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Ma che cos’è la sua fratellanza universale se non il meraviglioso
equilibrio che oggi chiamiamo biosfera, come non tradurre la sua convivialità
cosmica nei termini della tanto invocata ‘nuova alleanza’ tra l’uomo e la Natura?
Francesco fu portatore di valori alternativi ad un progresso basato
sull’accumulazione e sullo sfruttamento delle cose e dell’uomo (nel condominio,
nell’appartamento di questo Albergo nell’Eterno passaggio ciclico di codesta
misera vita…) da parte (appunto…) dell’uomo stesso. Di fronte ai mercanti ed
agli usurai del Duecento (il Tempo è un inutile dettaglio….) predicò l’essere e
non avere, il rispetto e non il dominio, la qualità e non la quantità.
Il suo era il mondo nuovo in cui alle campane si affiancava l’orologio
della torre cittadina, in cui il ‘Tempo della Chiesa’ fatto di ore seste e none
faceva posto al ‘tempo del mercante’ che era ed è denaro e produce denaro. Il
nostro è il mondo ormai consunto in cui la scelta di allora mostra tutte le sue
pecche, ma in cui si riscopre il valore della qualità della vita, in cui si
rivendica un diritto dimenticato: quello dell’Ambiente, al godimento di una
Natura troppo a lungo usata e abusata senza limiti e principi.
Il nostro è il tempo in cui si rimettono in discussione i concetti di
sviluppo e di progresso basati unicamente sul reddito e sulla capacità di fare
reddito, in cui si discute sui limiti del nostro dominio sul mondo (il
condominio di codesta misera Vita, cella dell’anima perseguita…), in cui si riscopre
san Francesco.
Fratello sole, sorella luna (ed ad un fratello, anche lui lupo, giammai
umiliato, perché il destino lo fece signore figlio di mercanti ben educati del
branco erranti, …di questa parabola forse per sempre perseguitata e taciuta…,
un altro lupo narrò la sua Prima vita quando ad un rogo fu consumata la sua
Eresia, in quanto predicava ugual Parola al Teschio di ugual Memoria…) così il
‘Cantico delle creature’ assume oggi per noi il senso di un codice ecologico di
comportamento e di scelta, non esempio poetico di misticismo naturalistico ma
indicazione precisa per una riconciliazione doverosa tra uomo e natura,
dichiarazione d’amore ma anche profonda consapevolezza di quei legami
imprescindibili che ci uniscono all’ambiente.
‘Francesco’, ha scritto un altro studioso francescano, Orlando Todisco,
della Pontificia facoltà teologica, ‘non vive semplicemente nel mondo. Egli
con-vive’. Certo il suo sguardo è quello del cittadino del Duecento per il
quale lo spazio al di là delle mura non è più ‘il deserto’ pieno di demoni in
cui si arrischiavano solo gli eremiti, ma luogo di commerci, di viaggi, di
conquiste e di nuovi mercati. La Natura fino ad allora rimasta nell’ombra e
oggetto di disprezzo, paura o semplice possesso (quando, dominata dall’uomo,
diveniva terra da arare), esplode nella sua bellezza, diventa gioia di vivere,
il linguaggio muto con cui parla Dio stesso.
‘La via di Francesco’, scrive ancora Todisco, ‘è la via della comunione
contro quella dell’oppressione, della fraternizzazione cosmica contro quella
dello sfruttamento. E’ il punto di riferimento, l’asse centrale dell’impianto
sociale che egli vuole mutare, o anche la direzione, il senso del nostro essere
nel mondo. Più che rifiutare le conquiste della società si tratta di disporne
diversamente, mutarne il valore egemone’ (aggiungo, quel ‘mutatis-mutandis’ di
cui tanto necessitiamo nella simmetria di questo ‘monarchico principio’ nel
Regicidio della vera vita verità e via…).
Quanto tutto questo sia diventato progetto attuale religioso, cattolico
e non, lo dicono sia la ‘Carta di Gubbio’ del 1982 sia il documento del 1987
‘Verso il terzo millennio’ scaturito dall’ultimo seminario ‘Terra mater’. Vi si
parla il linguaggio che fu di san Francesco, vi si trova la rivendicazione di
un diritto all’ambiente che è di tutti e di ciascuno, e che attraversa le
generazioni e pone limiti alla crescita economica e all’uso delle risorse.
‘Gli stessi nostri Ministri generali’, sottolinea ancora padre
Bernardo, ‘ci hanno esortato alla collaborazione fattiva che le organizzazioni
ecologiste, e la richiesta contenuta nella ‘Carta di Gubbio’ della creazione di
particolari organismi per l’ecologia sta per trovare una realizzazione proprio
qui a Roma, dove verrà costituito un Centro francescano per gli studi
ambientali’. Il nostro mondo ha dunque ritrovato Francesco, giovane
scapestrato, uomo semplice, uno come noi eppure tanto diverso da noi, trovatosi
otto secoli dopo la morte proprio, a uno dei più difficili crocevia che l’uomo
ha dovuto attraversare, là dove si intersecano le strade del futuro, là dove la
gioiosa speranza nell’uomo e nel mondo si scontra con i nostri pessimismi
scenari di allarmi ecologici.
E l’abbiamo trovato lontano dalla ‘grande cattedrale della Natura’, non
in mistica contemplazione del Creato ma nelle aule universitarie, nelle
assemblee, nei convegni, nelle marce per la pace, tra uomini di tutte le
religioni, tra ecologisti e frati; nelle città e nelle campagne sempre più
inquinate, ad indicarci la via non facile per riscrivere il nostro concetto di
sviluppo, di benessere, di qualità della vita.
Lo abbiamo ritrovato forse perché venuto ‘il tempo dell’ambiente’,
perché sta per scadere l’ottavo giorno della Creazione, quello che nel libro
della Genesi fu affidato all’uomo, a ognuno di noi, con il compito di vivere e
con-vivere con ‘sora nostra matre terra’.
(Sull’argomento ‘Chiesa e Natura’ segnalo la enciclica ‘Sollicitudo rei
socialis’ di Giovanni Paolo II nel ventesimo anniversario della enciclica
‘Populorum Progressio’; ed inoltre il documento ‘Programma ambientale’,
presentato da papa Karol Wojtyla alla Divisione Ambiente delle Nazioni Unite a
Nairobi, Kenia, il 18 agosto 1985)
(Airone, ottobre 1988)
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