Precedenti capitoli:
La scultura funeraria (21/19)
Prosegue in:
Le opere di Dio infinite al loro (misero) tempo (23)
Il
desiderio muta in poesia,
la dèa in
nuova eresia,
così ci
siamo amati
ogni sera
ed ogni mattina.
Quando
l’ho abbracciata
lungo la
via,
mutarono
la donna in strega,
ed io
oscuro profeta di immonda
diavoleria.
Ci amammo
senza pudore
nelle
mille forme del suo ventre,
fu solo
l’amore di una natura
che veste
i colori,
di tante
troppe visioni.
Scolpiscono
la forma di questa
nuda
terra,
in un
bosco quale altare
del
nostro pensiero divenuto
parola.
Il popolo
così come tramanda
la
storia,
ingordo…,
mutò in
stregoneria nuova. (31)
Ci amiamo
come un antico
ricordo,
mal
riposto nella coscienza
d’un
bigotto.
Un
puritano spia la mia opera
prendere
forma e divenire memoria.
Veglia il
mulino dove pian piano
la spiga
diviene sospiro della terra,
ora mi
guarda e mi asciuga
la
fronte,
perché il
suo Dio sente macinar
parola…
sgorgare
dalla sua fronte. (32)
Inquisirono
anche la donna
perché
piano accarezza l’argilla,
della
nuda terra con cui veste
la
strofa.
Forma
perfetta di un’anfora di pietra,
contiene
la rima segreta della nostra
dura
fatica.
Fila il
telaio dell’anima mia
e diviene
stoffa pulita,
per
donare uguale colore sullo stesso
letto,
in cui
abbracciamo l’amore
….mai
detto. (33)
Della
terra ne fece brocca
e giara
di forma
perfetta,
l’accarezzai
all’alba
sul far
di una mattina.
Dell’opera
mia ne fece vita,
quando
pregò la mia poesia.
Quando
cantai la rima
alla luce
di un giorno,
non
ancora nato alla vita.
Il velo
dischiuse il respiro
dell’amore,
perché
divenne terrore…,
per il
loro falso pudore. (34)
Ora scavo
e incido di nuovo
l’opera
mia,
i resti
di un’antica sapienza
ho
raccolto,
in questo
strano racconto.
La
scultura diviene ornamento
di un
sapere mai letto,
scolpito
nel libro della memoria
dell’intricata
storia qui narrata.
Una
lingua diversa, oscura e lontana,
quanto il
frammento
racchiuso
in uno strano Universo,
mai visto
né letto.
Eccetto
con l’occhio e l’udito
della
mente…,
nominato
sapere. (35)
Scrigno
segreto d’un cielo
colmo di
stelle,
e dello
spirito uguale al suo
Primo
Dio…,
al di
fuori di quelle.
Mi dona
motivo di una natura
che parla
e racconta,
storie di
forme che danzano invisibili
alla
memoria della loro innominata
gloria.
Non viste
da quell’occhio che scruta
lassù in
alto sulla cupola,
Genesi di
un’altra natura.
Pur
vedendo ugual figura
non
scorge la forma,
perché
guarda fuori
e non
dentro…,
la sua
vera natura. (36)
Per ogni
strato di terra
scavata,
avvicino
il passato al presente,
una
cellula di vita muta
struttura.
Combina gli
elementi,
intrappola
la rima,
eterna
poesia per questa
segreta
via.
E un mito
diviene oscura
dottrina,
qualcosa
appena intuito,
posto fra
il sogno e un ricordo
mai
morto. (37)
Un numero
intero racconta l’intero
Universo,
ma non
conosce il primo momento,
quando il
pensiero si fece perfetto.
Privo di
materia,
incastrato
nell’opera senza tempo,
un uomo
chino scruta
il volto
di Dio.
Scolpisce
la forma, crea la vita,
grembo di
una dèa pregata
una
mattina. (38)
Il sogno
perfetto muta in terrore,
quando il
loro profeta scoprì
la turpe
eresia.
L’arcano
mistero dell’opera
assoluta,
scolpita
dall’uomo e dal suo strano
ricordo,
affiora
dalla terra come una Dèa.
È solo un
Dio inciso nel pensiero
di un
gene mai morto.
Scorre
nel sangue di un cielo
pieno di
stelle,
e di un
oscuro evento primo
al sole…,
e
dell’intero Universo appena
scoperto.
Una
scintilla di vita all’ombra
dell’intero
creato,
…nel fare
di una luminosa mattina
al sole
della vita.
Mai vista
dalla loro santa dottrina. (39)
L’uomo
chino al suo mestiere
è privo
dell’istinto ma colmo
d’amore,
perché
più sublime d’una croce….
la sua
passione.
Non fu
turpe il sogno scavato
e
raccolto,
vista di
una dèa panorama
di vita,
pregato
nell’alba di una mattina.
Non vi è
peccato nel corpo
della
donna,
scultura
perfetta in quell’ora,
è solo il
miracolo della vita,
è solo un
Dio che canta
il suo
sogno,
prima
della luce del giorno. (40)
Muta il
desiderio in preghiera
per ogni
cellula della mia memoria.
Per un
altro Dio …solo creatore,
quella
mattina era troppo oscura,
per
scrutare il miracolo di un
eretico,
mai
arrivato... alla sua ora.
Sulla
soglia del campo
quale
sola penitenza,
preghiera
e litania,
perché
purifica ogni vana tentazione
…..diversa
da una croce. (41)
Conta il
tempo del solo
comandamento,
affinché
la visione di vita
non si
tramuti in turpe tentazione.
Non è
precetto manicheo
il
desiderio del prete,
solo
istinto a lui negato
che fa di
tutta la natura
….un
immondo peccato!
Sudore
che scorre piano
sulla
schiena:
un uomo
scrive una diversa
preghiera,
nel canto
del gallo incide
il
ricordo,
e in ogni
sasso dell’antico orto.
È muto
racconto di un diverso
creato,
sepolto
nel ricordo di un gene
mai
morto. (42)
Tornato
al raccolto di un giorno
risorto,
ho
scavato ancora la mia poesia.
Ho inciso
con le mani nude
un
ricordo antico,
diventa
ossessione della mattina,
quando la
luce s’appresta a lottare
sull’uscio,
di una
nera canzone divenuta
nuova
visione.
Conto i
passi verso il recinto
del mio
pianeta,
è vita
che sgorga universo
che
spiega.
Assenza
di gravità chiede
passione,
per
raccontare da una crosta dura
come la
terra,
quanta
fatica è la mia eresia.
Quanta
gravità in questa zolla
di terra,
conta le
frustate sulla mia schiena,
conta le
ore del mio sudore,
mi ruba
il pane con tanto
troppo
amore. (43)
Mi
obbliga alla preghiera
d’una
madonna bianco vestita
dentro
una chiesa.
All’ombra
di un prete che beve
il sangue
del Salvatore,
nella
fatica del mio sudore.
Calvario
del tempo
nel
tempio nominato Creato,
taciuto
alla mia dottrina,
e senza
la clessidra a contarne
le ore.
Perché
non vi è tempo…,
nella mia
creazione. (44)
Neppure
un inquisitore
a
contarne le ore.
Un
diverso raccolto
all’ombra
del sole
che ora
sembra morto.
Nella
nera profezia
di un
falso predicatore,
e la sua
oscura visione.
Come sola
certezza che vi è un
diverso
Dio,
muto
sulla porta e mai ci aspetta,
ma ci
dona il seme…
della
ricerca. (45)
La mia
stella brilla ogni giorno,
la
preghiera ne descrive appena
il
contorno.
Le mani
scavano incidono dettano
la forma,
un’altra
strofa senza la sua ora.
Figlia di
un oscuro primo passato,
volle la
luce ancora nel grembo
d’un
pensiero chiamato tempo.
Scorre e
vola lontano,
sogno di
un Dio perfetto
taciuto
alla loro storia.
Mi dona
arte racchiusa
in ogni
strofa
senza il
frammento
nominato
tempo,
e senza
pane né gloria,
per
indicarmi la sua storia segreta.
Una
materia per sempre morta,
alla sua
ora infinita. (46)
Da quella
prigione tutt’altro
che
perfetta,
non posso
pregare né profezia
né
rima.
Neppure
scolpire la dura pietra,
forma che
scava nella memoria.
Concesso
e non ammesso,
che il
sogno appartenga al profilo
del Dio
pregato sul santo altare,
potrei
dar forma alla commissione
divina,
purché il
profilo e il volto,
così come
il resto del corpo,
riproduca
forma e …materia,
…del loro
Dio ….risorto. (47)
Il quale
ci dona denari fama fortuna
e gloria,
per
cantare la santa preghiera
d’una
Chiesa o la sacra
Moschea.
La rima
non cambia nella uguale
costruzione.
Custodi di un peccato mai nato
per
questa mia terra.
Interpretare
così il suo Verbo
è il solo
dovere che conterà
i denari
di siffatta materia!
Muratore
che non conosce
paura,
solo
divina architettura!
Una natura
senza principio
scolpito
nella parola di un profeta,
…e il suo
strano Dio. (48)
Tornato
alla mia arte
scorgo la
pietra divenire
tomba,
racchiude
il corpo intatto
d’un
antico sovrano.
Apro le
porte del suo regno,
con il
sudore che bagna
la fronte.
Busso al
sogno raccolto
di ère
sepolte nel sonno
profondo.
Mi dona
un nuovo frammento
senza
custode né testimone
della sua
memoria…
…..per
sempre sepolta. (49)
La mano
accarezza
come chi
deve,
con gesto
e dovere.
Chi era
suddito in quel ricordo,
e
custodiva il pensiero
di un Dio
ora di
nuovo risorto.
Un regno
dimenticato
prima
della storia
dai
posteri narrata,
e mai
compresa entro
la tomba
del tempo. (50)
La mano
accarezza il profilo
di angoli
perfetti,
mura ben
solide a difesa di un
diverso
Dio.
Non
conosce l’amaro inganno:
una paura
come principio
di vita,
un
peccato originale
chiuso
nella Genesi
divenuta
creazione.
Come
un’oscura profezia,
una
superstizione che sprona
la
coscienza
di un
intera esistenza. (51)
Pietra
antica di angoli perfetti,
ha difeso
la fama e la gloria
di una
diversa coscienza
mai
letta,
nel
grande biblioteca….
custode
della memoria. (52)
Guardo la
grande città racchiusa
nella
forma…
un’antica
tomba ora ammirata.
Guardo i
contorni osservo le porte,
leggo il
papiro svelare l’antico
mistero.
Formula
scritta ed imparata a memoria…
un popolo
mai sazio della sua storia.
Ora
diviene scultura contemplata
in questa
bella giornata così pregata.
Senza
neppure un gallo
che
annuncia il tempo,
là dove
le porte aprono
un altro
abisso senza le ore…
del
Secondo Dio Creatore. (53)
Altro
giorno assente
al tempo.
È il
Primo Dio che
accompagna
quest’ora
muta.
Perché da
secoli attende
la mia
venuta. (54)
Le mani
ora,
dopo il
lungo lavoro,
accarezzano
le frasi dette di notte
ad una
dèa che ho preso per moglie.
Lingua
sconosciuta di un’altra vita,
mi
insegna solo il miracolo
di un
diverso creato.
Saggezza
antica che imparo
ogni sera
fino alla mattina.
Un giorno
senza tempo
per la
mia arte
perché mi
trascina…
….nell’oscura
eresia. (55)
La dèa
sussurra strane
parole,
luci non
scorte di lontani
firmamenti,
miliardi
di stelle in infiniti
universi.
Frammenti
di una lingua
né udita
né vista,
in questo
cielo dalle tante
parole.
Ora
appaiono in alto,
nell’Universo
che prega
l’opera
mia.
Il tempo
impiegato
per il
lungo viaggio,
attraverso
l’oscuro oceano,
del
grande cielo stellato
divenuto
materia,
poi solo
parola….
dell’anima
mia. (56)
Le voci
ascoltate sono mari
di altri
mondi,
all’improvviso
ispirano
la
comprensione che diviene
ossessione,
….poi
strano sorriso.
Poi il
pianto d’un pazzo
perché ha
scorto il profilo,
e
compreso la parola udita la sera..
….sussurrata
da una dèa,
antica
come una stella. (57)
La parola
si svela,
le luci
delle stelle accendono
il cielo
in una
nuova costellazione.
Le parole
comprendo mentre
accarezzo
questa visione,
una
pietra antica narra
il suo
nome.
La luce
rivedo dopo secoli di lava,
in
millenni di lenta stratificazione.
Solida
nella forma di una dèa
e la sua
strana preghiera. (58)
Milioni
di anni impiega una stella
per
spegnere il fuoco della sua
vera
natura.
Una
stella divenuta terra
di una
nuova poesia,
non
avendo misura della sua
prima
venuta.
Ad
illuminare la vista di elementi
nuovi…,
alla mia
umile anima divenuta
comprensione….
della
vera natura. (59)
Solo per
intendere la parola,
di una
voce ascoltata per ore,
senza il
desiderio né l’istinto
di un
amplesso…,
che
chiamano amore.
Solo atto
di un corpo per sempre
morto,
mentre
l’anima, eterna dottrina
di vita,
insieme
alla sua e alla mia preghiera….
…..volò
via. (60)
Chino
alla mia opera
la luce
illumina contorni
distinti,
una
natura che muta osserva,
concedendo
solo la bellezza
di
profili antichi.
Destini
nascosti alla vista
di un
verde che pian piano
diventa
collina,
poi dolce
salita fino ad una cresta
che
nominano vetta.
Dove la
neve perenne di un vecchio
ghiacciaio,
nasconde
un ricordo mai morto.
Templi
lontani custodi segreti
di lingue
passate,
luce di
stelle non ancora
approdate.
Vedo con
gli occhi della mente
il
magnifico splendore.
Il
giardino incantato di pace e
saggezza
non ancora raccolta,
vedo con
gli occhi dell’arte
mia,
purezza
di antica disciplina. (61)
Il vecchio
sarcofago emana
una luce
lieve come fosse
neve,
splende
come una stella appena
risorta,
alla
prima ora della sua nuova
venuta.
Mi dona
forza e separo la terra
dalla
nuda pietra,
raccolgo
la materia intorno al
tempio,
raccolgo
la sabbia intorno
alle
mura,
decifro
il frammento nel tempo
del
nostro Universo.
Lo dono
poi alla gloria di un
secondo,
prima
della memoria.
Quando
non esisteva ancora
un
pensiero,
vittima
di un mito incompreso,
dettato
nell’ora di un cerchio
imperfetto.
(62)
Dopo il
secondo nacque il primo
minuto,
qualcuno
disse che è luce del suo
vero
trono:
Dio
creatore dell’Universo
e della
materia,
perché
domina l’intero pensiero.
Confondono
il Primo al Secondo
(Dio),
con una
blasfema eresia.
Costringono
il tempo ad uno
strano
versetto,
non
avendo mai scorto,
il Volto
Segreto sepolto in un pozzo
profondo,
come una
grande buco nero…,
…..padrone
del tempo. (63)
In questa
incomprensibile visione
per
questa nostra dimensione,
nascose
il profilo e la voce,
lasciando
alla luce il compito
imperfetto:
celare il
sogno segreto e mai
detto.
Mi dona
l’intuizione prima
della
voce,
caso
irrisolto del suo pensiero
nascosto.
Fa
ritorno sempre al punto preciso,
nel
circolo ristretto di un giorno
perfetto.
(64)
Quel
tempo che splende
sotto i
miei occhi,
sono
tanti sogni raccolti.
Incarnati
nella mente
in un
minuto senza tempo,
nel cuore
e nell’anima di una
maschera
antica.
Specchio
di vita un’altra luce
nella
via.
Anime di
un diverso creato,
dove il
tempo non è mai entrato,
e forse
mai passato. (65)
Solo
inutile contorno,
un
ingombro della materia
e della
storia,
saggezza
di altri mondi,
lingue
perfette
e mai
scoperte!
Mai udite
né viste
nel cielo
scrutato ogni notte.
Solo la
parola di una dèa,
mia sola
compagna in questa
preghiera.
Mia sola
luce che splende
in tante
rime che penetrano
la mente.
Parole
che leggo davanti alla porta
di questa
antica dimora,
scudo
della storia di una diversa
...memoria.
(66)
Vagano le
anime
per un
grande deserto,
specchio
di un Universo
imperfetto,
riflesso
di una mano intrisa
di
materia…,
e nemica
della mia preghiera.
Un
Pensiero figlio
di un
Abisso,
è sogno
incarnato
di questo
creato.
Chi,
invece,
senza
tempo e materia,
e senza
peccato aver mai
pensato,
vaga come
un’ombra,
….poi
come stella,
per
insegnar parola e saggezza
di una
diverso principio
per
questa terra. (67)
Anime
divenute materia,
intrappolate
in un’èra
della
memoria nominata storia,
e
incastrate in uno strato
di
roccia,
stratigrafia
del tempo che avanza.
Anime
lontano dalla vista
di una
stella che brilla,
lontano
dalle parole,
ora,
solo
oscure memorie.
Lontano
dalla pietra
quale
solo sepolcro,
una
civiltà senza volto.
Lontano
dall’amore
divenuto
potere,
su ogni
terra
del
vostro avere. (68)
Nominata
ricchezza,
poi
qualcosa che assomiglia
al
principio della guerra,
in cui
lei si specchia
per farsi
ancor più bella!
Perché la
sua natura rinasce
ogni
volta che la materia
muore
nell’eterno
dolore,
di una
terra senza amore. (69)
Lontano
dall’istinto,
perché
vuole l’uomo predatore
farsi
padrone di ogni regno,
dall’uno
all’altro mare
di questo
sogno indegno.
Poi
navigare oltre l’oceano
di nuovo
terrore,
cui solo
lui conosce
il vero
nome.
Per battezzare la ricchezza
con il
suo cognome,
e a noi
un sepolcro senza neppure
un nome,
per dar
memoria al dolore! (70)
Anime che
ora vedo tutte assieme,
negli
angoli composti di questa
strana
storia raccolta,
in una
pietra nascosta.
Riposta
con precisa simmetria
da chi
conosce le misure che
nominano
vita.
Pietra
scolpita,
come la
città antica
che
accoglie la saggezza:
un numero
perfetto
e con
lui,
un antico
componimento.
Per
raccontare una diversa
percezione,
chiamata
utopia d’amore. (71)
Diverso
principio,
dona alla
pergamena
incisa
sulla pietra,
il
mistero svelato:
un
pensiero mai nato
nel
perimetro della parola.
Prima di
lei,
la
coscienza riflessa
chiamata
creazione.
Impronta
di un idea
caduta
nella materia.
Pensiero
di un Dio
che
accarezza il deserto,
come
soffice mantello
della sua
visione.
E un
profeta che insegna
preghiera,
non
scorgendo il pensiero
della
vera intuizione,
nel
deserto di un Dio
divenuto
terrore.
Confonde
la sua poesia
con
strano e doppio principio:
orrenda
bestemmia!
eresia morta e sepolta! (72)
Il
profeta custode della dottrina,
narra di
un Dio superiore
ed uno
inferiore,
nell’identico
progetto
che porta
il suo nome.
Restituito
in geometria
Perfetta,
spirale
di vita,
dona illusione
ma non la
comprensione. (73)
(G. Lazzari, Frammenti in Rima, Il Primo Dio)
Nessun commento:
Posta un commento