giuliano

domenica 8 settembre 2019

CONTRO BEN ALTRE ARMI (8)



















































Precedenti capitoli:

Punte di Freccia contro ben altre armi (7/1)

Prosegue nel...

Sogno di un tessitore (9/10)













...Breve suono glutterato. Allora, se non erro, avevi oltre un innato istinto di sopravvivenza una maggiore comunione con medesimo linguaggio. Poi lungo l’intero arco evolutivo hai misurato distanza e materia nella presunta superiore capacità ed appartenenza della lenta regressione in cui non hai saputo riconoscere origine e primo linguaggio e con loro Dio. Sì certo sei cresciuto hai costruito il Cielo in Terra e la Terra su in alto sino al Cielo. Dici e ciarli ad immagine di un Dio. Pur non avendo ancora capito come il suo Pensiero nato.

O ancor peggio come un Dio pensa e parla in codesto Creato…




Questi oggetti così durevoli devono essere stati suggeriti al genio meccanico degli indiani, tenendo a mente il mio futuro divertimento in tempi avvenire. Dopo tutta la fatica che esse sono costate il ‘colpo’ sarà partito forse una volta sola, e l’arma che ad esso serviva è ormai andata in rovina e rimane solo la punta della Freccia, affondata nella terra, ad attendermi.

Ogni punta di Freccia è un frutto fossile, ciascuna mi reca un pensiero: essa mi porta più vicino a chi l’ha fatta di quel che avverrebbe se avessi ritrovato le sue ossa. Perché le ossa non sarebbero state testimonianza dello Spirito che le animava, come riesce invece ad essere questo frutto della sua operosità. Si tratta di umanità incisa sulla faccia della Terra, che si manifesta ai miei occhi appena la neve se ne va, che non si nasconde in una cripta, in una tomba o in una piramide. Non mummia disgustosa, ma pietra polita, il miglior simbolo e la miglior missiva che mi si sarebbe mai potuta spedire.

Non sono ossa fossili, ma, in un certo qual modo, pensieri fossili che mi ricordano per sempre la mente che li ha creati. Io mi figuro di essere sulle tracce di una selvaggina umana – di seguire le tracce di una mente – e questi piccoli nemmeno mi indicano sempre la strada giusta. Quando vedo questi segni so che gli Spiriti che li hanno fatti non possono essere lontani, qualunque sia stata la loro metamorfosi. Ed anche se voi portate tra di esse il vostro aratro e la vostra vanga che non rimarrà pietra su pietra, anche in questo caso esse non si disperderanno o frammenteranno.

Quando sconvolgete e buttate all’aria uno strato, seppellite più profondamente lo strato inferiore. Esse han fatto pace con la ruggine. Questo carattere ‘da punta di Freccia’ promette di sopravvivere ad ogni altro. E se anche i vari pestelli e le scuri, di maggior mole, potranno forse scarseggiare o frantumarsi, le punte di Freccia, forse, non mancheranno di volare verso l’eternità, attraverso il corso dei secoli.  

Originariamente creata per un volo assai breve, esse mi pare ancora lanciarsi tra le varie età recando il messaggio della mano che la scagliò. Miriadi di punte di Freccia giacciono, dunque, addormentate sull’epidermide della Terra in rivoluzione, come le meteore roteano negli spazi. Sono state seminate, come frumento lento a crescere, su tutta la superficie della Terra. Così come i denti di drago recavano una messe di guerrieri, queste recano messi di Filosofi e di Poeti e lo stesso seme può essere piantato nuovamente.




(7) Pratt mi racconta che un giorno uscì insieme a Wesson, fucili in spalla, e andarono fino a Hunt’s Bridge. Guardando a valle del fiume, vide una rondine appollaiata su un cespuglio a parecchia distanza da loro, al quale mirò e sparò un singolo colpo a palla. Fu sorpreso di vedere che aveva preso la rondine, poiché quella volò dritta attraverso il fiume verso la stalla di Simon Brown, scendendo sempre più verso il terreno o l’acqua, incapace di sostenersi in volo; ma la cosa che maggiormente lo sorprese fu di vedere una seconda rondine che arrivò da dietro e colpì ripetutamente l’altra  da sotto con tutte le sue forze, in modo da tirarla su ogni volta che s’avvicinava al suolo e consentirle di proseguire a volare, e continuò così finché entrambe non sparirono dalla vista. Pratt disse che decise che non avrebbe mai più sparato ad una rondine.

(8) Nessun essere ‘umano’, passata la spienserata età della giovinezza, vorrà uccidere per capriccio una qualsiasi creature che tenga alla vita come lui. La lepre, in agonia, piange come un bambino. Vi avverto madri, che le miei simpatie non sempre fanno le consuete distinzioni fil-antropiche. Questa è, assai spesso, l’iniziazione di un giovane alla foresta, nonché la sua parte più originale. All’inizio ci va come cacciatore e pescatore, finché, alla fine, se ha in sé i semi di una vita migliore, distingue i suoi veri obiettivi, magari nelle vesti di poeta o di naturalista, e si lascia alle spalle il fucile e la canna da pesca. Sotto quest’aspetto, la massa delle genti è ancora e sempre giovane. In alcuni paesi non è insolito vedere un parroco che va a caccia. Magari costui potrà essere un buon cane da pastore, ma è ben lungi dall’essere il Buon Pastore.

(9) Ogni città dovrebbe avere un Parco ovvero una foresta primitiva, di 500 o 1000 acri, in cui fosse proibito tagliare anche un semplice stecco come combustibile: un comune possesso, per istruire e a ricreare tutti. Sentiamo sempre più parlare di pascoli riservati, e di riserve di caccia ed ecclesiastiche, ma abbiamo bisogno di riserve per uomini, riserve laiche, inalienabili per sempre. Conserviamo nuovo questo come l’intero Mondo, manteniamo tutti i vantaggi della Vita in campagna quanto in montagna. C’è un campo e un pascolo e un bosco per i poveri della città, poveri di intenti spirituali; e perché allora non dovrebbe anche esserci una Foresta e un campo di mirtilli per tutti  ricchi di Spirito? Tutto il bosco di Walden avrebbe potuto esserci conservato come parco per l’eternità, con un lago nel centro, e tutta la campagna di Easterbrook, un’area deserta di circa quattro miglia quadrate, avrebbe ben potuto essere il nostro campo di mirtilli. Se qualcuno dei proprietari di queste zone dovesse accingersi a lasciar questo mondo senza eredi naturali che abbiano il diritto o che meritino di essere ricordati in modo particolare si farà bene a lasciare a tutti i suoi possedimenti senza intestarli a qualcuno che forse ha già troppo di suo. Così come tanti lasciano i loro averi a Harvard o ad altri istituti, perché non ci potrebbe essere qualcuno che lasciasse a Concord una Foresta o un campo di mirtilli? Una città è un’istituzione che merita d’essere ricordata. Noi che meniamo vanto del nostro sistema d’educazione, perché poi ci fermiamo ai maestri e agli edifici scolastici? Non siamo tutti maestri e la nostra scuola non è l’Universo? È assurdo dunque preoccuparsi solo della cattedra e dell’edificio trascurando il paesaggio in cui essi sono situati. Se non stiamo attenti, presto ci accorgeremo che la nostra bella scuola si erge in mezzo ad un campo di bitume quel nuovo petrolio per indurire la terra.  

(Thoreau accompagnato da Giuliano) 












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