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Di quando la Storia...(5/1)
Prosegue nel Dossier &d annessa visuale...:
D'una Storia meravigliosa (7) &
Nell'anno 3000 (8)
Dunque il veicolo del Padrone del Mondo
rispondeva ad una quadruplice funzione: automobile, nave, sottomarino e
macchina volante. Terra, acqua, aria, poteva muoversi attraverso questi tre elementi,
quanta rapidità!
Gli bastavano pochi istanti per compiere quelle
meravigliose trasformazioni!
Lo stesso motore serviva per le diverse
locomozioni.
Ero stato testimone delle metamorfosi!
Ma ciò che ignoravo ancora, che forse avrei
scoperto, era la fonte di energia a cui attingeva la macchina, e infine chi era
il geniale inventore che, dopo averla costruita pezzo per pezzo, la dirigeva
con tanta abilità e audacia. Nell’istante in cui l’Epouvante dominava la
cascata canadese, io ero addossato contro il boccaporto della cabina. La serata
limpida mi permetteva di osservare la direzione seguita dall’aereo. Esso filava
sopra il fiume e passò al di sopra di Suspension Bridge, tre miglia a valle
dell’Horse-Shoe-Fall.
Cominciavano in quel punto le insuperabili rapide
del Niagara, che fa un gomito per scendere verso l’Ontario. Da questo punto mi
parve che l’apparecchio piegasse ad est.
Il capitano continuava a restarsene a poppa, e io
non gli avevo rivolto la parola.
A che pro?
Non mi avrebbe risposto.
Notai che l’Epouvante manovrava con straordinaria
facilità. Certo le vie aeree gli erano familiari come quelle marittime e quelle
terrestri. Davanti a simili risultati si può quindi comprendere lo sterminato orgoglio
di colui che si era proclamato Padrone del Mondo.
Non disponeva egli forse di una macchina
superiore a qualsiasi altra uscita dalla mano dell’uomo e contro la quale gli
uomini nulla potevano?
E perché mai avrebbe dovuto venderla, perché
avrebbe dovuto accettare i milioni che gli erano stati offerti?
Sì, questo mi spiegava benissimo l’assoluta
fiducia in se stesso che si sprigionava da tutta la persona! Ma dove l’avrebbe
portato l’ambizione se eccedendo fosse degenerata un giorno in pazzia?
Il pomeriggio trascorse senza nessun incidente.
L’Epouvante procedeva a media velocità. Quali
fossero le intenzioni del suo capitano, non avrei saputo indovinarlo. Seguendo
quella direzione, avrebbe incontrato una delle grandi Antille, poi, in fondo al
golfo, il litorale del Venezuela o della Colombia. Ma la prossima notte, forse,
l’aereo avrebbe ripreso le vie dell’aria per superare quel lungo istmo del
Guatemala e del Nicaragua per giungere all’isola X, nelle acque del Pacifico?…
Venuta la sera, il sole tramontò su un orizzonte
sanguigno intorno all’Epouvante che dava l’impressione di sollevare nuvole di
scintille al suo passaggio. C’era da aspettarsi quella che i marinai chiamano una
‘stangata’ del mare. Quello dovette certo essere anche il parere di Robur.
Invece di restare sul ponte, dovetti rientrare
nella cabina, il cui boccaporto fu chiuso sopra di me. Poco dopo, dal rumore
che si udì a bordo, compresi che l’apparecchio stava per immergersi. Infatti,
cinque minuti dopo filava tranquillamente nelle profondità subacquee. Sentendomi
sfinito un po’ per la fatica e un po’ per le preoccupazioni, mi addormentai
profondamente, di un sonno questa volta naturale, non provocato da qualche
droga soporifera. Quando mi destai (non mi resi conto dopo quante ore) l’Epouvante
non era ancora risalito alla superficie.
Questa manovra non tardò a venire attuata e la
luce del giorno attraversò i portellini mentre cominciò un movimento di
beccheggio e di rullio, sotto l’influsso di ondate molto forti. Potei
riprendere posto accanto al boccaporto, e volsi il mio primo sguardo
all’orizzonte.
Da nord-ovest si preparava un uragano, nuvole grevi,
fra le quali balenavano vividi lampi. Già si udivano i brontolii dei tuoni, lungamente
ripercossi dagli echi dello spazio. Fui sorpreso, anzi più che sorpreso,
atterrito dalla velocità con la quale l’uragano si portava verso lo zenit. A
malapena una nave avrebbe avuto il tempo di ammainare le vele per evitare di
essere disalberata, tanto l’assalto fu pronto e brutale.
All’improvviso il vento si scatenò con violenza
inaudita, come se avesse sfondato quella barriera di vapore. In un momento si
alzò un mare spaventoso. Le onde scatenate, frangentisi in tutta la lunghezza,
spazzarono l’Epouvante: se non mi fossi aggrappato saldamente alla battagliola
sarei precipitato fuori bordo.
Una sola era la decisione da prendere:
trasformare l’apparecchio in sottomarino.
A una decina di metri sott’acqua avrebbe
ritrovato la sicurezza e la calma. Sfidare più a lungo i furori di quel mare infuriato
avrebbe significato perdersi…
Robur stava sul ponte, dove aspettavo l’ordine di
rientrare nella cabina. Quest’ordine non mi fu dato. Né venne fatto alcun preparativo
per l’immersione.
Con gli occhi più fiammeggianti che mai,
impassibile davanti all’uragano, il capitano lo guardava ‘in faccia’ come per
sfidarlo, sapendo di non aver nulla da temere da esso. Eppure era necessario che
l’Epouvante si immergesse senza perdere un minuto, ma Robur non pareva
decidersi a questa manovra.
No, egli conservava l’atteggiamento superbo di
colui che, nel suo intrattabile orgoglio, si crede al disopra e al di fuori
dell’umanità!…
Vedendolo in quell’atteggiamento, mi chiedevo,
non senza timore, se egli non fosse un essere fantastico, sfuggito dal mondo soprannaturale!…
Ed ecco le parole che gli uscirono di bocca e che
echeggiarono in mezzo al sibilare della tempesta e ai rombi del tuono:
— Io…
Robur… Robur… Padrone del Mondo!…
Fece un gesto che Turner e il suo compagno
compresero.
Era un ordine, e senza esitazione quei
disgraziati, folli come il loro capitano, lo eseguirono. Spiegate le grandi
ali, l’apparecchio si alzò in volo così come si era alzato sopra le cascate del
Niagara. Ma, se quel giorno aveva evitato i turbini della cascata, questa volta
il suo volo insensato lo cacciò fra i turbini dell’uragano.
L’aereo filava fra mille lampi, in mezzo ai rombi
del tuono nel cielo infocato. Volteggiava attraverso quell’accecante
tumultuare, rischiando di essere colpito dal fulmine!
Robur non aveva mutato atteggiamento.
Con una mano sul timone e l’altra sulla leva del
regolatore, con le ali che battevano fino a rompersi, egli spingeva
l’apparecchio nel centro dell’uragano, là dove le scariche elettriche eran più
frequenti fra una nuvola e l’altra. Sarebbe stato necessario buttarsi su quel
pazzo, impedirgli di lanciare l’apparecchio nel cuore di quella fornace aerea!…
Bisognava costringerlo a ridiscendere, a cercare sott’acqua una salvezza, che non
era più possibile né alla superficie del mare né nelle alte zone atmosferiche.
Là, avrebbe potuto aspettare perfettamente al
sicuro la fine di quella spaventosa lotta degli elementi. Allora tutti i miei
istinti, tutta la mia passione per il dovere si ribellarono.
Sì! Era pura follia, ma come non arrestare quel criminale
che il mio paese aveva messo fuori legge, che minacciava il mondo intero con la
sua terribile invenzione, come non afferrarlo per consegnarlo alla giustizia?…
Ero o non ero l’ispettore di polizia Strock?…
E allora, dimenticando dove mi trovavo, solo
contro tre, sopra un oceano infuriato, mi slanciai a poppa, e con voce che
vinse il frastuono dell’uragano gridai, gettandomi su Robur:
— In nome
della legge, vi…
Ma in quel momento l’Epouvante improvvisamente
tremò come colpito da una violenta scossa elettrica. Tutta la sua struttura sussultò
come sussulta lo scheletro umano sotto le scariche del fluido. Colpito al
centro, l’aereo si fracassò. L’Epouvante era stato colpito in pieno dal fulmine
e, con le ali spezzate e le eliche contorte, cadde da un’altezza di oltre
trecento metri nelle profondità del golfo!…
(G. Verne & L. Clerci &d altri ancora…)
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