giuliano

lunedì 19 luglio 2021

FILOSOFI ERRANTI (10)

 












Precedenti capitoli:




Prosegue con...:






















Sono uno scultore,
e in un sol giorno scolpisco
la memoria,
di milioni di anni di storia.
Capisco che il chiodo è solo
l’ultimo minuto di uno stesso Dio,
morto troppe volte all’ombra di una
pietra,
della mia grande scultura.
È visione antica nominata mitologia,
ripetuta nella mente
di questo piccolo torrente.
La incido con amore e sudore
dalla mattina alla sera,
di un giorno infinito
….senza preghiera.

Mi fissa e ride dell’illusione
del tempo che scorre.
È nato ridendo
ed è morto contento,
con la certezza che il Tempo
mai è esistito,
quando adornava la tomba
del suo Dio.
Quando vegliava la sua casa,
quando annunciava il nuovo
martirio,
divenuta ultima tentazione
per un mondo migliore.

Come un oracolo scopro
il miracolo.
Uno sciamano beve l’antica
bevanda,
e ride di gusto al tesoro trovato,
premio per ogni ora della giornata.
Una vita mai raccontata
dalla sacra memoria,
nella geografia della loro…
…oscura ora!

(G. Lazzari Frammenti in Rima) 




Vidi poscia ancora dal altro lato molti adolescenti (opera dill’artifice praedicto in tutto perfecta in una figura uniforme alla praerecitata, bellissimamente undulata, et la undiculatione d’ambe due le figure investita di exquisita fogliatura) intenti a colgliere fiori tra molte herbe et arbusculi, inseme molte facete Nymphe scherciando solatiose, da quelli blandivole gli rapivano. Et per quel modo sopra recitato, di sotto la figura erano alcune Maiuscule incavate, che dicevano questa unica parola AMISSIO.

Et erano eximie littere exacta, la sua crassitudine dalla nona parte, et poco più dil diametro dilla quadratura. Stupefacto dunque non poco, ruminando, et cum summo dilecto curioso riguardando tale ingente machina conflata in animale da humano ingenio, degnissimo imaginato. Che in omni membro indefectamente participasse la egregia harmonia et compaginatione. Onde nella retinente memoria mi occorse il sfortunevole cavallo Seiano. Da poscia  allucinato di tale artificioso mysterio offerentise non meno mirando spectaculo ad gli ochii mei uno maximo Elephanto, cum summa voluptate di properare ad quello. Ma echo che io in un’altra parte sento uno aegritudinale gemito humano. Io alhora incontinente steti, sublevati gli capigli, senza altro consulto, verso il gemito festinante, uno agere di ruine scando di grande fracture et recisamenti marmorei. Et inde acconciamente progresso….




…Ma è evidente che lo stato embrionale non spiega e svela il modo d’essere dell’adulto: un embrione ha significato soltanto nella misura in cui è ordinato e riferito all’adulto. Il feto non ‘spiega’ l’uomo, poiché il modo d’essere specifico dell’uomo nel mondo si costituisce proprio nella misura in cui gode più di un’esistenza fetale. Gli psicanalisti parlano di regressione psichiche allo stato fetale ma si tratta di un’interpretazione. Certamente, le ‘regressioni’ sono sempre possibili, ma non significano nulla di più che asserzioni del tipo seguente: una materia viva ritorna – con la morte – allo stadio della materia semplice; oppure una statua può regredire al suo stadio primo di natura bruta, se la si fa a pezzi (com’è accaduto al nostro Croce innanzi a talune costruzioni…). Il problema è un altro: a partire da quale momento una struttura o un modo d’essere si possono considerare costituiti? Non vi è nessuna mistificazione nel trascurare quanto precede l’atto di costituzione. E’ inutile credere che si applichi la demistificazione dimostrando, per esempio, che un certo valore dello Spirito ha una ‘preistoria’ talvolta faticosa: sarebbe come notare di fronte ad un elefante che prima era stato un feto….




Hora el suo vorace proboscide, non si continiva cum il piano dil basamento, ma sublevato, pensile si stava, converso alquanto verso il fronte cum le sulcate auricule largissime demisse, overo cancellate. Il quale simulachro nella sua vastitate unquantulo meno monstrava, che il naturale. Et nella oblonga circuitione dil basamento erano coelati hieraglyphi, overo characteri aegyptici. Depolito decentemente cum il debito Areobato, cum il latastro, gula, thoro, et orbiculo, cum sui Astragali, overo nextruli, cum inversa Sima al pedamento. Et di sopra non meno cum la proiecta Sima resupina, et torque trochili et denticuli cum gli Astragali. Secondo che alla crassitudine expediva eximie Symmetriati.

La longitudine, latitudine, et altecia, passi, duodeci, cinque, et tre. Le extremitate dil quale in forma hemicycla formate. Nella posteriora parte hemicycla dil recensito basamento, trovai uno scalinato ascenso di sette gradi exscalpato scansile sopra la plana superficie. Per la quale avido di novitate io montai. Et verso al riservato quadrangulo, subiecto al perpendicolo dil Ephippio, vidi una porticula excavata. Cosa di magna admiratione, in tanta pugnacitate di materia, et tanto habile intervacuo se praestava, che per alcuni stipiti…




…Ora, ripetiamolo, ciò pone sempre il problema del rapporto fra la Sostanza, o la Materia vivente, e lo Spirito; insomma, si sfocia sul pano della Filosofia. Non è privo d’interesse ricordare che questo rapporto paradossale ha tormentato fin dagli inizi il pensiero filosofico indù, in India tutta una intera letteratura è stata dedicata a spiegare il rapporto paradossale fra l’‘inconscio’ per eccellenza – che è la Materia – e il ‘conscio’ puro, lo Spirito, che è per suo modo d’essere atemporale, libero, non coinvolto nel divenire….





Tornato al raccolto di un giorno
risorto,
ho scavato ancora la mia poesia.
Ho inciso con le mani nude
un ricordo antico,
diventa ossessione della mattina,
quando la luce s’appresta a lottare
sull’uscio,
di una nera canzone divenuta
nuova visione.
Conto i passi verso il recinto
del mio pianeta,
è vita che sgorga universo
che spiega.
Assenza di gravità chiede
passione,
per raccontare da una crosta dura
come la terra,
quanta fatica è la mia Eresia.
Quanta gravità in questa zolla
di terra,
conta le frustate sulla mia schiena,
conta le ore del mio sudore,
mi ruba il pane con tanto
troppo amore.

Il vecchio sarcofago emana
una luce lieve come fosse
neve,
splende come una stella appena
risorta,
alla prima ora della sua nuova
venuta.
Mi dona forza e separo la terra
dalla nuda pietra,
raccolgo la materia intorno al
tempio,
raccolgo la sabbia intorno
alle mura,
decifro il frammento nel tempo
del nostro Universo.
Lo dono poi alla gloria di un
secondo,
prima della memoria.
Quando non esisteva ancora
un pensiero,
vittima di un mito incompreso,
dettato nell’ora di un cerchio
imperfetto.  

Dopo il secondo nacque il primo
minuto,
qualcuno disse che è luce del suo
vero trono:
Dio creatore dell’Universo
e della materia,
perché domina l’intero pensiero.
Confondono il Primo al Secondo
(Dio),
con una blasfema eresia.
Costringono il tempo ad uno
strano versetto,
non avendo mai scorto,
il Volto Segreto sepolto in un pozzo
profondo,
come una grande buco nero…,
…..padrone del tempo.

In questa incomprensibile visione
per questa nostra dimensione,
nascose il profilo e la voce,
lasciando alla luce il compito
imperfetto:
celare il sogno segreto e mai
detto.
Mi dona l’intuizione prima
della voce,
caso irrisolto del suo pensiero
nascosto.
Fa ritorno sempre al punto preciso,
nel circolo ristretto di un giorno
perfetto.

Quel tempo che splende
sotto i miei occhi,
sono tanti sogni raccolti.
Incarnati nella mente
in un minuto senza tempo,
nel cuore e nell’anima di una
maschera antica.
Specchio di vita un’altra luce
nella via.
Anime di un diverso creato,
dove il tempo non è mai entrato,
e forse mai passato.

Solo inutile contorno,
un ingombro della materia
e della storia,
saggezza di altri mondi,
lingue perfette
e mai scoperte!
Mai udite né viste
nel cielo scrutato ogni notte.
Solo la parola di una dèa,
mia sola compagna in questa
preghiera.
Mia sola luce che splende
in tante rime che penetrano
la mente.
Parole che leggo davanti alla porta
di questa antica dimora,
scudo della storia di una diversa
...memoria.

Vagano le anime
per un grande deserto,
specchio di un Universo
imperfetto,
riflesso di una mano intrisa
di materia…,
e nemica della mia preghiera.
Un Pensiero figlio
di un Abisso,
è sogno incarnato
di questo creato.
Chi, invece,
senza tempo e materia,
e senza peccato aver mai
pensato,
vaga come un’ombra,
….poi come stella,
per insegnar parola e saggezza
di una diverso principio
per questa terra.

Anime divenute materia,
intrappolate in un’èra
della memoria nominata storia,
e incastrate in uno strato
di roccia,
stratigrafia del tempo che avanza.
Anime lontano dalla vista
di una stella che brilla,
lontano dalle parole,
ora,
solo oscure memorie.
Lontano dalla pietra
quale solo sepolcro,
una civiltà senza volto.
Lontano dall’amore
divenuto potere,
su ogni terra
del vostro avere.

(F. Colonna; M. Eliade; G. Lazzari)













Nessun commento:

Posta un commento