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Il Primo Dio
MI FORMAI con il terremoto delle sensazioni,
con il vulcano del pensiero dilagante, mi elevai per la collisione, per
l’impatto.
DIVENNI, poi, quello che difficilmente mi
sento, quello che per mia indole non appare e non vuole apparire, MA E’! E’ per
la sua consistenza, celato dalla durezza della natura, dalla imprevedibilità
degli eventi, dalla difficoltà del cammino. Quello che appare è diverso da ciò
che vede, sospeso nel vuoto del respiro che bracca ossigeno là dove tutto è
rarefatto. Cerca con gli occhi del sapere una nuova vetta da conquistare.
QUALE CONQUISTA, posso dire di aver compiuto
oggi. Quale uomo, pensa, pensa solo di aver sfidato la sorte, sperando che
fosse bastato il gesto.
QUELLL’UOMO che vedo, immagine di un
‘super-uomo’ forse è la proiezione di me stesso quando ancora non sapevo
camminare. Quando ancora dovevo imparare a camminare salivo sulle montagne,
pensando che quello fosse un gesto liberatorio di conquista. Un gesto che mi
porta a ciò che ero. Ma in realtà, stavo solo imparando a camminare. Ora che le
gambe mi dolgono, e sono passati anni da quella primordiale volontà di potenza,
virtualmente avrei dovuto imparare tante cose, ma sono fermo nell’apparente
immobilità.
ORA LA PARALASI mi avvolge il corpo, mi sento
duro come un masso. Mi guardo fanciullo quando decenni addietro reclamavo a
viva voce la morte di quegli DEI che tanto cercavo.
ORA, avverto la familiarità con tutti gli
elementi circostanti, cerco una verità che passi attraverso il presunto sapere.
Una verità difficile da trovare, difficile da scorgere con queste poche parole,
con questi pensieri, con questi numeri. Una verità che va oltre i numeri così
che non la possano contenere e contare. Nella geografia di questa metafisica di
ultimo millennio penso che quella volontà di potenza che ci appartiene da
sempre, abbia mutato le proprie caratteristiche, da viandanti che eravamo,
siamo divenuti l’oggetto preferito della nostra osservazione. Percepisco, nell’apparente immobilismo una
lingua impercettibile ai più, che mi proviene da una infinita gamma di segnali
e linguaggi sconosciuti. Cerco sempre quel GRAAL che porta alla luce, pur
attraversando l’inferno dell’oscurità. Di quella oscurità primordiale che creò
il tutto attorno a noi. Quella oscurità che risiede ai primordi, dove solo
poter dimostrarne l’esistenza mi pare cosa impossibile.
IMMOBILE, di fronte al quesito, mi sento di
nuovo nell’assenza del principio. Non mi pongo con le membra d’innanzi alla
fonte della vita, ma vado oltre questo concetto e cerco l’essenza prima.
IL VIANDANTE, lo vedo fermo nel gesto di
potenza, non scorge la montagna, non guarda il cielo, non respira l’aria. E’
solo convinto di tutto questo, e della vita che pensa annusare. E’ sempre
immobile nel suo gesto secolare.
IO, questo nulla di roccia e pietra e abissi,
IO mi sento eterno ed indefinito particelle di infinito. Ho provato l’ebbrezza
del disastro, quando ancora risiedevo nella quiete del mare. Da lì venivo e
forse lì tornerò. Montagne che camminano, ghiaccio che si spacca, uomini che
aspettano di nascere, nubi fosche che passano e tornano in un ciclo infinito.
TUTTO PROVO, dal vortice alla immobilità
apparente degli elementi. Adesso osservo gli altri con distacco, di chi sa, ma
è ancora incerto sui perché. Non sazio delle vittorie, appaio loro come lo
sconfitto. Come il conquistato, come l’inutile trampolino della loro ascesa.
Come il tributo della loro eterna ubriacatura. Sono di nuovo io l’agnello
sacrificato in nome di una delle tante religioni. Riposto e ripiegato su me
stesso nell’illusoria sconfitta, la quale mi deve concedere di vivere quel che
basta per vedere la verità. Quella verità cercata, appena annusata, che
pensiamo di tracciare con oscure formule su grandi lavagne.
Quel cercare DIO attraverso i numeri mi ha
condotto a delle inevitabili contraddizioni lungo la strada del sapere.
Coincidenze divenute numeri per la corsa alla verità si intrecciano su binari
al di fuori della volontà.
Verità scorte ed annusate per un attimo, con
il buio del poi, col pretesto del domani, mi hanno condotto nel CAOS di un
momentaneo BUCO DI MATERIA.
Vuoto di pensieri, occhi, passioni e
desideri, vuoti di memoria in turbini di immagini, freddi improvvisi che gelano
le forze. Letarghi di stagione, ci scopriamo ancora animali con istinti e
dolori repressi, solo quando l’occhio inizia a lacrimare per suo conto.
ALL’IMPROVVISO, tutto il sapere si dissolve,
al suo posto il nulla della percezione prima e eterna. Il nulla delle immagini
immagazzinate tutto il giorno. Il nulla di quei volti, di quelle maschere, di
quelle facce che sembrano dirti la stessa cosa. Diventi, poi, ciò che gli altri
immaginano scorgere, agnello di peccati e specchio del loro IO nascosto: specchio
d’acqua dove qualcuno si disseta per la verità a tutti celata, ma dove altri
lavano i propri panni ricolmi di letame.
IMMONDIZIA, per la quale ogni giorno
infangano strade, pensieri e volontà. Quella immondizia che ci piegherà col
dolore di una lancia alle spalle facendoci ruotare gli occhi al cielo come
pazzi colpiti da una nuova malattia. Cerco quella luce che è dentro di noi e
sembra alle volte risucchiata fuori. Sono io, in realtà, quel vortice di
materia infinita, oppure la sua diretta conseguenza. Così, ora, passeggio per
questo deserto che la coerenza mi ha fatto costruire, l’unica costruzione che
sembra essermi familiare: un buco nero di antimateria che sembra pronto per la
creazione di altro e più.
PER QUESTO DESERTO ho scorto una nuova e più
assoluta verità, che i viandanti sono…, sguardi chini e spalle curve, sul mio
sentiero.
LE NUVOLE, li avvolgono. Le nuvole del mio
risentimento.
Che la NEVE li seppellisca. La neve della purezza
violata.
Che IL GHIACCIO li disarmi. Il ghiaccio dei
sentimenti esposti alla vento dell’ignoranza. Quando il mare era calmo e
limpido esplodevo di sentimenti, ricordi, emozioni. Ora che ho scoperto il
segreto della vita e mi sono elevato fino a queste vette, il ghiaccio mi
accompagna nelle divagazioni.
I VENTI lo induriscono e gli conferiscono
spessore. Mi guardo incredulo le pendici, vedo sgorgare FIUMI del sapere che si
sono originati dalla prima scintilla di ghiaccio, che ora sembra di nuovo
arretrare per vostra ingordigia. Quel primo pensiero, quella prima bufera,
quella neve, quel freddo, quel ghiaccio poi, tutto fa parte di questa ultima e
immacolata deriva che è l’ULTIMO PENSIERO o forse IL PRIMO, da naufraghi in
questa civiltà di macchine pensanti.
Qui, ora, tutto sembra avere due volti.
Tutto sembra eterno ed immutato, e tutto
cambia con la velocità del vento. Certo colui che aspira ad una presunta vetta
e solo quella, perde la cognizione del sé e del poi, del dove e del quando,
barcolla dinnanzi ad eventi più grandi
di lui. Mentre noi perdiamo il nostro essere, egli trova il suo, in questa
sfinimento sembra volere o desiderare una fine, qualsiasi essa sia. Noi esposti
a mostrare la natura delle cose, egli proteso a sconfiggere ciò che è eterno.
COSA E’ LA MONTAGNA SE NON UN ETERNO
DIVENIRE delle cose. Cosa sono quelle vette innevate e spoglie come deserti se
non il lento mutare attraverso gli elementi del mondo. Da quassù sogno quando
ero fanciullo e scherzavo sulle limpide acque che mi riportavano ad una pace
eterna. Nulla si era creato, nulla si era sviluppato, tutto doveva divenire
anche ciò che di più mostruoso potevamo immaginare.
Mostruosi giganti partorimmo senza la nostra
volontà, fu un turbinio di errori nel concetto di vita, ERANO LA VITA.
Anche adesso posso dire di assistere alla
vita attraverso l’occhio di questi nuovi mostri, mezzi uomini e mezze macchine.
Questi mostri che ingombrano la vita con inutili richiami, con inutili suoni
che mi inorridiscono in queste giornate composte di stagioni differenti. Sto
aspettando anche questa fine. Quest’ultimo respiro di vita che ci regala colori
e visioni nuove. Cosa ci riserva questo grande futuro galoppante: tinte unite e
temperature estreme, non concerti di suoni e colori, ma bensì sfumature di
singole tonalità.
MONOCROMATICI avvenimenti di fine millennio e
inizio nuovo.
UGUAGLIANZE biologiche e combinazioni
genetiche per pellegrini che si imbatteranno per questi sentieri: nuovi super
uomini che avranno lo zaino appesantito della loro volontà di potenza. Potenza
di tutto e su tutto, si accorgeranno poi che i piedi malfermi poggiano sul
nulla di ciò che è rimasto dopo il loro ultimo pasto da dinosauri.
(Giuliano Lazzari, Il Viaggio)
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