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Eppure furono proprio i nazisti a fornire l’occasione per dare un nome
legale a un crimine molto antico. La parola ‘genocidio’ (dal greco genos, razza, stirpe, e dalla desinenza
derivata dal latino –cidio,
uccisione) fu coniata nel 1946 come ‘negazione del diritto di esistere e godere
dei normali diritti civili, a interi gruppi umani’. La Convenzione sul
Genocidio, approvata dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1948 associò il
concetto con l’uccisione, il danneggiamento grave o l’interferenza con la
continuità della vita (per mezzo della prevenzione delle nascite o del
trasferimento forzato dei bambini) di un ‘gruppo nazionale, etnico, razziale o
religioso’.
Significativamente, la definizione originale della parola da parte di
colui che la coniò, Raphael Lemkin, parla di ‘un’antica pratica nel suo
sviluppo moderno’, include in essa azioni a lungo termine miranti alla
‘distruzione dei fondamenti essenziali della vita di gruppi nazionali’ e limita
il concetto a tentativi di distruggere gruppi nella loro interezza o totalità
biologica.
Un esempio illuminante da me trattato (in Dialoghi con Pietro Autier)
in riferimento al genocidio da parte dei turchi di circa un milione di armeni
nel 1915… senza alcuna pretesa di completezza ma solo per mostrare che gli
stessi principi sono suscettibili di un’applicazione più vasta; essi potrebbero
esser applicati in effetti a esempi recenti di genocidio in Cambogia, nel
Bangladesh, in Nigeria, nel Paraguay e in Unione Sovietica.
… ‘L’antica pratica nel suo
sviluppo moderno’, su questo concetto mi vorrei un attimo soffermare…, non
si può dire che per il genocidio si richieda un qualsiasi particolare livello
di tecnologia: i turchi uccisero circa un milione di armeni per mezzo di
fucilazioni, bastonature, percosse, lavoro forzato fame e altre forme di
tortura…, eppure le ‘tecnologie’ superiori rendono l’eccidio sul singolo o sul
‘gruppo’ più efficiente, sia dal punto di vista del tempo impiegato sia da
quello del numero delle persone uccise o perseguitate, alleviando al tempo
stesso il carico psicologico degli uccisori.
Nel corso del processo di perfezionamento la tecnologia stessa venne
sempre più a dominare il campo di attenzione di coloro che davano attuazione al
genocidio. Così i nazisti poterono raggiungere un livello di efficienza di
funzionamento in cui ‘l’etica non svolgeva alcuna parte: la parola non esiste’.
La tecnologia aiuta a creare un mondo ermetico in cui ognuno è motivato a
contribuire a far ‘funzionare’ le cose. E tale preoccupazione assume un senso
di quotidianità, di normalità.
Albert Speer scrisse di avere ‘sfruttato il fenomeno della devozione
spesso cieca del tecnico al suo compito Queste persone non avevano alcuno
scrupolo circa le loro attività’. Speer vide in se stesso il massimo
rappresentante di una tecnocrazia che aveva usato senza alcun rimorso tutta la
sua conoscenza in un attacco all’umanità. Benché Speer tentasse in qualche
misura di nascondersi dietro la tecnologia nel minimizzare la propria passione
ideologica, sottolineò correttamente il successo dei nazisti nel tradurre le
proprie azioni più omicide in problemi tecnici.
L’espressione ‘modernismo reazionario’ è appropriata per designare la
combinazione propria del regime della tecnocrazia con visioni e strutture premoderne.
La parte ‘reazionaria’ della psiche del regime era antitecnologica; e proprio
tale contraddizione nei confronti della tecnologia e del modernismo – che non è
tanto una contraddizione quanto l’ambivalenza più estrema – è probabilmente un
aspetto caratteristico dei regimi genocidi (questo singolo aspetto da me
trattato in IBM e il genocidio…).
La presa di distanza e l’alterazione della disposizione di spirito
morale conseguenti all’uso della tecnologia furono illustrate in modo
illuminante dalla correlazione sorprendente fra atteggiamento e quota di volo
riscontrata nei piloti ed equipaggi americani di aerei militari nel Vietnam e
in Cambogia. I piloti e gli equipaggi dei B-52, che sganciavano le bombe da
quote così alte da non vedere nulla delle loro vittime, tendevano a parlare
esclusivamente di abilità professionale
e di prestazione; coloro che volavano su cacciabombardieri avevano di
tanto in tanto la possibilità di vedere la gente al suolo e tendevano ad avere
almeno una lieve inclinazione a spiegare o a giustificare quel che facevano; i
piloti e gli equipaggi degli elicotteri da combattimento vedevano invece tutto
e potevano sperimentare la paura, l’orrore, i dubbi e il senso di colpa sentiti
dai militari che combattevano al suolo.
Questo beneficio psicologico per coloro che mettono direttamente in
atto le uccisioni è ciò che rende l’alta tecnologia della distruzione (e la
conseguente commercializzazione di questa… a tutti i livelli visibili ed
invisibili…) compatibile col genocidio sul ‘singolo’ o sul ‘gruppo’…
Questo tipo di progresso è
terrificante soprattutto se al servizio di interessi economici di intere
nazioni o stati che trafficano con la morte o con l’esatto suo contrario: il
‘paradiso’ coltivato e venduto per la cura di un malessere da loro così
narcotizzato…. sollevato… esorcizzato e poi combattuto in un circolo demoniaco
in cui il valore della vita è standardizzato e subordinato alla tecnologia…
(R.J. Lifton, I medici nazisti)
(R.J. Lifton, I medici nazisti)
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