giuliano

domenica 17 febbraio 2019

UN DIALOGO RITROVATO (Seconda Parte)














































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Sogni e Memorie d'un abate
















...Havea rimandato a tempo indeterminato ogni appuntamento terreno e con loro ogni materiale compromesso. Havea rinunziato al potere e scagliato per intero dalla loggia della falsa ipocrisia donde questo innestato, io per mio conto e similmente in difetto di facili compromessi ed in fuga da ogni Feudo braccato da ogni monarca e signore conservavo seri dubbi sulla sua unione ortodossa con la chiesa cattolica. Per questo provo un profondo rispetto, quando insieme ascoltiamo il vento corriamo sotto la pioggia o l’immacolata neve con laceri sandali  pregare il ghiaccio e scorgere camini fumanti e stracolmi di selvaggina ed ascoltare la parola della foglia del ramo dell’intero tronco.

Poi scorgerlo e ammirarlo con le lacrime agli occhi come un giullare salire su un ramo e scrutarne il nido, poi ancora come un forsennato ricreare lo stesso vicino ad un Albero ed invitarmi a pregare una Rima per provare medesimo segreto conforto della creatura di Dio giacché da quelle proviene un più elevato Pensiero.

Quindi mi accorsi che quando il gelo incombe come una malattia una fredda peste da tutti fuggita, dalla montagna discende ogni tipo di selvaggina e a lui accorre ed accorreva. Era ed è uno spettacolo un miracolo della Natura vederlo vicino al suo nido vicino all’Albero parlare al vento al ghiaccio alla neve al sole ed al cielo e sfamare con le proprie mani quegli animali compresi cinghiali. Poi mi indica i banchetti ove i savi assaporano i trofei d’una antica caccia.

Ride ancor oggi della loro pochezza.

Ride ancor oggi come il vero giullare di Dio per la caccia - perenne caccia - a cui ognuno, così prega e racconta, per sempre mai rinunzia. Eppur intuisco ed intuivo che pur non avendo letto tomo o papiro in lui scorgo e decifro le pagine d’un libro troppo antico per esser appena capito, ed il riso non è ed era solo un misero pasto ma anche più elevata e certa comprensione trasfigurata e erroneamente celebrata nel dotto mondo della Genesi pregata.

Mi guarda come un saggio faggio e non fa’ Parola di quanto da me detto secco e freddo come un bramino!  

Quando arriva la primavera l’incanto e lo stupore maggiori di pria, debbo raccoglierne in questo tomo il ricordo non solo per medesimo Albero donde la fotosintesi d’una più elevata icona, giacché a Lui ogni Creatura domanda riparo come se l’Aristotele - quello dei dotti e saggi per intenderci - avesse letto e compreso donde l’Intelletto compie l’invisibile completa totale unione divenuta comunione.

Con dotti saggi e professori d’una più elevata et elaborata dottrina non volea discuterne disciplina alcuna divenuta inutile controversia, era ed è la sua una Genesi dettata da Dio, ed io che pur vivo cotal conflitto alla dottrina di medesimo Creatore confluita non posso che raccogliere e dedurre le sue quanto mie Ragioni.

Per tutti gli altri eravamo e siamo dei pazzi o forse degli oracoli o fors’anche degli Eretici protetti da un segreto invisibile spirituale intento, non saprei che dire, so’ e testimonio che dopo il Processo ebbi il Perdono e potei anche rimanere al Convento giacché quello il maggior desiderio giacché perseguitato anche dagli Eretici stessi con i quali ebbi a discuterne principi e fondamenti e mostrare una Natura qual vero e primo principio specchio di Dio.

La cosa non piacque e quando da laico debbo domiciliare fuori dal convento e sottostare alle ragioni delle mura d’ogni Comunale intento la persecuzione più feroce di pria, giacché sull’inganno e la materiale ricchezza si fonda il principio della vita e con esso anche quello della guerra.

Ed allora il male come il Diavolo mi prende l’intera membra mi lacera e stritola per ogni ingiuria accompagnata dall’inganno facendosi beffa d’ogni mia scelta. D’ogni spirituale motivo, d’ogni scritto, d’ogni Natura pregata.

Ero e sono perseguito da ogni apostolo del male confuso per progresso. E ricordandomi ciò che fu la nostra Genesi in quella Natura nata in quel Dì rappresentato non posso che essere me stesso e non più recitare o celebrare il solstizio da una cometa annunziato con l’intero Universo inginocchiato, comprendendo motivo e ruolo della persecuzione in ciò che fu ed è più d’una preghiera e provare passioni e dolori d’una incompresa povertà lontano dai fasti con cui per sempre avevano ed hanno glorificato un Dio sbagliato. In ciò con quel fraticello ci intendiamo e comprendiamo adorando il nostro Dio per ogni foglia e ramo annusando il profumo della neve non meno di quello della primavera deliziandoci al ghiaccio come fosse frate foco venuto ad allietare e propiziare un rogo a cui volentieri ogni cittadino cacciatore e fors’anche trovatore ci avrebbe consegnato rinnovando i tormenti d’ogni Eretico al fuoco consegnato.

All’hora terza o quarta la clessidra difetta di sabbia, è quasi giorno e ci avviamo verso il giardino vasto giardino fuori dal convento, il male ricordo al mio frate amico secco e magro come un ramo e non certo appassito ci ha perseguitato tutta la notte donde e per quale il motivo non dell’apparente inverno ma della linfa di cui difetta contrario assente alla Vita e non certo  Parabola di Dio.

Ed a lui e non a Dio, al male dedico cotal Rima ne faccia tesoro affinché comprenda ruolo e seggio al suo ed altrui Parlamento divenuto patria fuggita…










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