giuliano

martedì 18 settembre 2018

SETTEMBRE (9)




















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Wayne Elko era seduto alla finestra di una baracca nei bayou a ovest di New Orleans. Alle finestre non c’erano vetri, ma solo una polverosa copertura di plastica, e Wayne stava guardando le sagome indistinte di tre uomini che si esercitavano al tiro al bersaglio in una postazione di cipressi e salici. Qua e là nella zona sorgevano altre baracche usate dai domenicali che venivano a pesca di rane e granchi. Foschia mattutina. I colpi di fucile erano leggeri e lontani, come spari di armi giocattolo nell’aria pesante. David Ferrie, una presenza magnetica, uno spassoso maestro di giochi, stava tirando alle lattine con una calibro 22. Il cubano con il pancione, Raymo, aveva un Winchester modificato che gli piaceva smontare e rimontare. Puliva la canna con uno straccio e scartavetrava il calcio. Il terzo uomo, di nome Leon, lavorava di otturatore con una vecchia carabina: mirava, sparava, azionava la leva. Questo è un campo nuovo e messo su di corsa, spiegò Ferrie, così si spiega la mancanza di comodità. La sede naturale sarebbe stata a Lacombe, piú vicino a New Orleans, dove diverse fazioni anticastriste si erano esercitate alle tattiche di guerriglia finché gli agenti federali non avevano fatto una retata impadronendosi di un enorme deposito di dinamite e bombe. Il progetto attuale doveva mantenere proporzioni ridotte e riservate. Vietato parlarne. Rispettare l’ambiente.

Aspettare il momento!

Wayne pensava che quelle erano regole che sconfinavano nel misticismo…

...‘Io ci ho pensato tanto’, disse Raymo, e vi dirò quali sono le mie conclusioni. Una volta credevo negli Stati Uniti d’America. Il paese che non poteva sbagliare. Era più grande di qualsiasi cosa, più grande anche di Dio. Con la potenza degli Usa alle spalle, come potevamo essere sconfitti? Ce lo dicevano, ce lo ridicevano, ce lo promettevano, lo ripetevano all’infinito. Avevamo l’incondizionato sostegno delle forze armate. Siamo sbarcati sulle spiagge convinti che ci avrebbero appoggiato con l’aviazione, con la marina. Impossibile essere sconfitti. Abbiamo alle spalle i grandi Stati Uniti. E poi cosa succede? Ci ritroviamo in mezzo alle paludi, spersi e affamati, a mangiare la corteccia degli alberi per non crepare, e la radio dice: ‘Attenzione, brigata, la civetta chiurla nel fienile’. Guardò una a una le facce degli altri, ridendo.

‘Domani, fratelli, il bimbo storpio salirà la collina’.

Ridevano tutti.

‘Ci hanno disarmato e ci hanno legato le mani in una lunga catena serpeggiante, poi ci hanno fatto salire sui camion diretti al più vicino accampamento militare, e c’è un aereo che passa proprio sopra di noi e io grido, rivolto ai nostri uomini:  - Non sparate, ragazzi, è uno dei nostri -’. I suoi occhi brillavano di dissennata allegria. Guardò Wayne, poi Leon, poi di nuovo Wayne, ridendo storto, dando una gran manata sul tavolo. I piatti di latta sobbalzarono. Quando tornò il silenzio, guardò per due minuti buoni la sua porzione di uova e patatine. Si strofinò i baffi con l’indice, poi cominciò a mangiare. ‘A mangiare la corteccia degli alberi’, ripeté, ma questa volta senza allegria, masticando lentamente. Più tardi videro arrivare T-Jay sotto l’acquazzone, rovesci sospinti dal vento. Gli alberi si piegavano dietro di lui. Portava una sacca da viaggio su una spalla e un’altra sotto il braccio sinistro. Una volta dentro, le aprì. La prima conteneva due custodie di pelle, l’altra una sola. Ogni custodia era foderata di panno verde e conteneva a sua volta un paio di fucili di grosso calibro.

…Gli uomini soppesarono le armi borbottando e passandosele di mano in mano. La copertura della finestra si gonfiava e sbatteva. ‘I cannocchiali sono in macchina’, disse T-Jay. Si sedettero e parlarono dei fucili. Wayne credeva che nei fucili ci fosse l’amicizia. Il che non era necessariamente un paradosso...








                                               BREVI NOTE DEL CURATORE





Il Curatore invia alcune foto dell’autopsia di Oswald. Nicholas Branch si sente in dovere di studiarle, anche se non ha idea di cosa ne potrà ricavare. Vede gli occhi sbarrati, la grande ferita sul fianco sinistro, le due creste della sutura grossolana che s’incontrano sotto la clavicola per scendere in un’unica linea fino alla zona dei genitali, formando una lettera Y. L’occhio sinistro è rivolto all’obiettivo, e guarda. Il Curatore invia gli esiti delle perizie balistiche effettuate su teschi umani e carcasse di capre, su blocchi di gelatina mista a carne di cavallo. Ci sono foto di teschi con la porzione cranica destra asportata da uno sparo. Ci sono primi piani di teste di capra fracassate. Branch studia la foto di un manichino di gelatina ‘vestito’ come il presidente. È pura scultura modernista, un blocco di gelatina avvolto in strati di tessuto per abiti maschili e per camicie da cui fa capolino una striscia di maglietta intima bruciata dal proiettile. Ci sono documenti sulla velocità di uscita. C’è la foto di un cranio umano riempito di gelatina e ricoperto di pelle di capra per simulare il cuoio capelluto. Il Curatore invia all’FBI una serie di memorandum concernenti il cervello del presidente, scomparso da più di vent’anni dagli Archivi Nazionali. Invia una vera e propria pallottola deformata, sparata a fini sperimentali attraverso il polso di un cadavere seduto. Qui siamo a un altro livello, pensa Branch. Abbiamo trasceso la documentazione. Ora vogliono che io tocchi e annusi. Non sa perché dopo tanti anni gli stiano inviando questa macelleria. Frantumi di ossa e orrore. Ai suoi occhi non significa altro. Non c’è niente da capire, nessun giudizio approfondito deducibile da questa somma di immagini e dati, da questa malinconica pallottola con la punta appiattita e schiacciata come un penny lasciato sulle rotaie del tram. (Come si sente vecchio). Le teste di capra insanguinate sembrano sbeffeggiarlo. Incomincia a pensare che il punto essenziale sia questo. Gli stanno strofinando la faccia nel sangue e nelle frattaglie. Lo stanno sbeffeggiando. In realtà, stanno dicendo: ‘Ehi, guarda, sono queste le vere immagini’. Questa è la storia. Eccoti un cranio esploso su cui meditare. Ecco il piombo che penetra nell’osso. Stanno dicendo: ‘Guarda, tocca, è questa la natura autentica del fatto. Non le tue splendide ambiguità, le tue biografie degli attori principali, le compassioni e le tristezze. Non la tua stanza piena di teorie, il tuo museo di fatti contraddittori. Non ci sono contraddizioni, qui. La tua storia è semplice. Guarda, l’uomo sul tavolo autoptico. L’occhio aperto, sbarrato. La testa di capra da  cui cola materia elementare’. Stanno dicendo: ‘È così che appari quando ti sparano’. Come può Branch scordare le contraddizioni e le discrepanze? Sono l’anima di quella storia capricciosa.

Per le conclusioni del ‘campo magnetico’ ove il tutto dall’ago del curatore rilevato vi rimando allo Stato di un diverso ma non antico ma sempre odierno Dialogo…

(D. Delillo, Libra)

 (per diritto citazione art.70 Legge 22/04/1941 n. 633)





















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