giuliano

martedì 22 marzo 2022

1491 1941


















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1491  1941 

Della stessa autrice:

Il filosofo prigioniero.... 













La coperta e quell’abito smesso appeso a un chiodo mandavano odore di unto, di latte e di sangue. Le scarpe che sbadigliavano sull’orlo del letto si erano mosse al respiro di un bue disteso sull’erba, e un maiale un volgare porco dissanguato urlava nel grasso di cui il ciabattino le aveva spalmate, quasi a ricordare la loro reale origine….
La morte violenta era dappertutto, come una macelleria o un recinto patibolare. Un’oca sgozzata schiamazzava nella penna che sarebbe servita a tracciare su vecchi cenci idee credute degne di durare per sempre. Ogni cosa ne era un’altra: la camicia che gli lavavano le suore Bernardine era un campo di lino più azzurro del cielo e insieme un mucchio di fibre in macerazione sul fondo d’un canale.
I fiorini che teneva in tasca con l’effige del defunto imperatore Carlo erano stati scambiati, dati e rubati, pesati e consumati mille volte prima che per un momento li avesse creduti suoi, ma quelle giravolte tra mani avare o prodighe erano brevi se paragonate all’inerte durata del metallo stesso, istillato nelle vene della terra prima che Adamo fosse vissuto.




I muri di mattoni si dissolvevano nel fango che sarebbero tornati ad essere un giorno; l’edificio annesso al convento dei Cordiglieri dove obiettivamente al caldo e al coperto cessava di essere una casa, luogo geometrico dell’uomo, solido riparo per lo spirito ancor più che per il corpo: era tutt’al più una baita nella foresta, una tenda al margine d’una strada, un lembo di stoffa teso tra l’infinito e noi.
Le tegole lasciavano trasparire la nebbia e gli astri incomprensibili, vi abitavano centinaia di morti e dei vivi anch’essi perduti come i morti: dozzine di mani avevano disposto quelle piastrelle, avevano foggiato mattoni e segato le tavole; inchiodato, cucito o incollato: sarebbe stato altrettanto difficile ritrovare ancora vivo l’operaio che aveva tessuto quella pezza di bigello quanto evocare un trapassato; vi avevano abitato altri esseri, come bachi nel bozzolo, e altri vi abiteranno dopo di lui.
Ben nascosti se non propri invisibili questi vermi, un topo dietro un fondello e un insetto nero come uno scarafaggio intento a forare un travicello a penetrare un pensiero a rubare… Dio. Alzo lo sguardo. Sul soffitto un trave riutilizzato recava incisa una data: 1491. All’epoca in cui era stato intagliato per fissare un determinato anno che non importava più a nessuno, egli non esisteva ancora, né la donna da cui era uscito.




Invertiva quelle cifre come per gioco: l’anno 1941 dopo l’incarnazione di Cristo. Tentava di immaginarsi quell’anno senza rapporto alcuno colla sua esistenza e di cui si sapeva una sola cosa, cioè che sarebbe arrivato… arrivato di nuovo ancora e ancora…. Camminava sulla sua propria polvere. Accadeva per il tempo quel che accadeva alla fibra della quercia: egli non avvertiva il senso di quelle date incise dalla mano dell’uomo….
La terra girava ignara del calendario giuliano o dell’era cristiana, tracciando il suo cerchio senza principio né fine come un anello perfettamente liscio…..
La nave si ferma in una rada e cala l’ancora….
E’ circondata da imbarcazioni militari e civili. Gli uomini raggiungeranno la terraferma con le chiatte, ma non ancora, perché lo sbarco è, se possibile, più complicato dell’imbarco. Si rischia facilmente di perdersi o di finire nei reparti sbagliati.
Scende la notte e gli ufficiali si riuniscono nella sala comando per farsi assegnare il trasporto delle rispettive unità. L’assegnazione va avanti per gran parte della notte.




In un ordine preciso e in un orario preciso ogni reparto dovrà trovarsi in un punto preciso, dove ogni chiatta sarà in attesa di trasportarlo a terra. I convogli per il trasporto truppe saranno in attesa a riva.
Nessun incidente, nessun malato, nessun attacco….
Mente la chiatta ormeggia, succede una cosa stupefacente. Appare una banda di soldati scozzesi in kilt, con le cornamuse e i tamburi e il tipico passo di marcia dondolante.
L’aspro suono delle cornamuse trancia l’aria.
E’ la musica più marziale, più bellicosa del mondo. I nostri uomini si ammassano lungo le sponde della chiatta. La banda si avvicina, coi tamburi che rullano e le cornamuse che gemono, e, mentre si avvicina, dai soldati si leva un lungo applauso. E’ possibile che non gli piaccia questa musica aspra: ci vuole tempo per apprezzarla; ma qualcosa del suo acciaio penetra in loro.
Gli scozzesi fanno dietro front e si allontanano a passo di marcia!
E’ stato un bel gesto… I soldati, in qualche modo profondo, ne sono onorati. La musica li ha scossi. Questa è una guerra diversa da quella dei campi di addestramento e della strategia da spaccio di caserma.
Dal ponte della chiatta gli uomini possono vedere le case senza tetto, le case incendiate. I mucchi di macerie dove sono cadute le bombe. Queste scene le hanno viste in fotografia e ne hanno letto sui giornali, ma erano fotografie e giornali.
Ora è diverso…
Quello che vedono (i soldati…) non assomiglia affatto alle fotografie…..

 (M. Yourcenar, L'opera al nero & J. Steinbeck, C'era una volta una guerra)

















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