giuliano

sabato 14 giugno 2014

IL LIBRETTO DA GUIDA (56)






































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Il libretto da guida (55)













Tita Piaz lo sa, le motivazioni del diniego del libretto da guida, comunicatogli dal capitano distrettuale di Cavalese, che ha avallato la posizione del presidente Mayr, sono del tutto politiche! Nel suo ricorso alla Luogotenenza di Innsbruck egli chiede giustizia contro la persecuzione in cui è incorso dopo la dedica della famosa guglia ad Edmondo de Amicis, che gli ha alienato definitivamente le simpatie dei membri della sezione alpina di Bolzano definita nella sua autobiografia ‘una fucina di pangermanesimo per eccellenza’: ‘Ho la sensazione – egli ribadisce nel ricorso – che mi si voglia opprimere in modo spietato perché non mi lascio indurre a divenire apostolo del Volksbund’.
Il capo dei gendarmi di Vigo, Cozzati, cui vengono chieste informazioni dall’autorità politica, dà un quadro obiettivo del personaggio Piaz e conferma la ‘tesi’ politica. E’ vero – egli scrive al Capitano di Cavalese – che in passato Piaz ha avuto dei contrasti con le guide di Fassa, ma da circa due anni non si è più udito niente di negativo su di lui. Inoltre egli rappresenta




‘uno dei più bravi arrampicatori della zona e non teme nessun pericolo. Tra le sue imprese ci sono le più difficili e le più pericolose ascensioni sia qui che all’estero, sebbene egli possegga solo il libretto da portatore. Piaz è un soggetto pazzo e irascibile, e fu espulso dal D.u.O. Alpenverein di Fassa  presumibilmente solo per dissidi nazionali’




Alcuni mesi dopo, nel settembre 1907, il libretto infine gli viene concesso direttamente dalla Luogotenenza, che ha chiesto un parere alla giunta centrale del DuOAV di Vienna. Si rammenta a tal proposito, che già nell’estate del 1900, prima di partire per il servizio militare, egli aveva urtato gli interessi delle guide di Fassa, di cui era presidente Luigi Rizzi; costui infatti denunciava con ben due lettere ai primi di agosto 1900 lo ‘scalatore G. Batta Piaz’ di sottrarre a lui stesso e alle altre guide autorizzate, portandoli dal Rifugio Vajolet, dove abitualmente soggiornava, sulla cima del Catinaccio, sulla Torre Winkler, sulla Croda di Re Laurino, sulla Grasleitenturm, ecc….
Constata la verità di tali affermazioni, il giovane Piaz venne condannato a 10 corone di multa a favore del Fondo del Comune di Pera e a 24 ore di arresto; a nulla servì il ricorso inoltrato da Piaz alla Luogotenenza adducendo le sue sfavorevoli condizioni economiche, perché i fatti erano comprovati. Con questa attività di ‘guida di frodo’ egli dovette comunque raggranellare alquanto in quell’estate, se poté permettersi anche un viaggio a Roma, Napoli e Pompei con un convoglio di pellegrini trentini dell’Anno Santo: fu questa – detto per inciso – una delle rare occasioni in cui pare facesse felice la madre, commossa per la sua devozione. Era invece la sua curiosità, il suo desiderio di esplorare il mondo che cercava le prime soddisfazioni.




Luigi Rizzi (1869-1949) di Campitello, guida di vecchio stampo, all’epoca molto ammirato nel mondo alpinistico per le sue scalate di grande prestigio, nella denuncia del comportamento scorretto di Piaz e di altri portatori della Val di Fassa rivolta al Capitanato nell’agosto 1900 chiedeva di non essere chiamato direttamente in causa, altrimenti ‘tutti gli avrebbero dato addosso’. Tuttavia Piaz evidentemente lo venne a sapere, lo si deduce dal modo in cui nella sua autobiografia parla, in maniera anonima ma con ogni evidenzia riferita a Rizzi, di ‘una delle più grandi guide di quei tempi, che aveva una fama internazionale’, la quale gli fu sempre ostile e lo osteggiò in ogni modo.
Fra lo spavaldo Tita in cerca di gloria e Luigi Rizzi, ‘schivo e modesto, uomo di poche parole e che mai diceva male degli altri’, si rivelò già a partire dal 1898 una vera e propria incompatibilità di carattere, dal modo di vivere la montagna e di esercitare la professione. La disapprovazione e l’atteggiamento di sufficienza di Luigi Rizzi nei suoi confronti non demoralizzava certo il giovane Piaz, era anzi un invito a nozze: lo induceva a sfidare quella celebrità mettendosi in imprese da tutti giudicate impossibili, come ad esempio la scalata della parete nord-est della Punta Emma.




Ritornando a Piaz poco più che ventenne, ‘guida di frodo’ come lui stesso si qualifica, nell’estate 1905 una nuova denuncia arriva alla sezione di Bolzano del DuOAV firmata questa volta dall’altra famosa guida di Campitello, Luigi Bernard (1859-1937): il ‘portatore Giovanni Piaz’ è accusato di servirsi come ‘seconda guida’ del giovane contadino di Moncion Cristoforo Virginio Dallapozza, tra l’altro puniti per furto, il quale verrebbe consigliato ai turisti nonostante altre guide e portatori siano a disposizione. Il solerte gendarme Cozzatti conferma il fatto.
Non si tratta però di una persecuzione contro Piaz per le sue idee – come costui sembra intendere – ma piuttosto del tentativo delle guide di Campitello di tutelarsi contro una concorrenza scorretta. Anche altre persone vengono denunciate insieme a Pavarin, e non certo per motivi politici. Ad esempio all’ex guida Andrea Jori di Alba – proprietario dell’Albergo Al Cavalletto consigliato agli alpinisti dal periodico di informazione del DuOAV – viene ritirato il distintivo per esercizio abusivo della professione.




Altre volte sono i clienti stessi ad intervenire a difesa di chi li ha portati in montagna con grande perizia: Leo Freundlich, giornalista di Schonberg, saputo dell’accusa rivolta all’ispirante guida Luigi Favè di Campitello che lo aveva accompagnato in montagna, lo difende dicendo di averlo ingaggiato di sua volontà conoscendone la bravura e la prudenza nell’arrampicare, e per questi motivi lo aveva consigliato anche ad alcuni amici. L’indagine in loco del gendarme Cozzatti conferma questa versione.
Nel 1905 le idee socialiste e irredentiste di Piaz sono ancora poco note, mentre ad iniziare dal 1906, dopo la bizzarra conquista della Guglia Edmondo de Amicis, la componente politica sarà fondamentale nelle scelte di Pavarin ed anche nelle risposte da parte delle autorità alpinistiche dell’epoca. La dedica della torre a de Amicis portò Tita la riconoscenza dello scrittore che gli mandò una lettera di ringraziamento con un suo ritratto, e l’amicizia del figlio Ugo, accademico del Cai e membro della sezione di Torino e Aosta, col quale nel giugno 1907 compì parecchie ascensioni….    

(L. Palla, Tita Piaz....)















 

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