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In spazi multidimensionali
posta (o rilevata) (22)
Et in Egitto piu che in altro paese furono questi mostruosi simulacri, come si vedrà in molte imagini, alle quali darò principio dalla Eternità: perche se bene non erano tutti i Dei de gli antichi eterni, et immortali, erano però tenuti tali i piu degni, e perciò fu creduto che la Eternità gli accompagnasse sempre: benche il Boccaccio ove racconta la genealogia de i Dei, dica che la diedero gli antichi per compagna à Demagorgone solamente, quale ci mette che fosse il primo di tutti i Dei, e che habitasse nel mezo della terra tutto pallido, e circondato di scurissima nebbia, coperto di certa humidità lanuginosa, come sono apunto quelle cose che stanno in luoco humido.
Ma io
non ho trovato anchora mai, ne visto scrittore antico che parli di costui. Pero
dico che la Eternità stava sempre con quelli Dei che erano creduti immortali. La
quale chi ella fosse dimostra assai bene col nome solo, che viene a dire cosa
che in se contiene tutte le età, e tutti i secoli, si, che spatio alcuno di
tempo non la po misurare: benché si possa dire à certo modo, che ella sia
parimente tempo, ma che non ha mai fine.
E perciò Trismegisto, I pitagorici, e Platone dissero che era il tempo la imagine della Eternità, perche questo in se stesso si rivolve, e pare che non si veggia mai il fine. Ma questa si può dire piu tosto perpetutità, perche, anchora non babbi mai fine, non possiede però interamente tutta in un medesimo punto questa sua vita infinita, che è proprio della Eternità, secondo Boetio, il quale dice che, se bene parve a Platone che il mondo non babbi havuto principio, ne sia per bavere mai fine, si ingannano però quelli, liquali seguitando questa opinione la chiamano coeterno à Dio, perche à dare il suo proprio nome alle cose hanno da dire, tenendo anco la opinione di Platone, che Dio è eterno, et il mondo perpetuo. Descrive dunque Boetio la Eternità che sia un possesso presentaneo di tutti i tempi, e questa è propria di Dio, perche à lui non passa, ne conviene il tempo, come à tutte le cose create, anchora che qualcuna fosse per non havere mai fine.
Ma non la cerchiamo per hora tanto à minuto, come forse non la cercarono gli antichi quando dissero eterni li suoi Dei, volendo per ciò intendere che fossero immortali, et per non havere mai fine, e che la Eternità fosse questa infinità di tempo. Onde Claudiano che largamente la descrive nelle laudi di Stilicone, fa che un serpente circonda l’antro, ove ella sta, in modo che si caccia la coda in bocca, che viene à mostrare l'effetto del tempo, il quale in se stesso si va girando sempre, havendone tolto l’essempio da quelli di Egitto, li quali mostravano l’anno parimente col serpente, che si mordeva la coda, perche sono i tempi giunti insieme così, che il fine del passato è quasi principio di quel che ha da venire.
Vedesi
la Eternità in una medaglia di Faustina fatta in questa guisa. Sta una donna
vestita da matrona in pié con una palla nella destra mano, et ha sopra’ l’ capo
un largo velo disteso, che la cuopre dall’uno homero all’altro. Ma vediamo
tutto il disegno che ne fa Claudiano da me ritratto in nostra lingua à questo
modo.
In parte da noi !unge, e secreta
Ch’alcun
mortai vestigio non v’appare,
Ov’'all’'humana
mente il gir si vieta,
Ne vi
ponno anco i Dei forse arrivare,
Una
spelonca giace d’anni lieta,
Madre d’infiniti
anni, e d’età pare,
Laqual
con modo, ch'unqua non vien meno,
Manda,
e richiama i tempi all’ampio seno.
Questa
col flessuoso corpo cinge
Un
Serpe pien di verdeggianti squame,
Qual
ciò che trova avidamente stringe
Come
che divorar’ ei tutto brame,
E la
coda si caccia in gola, e finge
Di
magiarsela con avida fame.
Vassene
in giro, e con l’usate tempre,
Onde
partì, cheto ritorna sempre.
Alla
porta con faccia riverenda,
E d’anni
piena sta l’alma Natura,
Come
custode che fedele attenda
Chi
vien’e và con diligente cura,
D’intorno
volan l’anime, e che penda
Ciascuna
par con debita figura
Dalle
membra, ch’a lei son date in sorte,
E stan
con lei fina che piace à Morte.
Nell’antro
poi, nella spelonca immensa
Un
vecchio, c’ha di bianca neve asperso
n
mento, e’l crine, sta, scrive, e dispensa
Le
ferme leggi date all’universo.
E
mentre ch'à disporre il tutto pensa
Con l’animo
al bel ordine converso,
Certi
numeri parte tra le Stelle,
Onde n’appaion
poi si vaghe, e belle.
Con
ordine immutabile prescrive
A
ciascuna quando habbia à gir’, o stare,
Da che
quanto tra noi e more, e vive,
Ha
vita, e morte, poi torna à guardare
E
riveder come al suo corpo arrive
Marte,
qual, bench'avezzo caminare
Per via
certa, va pur’à certo fine,
Che
cosi voglion le leggi divine.
Come con
certo passo giri intorno
Giove
portando giovamento al mondo,
Come la
Luna si nasconda il giorno,
E tosto
muti il bel lume fecondo,
Come
partendo sia tardo al ritorno
Saturno
horrido mesto, et infecondo,
Quanto
Venere bella, e dopo lei
Errando
vada il messaggier de i Dei.
E
quando Febo all’antro si avvicina,
Subito
ad incontrarlo la potente
Natura
viene, e à gli altri rai s’inchina
n
bianco vecchio humile, e riverente,
Allhora
da se s’apre la divina
Spelonca,
allhor si veggono patente
L’
adamamntine porte, e à poco à poco
Tutti i
secreti appaion di quel loco.
Quivi i
secoli sono di diversi
Metalli
fatti in variati aspetti,
E pare
ciaschedun di lor tenersi
Nel
seggio suo con suoi compagni eletti,
Questo
è di ferro, onde sovente fersi
I
mortali fra lor danni, e dispetti,
Di rame
quello, al cui governo è stato
Il
mondo tutto un poco men turbato.
Uno ve
n’è d’argento, che risplende
In bel
seggio elevato d’ogni intorno,
Ma di
rado tra noi mortai discende
A far
di se il bel lume il mondo adorno.
Quello
che più de gli altri in alto ascende
E d’oro,
e d’oro son quei ch’egli ha intorno,
Tutti
pieni di fede, e di prudenza,
Di
bontà, di giustitia, di clemenza.
E son
gli anni beati ch’à mortali
Apporteran
felicitade immensa
Allhor
c’havea pietà de nostri mali
Febo,
che questi à modo suo dispensa,
E farà
che dal Ciel spiegando l’ali
La
bella Astrea di nuovo amor’accensa
Di
riveder il mondo à star fra noi
Verrà
senza più mai partirne poi.
La descritione, et il disegno di questo antro, o spelonca che la vogliamo dire, ci mostra, come l’espone Boccaccio, che la Eternità va sopra à tutti i tempi, e perciò ella è di ]unge, et incognita non solamente à mortali, ma quasi anchora à Dei celesti, cioè à quelle beate anime, che sono ne i cieli. E dal gran seno manda la spelonca i tempi, e questi richiama pur’anco al medesimo, perche in lei hanno havuto già principio, e rivolgendosi in se stessi paiono uscire da quella, e ritornare anco alla medesima. E fassi questo tacitamente, perche non ce ne avedendo noi passa il tempo, come di nascosto.
Alla
porta, ove sta la Natura, vanno volando molte anime intorno, perche scendono ne
i corpi mortali, donde uscendo poi vanno in grembo alla Eternità, il che tutto
si fa per opra della Natura, e perciò ella sta quivi alla porta.
Il vecchio che parte per numero le stelle forse è Dio, non perche ei sia vecchio, che in lui non si po dire che sia termine alcuno di età, ma perche sogliono parlare cosi gli huomini, che chiamano di molta età quelli etiando che non ponno morire, il quale dando ordine al movimento delle stelle distingue i tempi. Ma forse che più proprio sarebbe dire, che il vecchio fosse il Fato, perche quello s'inchina à Febo, che si potrebbe torre per Dio, quando si presenta alla spelonca.
Altro
non dice poi il Boccaccio de i Secoli, che sono quivi, come che sia cosa facile
ad ogn’uno, et io parimente non ne dirò più per venire alla imagine di Saturno,
perche lo tolsero gli antichi pel tempo, e del tempo habbiamo già cominciato à
dire ragionando della Eternità. La quale non ardisco già di desiderare à questa
mia fatica, ma prego bene chi lo po fare che voglia darle vita per qualche
tempo.
(Cartari)
…Così da un comodo sacco a pelo della tenda mi dirigo vicino ad un altro letto, o almeno, quello che una volta doveva essere il letto di un fiume generato da un ghiacciaio. Il dirupo a 1500 metri di altitudine ha un qualcosa di affascinante, le pietre in alcuni punti sono lisce e ben scavate dalla potenza delle acque.
Mi
sembra chiaro come un tempo doveva manifestare il proprio corso, ma soprattutto
quando lentamente le nuvole del primo mattino si dissolvono lungo la piana che attraversa queste montagne mi
appare ancor più chiaro come quel mare primordiale ci doveva e poteva
sorprendere. La spirale che vedo chiaramente diventa pensiero, e se questo
trasmuta e cresce come quelle strutture di cristallo di neve non so attribuirne
il merito che unitamente alla natura.
Disegno e forma crescono precipitano elevano in uno strano gioco alchemico l’Anima, e questa, di rimando, in ogni Elemento. Sono acqua vento terra e fuoco e Dio in ogni loro pensiero. In ogni albero ove oggi è primavera, e poi ad ogni ramo un fiocco di neve di ugual ed identica forma e simmetria creare la stagione nominata vita. Così da comporre una figura geometrica perfetta la quale non lascia scampo a dubbi.
Così da comporre il
vento.
Così da comporre la
neve.
Così da comporre
ghiaccio.
Così da comporre la
Rima.
Così da
comporre ogni Elemento nella Genesi del Tempo smarrito (per chi di superiore
vista governa in tal modo la materia, certo questo è tempo tradito. Lavoro
abdicato che nulla più deve godere quanto seminato. Per chi, invece, assente
alla materia con cui avvelenato l’Opera di ogni mondo nato, la genesi pensata
appare miracolo annunciato ricomporre il giusto ordine perseguitato).
Secoli dopo, e/o precedenti a codesta revisione, del e nel Tempo, ho continuato siffatto esperimento dalla scienza negato nel ‘Tempo Infinito’ e rimato. E la Natura ha conferito ragione circa la voce del Genio in ogni Elemento scorto. Vissuto contemplato ammirato (privato indotto o torturato da chi si pensa padrone della mente e dio, da chi si pensa padrone del pensiero ma figlio del più atroce aguzzino, e la Natura ha ripagato torto subito e l’intento fermo al Genio del vero e naturale cammino…) con o senza pensiero… per poi ricomporre ugual intento Opera bosco e vita… e Dio al lume di un foglio.
Alla
prigione di una Teschio.
Alla
materia di un diverso e avverso Dio.
Al
calvario di chi per sempre nega e concede solo un sudario quale premio per il
suo ingegno in nome di un falso progresso.
…Per
poi comporre ugual intento Natura e sogno braccato all’Elemento dell’Infinito Creato.
L’ho
narrato e per questo di nuovo fuggito!
L’ho
confessato per questo perseguitato!
L’ho
trasmutato e riportato al Primo Elemento di uno ‘gnostico tempo’ ritrovato ove
pensavano il Primo Dio smarrito e barattato per diavolo.
E se
gli occhi di questo ammiro e prego perché in quel terrore ed eterna bellezza
assente ad ogni peccato v’è la visione di un Primo Dio perso o solo rimembrato
nell’Eretico enunciato assente ad ogni cattedrale che non sia il folto peccato
ad un bosco nato.
E se guardo con sdegno al loro tempo perché scorgo il male assente in quello sguardo!
Nell’urlo
del faggio smarrito…
Nel
richiamo di chi braccato pasto dell’eterno peccato consumato…
Ed
anche quando tagliano il legno o la corteccia secca sento la voce di chi
trapassa a miglior vita!
(Volo
nel bosco con le ali con cui nutro il vento. Trapasso rami e chiome penetro legno
e foglia. Sono ghiaccio rugiada nebbia e freddo. Odo la luna e l’ululato
trattengo. Salgo piano e la volpe mi segue sono suo compagno. Corro impaurito
come il cervo in cerca del fuoco divenuto colpo improvviso segnare e marcare
confino fra il mio e Tempo suo materia di un diverso sogno smarrito. Volo piano
fra i rami con il dono di una doppia vista fiuto la preda nascosta come una
bestia in attesa. Sono in cima alla vetta in cima alla chioma controllo passo e
sentiero qual sentinella di un feudo in apparente assenza di Dio. Sono ogni
dèmone braccato padrone dell’invisibile Universo nato cui l’uomo misero araldo
destinato. Sono diavolo taciuto confidare l’Eretico desiderio nel volo antico
combattere per conto ed in difesa del mio Dio. Volo sulla Terra a confidare
l’eterno peccato e rinasco all’alba di ogni mattino quale preda braccata
sconfiggere la potenza del fuoco mutato…).
(Giuliano; Visioni; l’Eretico Viaggio)
P.S.
Al nord
tutti i fiumi sono in sofferenza (unica eccezione la Dora Baltea in Valle
d’Aosta) e le portate del Po sono in ulteriore calo, scendendo a livelli da
estate piena: nel siccitoso 2021, simili ‘fluenze’ (a Pontelagoscuro: 790,3
metri cubi al secondo; l’anno scorso erano mc./sec. 1829,8 e la media del
periodo è mc./sec. 1252) si sono avute a fine giugno, mentre l’anno prima si
registrarono a metà luglio.
E del resto
anche il livello dei grandi laghi del nord resta abbondantemente sotto la
media, con l’eccezione del Garda.
‘La
situazione, che settimana dopo settimana si sta disegnando soprattutto
nell’Italia settentrionale, ci porta a chiedere l’urgente attivazione dei
tavoli di concertazione per identificare, nel rispetto delle priorità
normative, le necessarie compatibilità fra i molteplici interessi gravanti
sulla risorsa acqua’, dichiara il presidente Anbi Francesco Vincenzi.
Una situazione che desta particolare apprensione nel mondo dell’agricoltura, dato che più del 50% del volume d’acqua complessivamente utilizzato in Italia è destinato all’irrigazione.
Come
osservano da Coldiretti, la più grande associazione d’agricoltori d’Italia, a
preoccupare è anche lo scarso potenziale idrico stoccato sotto forma di neve
nell’arco alpino ed appenninico ed il cui valore, soprattutto nella parte
lombarda e piemontese, registra un -58%.
‘Una situazione che mette a rischio le coltivazioni che – sottolinea la Coldiretti – avranno bisogno di acqua per crescere al risveglio vegetativo favorito da un inverno mite. Nelle campagne infatti le mimose sono fiorite in grande anticipo da nord a sud del Paese sul tradizionale appuntamento della Festa della donna dell’8 marzo ma il caldo ha provocato il “risveglio” anticipato della natura con i mandorli che sono già fioriti in Sicilia e le coltivazioni più vulnerabili ai danni provocati dall’annunciato ritorno del maltempo con repentine ondate di gelo notturno’.
La motivazione di fondo di questo trend siccitoso non è difficile da ritrovare: ‘I cambiamenti climatici hanno modificato soprattutto la distribuzione sia stagionale che geografica delle precipitazioni…..
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