giuliano

mercoledì 17 maggio 2017

ALLA MORTE DI DON CHISCIOTTE (8)
















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Un Sogno non muore mai... (7)

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Parlando di un altro naufragio: ovvero l'incubo un naufragio nel naufragio (9)














E cosa poteva fare un hidalgo in quel misero paese se non leggere romanzi? E certo, quando li ebbe letti volle farsi cavaliere. Cos’altro avrebbe potuto diventare, sennò?
In quella sua prima uscita arrivò ad una locanda che scambiò per un castello, a tre o quattro leghe da casa sua. Si sarebbe potuto pensare che chiunque, vedendolo, l’avrebbe riconosciuto, ma don Chisciotte non lo conosceva nessuno, perché non aveva l’abitudine di viaggiare o di farsi vedere in giro… Per cacciare per come la intendono loro i suoi paesani, andava appena fuori dal paese, nei campi comunali, e se restava fuori una notte dormiva all’aperto. Lì c’erano cerbiatti, volpi, faggi, gheppi e tanto altro e lui parlava e dialogava con tutti della caccia a ben altri Spiriti ed Elementi destinava e cimentava il proprio ed altrui istinto in diversa connessione elevato, e Ronzinanate compie un inchino giacché lui li scorge prima con il suo fiuto… nel Dialogo celebrato…




Ad esempio ai lupi aveva insegnato come fuggire ogni prode cavaliere avversario e come scannare ogni belare pecunia di un visibile e diverso reame colmo di catrame; alle volpi di cogliere i frutti ben maturi non meno dei polli, giacché il suo cruccio fu un tomo mal interpretato oltre che mal copiato…; Ai gheppi di volare ben alti altrimenti il Pensiero e con lui il Genio braccati vigile sulle ali di elementi  a cui comandava direzione e Tempo… disperdere il vero Principio e Dio… nella Parola cacciata…; Ai cerbiatti di correre lesti giacché il bosco divorato dal medesimo rogo di chi brucia ogni Tomo e magnifica miniatura al fuoco della vita… ed ornare più oscuro castello padrone dell’intera selva…; Ai cinghiali di scavare le fosse in cui seppellire ogni ortodosso accadimento non meno della retta via… E così via!




Per cui appare più che logico che la maggior parte dei giorni mangiava da solo, ad un tavolo di legno di pino contro il muro. Perciò è naturale che nella locanda nessuno l’avesse mai visto prima, e che nessuno riconoscesse la sua faccia. Lì vegliò le sue armi e si fece armare cavaliere da tutti i paladini appena citati e con loro, in verità e per il vero, molti altri, i geni più nobili generosi e innamorati del mondo non meno del loro prode cavaliere.
Almeno questo ciò accadeva!
E come loro don Chisciotte voleva mettere sullo scudo un grande motto che parlasse di umiliare il superbo e il potente e innalzare l’umile, soccorreva e vegliava tutta la Natura accorsa al suo capezzale. Gli sembrava non meno di adesso che con Parole antiche e sonore si arrivasse più lontano e s’innalzasse di più lo Spirito che usandone altre di moderna invenzione, proprio come con le sue armi vecchie e arrugginite pensava di poter riparare con più facilità i soprusi ingiusti e tutte le persecuzioni e non solo le proprie; e che i vigliacchi e i malandrini si sarebbero piegati alla sua guerra…
Ma un vigliacco rimane sempre un vigliacco!
Un persecutore rimane sempre un aguzzino!
Un imbecille rimane sempre un idiota! 


     

Ed all’inizio, la gente tutta riunita che lo vide passare con quelle reliquie arrugginite di altri tempi, parlando da solo con il suo Ronzinante pensava: ‘e costui, da dove è scappato?’
E gli si avvicinavano chi per umiliarlo chi per denigrarlo chi solo per guardarlo con più attenzione e con un minimo di appetito dalla coscienza ispirato… ascoltarlo…
E a volte diceva cose da pazzo e altre no, oggi aveva un brutto carattere e un umore pessimo, e il giorno dopo invece era un uomo profondo, affabile e malinconico e veniva voglia di non lasciarlo mai perché non faceva che raccontare storie molto argute.
…Ad ogni modo tutti come si narra non solo al ‘don’ nominato, tutti indistintamente, l’avevano bastonato la fame è cosa seria e ragione di un più valido appettito…
Così si decise per il miglior progredire in nome del progresso conseguito di bruciargli i libri, e si narra in realtà che l’idea fu del curato (chi andrebbe a lui di certo qui tacciamo e non diciamo dal Teschio da cui proveniamo…), una bravissima persona anche se, come tanti religiosi e dottori dell’inguaribile Anima e Spirito (scusate non facciamo né distinguo né contorno assieme mescoliamo la portata… servita…) un tantino ‘fissati’ con i roghi; ma la nipote furiosa nel vedere come lo zio avrebbe finito per dissipare il patrimonio di famiglia se non si fosse arginata la sua passione per i libri, si era unita con entusiasmo all’iniziativa, così come la o il governante, anche se questi lo fecero per altre ragioni.




Si narra che aveva almeno duemila libri, in scansie verniciate color noce e fissate alla parete. A loro interessava più la noce che il contenuto non meno di questo o altro frutto maturo, insomma nature vive e morte dipingere e narrare insoluti immateriali opposti: di lui, infatti, si narra che nella sua pazzia parlare con ogni corteccia ramo e foglia non meno del frutto, come del resto con il Ronzinate estasiato da cotal Dialogo abdicare la mela ad una braccata Rima la quale assieme comporre codesto Tomo della vita… Braccati da un diversa genesi accompagnata anche dal tartufo che nel sottobosco reclama la venuta di un più nobil fiuto…

Non ce n’erano tanti né in chiesa, né nei due conventi, né in nessuna delle case del paese. E glieli avrebbero bruciati tutti se non fossero intervenuti il curato e il barbiere, con i quali la nipote, e la o il (scusate la pazzia grammaticale…), governante non si azzardarono a discutere. Si fece un gran falò e sulle recinzioni di legno del cortile si alzarono un milione di faville, nere come pipistrelli. In verità il curato ed il barbiere furono un po’ turbati dalla loro piromania, e salvarono alcuni tomi. Gli pareva poco misericordioso e troppo esemplare che dovessero pagare tutti per il male causato da quelli cattivi (certo è che la censura non sottrasse le ragioni nell’invariato Tempo narrato…).
Quindi portarono i Tomi graziati nella stanza in cui venivano conservati e subito dopo ne murarono la porta del resto da inquisire o peggio da bastonare e torturare!




Così approfittando del fatto che don Chisciotte doveva ancora riprendersi dalle botte da qualcuno precedente,  qualche verità detta e rimata non meno di averla personalmente camminata… e vissuta come la più nobile avventura, e gli spiegarono che i libri e la stanza erano stati portati via dalla sua ed altrui Memoria, giacché questa intendesi nella corretta grammatica e natura da loro difesa e promossa: giga byte di più retta ‘parabola’ al giusto canone asservita… era stata portata via dagli incantatori (serpenti in ugual Genesi posti), versione aggiornata che lui trovò assolutamente logica nella logica di cotal Dio rimembrato e celebrato. Perché oltre che andar pazzo per i libri era afflitto da manie persecutorie, il che dimostrava il più che giusto intervento di ogni curato narrato in codesto o altro Creato…
Dei libri per il vero non si preoccupò troppo perché a dispetto della piccola e breve loro Storia lui in realtà li conosceva tutti in ugual e diversa Memoria ancor prima di essere scritti…

(Liberamente ispirato da ‘Alla morte di don Chisciotte’, di A. Trapiello & con il cavaliere rimembrato di questo sogno nel sogno narrato…Accompagnato dalle bellessime fotografie di Alexandru Crisan) 














       

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