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Pellegrinaggio nella Natura (1)
Prosegue in:
I sentieri di Jonathan (3)
.....gioco, e tutto il mio corpo era in tensione come quello dei nostri
antenati cacciatori……
(con una differenza, io non sono un cacciatore, ma evoluto nella
sostanza e ciclicità della Natura, certo debbo sopravvivere nelle regole e
ragioni della Natura, nella legge del più forte, altrimenti anche in tutta
questa bellezza perirei, ma so dissetarmi al ciclo delle nascite nell’ipotesi
dello Spirito, ed anche se il mio corpo ha fame, se il mio sangue abbisogna di
nutrimento, so appagare e nutrire il mio Spirito con ciò di cui l’umile foresta
sa offrirmi che non sia cosa viva, quella la consegno al giudizio ed al suo Pensiero,
Pensiero di un Primo Dio, perché so che ogni essere che si muove una sua Parola.
La volpe che mi scruta, il lupo che mi segue, le sentinelle che mi guidano,
alte nel cielo. Ogni movimento, ogni battito d’ali, ogni orma è una sua
invisibile Parola, ogni sospiro di vento una invisibile simmetria della sua
Opera. Una voce specchio dell’Ingegno e dell’umano in Lui evoluto e in questa
Natura cresciuto. Benvenuta, dunque, volpe che mi spia, da qualche parte un
essere evoluto è in grado di imitare il tuo passo astuto, ma te sei Natura, lui
un essere non del tutto cresciuto nel pensiero in te evoluto. Benvenuto lupo,
tu predatore della foresta, vivi quale Eretico senza rimorso e ritegno e l’odio
dell’uomo è la tua pena perché hai adorato la Natura e la sua voce ti ha
insegnato una lingua senza perdono e clemenza. Il gregge che divori sai
composto da un Secondo Dio, non conosce l’esilio della Verità al capezzale del
suo falso progresso condito con qualche preghiera. Per questo divori, e
riflesso nel tuo occhio lo specchio del suo, non del tuo scempio. Nell’occhio
il ricordo del rogo, nello Spirito il martirio sacrificato alla verità di chi
pensano senza Dio, da chi prega un falso Dio. Benvenuto Pensiero che voli
libero ed alto nel cielo, sentinella e messaggero, senza la tua Parola non
potrei scrivere la Rima, senza il ramo antico su cui posi il tuo sorriso come
una vita passata e una speranza futura, io non potrei rinascere alla tua eterna
ora. Benvenuta morte, riflessa nell’occhio, illumina il cielo, quello che pur
non sapendo ogni essere contempla e prega, pensiero muto di un Dio per sempre
taciuto!)
….Questo progetto mi ha cambiato.
Sento il ricordo ridestarsi (come vite passate…) quando rivisito i
luoghi dove le fotografie (se furono e sono fotografie..) sono state scattate.
Le emozioni provate nel momento che fisso il Pensiero nell’Eternità dell’atto.
Questo esercizio rituale rivolto alla Natura, (non nella ricerca della preda,
nell’espressione consueta del cacciatore che sazia la fame, o peggio che sazia l’istinto
represso sfogando nell’esercizio della violenza la sua Natura corrotta, ma
nella muta contemplazione di ciò che siamo eravamo saremo e diventeremo).
Questo esercizio mi ha fatto ricordare cose che avevo dimenticato e mi ha
guidato verso reconditi significati di Preghiera e di omaggio: una personale
mitologia che celebra la vita, segna una svolta della mia carriera e rende
onore al ciclo della Natura in questa foresta espressione di vita.
Le due ultime fotografie – il sole allo zenith appena sopra l’orizzonte
nel giorno più corto dell’anno, la foresta illuminata dalla luna appena dopo la
mezzanotte nella notte più lunga dell’anno – indicano la conclusione del mio
progetto e l’antica misura di un periodo di Tempo che non abita nei nostri
calendari. E’ una terza stagione tra l’autunno e l’inverno; i frutti di carne e
di fibra sono maturati nell’estate, e la vita si fa tenue, anche malinconica.
Secondo gli antichi miti norvegesi, il sole era sempre di fretta, incalzato
attraverso i cieli da un lupo chiamato ‘Skoll’, che avrebbe finito per
catturarlo. Anche la luna è inseguita da un lupo, ‘Hati’, che alla fine dei
tempi la divorerà.
Così il Tempo corre, con i lupi alle calcagna!
Per uno come me, che ha passato tanta della sua vita a inseguirli c’è
senz’altro dell’ironia nel fatto che siano ora loro, incalzando il Tempo, a
farmi affrettare verso il traguardo finale. Anche se uso strumenti moderni, io
sento che il mio lavoro è imparentato con quello degli antichi artisti che,
alla fiamma fumosa di candele di sego crearono le loro pitture rupestri di
Lascaux. Nessuno saprà mai perché composero quelle scene meravigliose, ma io
sospetto che, nello sforzo di sopravvivere alla Natura, quelle antiche genti
avevano capito che dovevano diventare tutt’uno con essa.
Con animo colmo di rispetto, io ripeto oggi quella comunione, incalzato
solo dalla luce di un veloce, famelico giorno.
(Jim Brandenburg per Airone, Novembre 1998; nelle parentesi riflessioni
del curatore del blog)
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