Precedente capitolo:
Un Veliero
Prosegue in:
Prima Lettera (3)
Sembra
osservare le rotte.
I venti.
Le vie.
Le coste.
I fari.
Pur in apparente assenza, è vento, ed il nutrimento per i
pochi naviganti.
Pur in apparente pessimismo, è sicuro degli elementi, di cui
si sente padrone e signore.
Custode ed
interprete.
L’unica cosa che può e sa fare, è spiegare, interpretare,
capire, decifrare.
Non è passivo
alla vita.
Non prega ed
impreca.
Pone le condizioni, le scelte.
La giusta
democrazia.
- Genti in vista Annuncia il
marinaio.
- Dolori Suda
il Capitano.
- Rancori Spiega il filosofo.
- Rumori Urla
il mozzo.
Il Capitano inizia ad osservare, non a scrutare.
Perché sa di essere scrutato.
Ulisse gli ha insegnato il giusto stare e partire.
Il giusto parlare.
Il giusto dire.
Non è solo questione di rotta, è capacità di sopravvivere
dell’essere ed apparire, mantenendo integre le proprie
credenze, il proprio credo.
Senza piegarsi, senza umiliarsi, senza rinnegare e
rinnegarsi.
Là dove è la materia a fagocitare la vera legge.
Là dove è la visibile forma che vomita la via.
Là dove i denari chiudono gli occhi, e le croci diventano
alibi collettivo.
Il filosofo
tace.
Il Capitano lo
osserva, la sua è una presenza oltre la parola.
Talvolta diviene
presenza ‘oracolare’.
- Il
silenzio è assenso… pensa e sentenzia fra sé.
Non ci sono
armi a bordo.
Non c’è
violenza.
Anche se la frattura fra loro ed il resto
del mondo è evidente,
ognuno ripone fiducia
nella propria intelligenza.
Non ci sono
passeggeri da assecondare, così come non ci
sono tesori da
difendere.
Solo le ragioni della vita che non deve
cedere il passo alla costanza della morte nel miraggio di una nube purpurea,
che tutto tacita e lentamente uccide.
La nube che
loro chiamano progresso.
La morte che
loro barattano con la vita.
- Non esiste la morte… ricorda il filosofo,
come se ogni
preliminare prima o dopo, sia un inutile dettaglio,
da circoscrivere
nel fiume delle possibilità.
Il fiume scorre
verso il mare. Noi siamo il mare che osserva
il lento scorrere
di ciò che all’origine non sarà mai più.
Spiegò o
pregò una volta dall’alto del ponte,
un filosofo
che sembrava un Capitano
…ad un
Capitano che divenne filosofo…
Nella distesa
di un Veliero che sembrava una grande Chiesa.
Nel segreto
di un timone, che sembrava un altare.
Nell’infinito
di un mare che sembrava un grande Universo.
Il filosofo non
illude.
Non inganna.
Ama mostrare le cose come sono, affinché ognuno possa
capire.
…E compreso, compiere la scelta.
Decidere la sorte.
Fra un destino
mutevole diviso fra un onda e una terra nuova,
e un tempo già
deciso, vissuto, composto, ciclico.
Capire, non interpretare la realtà.
Interpretare il mistero divenuto mito.
Il mito, segreto compagno di ogni possibile comprensione,
sfuggita alla realtà.
Uomini
osservano …., non Dèi.
Gli Dèi sono
muti per questo mare.
Dèi nasceranno
in questo navigare.
La vita, chi la pensa compiuta, è da compiersi,
per questa navigazione.
La vita è ancora da comprendere su questa nave.
La vita parla in frammenti in questo navigare.
E se la comprensione e l’ostinazione, procedono a passo di
remo,
dal profondo dell’Oceano, un nuovo Continente appare.
Lenti sembrano procedere alla deriva, nel tempo delle forme
e del divenire, nella logica della evoluzione delle cose,
di ogni cosa.
La vita parla in frammenti in questo nuovo nascere.
Il pendolo del remo, la monolitica essenza del tempo
definito,
procede immutata, creata, sicura.
Il tempo scorre a passo di remo, nel soffio del vento,
che gonfia la vela, che trascina la terra.
Che sposta la zolla, che modella la forma, che detta la via.
Il tempo forma il calco, dal piccolo al grande.
Un tempo
immutato.
Definito.
Udito, come un
soffio di vento.
Percepito,
come un battito di remo.
Accettato e
compreso.
Non sempre
amato.
La nave sta, monolitica visione di una lenta evoluzione.
Ognuno dell’equipaggio è un muto elemento della Terra.
La muta sostanza che non appare ….ma è.
La muta essenza delle cose.
La forma né vista né percepita.
La simmetria originaria.
L’antica bellezza.
Ognuno,
sull’antico vascello alla deriva,
è muto
elemento è muta sostanza.
Il filosofo, il Capitano, il marinaio, il mozzo, lo
scienziato,
ognuno compone il segreto disegno invisibile.
Non visto e nemmeno celebrato.
L’antico mare oggi è calmo.
L’antico Oceano
di Tedite, oggi è caldo.
Il Capitano sul ponte
cura la sua dignità consegnata allo sguardo
indiscreto
dell’apparire, cerca solo di andare d’accordo con la
propria divisa.
Si aggiusta alla
meglio l’abito, senza colori, senza dolori,
senza mostrine.
Solo un abito,
…..nessuna divisa.
Il nero o il bianco,
il rosso o il verde,
li ha barattati per i mille colori dell’Oceano,
per i mille profumi della costa.
I tanti e troppi colori gli invadono i ricordi
i sogni
i pensieri.
Muto guarda,
muto osserva,
muto ricorda.
Quello che era,
quello che fu,
il principio immacolato ,
un amore di odori, ricordi, sensazioni.
L’orecchio ode
l’occhio vede
l’udito
ascolta di nuovo.
Il torrente diventa mare
il mare nuova vita
che scorre a precipizio
nello spazio dei ricordi.
Il Capitano assente sembra guardare la costa….
in realtà scruta se stesso.
Osserva muto la creazione.
Il Capitano è il creatore.
In questo pensare e pensiero cerca solo di rendersi più
accettabile.
L’unica cosa che lo accomuna al resto degli uomini sulla
costa….
è una divisa che divisa non è!
Nel mondo da lui osservato, i colori degli uomini sembrano
tante e troppe inutili divise.
I suoi colori, ed i suoi dolori, sono in altro luogo.
In un altro Olimpo.
Cerca solo di apparire più rispettabile.
Sa che sulla Terra la forma delle cose ha una segreta
valenza.
La chiamano ricchezza, il possedere la vita.
Chiamano ‘Demoni’ chi presiede il nostro pensiero.
Chiamano povertà …la natura che ci domina.
I Cristiani ci chiamano Pagani.
Ridono da lontano della nostra povertà.
Possedere la
vita, dominarla, dicono…..
con voce
univoca, in un sol coro, in una sola Chiesa.
Stendardi, bandiere, armi, divise,
discipline,
ordini
cavallereschi,
monaci,
mercanti, pellegrini, ospedalieri,
ora tutto
appare alla vista umile e dimessa del Capitano.
A passo di remo, i contorni si fanno più nitidi,
più chiari, più marcati.
I pochi che giungono rappresentano i ‘molti’ non visti.
In questa natura rovesciata, dove vorrebbero apparire
specchio della Terra di appartenenza,
i pochi sono la superficie non vista di una forma non
compresa, non accettata, ….dicono ….
creata.
La materia che scorre tacita e silenziosa, scivola piano,
con un tempo definito.
Sulla nave, per
la prima volta, il Capitano riscopre quella
dimensione
persa, dimenticata …..non del tutto accettata.
Il Tempo.
Bussa, scalcia, annuncia la frattura fra il definito
e l’indefinito.
Fra il creato e l’increato.
Fra l’inizio e la fine.
Fra la Creazione e l’Infinito.
Pietro Autier
Nessun commento:
Posta un commento