giuliano

domenica 1 giugno 2014

VIAGGI ONIRICI: l'incubo (lo sdoppiamento del DUE) (15)





































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Eppure furono proprio i nazisti a fornire l’occasione per dare un nome legale a un crimine molto antico. La parola ‘genocidio’ (dal greco genos, razza, stirpe, e dalla desinenza derivata dal latino –cidio, uccisione) fu coniata nel 1946 come ‘negazione del diritto di esistere e godere dei normali diritti civili, a interi gruppi umani’. La Convenzione sul Genocidio, approvata dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1948 associò il concetto con l’uccisione, il danneggiamento grave o l’interferenza con la continuità della vita (per mezzo della prevenzione delle nascite o del trasferimento forzato dei bambini) di un ‘gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso’.
Significativamente, la definizione originale della parola da parte di colui che la coniò, Raphael Lemkin, parla di ‘un’antica pratica nel suo sviluppo moderno’, include in essa azioni a lungo termine miranti alla ‘distruzione dei fondamenti essenziali della vita di gruppi nazionali’ e limita il concetto a tentativi di distruggere gruppi nella loro interezza o totalità biologica.




Un esempio illuminante da me trattato (in Dialoghi con Pietro Autier) in riferimento al genocidio da parte dei turchi di circa un milione di armeni nel 1915… senza alcuna pretesa di completezza ma solo per mostrare che gli stessi principi sono suscettibili di un’applicazione più vasta; essi potrebbero esser applicati in effetti a esempi recenti di genocidio in Cambogia, nel Bangladesh, in Nigeria, nel Paraguay e in Unione Sovietica.
… ‘L’antica pratica nel suo sviluppo moderno’, su questo concetto mi vorrei un attimo soffermare…, non si può dire che per il genocidio si richieda un qualsiasi particolare livello di tecnologia: i turchi uccisero circa un milione di armeni per mezzo di fucilazioni, bastonature, percosse, lavoro forzato fame e altre forme di tortura…, eppure le ‘tecnologie’ superiori rendono l’eccidio sul singolo o sul ‘gruppo’ più efficiente, sia dal punto di vista del tempo impiegato sia da quello del numero delle persone uccise o perseguitate, alleviando al tempo stesso il carico psicologico degli uccisori.




Nel corso del processo di perfezionamento la tecnologia stessa venne sempre più a dominare il campo di attenzione di coloro che davano attuazione al genocidio. Così i nazisti poterono raggiungere un livello di efficienza di funzionamento in cui ‘l’etica non svolgeva alcuna parte: la parola non esiste’. La tecnologia aiuta a creare un mondo ermetico in cui ognuno è motivato a contribuire a far ‘funzionare’ le cose. E tale preoccupazione assume un senso di quotidianità, di normalità.
Albert Speer scrisse di avere ‘sfruttato il fenomeno della devozione spesso cieca del tecnico al suo compito Queste persone non avevano alcuno scrupolo circa le loro attività’. Speer vide in se stesso il massimo rappresentante di una tecnocrazia che aveva usato senza alcun rimorso tutta la sua conoscenza in un attacco all’umanità. Benché Speer tentasse in qualche misura di nascondersi dietro la tecnologia nel minimizzare la propria passione ideologica, sottolineò correttamente il successo dei nazisti nel tradurre le proprie azioni più omicide in problemi tecnici.




L’espressione ‘modernismo reazionario’ è appropriata per designare la combinazione propria del regime della tecnocrazia con visioni e strutture premoderne. La parte ‘reazionaria’ della psiche del regime era antitecnologica; e proprio tale contraddizione nei confronti della tecnologia e del modernismo – che non è tanto una contraddizione quanto l’ambivalenza più estrema – è probabilmente un aspetto caratteristico dei regimi genocidi (questo singolo aspetto da me trattato in IBM e il genocidio…).
La presa di distanza e l’alterazione della disposizione di spirito morale conseguenti all’uso della tecnologia furono illustrate in modo illuminante dalla correlazione sorprendente fra atteggiamento e quota di volo riscontrata nei piloti ed equipaggi americani di aerei militari nel Vietnam e in Cambogia. I piloti e gli equipaggi dei B-52, che sganciavano le bombe da quote così alte da non vedere nulla delle loro vittime, tendevano a parlare esclusivamente di abilità professionale  e di prestazione; coloro che volavano su cacciabombardieri avevano di tanto in tanto la possibilità di vedere la gente al suolo e tendevano ad avere almeno una lieve inclinazione a spiegare o a giustificare quel che facevano; i piloti e gli equipaggi degli elicotteri da combattimento vedevano invece tutto e potevano sperimentare la paura, l’orrore, i dubbi e il senso di colpa sentiti dai militari che combattevano al suolo.




Questo beneficio psicologico per coloro che mettono direttamente in atto le uccisioni è ciò che rende l’alta tecnologia della distruzione (e la conseguente commercializzazione di questa… a tutti i livelli visibili ed invisibili…) compatibile col genocidio sul ‘singolo’ o sul ‘gruppo’… 
Questo tipo di progresso è terrificante soprattutto se al servizio di interessi economici di intere nazioni o stati che trafficano con la morte o con l’esatto suo contrario: il ‘paradiso’ coltivato e venduto per la cura di un malessere da loro così narcotizzato…. sollevato… esorcizzato e poi combattuto in un circolo demoniaco in cui il valore della vita è standardizzato e subordinato alla tecnologia… 

(R.J. Lifton, I medici nazisti)














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