aprì la porta ad altri.




Nel primo periodo fu la Russia a governare il paese.
Con le migliori intenzioni furono create delle stazioni missio-
narie intorno alla foce dello Yucon, ma era l'epoca in cui la
situazione era influenzata più dai mercanti privi di scrupo-
li che dai missionari, e fiumi di vodka invasero il paese.
Di rado si avviavano scambi commerciali prima di aver fatto
ubriacare i clienti. Allo stesso tempo lungo le coste arrivaro-
no grandi flotte di baleniere, che prendevano con sé molte
famiglie eschimesi come manovali e nostromi.
Per lungo tempo la popolazione sembrò condannata a morte;
degenerava e si demoralizzava, poiché gli uomini bianchi
non avevano solo introdotto l'acqua di fuoco, ma anche pe-
ricolose malattie contagiose.




Sconsiderate battute di caccia spingevano le renne lontano
dall'interno del paese, e anche la caccia agli animali marini,
che era sempre stata l'attività principale, sembrava per mol-
ti versi minacciata.
Tutte le tribù indipendenti regredivano, morte e distruzione
sembravano inevitabili. Poi accadde che nell'anno 1867
gli Stati Uniti acquistarono l'Alaska dalla Russia al prezzo
di 7.200.000 $, sicuramente il miglior affare che avesse
fatto un americano!
Così si annunciarono tempi nuovi, anche se ci vollero mol-
ti anni prima che gli americani facessero qualcosa di razio-
nale del loro grande acquisto.
Una nuova epoca nella vita degli eschimesi comincia solo
quando il 'Bureau of Education', nell'anno 1890, affronta
l'opera. Primo fra tutti quelli che allora si gettarono nel
fuoco per il futuro degli eschimesi va citato il dottor Shel-
don Jackson.




L'inglese divenne subito una lingua scolastica e tutte le e-
nergie vennero destinate a trasformare gli eschimesi in a-
mericani. Come risultato di un insegnamento bene organiz-
zato, prevalentemente con insegnanti americani, si vede
ora, dopo 36 anni, che un popolo morente, distrutto e
maltrattato, è stato trasformato in un gruppo di persone
laboriose, ambiziose e indipendenti.
Va detto anche di un'altra forma di educazione ebbe la sua
importanza: la creazione delle cosiddette attività commer-
ciali cooperative, o associazioni di consumatori.
All'inizio la popolazione ha contribuito direttamente, ma
non è stato possibile realizzare tutto questo senza sussi-
dio statale, e le navi governative che ispezionarono il
sistema scolastico e quello medico trasportarono qui le
merci a un costo che copre appena le spese.
(Knud Rasmussen, Il grande viaggio in slitta)











Nessun commento:

Posta un commento