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SERMONI PREDICATI
POMODORI RACCOLTI
La
somiglianza tra il francescanesimo primitivo e altri sodalizi pauperistici e
penitenziali di origine o in parte laicale sono pertanto un dato innegabile;
così come innegabile che tra quei sodalizi, i meccanismi che presiedevano alle
scelte ortodosse di alcuni ereticali di
altri erano sottili e si basavano talora su ragioni impercettibili, talaltra su
eventi addirittura casuali.
In
effetti, la discriminante tra ortodossia ed eterodossia non stava affatto né
sul piano del rigore con cui si guardava al modello evangelico, né su quello
della durezza che s’imponeva alla propria forma di vita. Il problema era
evidentemente disciplinare: consisteva tutto nell’accettazione dell’autorità
gerarchica della Chiesa e – quindi – nella scelta fra una predicazione prevalentemente
accusatoria (donde deriva anche una certa socialità rilevata…), a modo suo
alternativo-istituzionale, e una tutta fondata sulla ‘metanoia’ e quindi sul
perfezionamento interiore e personale, da perseguirsi con implacabile durezza
verso se stessi ma da proporre agli altri soltanto attraverso l’offerta di
modelli da seguire liberamente.
E qui
risiede la chiave del fatto – d’una sconvolgente semplicità – che Francesco non
ha mai criticato nulla e nessuno, non ha mai attaccato nulla e nessuno: neppure
la corruzione della Chiesa, della quale senza dubbio si rendeva conto e che non
poteva piacergli (all’attuale Francesco rendiamo il merito di quanto il proprio
mandato ufficiato nello sforzo compiuto e ancor da compiere per medesimo passo
accompagnato…); neppure gli Eretici, con i quali certo concordava quanto più
potevano sembrare simili strade sentieri e passi (detti…)…; concordi in
sostanza su taluni fini circa la corruzione ma distanti su vedute prossime al
Creato Genesi di similar dottrina…
Non
essendo ancor il 24 (del prossimo antico Febbraio rimembrato) rileviamo una nuova pazzia di Frate Francesco
simmetricamente tratta negli odierni accadimenti e data a medesime ugual genti…
e su ciò meditiamo…
Rivolta
a Fiere non men che Bestie cogitanti sottratte alle bestiali genti divoranti!
Nel
suo soggiorno romano, infatti, del 1209-10 nel qual vien annoverato il celebre Fioretto
XVI, quello della predica alle vasti genti della Natura purtroppo senza -
almeno così dicono - corretta parola neppur Pensiero anco questo in dialetto
romanesco quanto celtico rinato!
Ci
troviamo e dimoriamo tra Cannara e Bevagna, sulla strada che da Assisi conduce
a Montefalco, in una data non facile a precisarsi ma che apparterrebbe al tempo
nel quale la ‘fraternitas’ era consolidata. È una pagina limpida, trasparente:
Francesco parla alle bestie volatili e non, li esorta – ricalcando così un noto
passo evangelico – ad esser grati a Dio che li nutre, e quelle pazientemente e
affettuosamente lo ascoltano (ciò più che vero: mentre tutti e nessuno ridono e
‘mirano’ cotal giullaresca pazzia, gli altri applaudono regal giullare ben
pagato recitare diversa rima al teatro non più Colosseo d’una più nobile cucina);
quindi li benedice e li congeda avvisandoli dell’ingordo cacciatore non meno
del trovatore e non certo di saggia parola…
Dopo
tutto quel che abbiam appreso dagli etologi non meno di ecologisti, ci guarderemo
bene dal bollare quest’episodio come senza dubbio leggendario e dall’escluderlo
dalle ipotesi di fattibilità, in quanto abbiamo sfamato e saziato la Natura e
questa accompagnata dal buon Dio ci contraccambia giacché stanca afflitta
perseguitata e anche pur senza Parola per esser ricordata ispirare Poesia
rimata; e chi in cotal gesto proteso e pregato, additato perseguitato afflitto ‘pazzo’
ingiuriato non meno del Destino augurato ora come ieri apostrofato…
Qual
Golgota comandato!
Quel
di certo conosciamo dai testi medievali non meno dalle odierne parabole parole
sconnesse senza Rima e Memoria alcuna, ci possono far render conto come nel
fatto narrato si celi una intera allegoria e non solo potremo a Ragione (o
torto) indicare e sostenere una intera civiltà progredita…
Cotal
nobili creature della Terra quanto dell’aria non men del mare da altri così mal
navigato conservano uno statuto simbologico molto complesso: possono esser
presi a simbolo talora delle Anime – e la moderna psicanalisi ce l’ha
ricordato, rileggendo in questa chiave anche molti antichi miti -, talaltra
degli angeli e dei dèmoni. Nella letteratura medievale gli animali che
affollavano i bestiari erano frequentemente utilizzati a simboleggiare vizi e
virtù umane. Anzi, era cosa comune rammentarli per caratteristiche che in loro
erano naturali ma che nell’uomo sarebbero state peccaminose: e allora se ne
sottolineavano l’ingordigia, la lussuria, l’orgoglio, la vanità. Oggi come ieri
abbiamo rovesciato taluni schemi e abbiam scoperto diversi intenti e patimenti,
doti e prodigi ma sempre conditi alla cucina dell’uomo non comprendendo bene
come Ragione e Simmetrico Superiore Intendimento talvolta e come un Tempo vien
concesso (Aristotele permettendo…)…
Scorgendo
e confondendo uomini e bestie!
Ruggero
di Wendover narra che subito dopo aver ottenuto dal papa il permesso (ma non
dal giullare di Stato tantomeno dai suoi pretoriani comandati… in ciò che stato
e mai nato…) di seguire il suo programma di Vita, Francesco si costruì un
oratorio in Roma e cominciò da lì la sua missione: ma il popolo romano non men
del celtico nato preferisce - come fu e sempre Stato - accompagnarsi al Barabba
d’un giullare acclamato imperator… di Stato…
Per
giunta nemico di tutto ciò che buono, lo coprì di disprezzo e restò incurante
dinanzi alle sue esortazioni continuando a perseguitarlo.
Francesco
dichiarò allora che quella durezza di cuore come di sano Intelletto sonava
offesa non a lui, ma all’Onnipotente (più potente ed accorto di pria basta
leggerlo nelle parole di Saramonda non meglio degli occhi afflitti e
preoccupati per ugual sorte alla valanga precipitata non più acqua neve a cui
la Grotta per sempre affollata…); egli da parte sua – secondo il precetto del
Cristo: scuotersi dai calzari la polvere delle case dove gli annunziatori della
Parola non fossero stati ben accolti – se ne sarebbe andato dalla città per
annunziare Cristo agli animali bruti della terra del cielo e dello mare
intero; essi ascolteranno queste parole di salvezza e obbediranno a Dio con
tutto il cuore dal momento che le italiche romane celtiche genti non disposto
ad ascoltarlo.
Ciò
detto si avviò verso la campagna e lì, appena fora le mura ove ogni Comunale
intento affigge suddetta pazzia vide uno stormo di cervi accompagnato da corvi
merli e passeri non men che lupi raccoglierne predica, e Francesco comandò loro
in nome di Cristo di venire a lui, contrariamente come avevano scelto di fare
non solo i romani ma l’intero impero dall’Alpe alle Piramidi comandato come un
tempo non troppo remoto et anco rimato et contraccambiato…
Frate
Francesco tornò da quella predica giullaresca zoppicante con il piede gonfio
con una stimmate nuova ed ulcerosa digiuno per altrui proprio volere gli altri
quelli della sua terra seduti alla preziosa cucina non meno d’innominata
osteria ove ogni buon piatto ben condito in medesima preghiera all’altare di
ugual opposto Dio…
Scusate
fors’anche antico diverbio fra il Primo e Secondo (e non certo un piatto
assaporato…).
(F.
Cardini & Associati)
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