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1491 1941
Della stessa autrice:
Il filosofo prigioniero....
La coperta e quell’abito smesso appeso a un chiodo mandavano odore di
unto, di latte e di sangue. Le scarpe che sbadigliavano sull’orlo del letto si
erano mosse al respiro di un bue disteso sull’erba, e un maiale un volgare
porco dissanguato urlava nel grasso di cui il ciabattino le aveva spalmate,
quasi a ricordare la loro reale origine….
La morte violenta era dappertutto, come una macelleria o un recinto
patibolare. Un’oca sgozzata schiamazzava nella penna che sarebbe servita a
tracciare su vecchi cenci idee credute degne di durare per sempre. Ogni cosa ne
era un’altra: la camicia che gli lavavano le suore Bernardine era un campo di
lino più azzurro del cielo e insieme un mucchio di fibre in macerazione sul
fondo d’un canale.
I fiorini che teneva in tasca con l’effige del defunto imperatore Carlo
erano stati scambiati, dati e rubati, pesati e consumati mille volte prima che
per un momento li avesse creduti suoi, ma quelle giravolte tra mani avare o
prodighe erano brevi se paragonate all’inerte durata del metallo stesso,
istillato nelle vene della terra prima che Adamo fosse vissuto.
I muri di mattoni si dissolvevano nel fango che sarebbero tornati ad
essere un giorno; l’edificio annesso al convento dei Cordiglieri dove
obiettivamente al caldo e al coperto cessava di essere una casa, luogo
geometrico dell’uomo, solido riparo per lo spirito ancor più che per il corpo:
era tutt’al più una baita nella foresta, una tenda al margine d’una strada, un
lembo di stoffa teso tra l’infinito e noi.
Le tegole lasciavano trasparire la nebbia e gli astri incomprensibili,
vi abitavano centinaia di morti e dei vivi anch’essi perduti come i morti:
dozzine di mani avevano disposto quelle piastrelle, avevano foggiato mattoni e
segato le tavole; inchiodato, cucito o incollato: sarebbe stato altrettanto
difficile ritrovare ancora vivo l’operaio che aveva tessuto quella pezza di bigello
quanto evocare un trapassato; vi avevano abitato altri esseri, come bachi nel
bozzolo, e altri vi abiteranno dopo di lui.
Ben nascosti se non propri invisibili questi vermi, un topo dietro un
fondello e un insetto nero come uno scarafaggio intento a forare un travicello
a penetrare un pensiero a rubare… Dio. Alzo lo sguardo. Sul soffitto un trave
riutilizzato recava incisa una data: 1491. All’epoca in cui era stato
intagliato per fissare un determinato anno che non importava più a nessuno,
egli non esisteva ancora, né la donna da cui era uscito.
Invertiva quelle cifre come per gioco: l’anno 1941 dopo l’incarnazione
di Cristo. Tentava di immaginarsi quell’anno senza rapporto alcuno colla sua
esistenza e di cui si sapeva una sola cosa, cioè che sarebbe arrivato… arrivato
di nuovo ancora e ancora…. Camminava sulla sua propria polvere. Accadeva per il
tempo quel che accadeva alla fibra della quercia: egli non avvertiva il senso
di quelle date incise dalla mano dell’uomo….
La terra girava ignara del calendario giuliano o dell’era cristiana,
tracciando il suo cerchio senza principio né fine come un anello perfettamente
liscio…..
La nave si ferma in una rada e cala l’ancora….
E’ circondata da imbarcazioni militari e civili. Gli uomini
raggiungeranno la terraferma con le chiatte, ma non ancora, perché lo sbarco è,
se possibile, più complicato dell’imbarco. Si rischia facilmente di perdersi o
di finire nei reparti sbagliati.
Scende la notte e gli ufficiali si riuniscono nella sala comando per
farsi assegnare il trasporto delle rispettive unità. L’assegnazione va avanti
per gran parte della notte.
In un ordine preciso e in un orario preciso ogni reparto dovrà trovarsi
in un punto preciso, dove ogni chiatta sarà in attesa di trasportarlo a terra.
I convogli per il trasporto truppe saranno in attesa a riva.
Nessun incidente, nessun malato, nessun attacco….
Mente la chiatta ormeggia, succede una cosa stupefacente. Appare una
banda di soldati scozzesi in kilt, con le cornamuse e i tamburi e il tipico
passo di marcia dondolante.
L’aspro suono delle cornamuse trancia l’aria.
E’ la musica più marziale, più bellicosa del mondo. I nostri uomini si
ammassano lungo le sponde della chiatta. La banda si avvicina, coi tamburi che
rullano e le cornamuse che gemono, e, mentre si avvicina, dai soldati si leva
un lungo applauso. E’ possibile che non gli piaccia questa musica aspra: ci
vuole tempo per apprezzarla; ma qualcosa del suo acciaio penetra in loro.
Gli scozzesi fanno dietro front e si allontanano a passo di marcia!
E’ stato un bel gesto… I soldati, in qualche modo profondo, ne sono
onorati. La musica li ha scossi. Questa è una guerra diversa da quella dei
campi di addestramento e della strategia da spaccio di caserma.
Dal ponte della chiatta gli uomini possono vedere le case senza tetto,
le case incendiate. I mucchi di macerie dove sono cadute le bombe. Queste scene
le hanno viste in fotografia e ne hanno letto sui giornali, ma erano fotografie
e giornali.
Ora è diverso…
Quello che vedono (i soldati…) non assomiglia affatto alle
fotografie…..
(M. Yourcenar, L'opera al nero & J. Steinbeck, C'era una volta una guerra)
(M. Yourcenar, L'opera al nero & J. Steinbeck, C'era una volta una guerra)
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