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La legge di
Weber-Fechner (1860) fu uno tra i primi tentativi di descrivere la relazione tra
la portata fisica di uno stimolo e la percezione umana dell’intensità di tale
stimolo. Le sensazioni provate dal nostro organismo sono le risposte dei nostri
sensi agli stimoli fisici provenienti dall’esterno.
I sistemi
sensoriali rispondono a stimoli diversi e specifici.
A titolo di
esempio, il sistema uditivo percepisce suoni attraverso rapide variazioni di
pressione dell’aria, quello visivo invece percepisce la luce codificando ed
interpretando segnali emessi da una determinata gamma di onde elettromagnetiche.
Questi sistemi di cui disponiamo sono inoltre limitati: siamo sensibili,
infatti, soltanto agli stimoli per cui abbiamo recettori ed organi di senso.
Detto ciò, ad un certo punto nella storia, qualcuno si è posto un’interessante e lecita domanda: è possibile misurare le sensazioni?
Uno dei
problemi chiave della psicologia (intesa come studio dei meccanismi mentali)
alla sua nascita era la misurazione dei fatti psichici, cioè l’individuazione
di una relazione tra intensità dello stimolo fisico e intensità della
sensazione.
Una scala
di sensazioni esisteva già in epoca ellenistica, ed era la scala delle
magnitudini delle stelle, stabilita dall’astronomo Ipparco di Nicea (190
I primi
tentativi di mettere in relazione gli stimoli con la percezione umana della
loro intensità risalgono al XIX secolo
con il contributo del fisiologo tedesco Ernst Heinrich Weber (1795 - 1878), fondatore della
psicologia sperimentale, che effettuò degli esperimenti in cui poté osservare
che aumentando di una certa quantità il peso di un oggetto tenuto in mano da un
uomo, la percezione dell’incremento del peso era tanto meno accentuata quanto
più pesante era l’oggetto. Con un semplice esempio, se ho in mano un peso di
A questo
proposito, nel 1834, il fisiologo
elaborò una legge, chiamata appunto Legge di Weber:
K è la costante di Weber, ΔR è la soglia differenziale
(minima differenza di intensità di stimolo capace di modificare la reazione
allo stesso), R è l’intensità dello stimolo fisico.
Da questa constatazione si può prevedere, quindi, che stimoli fisici al di sotto di una soglia assoluta non vengono percepiti. Per ciascuno dei 5 sensi sono infatti definite su base empirica delle soglie assolute di percezione, ossia valori minimi per cui a uno stimolo corrisponda una reazione:
Vista:
percezione della luce di una candela a
Udito:
percezione di un orologio meccanico a
Gusto: un
cucchiaino di zucchero in
Olfatto:
una goccia di profumo diffusa nell’intero volume di sei stanze;
Tatto: la
pressione di un’ala di ape fatta cadere da
Lo
psicologo riteneva che ogni materia fosse dotata di un’Anima e la sua
equazione, detta anche formula di Fechner, mette
in relazione il mondo ‘spirituale’ con quello materiale. La formula è descritta
attraverso una semplice equazione differenziale: ‘la
legge di Fechner-Weber’, fu pertanto enunciata come segue: ‘perché
l’intensità di una sensazione cresca in progressione aritmetica, lo stimolo
deve crescere in progressione geometrica’.
Tale legge ha importanza rilevante nelle percezioni visive, infatti gli umani hanno una migliore percezione delle differenti tonalità di illuminazione (contrasto) quando tali tonalità sono scure. In breve, la capacità dell’occhio umano di discriminare colori scuri è maggiore della capacità di discriminare colori chiari. Anche se nel corso del XX secolo la psicofisica ha conosciuto un relativo ridimensionamento di importanza concettuale, all’interno della ricerca percettologica è tuttora considerata come uno dei principali programmi di ricerca della psicologia sperimentale. Una disciplina di cui si sentirà sicuramente parlare in futuro, magari in maniera anche un po’ più approfondita. (1) (*)
(*) (1) Fatta la dovuta Introduzione, è nostro, o meglio mio intento, rapportare un concetto privo di qual si voglia attualità all’odierno anamorfico sentimento circa la corretta percezione della dismessa o negata Anima-Mundi della Natura, la quale troppo spesso siamo abituati interpretare quale oggetto ‘passivo’ (non udendo voce e pensiero che la motiva, se fosse il contrario, l’intero uditorio oltre che cieco anche sordo nell’invalidità a cui ogni ‘umano’, in verità e per il vero, aspira a miglior vita per il bene del genere, e da cui ogni equazione data o calcolata circa i perduti sensi, risulterebbe il vero danno circa la vera e più retta umana dottrina…), pur cantandone la bellezza, non considerandola un Essere vivo, e non più ‘sfondo decorativo’ della quotidiana e secolare avventura terrena scritta e immutata Genesi della morte in vita, come sempre vissuta conservata e dipinta nelle alterne uguali vicissitudini della medesima ugual Storia.
Almeno di
non rivolgere l’occhio offeso e afflitto dal morbo dell’ignoranza verso altre
culture nell’opposta visione del Sacro e la relativa mitologia che ne deriva
circa Madre Natura, a cui l’occidente ha sempre preferito il Dominio
dell’incontrastato Verbo interpretativo.
Ovvero l’esclusiva interpretazione della parola di Dio!
Di per se
questo un atto di abominio!
Con l’avvento della rivoluzione industriale tali principi in riferimento all’Anima (grazie
l’esclusiva di cotal abominio scritto nel dominio), tal mondi ‘cogitati’
riflessi nell’equazione del Tempo - inferiore e passivo - o meglio finito, così
come le fiere ‘bestie’ che talvolta in questo (terreno) Eterno Viaggio,
migrando, trovano rifugio e diletto, dispensato ad altri da queste evoluti con
cui il successivo beneficio ‘evolutivo’ raccolto, divenirne i frutti prelibati al
di sotto del ‘ramo’, privati ed estinti orfani prematuri della Grande Madre,
raccolta tutta entro una mela della Genesi pregata divenuta peccato mortale!
E successivamente posti al rogo - assieme al ramo - con l’intera ‘creanza’ da chi così l’ha ben pensata oltre che interpretata da Madre Natura ispirata e in Lei spirata, calore fuoco e nutrimento per una diversa ortodossa materia, nell’inferiore quanto limitata pretesa di vita… dai più così mal concepita…
Ma io, quale
Eretico (da sempre perseguitato) che
con la pianta divido Anima Intento ed Intelletto, e con questa, i suoi ‘figli’
che popolano il bosco, riparo e fuga da un mondo troppo piccolo da potersi
nominare evoluto, al pari loro concepisco la nobile Natura Perfetta nel disegno
Primo, a cui il Secondo ha preferito un diverso nutrimento dello Spirito… e con
lui il ricordo dell’eterno appetito...
Giacché in
questo ‘motto’ e più ‘nobile araldo’ non arrecare offesa alcuna a colui che
sostò in attesa di un più umano evento, al pari delle bestie che gli fecero
compagnia, dal bosco alla riva di un ruscello, e da animali ‘evoluti umani’ hora
cacciato in feroce Tempo… circa la nuova economica dottrina da Ognun pregata,
seppur nell’apparenza da Tutti e Nessuno professata…
In
disaccordo con l’armonia di un diverso mondo udito un lontano giorno… quando
braccato dagli stessi cui volevano (ed ancor vogliono) sfruttarne e ribadirne
superiore natura, dal colore bianco di un volto nascosto… poggiato al ‘cane’ di
un fucile, o ancor peggio, abdicato o comandato ad un servo mascherato da
padrone, qual geroglifico di una eterna guerra disconosciuta dalla vera e
misera Natura, da cotal morbo afflitta nel sacro nome del dominio di impropria
conquista…
Quale
specchio di arroganza e feroce predatorio motivo, privata e assente ad ogni principio divino, con cui
Dio conia l’immateriale moneta divenuta sterco per ogni Elemento dall’umano
convertito e distribuito secondo il nuovo credo senza nessun Dio…
Ed in nome e per conto di questo Secondo (rispetto all’Infinito Tempo rilevato), nella Genesi di ugual immutato ‘verbo’, la Ragion persa fu appesa e posta al secolare antenato Albero del bosco: rogo della divina materia senza Verbo alcuno che non sia atea fallace scienza…, così da rinvigorire l’aspirato fuoco… falsa ragione di un più nobile decoro…
Forse in
quei momenti, quando il sudore scende dal volto e dalla martoriata schiena
afflitta dell’eterna infame calunnia, vera e più certa natura di un aguzzino precipitata
e caduta nella volontà di ugual Dio, provarono ugual patimento e sofferenza formare
poesia e segreta Rima, congiungersi e
orbitare per ogni Natura collassata - principio e motivo di una futura gravità percepita…
o forse udita quando rinata…
Ed ad un più giusto Dio gradita
Sussurrò
una Poesia come fosse una Preghiera antica!
Sì la
ricordo!
Sussurrò un
lamento!
Sì è vero
lo sento in questo Universo!
Fu solo
vento?
Un pianto
giammai udito nel suo vero principio…
(Giuliano)
….Si è detto che le piante (come un tempo taluni indigeni…) non possono avere Anima già per il fatto che esse evidentemente servono a fini altrui; d’un fine a sé non è possibile riguardo ad esse parlare.
Diamo
anzitutto voce a questa obbiezione in tutta la sua portata…
E’ vero: la
struttura, la conformazione, tutta la vita e la morte delle piante servono
interamente a fini degli uomini e degli animali, e questi pei loro bisogni sono
costretti a contare interamente sul regno vegetale. Senza piante, uomini e
animali morirebbero di fame. Senza di esse l’uomo non avrebbe né pane, né
patate, né tela, né legno; e quindi né case, né navi, né botti, né fuoco; e
quindi non stanze calde nell’inverno, non focolare per cuocere vivande, non
fonderie per i metalli; e quindi né ascia, né aratro, né coltello, né moneta
metallica.
Senza le
piante non avrebbe nemmeno carne, latte, lana, seta, piuma, cuoio, sego,
strutto; poiché gli animali devono in antecedenza ricavare tutto ciò dalle
piante. E senza tutto ciò non ci sarebbe né commercio, né industria, né arte,
né scritture, né libri, né scienza.
In breve, senza le piante l’uomo non avrebbe altro che la nuda vita e tosto nemmeno questa.
L’uomo usa dunque le piante, esse sembrano fatte per questo solo uso; e ciò che l’uomo di esse non usa, usano gli animali, i quali sono a loro volta usati dall’uomo, ma che, insieme a ciò, perseguono anche i loro fini particolari. Ogni pianta che non serve immediatamente all’uomo, offre certo ad uno o più animali nutrimento e rifugio.
La pianta adempie con ciò lo scopo della sua vita; tutta l’immensa molteplicità del regno vegetale e dei suoi prodotti non ha altro fine tranne quello di appagare l’altrettanto grande molteplicità dei diversi bisogni del mondo umano e animale.
Dovunque la medesima constatazione: quando la pianta ha fornito ciò che può per l’uomo e l’animale, essa viene senza pietà sacrificata: il grano viene falciato, l’albero tagliato, il lino macerato. Sembra che una pianta non soffra alcun danno quando si tratta adempiere mediante essa un fine per l’uomo o per l’animale. In base a ciò il significato della relazione tra animale e pianta non può essere che questo: uomini ed animali erano già inizialmente destinati ad arrecare nella Natura anima, idea, fine.
Tutto questo richiedeva, come veicolo dell’idea, anche la materia. Affinché l’elemento ideale non fosse troppo aggravato dall’elemento materiale, la più gran parte del peso e del lavoro materiale, necessario per i fini del fattore ideale, è stata collocata in un mondo particolare, il mondo delle piante, che sopportano agevolmente il peso e la fatica materiale perché non li sentono.
…Agli
uomini e agli animali tutto viene dunque offerto già bene elaborato in
precedenza dal mondo delle piante, affinché essi possano godere la gioia di cui
abbisognano, ovvero non abbiano che da dare a tutto ciò l’ultima mano del
Dominio, con la quale scrivono e principiano i falsi ideali della materia, con
cui dalla pianta si contraddistinguono e classificano nella stirpe dell’involuta
discendenza, incisa e coniata nel Diritto interpretativo della Vita, raccolta
per ogni nuovo frutto seminato di una Parola divenuta bestemmia…
(G. T. Fechner)
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