domenica 22 giugno 2014
INTERMEZZO CASUALE (2)
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Intermezzo casuale (1)
Della fertilità e dei coltivatori, fu il portatore del fuoco e messaggero, il protettore dei
viandanti e dei pazzi e il dio della ricchezza e dei tesori nascosti. Ovviamente non fu
semplicemente un dio duplice, come vogliono gli studiosi: fu tutte le cose per tutti gli
uomini. Cominciò da uccello, diventò uno spettacolare uccello verde, e, a poco a
poco, acquistò forma antropomorfica alla maniera di tutti gli altri Dèi.
Leggo da Victor Von Hagen,‘Alla ricerca del sacro Quetzal’:
Gould raccolse abbastanza materiale sulla famiglia dei trogonidi della quale il quetzal è
il membro più splendido….la fantasia arriva a stento a immaginare qualcosa di più son-
tuoso e magnifico del verde oro che adorna la parte principale del piumaggio di questo
splendido uccello , o qualcosa di più elegante o grazioso delle fluenti piume che, dipar-
tendosi maestosamente dalla parte inferiore del dorso, formano un lungo strascico di
metallica brillantezza. La natura sembra aver decretato che gli uccelli dotati di insolita
brillantezza di piumaggio debbano dimorare in ambienti remoti e oscuri.
Delle fitte e tenebrose foreste degli stati meridionali del Messico ….ai Troconidi, tro-
gone… Trasferendoci dall’ambito mitologico, con un filo comune che corre costante
nel linguaggio dell’universo, approdo a Richard Dawkins, ‘Il racconto dell’antenato’e
proseguo:
Percorriamo a ritroso centotrenta milioni di anni…..qui incontriamo un gruppo ancora
più nutrito del nostro, i sauropsidi: rettili e uccelli. Significa, grosso modo, tutti i verte-
brati che depongono sulla terraferma grandi uova con il guscio impermeabile.
In questo periodo, la nostra linea ancestrale produsse fertili ramificazioni evolutive, co-
me sappiamo dalla ricca documentazione fossile dei ‘rettili mammaliformi’ …..tale arco di
tempo senza pietre miliari si estende per metà del Giurassico, l’intero Triassico, l’intero
Permiano e gli ultimi dieci milioni di anni del Carbonifero. A mano a mano che il pellegri-
naggio a ritroso passa dal Giurassico al mondo più torrido e arido del Triassico, si assi-
ste all’estinzione di massa del tardo Triassico, tre quarti di tutte le specie si estinsero,
ma in fondo si trattò di poca cosa in confronto alla successiva estinzione, che coincise
con il passaggio a ritroso dal Triassico al Permiano. All’epoca di quei picchi accadde
qualcosa, qualcosa di brutto. Forse un singolo evento catastrofico, analogo alla colli-
sione con un grosso meteorite che sterminò i dinosauri 65 milioni di anni fa, durante l’-
estinzione del Cretaceo-Paleogene.
La terminologia del grado di evoluzione è efficace se si crede con fermezza che l’evolu-
zione marci progressivamente in una sola direzione , lungo linee parallele che partono
da un punto comune. Se, per esempio, pensassimo che molte linee ancestrali correlate,
si fossero evolute tutte, in maniera indipendente e parallela, dallo stato di anfibi allo
stato di rettili allo stato di mammiferi, avremmo motivo di dire che si è passati per il gra-
do dei rettili sulla strada verso il grado dei mammiferi.
Se ci spostiamo all’estremo opposto e adottiamo una rigida terminologia cladistica, la
parola rettile viene salvata solo se si reputa che includa gli uccelli. E’ la visione propu-
gnata dall’autorevole ‘ Tree of Life’, varato dai fratelli Maddison.
Siamo abituati a considerare i mammiferi i successori dei dinosauri che troviamo strano
il fatto che rettili mammaliformi siano fioriti prima dell’ascesa dei dinosauri stessi. La no-
stra centocinquantamilionesima ava forse somigliava un poco al Thirinaxodon che vis-
se nel Triassico medio e i cui fossili sono stati rinvenuti in Africa e nell’Antartide …..
come gli altri fossili, il Thrinaxodon è con tutta probabilità un cugino della nostra ante-
nata, non l’antenata stessa. Era membro di un gruppo di rettili, i cinodonti, talmente si-
mili a mammiferi che si è tentati di chiamarli con quel nome.
I cinodonti erano uno dei tanti gruppi che si irradiarono da un precedente gruppo di
rettili mammaliformi, i terapsidi ……il nostro antenato terapside era probabilmente una
creatura più piccola e insignificante …..i primi terapsidi erano un po’ meno mammalifor-
mi dei loro successori, i cinodonti, ma più mammaliformi dei loro predecessori, i pelico-
sauri, che costituirono la prima radiazione evolutiva dei rettili mammaliformi ….
I terapsidi, i cinodonti e infine i mammiferi a poco a poco sollevarono sempre più il ven-
tre da terra e raddrizzarono sempre più le zampe, sicché l’andatura diventò meno zigza-
gante e meno ittica. L’evoluzione dei rettili mammaliformi che colmano il divario di 130
milioni di anni si è articolata, come ho detto, in tre ondate principali: quelle dei pelico-
sauri, dei terapsidi e dei cinodonti. Quanto ai mammiferi, essi rappresentano la quarta
ondata .
Dove mi ha condotto un filo di eventi casuali seguito nella infinita spirale della sua
evoluzione?
Ad un dato comune, ad un semplice racconto mitologico, come una fiaba scritta e
raccontata da bambini in uno stato primitivo, che grazie al loro essere primitivi ed
involuti ebbero la visione di un intuito primo, di un ‘occhio’ verso la realtà
dell’universo.
Ciò che ho ammirato in quelle semplici parole dell’inizio della creazione,
probabilmente riviste da missionari spagnoli pur nella loro autenticità originaria, sono
oltre le evidenti simmetrie con analoghe mitologie, anche la bellezza della verità
percepita. La casualità mi ha condotto grazie all’interpretazione dei suoi nessi, ad una
considerazione monolitica e imprescindibile, cioè l’alterarsi delle condizioni
preesistenti, soprattutto nell’ambito climatico, preannunciano una più tremenda
verità e conseguente mitologia, sicuramente ugualmente percepita dagli stessi esseri
connessi all’ambiente circostante (pensati primitivi), per un’irreversibile e annunciata
catastrofe della quale sembrano ignorare le reali conseguenze nel medesimo disegno
che accumuna tutti i colonizzatori e dominatori della Natura.
Monitorando gli eventi atmosferici nella fattispecie delle piogge in quella zona
dell’America, potremmo notare un incremento annuo distribuito nei singoli episodi
protratti in un lasso di tempo di maggiore siccità. Le piogge non conservano più un
andamento continuo e stabile, ma al contrario, gli eventi sono divenuti più intensi e
distribuiti in archi di tempo diversi. Ragione per cui i dissesti geologici sono più
evidenti, soprattutto in quei terreni dove il disboscamento ha contribuito a rendere il
terreno privo delle radici che lo stabilizzano da probabili frane. Probabilmente la
capacità di contenimento della rete fognaria avrà conseguito un cedimento strutturale
in ragione delle leggi della fisica, nel momento in cui le acque di scarico della città
hanno dovuto assorbire il deflusso piovano in eccesso.
Questa è la riprova che la vita e la natura tendono a condizioni ottimali per il corso
biologico-fisico-chimico ed atmosferico delle leggi che la caratterizzano, rispetto alle
primitive condizioni, alterando di fatto tempi e modi della loro frequenza così come
distribuiti nell’arco dell’evoluzione (pur conoscendo stessi fenomeni la loro
manifestazione era ed è connessa con una vasta gamma di fattori ambientali
determinati da un costante equilibrio) assistiamo a questi inattesi eventi.
Se alterate le premesse, le condizioni di base (evolute) variano in maniera
irreversibile e tendono ad avere una reazione proporzionalmente inversa rispetto al
sistema originario, pari al doppio della loro frequenza nel corso di eventi prevedibili
in un lungo arco di tempo.
Dai primi dell’800 ad oggi abbiamo cambiato l’andamento climatico in brevissimo
tempo.
Nel racconto dell’antenato di Dawkins e di Hagen abbiamo percepito due connes-
sioni, la sacra divinità adorata non è null’altro che un antenato antichissimo
dell’uomo, nella forma in cui due specie si coniugano fra loro, una è conseguenza
dell’altra, rapportate in tempi geologici primitivi ma non estranei al linguaggio
mitologico dei nativi, che essendo a stretto contatto della natura conservano, come
già detto, una connessione privilegiata o meglio una osservazione privilegiata che
possiamo decifrare secondo i nostri schemi culturali, le nostre scienze, i nostri
modelli matematici, ma nei limiti di questi non leggono un legame molto più
‘assoluto’ del semplice codice genetico che rende tutt’uno l’essere con la terra a cui si
appartiene. La condizione di sottomissione è imprescindibile per capire taluni
meccanismi, linguaggi, eventi.
Nella luce dell’‘osservazione’ posso adottare la teoria della ‘meccanica quantistica’
anche su un terreno apparentemente non proprio della antropologia, psicologia,
geologia, ed ecologia. Nel momento che osservo e studio una prevedibilità di cause,
noto ‘posizione’ e ‘velocità’ mutare secondo un rapporto ben preciso nelle sue
indeterminazioni riflesse al linguaggio della Natura.
La vita costituisce la sua essenzialità in funzione di queste premesse le quali sono
valide se proiettate anche alla dinamica dei macro-eventi.
La validità di questo assunto mi porta a determinare l’osservazione come metodo di
non-sottomissione alle leggi fondamentali della natura inglobata in un riduttivo
sistema statistico o casuale (frequenza delle piogge confrontata con l’andamento
nell’arco di secoli cercando eventi analoghi ragione per cui imprevedibilità
dell’andamento atmosferico inteso come ‘caos’) che conducono alla nuova
‘catastrofe’ dell’affermazione della vita stessa (ottimizzazione degli eventi nella loro
forma e costanza), ma con valori alterati rispetto a quelli iniziali di cui ci sforziamo di
vederne degli improbabili benefici. La doppia validità mi porta a confermare una
connessione costante e continua in tutti gli ambiti della natura, ragione per cui
variando o assoggettando con la sola forza dell’alterazione possiamo sollecitare tutte
le connessioni. A conferma di quanto detto mi torna alla memoria un brillante saggio
di John Mcphee, ‘Il controllo della natura’….
Gillis mise in funzione lo scandaglio.
Avevamo risalito il fiume sul lato opposto a Old River, e ora egli descrisse un arco al
traverso della corrente, dirigendo verso il banco intagliato sul lato occidentale esterno
della curva a monte del complesso. Mentre tagliavamo il Mississippi la profondità au-
mentava e seguitò ad aumentare via via che ci avvicinavamo alla sponda.
A poche bracciate dalla riva, essa toccava i trenta metri. Già era notevole che il letto del
fiume trovasse quindici metri sotto il livello del mare a quasi cinquecento chilometri dalla
foce; ma una così grande profondità a così poca distanza dalla riva destra mi lasciò sba-
lordito.
Ecco dimostrata la capacità di escavazione di un fiume poderoso.
E’ ben raro che le fondamenta dei grattacieli scendano di tanto. Ed era da questa curva che
l’acqua fluiva oltre e dentro il Controllo Old River: una curva rivestita di calcestruzzo, dove
il Mississippi poteva liberamente riversarsi nell’Atchafalaya. Il Kent era talmente vicino al-
la sponda da non avere spazio per girare e Gillis dovette fare macchina indietro per allonta-
narsi. Venti anni prima, una chiatta andata alla deriva entro la struttura, e fracassatasi dopo
esservi affondata, era stata trascinata per il canale di afflusso e lasciata a lato del fiume.
Là era rimasta, mentre l’impeto travolgente delle correnti erodeva la sponda in direzione
ovest. La chiatta giace ora nel Mississippi, centocinquanta metri al largo.
Riflettendo su questi fatti il generale Sands ebbe a dire una volta: “La struttura di Controllo
Old River si trova nel posto sbagliato, ma è stata progettata per costare non più di tanto”; il
suo ingegnere capo, Fred Bayley , aggiunse:“ Proprio così. E’ stata fatta durante l’ammini-
strazione Eisenhower”. Il Corpo ha provato anche a sbarrare l’opera di presa con una catena
di barconi ancorati al fondo. Ma i grossi tronchi che discendono in continuazione il corso del
fiume si accatastarono contro i cavi di ormeggio, tanto numerosi da formare un’alta pila che
minacciava di spezzarli. Come se i tronchi non bastassero, si è saputo che ha fatto la sua com-
parsa anche il ghiaccio.
In Luisiana non gela più di una volta ogni vent’anni; ma, se succede, è pur sempre ghiaccio.
La massa d’acqua che preme sul Controllo Old River agisce senza sosta e, in maniera diversa,
da entrambi i lati. Nel 1986 una delle undici paratoie appartenenti alla soglia bassa fu seriamen-
te danneggiata dal continuo martellamento del fiume e un’altra perse la rotaia di guida.
Quando chiesi a Fred Smith geologo del Corpo per il Distretto di New Orleans, se ritenesse ine-
vitabile che il Mississippi riuscisse alla fine a volgere il proprio corso a ponente, egli mi rispo-
se: “ Personalmente credo di si. Tuttavia questa non è la posizione ufficiale del Corpo. Per mo-
tivi economici noi cercheremo di mantenerlo dov’è. Ma se le circostanze sfavorevoli si verifi-
cassero tutte insieme ( piogge torrenziali , esteso disgelo ), vi sarebbe una concreta possibi-
lità di deviazione e il fiume potrebbe imboccare il bacino dell’Atchafalaya.
Finora siamo riusciti a stornare questo pericolo”.
Con un particolare ringraziamento al Kent.
A poppa del battello, c’è una lancia stabilmente equipaggiata tra l’altro, con una canna di bam-
bù di cinque metri. Il Kent tiene d’occhio tutto ciò che si muove nel fiume, compresi i pesci
gatto.
(Giuliano Lazzari, Il Viaggio, Ed. Uniservice)
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