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L'orrore
...Cerimonie, ebraiche, pagane e cristiane. Conducendo a essa, per
ascoltarla, la congregazione e il popolo, lo priva del nutrimento spirituale e
sacramentale, lo allontana dalla vera religione e dai comandamenti di Dio e gli
impedisce con i suoi offertori di compiere le opere di misericordia; così con
questa messa colloca il popolo in una vana speranza. La quinta opera
dell’Anticristo e che compie tutte le sue opere per essere visto e per
soddisfare la sua insaziabile avarizia, nonché per poter mettere in vendita
ogni cosa, non potendo far nulla senza simonia. La sesta opera dell’Anticristo
e che incoraggia peccati manifesti, senza che intervenga sentenza
ecclesiastica, e non scomunica gli impenitenti. La settima opera
dell’Anticristo è che non dirige né difende la propria unità mediante lo
Spirito Santo, ma per mezzo del potere secolare, che chiama in aiuto anche per
le cose spirituali. L’ottava opera dell’Anticristo è che odia, perseguita,
accusa, deruba e mette a morte i membri di Cristo…
(sec. XIV trattato valdese)
Così a
tratti farnetico, non recito una parte nel grande palcoscenico della vita ma
anche se così fosse nessuno sarebbe in grado di giudicare una goccia d’acqua,
un soffio di vento, un fiume che scorre, un battito d’ali. Una stringa avvolta su sé stessa e le trame si
intrecciano, fra la fisica e la metafisica. Una vita vissuta tante o troppe
volte come se tutti i personaggi e gli eventi tornino inesorabilmente al
compimento della loro creazione. Quante volte, con stupore, mi sono accorto
come sentieri apparentemente nuovi erano già stati percorsi da anni, da secoli.
(....Se,
come propongono Kennerly e altri, amare quello che di buono c'era nel
lupo equivaleva davvero a esprimere un amore nei propri confronti, e odiare
quello che di malvagio si trovava nel lupo
significava manifestare un odio per se stessi, allora la caccia ai lupi era semplicemente il vecchio
tentativo di isolare e annichilire la
natura ignobile dell'uomo. Il fatto che proseguì per così tanti secoli indica
l'esistenza di un duraturo odio dell'uomo
nei propri confronti. Riflessi di ciò che accade nelle Grandi Pianure
americane negli anni delle guerre al lupo,
rivelano una certa quantità di tale odio, ma qui veniamo
riportati inevitabilmente al Medioevo. In un'epoca in cui nessuno
sapeva alcunché di genetica, l'idea che un bimbo
affetto da sindrome di Down, ovvero con orecchie piccole, fronte spaziosa, naso piatto e
denti sporgenti, fosse figlio di una prostituta e di un
lupo, era perfettamente plausibile. Il Medioevo fu un'epoca malinconica,
riflessa con accuratezza nell'immaginario surreale e grottesco di pittori come
Bosch, Brueghel, un'epoca di carestia, di guerre infinite, di malattie
epidemiche, di tumulti sociali. La civiltà non era preziosa quanto adesso per
noi. La tentazione di controbattere un mondo doloroso doveva essere forte.
Esistevano erbe da comprare, patti faustiani da stringere. Voler essere un
lupo, in altre parole, era in qualche modo comprensibile. In una storia di
stregoneria nel Medioevo, Jeffrey Russel ha scritto che alcuni contadini erano
mossi da 'un impulso prometeico a piegare sia la natura sia altri popoli ai
propri fini...per ottenere gli oggetti del loro desiderio pecuniario o amoroso
o per esigere vendetta contro chi era odiato o temuto'. Dati un popolo
depresso, una credenza nei lupi e l'intimidazione del tribunale
dell'inquisizione, non sorprende che le persone fossero preda del panico e
confessassero precipitosamente di essere lupi mannari, di aver commesso crimini
contro la natura. E non era solo questione di lupi mannari; nel 1275, una
donna pazza di nome Angela de la Barthe confessò all'inquisizione di Tolosa di
aver dato alla luce una creatura mezzo uomo e mezzo serpente, e di averla
mantenuta in vita nutrendola con bambini che lei stessa rubava. Nel 1425,
a Neider-Hauenstein, vicino all'odierna Basilea, una donna fu condannata
a morte per essersi unita ai lupi, sui quali, fu sostenuto, aveva
cavalcato il cielo nottetempo.)
Ora,
di fronte alla mia modesta biblioteca basta cercarli e sapere di averle
sofferti, percorsi, vissuti. Non c’è più quel distacco freddo vuoto fra lo
scritto e il suo lettore, l’intreccio continuo mi porta al compimento di ogni
singola opera, anche se in contraddizione tra loro.
Sono stato eretico, predicatore, alpinista,
scienziato, geologo, geografo, storico.
Ho combattuto guerre, mi hanno ucciso!
Mi hanno messo su una croce.
Ho discusso di resurrezione.
Ho avuto delle visioni e ho cercato di
interpretarle.
Ma prima di esse sono stato sciamano.
E ancor prima, miriade diverse di forme
viventi.
Ho pregato come un buddista sotto un albero.
Ho pianto come un druido all’ombra di esso.
Poi ne ho studiato le forme, consistenza ed
utilità.
Dalla bellezza dei rami e delle foglie ho
capito e studiato la loro funzione.
Ho iniziato a respirare l’aria che mi ero
guadagnato e grazie ad essa restituito in quieta specie di parlare.
Sono divenuto acqua e ho scavato letti che
ora percorro in cerca della memoria.
Ho visto grotte, ne conservo ricordi e disegni
che vi ho tracciato. Sono stato cacciatore…, un tempo.
Mentre adesso istintivamente guardo al suolo
in cerca di qualcosa, Vela mi insegna e fiuta il passato divenuto presente.
Mi hanno braccato, avverto l’odore della
paura.
Mi hanno ucciso.
Piango me stesso sulle poche ceneri di un
fuoco acceso di fretta.
Mi hanno imprigionato, ancora vedo il
maestoso castello, in cui una volta ero signore. La congiura è di nuovo
padrona.
Ho fatto miracoli.
Poi ho studiato i segreti della vita.
Più miracolosa ancora.
Ho incontrato gente diversa ma con
caratteristiche comuni.
Ho parlato loro di filosofia e quando questa
non bastava sono salito nello spazio profondo per spiegare la vita ancora prima
della vita.
Ho perso forma, peso, e gravità.
Mi sono dissolto in un gas scomposto.
Mentre la forza del calore divampava.
Perché urlavo contro il tempo, questo
maleficio, questo diavolo, che mi ha legato in questo luogo.
Sono andato oltre la sua dimensione e qualche
delatore mi ha denunciato, mentre pregavo la verità, una verità senza tempo.
Poi sono scomparso nel nulla di un punto e forma contratta alla materia.
Mentre gridavo all’orrore.
Sono morto tante volte, e poi rinato nella
gioia di una natura che non mi disconosce.
Ma è vero, con l’orrore negli occhi, nella
voce, nel pensiero…
Il pomeriggio lo rividi. Se
ne stava sdraiato supino con gli occhi chiusi, mi ritirai senza far rumore, ma
lo sentii mormorare: ‘Vivere onestamente,
morire, morire ….’
Restai ad ascoltare.
Non ci fu altro.
Stava provando un discorso nel sonno, oppure era un frammento di
frase da qualche articolo di giornale? Aveva scritto per dei giornali e
intendeva rifarlo, ‘per la promozione delle mie idee. E’ un dovere’.
Era una tenebra
impenetrabile la sua.
Io lo guardavo come si osserva un uomo che giace in fondo a un
precipizio dove non splende mai il sole. Ma non avevo molto tempo da
dedicargli, perché aiutavo il macchinista a smontare i cilindri che perdevano,
a raddrizzare una biella contorta e cose del genere. Vivevo in una confusione
infernale di ruggine, limatura, dadi, bulloni, chiavi, martelli, trapani – cose
che detesto, perché non ci so fare. Badavo alla piccola fucina che
fortunatamente avevamo a bordo; faticavo fino all’esaurimento in mezzo al
dannato mucchio di rottami – fino a quando i brividi erano così forti che non
mi permettevano di stare in piedi.
Una sera entrando con una candela trasalii sentendogli dire con
voce un po’tremula: ‘Eccomi qui disteso al buio, che aspetto la morte’.
La luce era a pochi
centimetri dai suoi occhi. Mi forzai a mormorare: ‘Oh, sciocchezze!’ e restai
curvo su di lui come impietrito. Non avevo mai visto, e spero di non vedere mai
più, nulla di simile al cambiamento che avvenne nei suoi lineamenti.
Oh, non ero commosso.
Ero affascinato.
Era come se si fosse lacerato un velo.
Vidi su quel volto d’avorio l’espressione dell’orgoglio cupo, del
potere spietato, del terrore vile – di una disperazione intensa e irreparabile.
E’ possibile che in quel momento supremo di conoscenza completa rivivesse la
sua esistenza in ogni dettaglio di desiderio, tentazione e resa? In un
bisbiglio gridò verso qualche immagine, qualche visione – due volte lanciò un
grido, un grido che non era più di un sospiro:
-
CHE ORRORE! CHE ORRORE!.
(Conrad, Cuore di tenebre)
(Giuliano Lazzari, Il Viaggio)
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