giuliano

giovedì 12 settembre 2019

UN MONDO SBAGLIATO (12)



















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La terra non è il male, ma è comunque vile e spregevole: il serpente, come punizione per la sua malvagità, è condannato a strisciare col ventre a terra e ad Adamo viene detto: ‘Maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo’ e, sempre a causa del suo peccato, Adamo dovrà morire e tornare alla terra: ‘Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai’.

Occorre prestare molta attenzione a queste considerazioni, dato che le ritroveremo in tutte le espressioni culturali, nella letteratura, nell’arte e nella musica, delle civiltà ‘superiori’ di stampo agricolo:

la terra, la carne e questa vita sono da considerarsi cose infime, volgari e prive di valore, mentre il cielo, lo spirito, e la vita nell’aldilà come cose elevate, maestose e desiderabili.




Adamo ed Eva, scacciati dal Giardino dell’Eden, si moltiplicarono. Il loro primo figlio, Caino, era un ‘lavoratore del suolo’, un orticultore, mentre il secondo, Abele, era un ‘pastore di greggi’, un allevatore. Caino, accecato dalla gelosia e dalla rabbia, uccise Abele. Adirato, Dio maledì Caino e gli ingiunse di vagare per la terra, ramingo e fuggiasco: ‘Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti’.

Di nuovo, Dio maledice l’umanità e condanna gli uomini, e soprattutto i contadini, a una vita di stenti e di mortificazioni. Gli uomini, nonostante tutto, si moltiplicano e il mondo si riempie oltre che di persone, anche di problemi. Dio, allora, si pente di aver creato l’uomo e decide di mandare un diluvio per distruggerlo insieme al bestiame, agli uccelli del cielo e agli altri animali. Dio risparmia solo Noè, la sua famiglia e una coppia di animali per ogni specie che fa salire sull’arca costruita in legno di cipresso e divisa in vari scomparti come Dio ha ordinato allo stesso Noè.




Dopo il Diluvio, per la terza volta, Dio accorda agli  esseri umani il dominio su tutta la terra. Dio stipula con Noè, la sua famiglia e tutti gli esseri umani un accordo solenne, una sacra Alleanza, che definisce chiaramente quale deve essere il fondamento della relazione che gli umani dovrebbero instaurare con tutti gli animali:

Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere.

Alcuni sostengono che la Caduta, il Diluvio e l’Alleanza segnino la fine dell’ ‘età dell’oro’, quando la vita era pacifica e quando umani e animali non erano violenti. Disquisire, però, se l’età dell’oro o meno esista, significherebbe perdere di vista il significato fondamentale del nostro mito della creazione e cioè che qualcosa di grave e doloroso ha trasformato l’esistenza umana.




Il mito più importante della nostra civiltà riflette la consapevolezza di essere passati attraverso un importante periodo di transizione, periodo che ha comportato enormi cambiamenti dello stile di vita. Alcuni ritengono che le più antiche versioni orali di questo mito furono tramandate già dalle fasi iniziali dell’epoca dell’agricoltura, quando permanevano ancora tracce molto importanti della cultura e dei costumi dei primi raccoglitori.

Il nostro mito della creazione esprime essenzialmente l’intensa nostalgia dei primi popoli dediti all’agricoltura per il modo in cui erano vissuti in precedenza, per lo stile di vita più semplice e più libero dei raccoglitori.

Uno dopo l’altro, i fautori e i profeti della scienza e della tecnica trasformarono il credo baconiano e cartesiano in un’ideologia del dominio aggressiva, invasiva e sistematica, cioè, per usare le parole di Leiss, in ‘un’ideologia da crociati’.




Negli scritti dell’epoca si sosteneva che il progresso delle arti e delle scienze avrebbe instaurato il dominio dell’uomo sulla terra. Leiss, citando Joseph Glanvill (1688), afferma che la società di allora riteneva che:

Una volta che la natura fosse stata conosciuta, sarebbe stata per questo stesso motivo sottomessa, domata e messa al servizio della vita umana.

Frasi simili compaiono negli scritti di quasi tutti i principali pensatori occidentali successivi a Bacone e Cartesio. L’espressione ‘conquista della natura’ fu così abusata da non essere più messa in discussione e da renderla plausibile in ogni situazione.




Leiss sostiene che dopo il XVII secolo:

Pochi pensatori avrebbero avvertito la necessità di analizzare cosa potesse celarsi dietro l’espressione ‘dominio sulla natura’.

Il significato dell’espressione si era fossilizzato in seguito alla sua continua reiterazione nell’ambito di un contesto ampliamente condiviso.

Per riassumere, il dominio sulla Natura divenne la forza motrice intellettuale dell’era moderna, per scienziati e tecnocrati così come per riformatori e progressisti. Nel XIX secolo, i seguaci del filosofo socialista francese Claude Henri Saint-Simon fecero proprie tali idee al fine di descrivere come l’era industriale avrebbe trasformato la società:

Lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo sta ormai tramontando. Lo sfruttamento del pianeta e della natura è d’ora in avanti l’unico fine dell’attività umana.




Anche Karl Marx e Friedrich Engels, nonostante le loro idee rivoluzionarie, si attennero all’antico dettame della conquista della natura.

Secondo Marx, la realizzazione della felicità sarebbe stata opera dei socialisti in grado di:

Regolare in maniera razionale l’interscambio materiale con la natura posta sotto il controllo della collettività, invece che lasciata libera di governare gli uomini come forza cieca.

Engels aggiunse che:

Con il socialismo, gli uomini sarebbero diventati, per la prima volta: I veri signori della natura, in quanto e nel momento in cui sarebbero diventati signori del loro stesso processo di socializzazione.

Altri pensatori marxisti ripresero lo stesso tema e lo elevarono a fine ultimo della società comunista ideale.




Ad esempio, negli anni Cinquanta Maurice Cornforth propugnò una versione dell’ideologia del dominio e della supremazia umane almeno altrettanto assoluta di quelle contenute nella ‘Genesi’, nel pensiero di Tommaso d’Aquino, di Bacone e di tutti i loro seguaci. Cornforth, in un brano intitolato ‘Man’s Mastery of Nature’, scrive:

E’ il dominio sulla natura, conseguito tramite il lavoro razionale, che distingue il modo di vivere dell’uomo da quello degli animali inferiori. L’incremento del livello di dominio sulla natura è infatti il significato fondamentale del progresso materiale. Padroneggiando le forze naturali l’uomo impara le leggi con cui la natura opera e può piegarle al suo servizio. Così facendo, le trasformiamo da nemiche a serve. In una società comunista, gli uomini progrediscono senza incontrare ostacoli nella conoscenza e nel controllo delle forze naturali, nel loro sfruttamento, nel rifacimento dell’intera natura, nella cooperazione con essa al fine di rendere il mondo un mondo umano, dato che l’umanità è il frutto più elevato della natura.

(J. Mason, Un mondo sbagliato)











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