Precedenti capitoli:
Del Teatro miniato (50)
Prosegue con:
Crimini di guerra (53)
& l'uom, fiero più delle più
fiere belve (54)
Ciò detto sicuramente non gradito, giacché rivolto
al Tiranno avversato compresa l’odierna rappresentazione nostro malgrado,
giacché al suo delirio preferiamo la Commedia o la satira di chi lo avversa…
Tutta codesta messa in Opera prima che crolli o cali definitivamente il sipario di Scena, e sopraggiunga inattesa la morte in platea, premette una breve Introduzione ad una o più possibili soluzioni, le quali tra l’altro ci permetterebbero di raggiungere - o al contrario - meglio fuggire cotal sgradito Atto con mezzi sicuramente più economici, e sicuramente congeniali con la vera Arte di vivere e/o di sopravvivere, non finanziando la Compagnia della morte!
Dacché ne consegue che l’elemento alieno non solo
il Tiranno, il quale invade il nostro umile Teatro, ma anche l’Inferno il quale
ne incarna - al meglio - senza risparmio alcuno, il futuro aspetto cui
destinato, a chi al male asservito, giacché anche il povero o ricco despota
servitore del Demonio ha un suo credo. O meglio un antico Ideale forse un po’
frainteso e mal interpretato, non solo per il proprio bene ma anche per tuto il
male a cui Ognun arrecato circa la propria ed altrui messa in Opera, compresi
tutti coloro che in motivo del solfureo prometeico elemento con lui saranno incatenati
e condannati al tormento della ‘lirica’ Scena finale.
Dacché ammettiamo - in questa o qualsiasi diversa sede giuridica - che gli Dèi hanno sempre Ragione!
Se solo facesse un poco di conto vedrebbe l’antica
forca accompagnata dalla catena che poco dista dalla sua dimora, anche questa
una bella città ove un tempo - e non certo remoto - regnavano derivati sulfurei
dèi, di cui poco ne ha dedotto circa il senso della comune mitologica Storia fraintesa,
e con lui sullo stesso tribunale - e forca - ne narreranno l’atroce tormento o
gesta (dipende anche ciò dagli incaricati onesti avvocati dei diavoli ) al
Giudizio finale dell’unico Dio in terra, assieme agli altri dannati
dell’Inferno in Terra!
La bella Norimberga in trepida attesa, giudicherà
la Memoria vilipesa!
Per hora in sala d’attesa, questione di antico
lume o gas comune?!…
[Non faccia dell’umorismo e prosegua, che ‘marco’ apostolo vigile e non certo ‘franco’ con l’offeso prossimo…]
Comunque proseguiamo, abbiamo accennato essendo
incapaci di ‘pugnare’, ad una più concreta e non certo peccaminosa soluzione,
circa la funesta orgia in cui il Tiranno si diletta, Ognuno - questo sia chiaro
- concepisce l’amore per sé il prossimo e Nessuno, secondo un immutato libero
arbitrio, da che ne deriva un proprio punto di vista, e con questa goderne a
piacere e negli intervalli dell’andare e venire seminare semenza e futura prole,
se qualcuno nato o sopravvissuto.
Qualche ottimo regista dell’innominata Compagnia -
suo amico - lo ha consigliato, o meglio mi correggo, destinato, al fertile
vasto mondo alchemico, che dal fisico trascende al biologico, così da rendere
fertile ogni suo e nostro terreno. Dopo la semina, se qualcuno sopravvissuto,
comporrà ermetica semenza, e mai sia detto che in questa sede non viene
rispettata la decenza e con lei il profanato libero arbitrio d’ammazzare
pugnare e al meglio peccare.
Questione di stile!
Quindi dicevamo, senza spargimenti di sangue e budella, e senza permettere di finanziare - nostro malgrado - una Guerra intestina di cui la preghiera, o il sermone sarà di seguito illustrato, in quanto più volte detto che siamo contro il libero culto della morte in qualsiasi Regno questa svolga e adempia alla propria macellata funzione, non richiesta ma sopraggiunta non attesa; anzi dai morti in vita raccogliamo ogni possibile sentenza circa la miserevole esistenza, e immaginiamo, essendosi ricongiunti al Divino Lucifero, sanno bene qual difficile compito attende i presunti vivi, più morti che vivi, vittime dell’eterna guerra.
Dalla loro rinascita raccogliamo preziosa Opera e
linfa in questa Selva martoriata dall’eterno ritorno in vita aspirare al karma
del botteghino - o ufficio di collocamento -, in quanto all’ufficio di leva non
gradita la loro presenza, si rischiano Opere drammatiche con sì vaste
rappresentazioni amletiche in cui il veleno seminato diverrebbe d’incanto
testimone della Rima con cui si è soliti coniare più nobile e fiero Teatro in
nome e per conto della Natura intera.
Che il pazzo sia più savio dell’uomo, ogni uomo
armato, questo un dato di fatto!
(Giuliano)
BREVE INTRODUZIONE:
Chi vi dimora — nella tomba — ha un privilegio che
non è esercitato da nessun’altra persona vivente: la libertà di parola. Chi è
in vita non è del tutto privo, in senso stretto, di un tale privilegio, ma lo
possiede solo come vuota formalità: sa di non poterne fare uso, e non può
dunque essere considerato come un effettivo possesso.
In quanto privilegio attivo è simile al privilegio
di poter commettere un omicidio: si può esercitarlo solo se si è disposti a
sopportarne le conseguenze. L’omicidio è proibito sia formalmente che di fatto,
la libertà di parola è garantita nella forma, ma è proibita di fatto. Per
l’opinione comune sono crimini entrambi, tenuti in grande spregio da tutti i
popoli civili. L’omicidio è a volte punito, la libertà di parola lo è sempre —
quando viene esercitata.
Il che è raro.
Ci sono almeno cinquemila omicidi per ogni
(impopolare) manifestazione di libera espressione. Questa riluttanza a
esprimere opinioni impopolari è giustificata: il prezzo da pagare è molto alto,
può comportare la rovina economica di un uomo, può fargli perdere gli amici,
può esporlo al pubblico ludibrio e alla violenza, può condannare
all’emarginazione la sua famiglia innocente e rendere la sua casa un luogo
desolato, disprezzato ed evitato da tutti.
Nel cuore di ogni uomo si cela almeno un’opinione
impopolare sulla politica o sulla religione, e in molti casi se ne trova ben
più di una. Più l’uomo è intelligente, maggiore è la quantità delle opinioni di
questo tipo che ha e che tiene per sé. Non c’è individuo — compreso il lettore
e me stesso — che non nutra convinzioni impopolari, che coltiva e accarezza, ma
che il buon senso gli vieta di esprimere.
A volte sopprimiamo un’opinione per ragioni che ci
fanno onore, ma più spesso lo facciamo perché non possiamo sostenere l’amaro
costo di dichiararla. Nessuno vuole essere odiato e a nessuno piace essere
evitato. Il risultato naturale di questa condizione è che, consciamente o inconsciamente,
prestiamo più attenzione ad accordare le nostre opinioni con quelle del nostro
vicino e a mantenere la sua approvazione, piuttosto che a esaminarle con
scrupolo per vedere se siano giuste e fondate.
Questa
abitudine conduce necessariamente a un altro risultato: l’opinione pubblica che
nasce e si alimenta in questo modo non è affatto un’opinione, è semplicemente
un’abitudine; non suscita riflessioni, è priva di princìpi e non merita
rispetto.
Quando viene presentato un progetto politico completamente
nuovo e mai sperimentato, la gente reagisce con
sorpresa, è ansiosa, intimidita, e per un po’ di tempo se ne resta zitta,
reticente, incapace di schierarsi. La maggior parte non cerca neppure di capire
la nuova dottrina per farsene un’idea, ma aspetta di vedere quale sarà
l’atteggiamento della maggioranza.
[….] Lo stesso vale per qualsiasi altra grande
dottrina politica; perché tutte le grandi dottrine politiche sono piene di
problemi difficili — problemi molto al di fuori della portata del cittadino
medio. E questo non è strano, dato che sono anche al di sopra della portata
delle più acute menti del Paese; dopo tanto chiasso e tante chiacchiere, per
nessuna di queste dottrine si è potuta fornire la definitiva dimostrazione che
fosse quella giusta, quella migliore.
Quando un uomo ha aderito a un partito, è
probabile che ci rimanga. Se cambia opinione — intendo il modo di sentire, di
pensare — è probabile che continui a restarci ugualmente; i suoi amici
appartengono a quel partito; terrà quindi per sé il diverso modo di sentire, e
pubblicamente continuerà a sostenere quanto ha già rinnegato in privato. Solo
in questo modo può godere del privilegio della libertà di espressione. Di
questi poveretti se ne trovano in entrambi i partiti, ma non possiamo dire in
quale proporzione. Perciò non sapremo mai quale partito abbia realmente
ottenuto la maggioranza alle elezioni. La libertà di parola è il privilegio dei
morti, il monopolio dei morti.
…Essi possono dar voce alle loro oneste opinioni
senza offendere nessuno. Abbiamo comprensione per cosa dicono i morti presenti
passati e futuri?…
(M. Twain)
BREVE PROGETTO:
L’esplosione della drammatica guerra in Ucraina ci obbliga ad
accelerare ulteriormente la transizione energetica del Paese come unica
soluzione per uscire dalla dipendenza dal gas, a partire da quello della
Russia.
Negli ultimi mesi il tema energia era stato al
centro del dibattito politico, anche grazie ad una incessante campagna
mediatica sul tema dei rincari in bolletta e a forti dinamiche speculative, alimentate
prima dall’aumento dei prezzi di acquisto del gas fossile sui mercati
internazionali messi in campo dagli oligopoli delle fonti fossili, in seguito
alla ripartenza dell’economia mondiale dopo le prime ondate del Covid-19, e poi
dalle tensioni internazionali sfociate nella terribile guerra innescata
dall’invasione russa in Ucraina.
Il problema evidente del salasso per famiglie e aziende è urgente da affrontare, ma le soluzioni adottate o prospettate sono anacronistiche e in controtendenza con l’urgente lotta alla crisi climatica: si va dall’aumento della produzione nazionale di gas fossile all’approvvigionamento di idrocarburi gassosi non provenienti dalla Russia, dalla possibile ripartenza di gruppi termoelettrici a carbone a quelli a olio combustibile, dal raddoppio di gasdotti operativi alla realizzazione di nuovi rigassificatori, fino ai nuovi finanziamenti alla ricerca del nucleare di quarta generazione (temi al centro anche della definizione sulla tassonomia verde europea per definire le tecnologie e le fonti energetiche sostenibili per il raggiungimento degli obbiettivi del Green Deal).
Il governo, per contenere gli aumenti in bolletta,
ha pensato bene infine di tagliare gli extracosti relativi solo alla produzione
di elettricità da fonti rinnovabili, senza interessare minimamente quelli
vertiginosi delle aziende delle fonti fossili o in modo strutturale tutti gli
oneri di sistema in bolletta. Si tratta, come è evidente, di decisioni che non
entrano nel merito dell’unica soluzione efficace che ci può permettere di
affrontare questo problema in modo strutturale e senza lasciare indietro
nessuno: la riduzione dei consumi di gas.
Un obiettivo che si può raggiungere intervenendo soprattutto sulle prime tre voci di consumo: domestico e terziario (33 miliardi di m3 nel 2021), la produzione di elettricità (26 miliardi di m3) e l’industria (14 miliardi di m3), su cui bisogna operare con un forte sviluppo delle fonti rinnovabili, concrete politiche di efficienza energetica in edilizia, l’innovazione tecnologica nelle imprese (fonte: Staffetta Quotidiana sui dati di Snam Rete Gas).
Pensare di riattivare gruppi termoelettrici a
carbone o a olio combustibile è un’opzione irrilevante: se pure ripartissero
1.000 MW di potenza installata, aggiuntivi a quelli già in attività, con questi
due combustibili fossili, ad esempio per 5mila ore all’anno, si potrebbero
produrre 5 TWh all’anno che nei fatti permetterebbero di risparmiare solo 1
miliardo di m3 di gas fossile all’anno. Praticamente nulla al confronto del
contributo strutturale e rispettoso degli obiettivi climatici e di lotta
all’inquinamento atmosferico che garantirebbe uno sviluppo fragoroso delle
fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, del sistema di pompaggi e accumuli
e della rete di trasmissione e distribuzione.
A tal proposito Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia avanzano 10 proposte al governo Draghi per affrontare in modo strutturale la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento del gas, riducendone fortemente i consumi di 36 miliardi di m3 all’anno a fine 2026, e sviluppando al massimo l’eolico offshore e a terra, il fotovoltaico sui tetti e sulle aree compromesse (discariche, cave, etc), il moderno agrovoltaico che garantisce l’integrazione delle produzioni agricole con quella energetica, la produzione del biometano, gli accumuli, i pompaggi e l’ammodernamento delle reti. Come il blackout nazionale del 2003 portò all’infausto decreto sblocca centrali del governo Berlusconi che fece realizzare le centrali termoelettriche a gas che allora sostituirono quelli a carbone e olio, oggi la guerra in Ucraina dovrebbe portare il governo Draghi a varare un decreto sblocca rinnovabili per sostituire il gas.
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