giuliano

martedì 25 settembre 2018

....NON SIA UNA GRANDE NUVOLA PURPUREA (15)


















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Sei sicuro...? (14/1)

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Il viaggio della Speranza (16/7)

...Giacché è l'ultima a morire (18)











Sei sicuro che in fondo all’estremo nord o sud a fatica conquistato non regni una grande nube purpurea di ingannevole materia artefatta?

Sei sicuro di aver riposto la tua e altrui coscienza al riparo d’ogni prevedibile e imprevedibile bufera e di non esserne in alcun modo coinvolto credendoti immune o come disse il poeta… ‘assolto’?

Sei sicuro dell’equipaggio della slitta da una nave approdata essere estranea da qual si voglia antica tentazione avversa al sano elemento così (mal)conquistato?

Sei sicuro di aver sconfitto l’invisibile Straniero come un nero pinguino animale avvistato riaffiorare da un iceberg di storia o in realtà non sei altro che il miope  suo cacciatore proteso verso la più cieca antica e nuova memoria braccata?

Sei sicuro ‘molestator-molestato’ del libero arbitrio  non essere su una antica rotta ove non regna il calore della Terra?

Sei sicuro della scelta e con essa della presunta antica potenza quale corsa della perenne conquista ove molti e troppi seguiranno il fiero passo rubato a madre Natura per ognun che viola il diritto e non solo alla Vita?

Sei sicuro di aver acquisito nella marcia accompagnata passo dell’oca agognata  il dovuto senso della disciplina e con essa saggia coscienza?

Sei sicuro che questa sia ‘rotta’ e giusto ‘mezzo’ per assicurare onore e gloria donde la Terra se non fosse solo termometro bussola e barometro ove una nube di insana natura misurare distanza e gelo dell’antica conquista e successivo degrado fondato nella natura dell’inutile conquista?

Sei sicuro con gli altri accompagnare la corsa non più cammino immuni nel compiere medesimo strazio della caccia dovuta e non certo sopravvivenza?

Sei sicuro che ciò che ai accumulato possa soddisfare le esigenze del ritorno della difficile conquista tonnellata di materia imprevista?

Ma ciò di cui prendere atto dopo il ritorno dalla base ‘Scott-Amundsen’ lo svolgere di strani inequivocabili eventi estremi d’un tempo che pensavano superato: una ‘nube purpurea’ avvolgere una fiorente chiesa per poi approdare al fitto d’un bosco unita dalla costante minaccia di chi avverso al sano Elemento, fondare morte ed invisibile silenzioso agguato per ciò che non può dirsi una strana (m)afa…



  
…SEI SICURO IMMOBILE (se pur) PARTITO (ed anche tornato) AVVOLTO DA SIMMETRICO PENSIERO QUAL NUBE PURPUREA AVVOLGERE L’INTELLETTO D’OGNUNO DALLA TERRA FINO ALLA STROTESFERA PRECIPITATO IN ALIENO AVVERSO ELEMENTO… DECIFRARE LA MORTE PREMATURA?  




Per poi avvolgere ancor più invisibile immobile morto pensiero per ogni cosa che si muove in una Terra divenuta nuovo deserto ove la strana nube in odore acre e pungente paralizzare ogni tentativo nell’insana conquista milioni d’ettari di Terra ove giacciono morti supini privi di Vita e Idea su come in verità e per il vero si può fondare la Vita e non trovare pace in Terra riversi dormienti vivi ma pur morti nell’atto d’ogni giorno che li ha contraddistinti...



chi camminando chi lavorando chi in chiesa pregando chi pranzando o chi invece cenando e chi  fumando una sigaretta chi attraversava la terra chi curando un bambino e chi un paziente nell’ultimo difficile respiro chi faceva benzina non riuscendo a capire bene nell’atto finale da dove il gas proveniva chi seduto per catturare l’ultimo sole d’autunno mentre lo sguardo fisso immobile al cielo e la radio rimasta a vegliare l’ultimo alito di veleno fagocitato chi sfornava un po’ di pane bevendo vino riverso supino in questo strano imprevisto cammino divenuto futura cenere del camino la nube approdata dalla finestra ha apparecchiato anch’essa la propria mensa quando hai pensato di nutrirla chi invece lento lungo la via pensando di esser mamma e riparare al giardino il bianco fanciullo da qualsiasi calamità la nube li ha lasciati uniti nell’ultimo passeggino privati del respiro chi nella scuola esponeva l’ultima teoria sul diritto l’hanno trovato dritto con lo sguardo fisso rivolto al cielo chi nello stesso tempo si trovava al magazzino a fronte dell’ultimo acquisto l’hanno trovato sdraiato al bancone come fosse carne da macello un foulard appeso ad uno strano sorriso come fosse un uncino d’una nube transitata sogno seta-purpureo ultimo modello chi invece studiava l’ultima strategica linea di difesa accasciato alla cartina non riuscendo a scorgere da dove lo strano odore in vero proveniva chi in attesa alla stazione chi in piedi e chi seduto sull’aereo collassato fors’anche mai decollato offuscare la rotta del treno su cui precipitato quando entrambe pensavano  all’intero carico trasportato ma ad una prima nuvola d’autunno approdato uniti  nell’ultimo sogno purpureo d’un incompreso sguardo sulfureo avvolgere lo strazio senza passeggero alcuno ad ammirarne l’attesa chi alla corsa del primo mattino l’ultimo jogging travestito riverso ed anche lui supino vicino ad una siepe frugare nel purpureo sogno accresciuto non scorgendo alta la nube avvolgere l’ultima corsa verso il traguardo chi alla manovra convenuta manovrato dalla nuvola nell’ultimo gesto disperato l’hanno trovato ucciso dalla stessa sua arma nell'ultimo tentativo d’intuire da dove provenisse la nuvola dello strano unanime destino…




….L’idea di orientarmi in terra con gli stessi mezzi che mi erano serviti per orientarmi in mare, per quanto naturale, non mi era ancora venuta in mente; ma non appena vidi una bussola in mostra in un negozio vicino al fiume, tutte le mie difficoltà scomparvero: perché una carta o una mappa, una bussola, un compasso e, trattandosi di lunghe distanze, anche un quadrante, erano tutto quel che occorreva per mutare la locomotiva in nave terrestre: bastava sce-gliere quelle linee il cui tracciato passasse più vicino alla rotta prestabilita,anche se non la seguivano esattamente. Così attrezzato, lasciai Reading verso sera, prima che si facesse buio.

A un angolo vicino alla fabbrica di biscotti vidi un ragazzo, che mi sembrò fosse cieco: stava, come incastrato, in piedi, aveva una catena al polso, e legato alla catena un cane, e il ragazzo si trovava in una posizione tanto arbitraria da farmi pensare fosse stato sollevato, con catena e cane, e piantato lì dalla tempesta del giorno; ma la cosa più strana era il suo braccio, rimasto proteso sopra il cane, così che nell’attimo in cui lo scorsi mi sembrò un ubriaco che stesse aizzando contro di me il suo cane; infatti, tutti i cadaveri che vidi erano molto malconci, svestiti e stravolti dalla tempesta; si sarebbe detto che la terra facesse ogni sorta di vani sforzi per ripulire le sue strade.

Non molto lontano da Reading scorsi il vivaio di un floricultore: alcune aiuole sembravano morte, altre fiorivano con rigogliosa esuberanza; e qui, di nuovo vidi aleggiare intorno alla locomotiva nell’aria della sera, tre farfalline appena uscite dalla crisalide; poi passai accanto a una quantità di treni, pieni zeppi di gente, tutti sull’altro binario, due dei quali distrutti in uno scontro e una locomotiva esplosa; perfino i campi e i terrapieni ai due lati della ferrovia apparivano insolitamente popolati, come se i viaggiatori,non potendo più fidarsi di treni né di altri veicoli, avessero deciso di raggiungere la costa occidentale a piedi, schierati in colonne e carovane.

Prima di arrivare a Slough, stavo per entrare in una galleria, quando osservai sotto l’arco di ingresso una quantità di legni spezzati; mentre percorrevo il tunnel, mi allarmarono i salti che faceva la locomotiva, per via dei cadaveri che ingombravano le rotaie; all’uscita, un altro ammasso di legni rotti. Immaginai che un gruppo di disperati avesse deciso di chiudere ermeticamente le due uscite della galleria dopo essersi introdotti, con varie provviste, nella speranza di poter sopravvivere, finché il giorno del giudizio fosse passato; a un certo punto un treno diretto a Londra aveva infranto le barricate, probabilmente schiacciandoli; oppure altre folle, pazzamente desiderose di condividere il loro rifugio cavernicolo, avevano forse buttato giù le palizzate; essendo questi incidenti, come poi scoprii, divenuti quotidiani.

Non mi mancava molto per arrivare a Londra, ormai, ma la cattiva sorte volle farmi trovare sul mio stesso binario un treno, anch’esso diretto alla capitale, completamente vuoto: altro non potevo fare che trasferirmi con tutte le mie cose sulla locomotiva di questo treno, che trovai in buone condizioni, fornita perfino di carbone e di acqua; dovetti però farla partire, una fatica abominevole: ormai ero nero dalla testa ai piedi. Verso le dieci e mezzo un altro treno mi sbarrò la strada; ma mi trovavo a 400 metri soltanto da Paddington. Scesi e mi avviai a piedi verso la stazione,tre carrozze piene di cadaveri che si reggevano ancora in piedi, per via della calca, sopra rotaie dove i cadaveri erano così abbondanti e trascurabili quanto le onde nel mare o i rami nel bosco: perché intere moltitudini avevano inseguito i treni in movimento, cercando di raggiungerli, oppure li avevano preceduti, di corsa, nella folle speranza di poterli fermare.

Arrivai a quel gran capannone di vetri e travature che è la stazione; la notte era perfettamente silenziosa, senza luna, senza stelle; erano quasi le undici; impossibile non accorgersi che a un certo punto i treni, per potersi muovere, si erano dovuti per forza aprire la strada sguazzando sopra un pantano di corpi, spingendoli da dietro, e questi avevano formato una massa compatta sulle rotaie; certamente lo avevano fatto, si vedeva, e lo stesso dovevo fare io adesso, dovevo decidermi a guadare quel pantano, perché carne umana ce n’era dappertutto, sui tetti delle carrozze, negli spazi tra un vagone e l’altro, sulle piattaforme, spruzzata sulle colonne di sostegno come una schiuma ammucchiata sui vagoni merci aperti; una palude di carne, e la stessa sostanza, davanti alla stazione, riempiva gli interstizi lasciati dal vero e proprio esercito di veicoli che copriva a tappeto quel quartiere.

E tutto quel profumo di fiori, che in nessun luogo, tranne quella nauseante nave, era mai mancato, qui veniva finalmente e completamente sopraffatto da un altro odore; e mi venne in mente il pensiero, santo cielo, che se l’anima degli uomini aveva ruttato al cielo lo stesso odore che adesso i loro corpi mi offrivano, non era da stupirsi, no, che le cose stessero come stavano. Uscii dalla stazione; i miei orecchi, ne è testimone il cielo, si aspettavano ancora il solito rumore cittadino, per quanto fossi abituato ormai a quel muto e assente vuoto del silenzio; e fui sopraffatto da un nuovo terrore, e mi smarrii in una nuova disperazione ancor più sconfinata, quando invece di lampioni e di ruote in movimento, vidi davanti a me la lunga strada che conoscevo bene, immersa in un mutismo lugubre, come fossi in una Babilonia secolare invasa dall’erba; quando invece della consueta confusione, non udii che un silenzio sconvolgente, un silenzio che si innalzava al cielo, fino ad altezze dame finora mai sentite, per congiungersi lassù al silenzio di quelle luci di... eternità...


(Socialmente ispirato dalla Nube Purpurea)
















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