giuliano

martedì 1 marzo 2022

BREVE DIALOGO (37)

 








Il Dialogo dai...


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D'un seppur breve Commentario (36) 


Prosegue con: 


L'ascesa al Monte Ventoso 








Proseguire su questo difficile Sentiero al di fuori del loro Tempo, al di fuori e non più al di sopra giacché disquisendo premetto gli infernali ingranaggi del Tempo da loro misurato, quindi come già detto mi ripropongo un antico tellurico Tempo, ovvero quando si rapportava la Natura al difficile delegato compito; purtroppo quando si vede cadere l’altrui presunte Ragioni di tanti troppi in opposti schieramenti, l’Intelletto su istinto e ispirazione o comando di Madre Natura impone la propria Parola, e anche se taciuta o perseguitata, l’impronta ispirata da Dio che in Lei dimora va tradotta e rapportata alla fallace Coscienza umana.

 

Certo sussiste un incredibile divario posto oltre che fra confini e trincee, anche di principi morali non men che quelli Intellettuali. 

 

Certo esiste differenza tra l’immediatezza ispirata dalla superiore logica della convenienza, e l’esatta dimensione del Tempo vissuto con retti saggi principi preclusi dall’illusione di una condizione di vita sottostante a ovvie limitazioni date da una involuta ‘costante’ condizione umana (senza recare offesa ad alcuno, è come essere governati da un branco di oranghi…), rispetto al vero Tempo vissuto, e purtroppo, come stiamo vedendo, precluso.

 

Per taluni cotal asimmetria originò l’universale Vita, ma se così fosse ed è, non posso e intendo leggerla attraverso la guerra, qual rottura propria (proprio hora che la neve che scende copiosa per lasciar spazio al sole per il corso della dovuta Stagione, uomo permettendo…) di un simmetrico intento di pace universale in cui l’uomo debba e può riconoscersi, infatti se dovessi riaprire la parentesi del precedente punto 1 di suddetto Commentario, potrei rilevare che i segni e/o simboli del progresso riflessi nella ‘costante’ dell’immutato Tempo, siano essi in positivo o in negativo dedotti ed evidenziati, tenderanno per l’apparente bene di ognuno, ad evolvere in positivo qual immutata crescita.

 

Il Tempo irreversibile?




L’Anima e lo Spirito che lo nutrirono e volgono alle intemperie dell’odierno èvo potranno riscriverlo!

 

Di ciò ne sono certo…

 

Leonardo il grande dotto scienziato pittore fors’anche poeta, Genio indiscusso, saprà intendere bene ciò che penso e dico, ovvero noi poveri animali di questa vil natura e nel Genio tradotta e compresa, assistiamo oltre all’usurpato e mal interpretato nome, anche la definitiva morte di suddetta comprensione, ovvero cosa sia ed è il Genio. Se con lui mi accompagno in cotal mirabile umano Dialogo da ognun censurato, e nell’odierno tempo di Leonardo tradotto, dalle alte alle basse stratosfere, sino alle più remote fognature dell’economia, ogni antica ‘Bottega’ crollerebbe nel tellurico e diverso tempo misurato.

 

Tradotti nell’Immediatezza della sovrumana scienza, il Genio, ovvero colui o colei che avendo colto la mela, si inoltrò nel Sapere. Sì è vero! Furono puniti perché peccarono nell’impropria volontà di Conoscenza, ovvero se fossero rimasti nel pur vasto perimetro del Giardino e non avessero assaporato il Frutto Proibito, l’umanità sarebbe salva. La Genesi o la sua mitologia ci insegnano una o più interpretazioni. Logicamente o illogicamente per taluni per ciò che mi appresto ad enunciare, il senso mitologico di cui il serpente ne incarna il male ponendolo al frutto proibito, di cui l’uomo scacciato in quanto colmo della macchia qual colpa eterna origine del peccato, va dovutamente riproposto.




Questo male è indiscutibilmente presente nella natura umana ma non certo in quella né della serpe né dall’Albero da cui discende la propria genealogia; infatti da codesta prospettiva in antichi tempi taluni rappresentarono il dovuto ‘punto di fuga’. Si dimostrò che rami evolutivi quanto dell’Albero mitologico quanto della serpe che vola e striscia, contengono anelli evolutivi da cui nato l’uomo. Sono i  sopravvissuti di una catastrofe planetaria di cui rappresentarono i fortunati discendenti. Quindi leggendo l’intera allegoria mitologica il quadro divino assumerebbe una diversa prospettiva, certamente non sottratta alla Ragione di ugual Fine anche dallo scrivente sottoscritto, pur una diversa visione di ugual Sacra Teologia.

 

È vero, certamente indiscutibilmente vero che l’uomo macchiato di cotal colpa, di tale carenza o originaria purezza (da Dio) offerta, scritta geneticamente e indelebile nella propria anima sino alle più basse viscere intestinali, indistintamente semina, infatti, la propria ‘immonda’ materia’, la qual ‘materia’ intestinale tra l’altro, se avesse saputo apprezzare il vero sapore della mela qual più sano nutrimento astenendosi dal peccato della carne altrui, non avrebbe concimato guerre fratricide ed intestine; seppur il problema agricolo che ne deriva non da poco conto, compreso il pane della antica povera comunione, il quale di per se assume valore intestinale nella precedente equazione detta, ricongiungono mirabilmente nonché traducono cotal dire alla Saggio Sentiero assieme intrapreso e al bivio cui posto, nella sacralità tradotta…

 

Se infatti ragionassi con Leonardo (il da Vinci non altri fac-simili) converremmo ad un valore del tutto discutibile fra soldo e moneta, infatti apprezziamo il pane d’una fraterna comunione fra popoli diversi rispetto al valore, un diverso valore attribuito. Così come l’evolversi non più della mela selvatica, o della lucertola quali buone compagnie, con le quali assieme avremmo meditato mentre prendiamo il sole, ma l’elevata eccessiva agricoltura intensiva la quale origina problemi inerenti con i principi della dottrina appena detta.

 

L’anima - pur vero - evidenzierà tutte le colpe del tempo, compresa l’appetitosa selvatica mela acciaccata ammostata senza acqua e priva del seme della più sana Ragione. Non buona neppure per il porco nel consumato peccato della carne. Ogni tanto sovente ne scorgiamo qualcuno che penzola tra i Rami e gli Alberi, nel trarre le sorti d’una grammatica da noi fuggita, da noi non certo del tutto né compresa né gradita. Penzola in onor d’un motto e araldo di una o più Guerre fuggite.




Lungo ugual cammino potrei rimproverare colpe, e non volendo uniformarmi al Beneficio di Cristo, pur elogiando il suo Genio potrei dire che Archimede se si fosse fermato alla ‘vite’ non avrebbe incendiato l’altrui ardire (anche in rispetto e memoria di Plutarco che pur rimembrandole dissentì profondamente). E lui pur saggio mi risponde e rispondea che l’olio come la saporita uva non men del poco conosciuto luppolo formarono la mente divina di Dionisio, ed io a lui, perBacco li ricordo entrambi in ugual Giardino. La difesa così come l’offesa son cose da curare e con cui coltivare il proprio Giardino; se non fosse motto e araldo da vero pagano, avrei sostato ancora sotto all’Albero e poi sarei entrato nella più vicina Chiesa. Ma anche lì, mi dice e dicea, regna non certo Dio, quante mele penzolano fra quei Rami contorti per il duro Inverno scritto nel Tempo della Parola.

 

PerBacco rispondo io, sei un vero poeta, sapevo della Pittura, ma cotal Natura ritratta conserva una smorfia o un sorriso?

 

E lì che regna il segreto, mio amico, il rivelarlo e comprenderlo con ugual identico sorriso ci condurrebbero al Giardino della smorfia di Dio!

 

È vero lo apostrofo subito: il Genio si riconosce davvero!

 

Proseguiamo un tratto di codesto cammino, ma Leonardo non pensi che tutto questo male si possa evitare?

 

Ebbene che pensi che si possa vivere in quegli eccidiosi Giardini, da quelli fui esiliato perché anche a me il peccato invadea le Ragioni dell’Anima, li dovetti fuggire perché in cotal Giardino ho piantato i motivi del mio nutrimento terreno, mai mi cibai delle carni altrui, e giammai come Plutarco quelle dei più saggi animali.  Caro amico l’istinto va coltivato compreso e tradotto, altrimenti il Genio non sarebbe giustamente corrisposto.




Mai mio amico avrei pensato che la tua Opera si nutra e nutra anche di sani principi della scienza economica…

 

Infatti ogni principe avendo ladri in casa vi si disseta, vi si abbevera come un… debbo fra pur fruttare tal intendimento logica e dialettica, del resto tu che intendi e traduci bene il tempo dato, anche la Filosofia giunse ad un bivio…

 

Mio maestro anche ciò è pur vero! Eppure ho sempre conservato sincere riserve in Democrito, ma sai l’evoluzione il progresso di ogni dottrina si riconosce come l’Albero maestro e i frutti colti, i quali possono appagare le ragioni di ugual intestino come successivamente evolverne il destino. Penso mio Maestro che forse se ci fossimo fermati ad una diversa intesa all’ombra di cotal Illuminata Scienza Sacra, e avessimo posto cotal intelletto alla corda di una diversa rimonta verso il Cielo che ci ha castigato, forse avremmo raggiunto ancor più e maggior Genio ancora…

 

Mio amico sei più puro dell’acqua del torrente, del resto Eraclito ti ispira, ed anche se pensi che non potrai più neppure berla, non certo poi darmene colpa; gli anelli dell’Albero crescono ed evolvono, hora la vera luce dell’illuminata Ragione corre tutta sulla cera, domani sull’olio, dopodomani su quella sorta di lava o bava bituminosa che vedo sgorgare, e se solo spererai ancora di principiare il tuo Eraclito o quel Dio che camminava d’inverno su una antica Simmetria aspettando la sua Primavera, ti ritroverò come una lucertola ferma in attesa del Sole della Ragione. Il Ruscello è forza e Destino dell’umanità intera che scorre sino al mare per indicarci il pulsare della vena creativa…




Mio maestro ciò ch’io scorgo et intendo tutto prossimo all’infarto, l’acqua che bevo appestata e la mela che colgo attende da esser rimata in tutto il peccato che ispira l’altrui gesto di vendetta. In tutta la mia umile Follia vorrei salire dalla corda da cui discendo, e fuggire dal buco di siffatto Mondo… Mio caro Maestro purtroppo di quelle mele come delle fosse sarà colmo il nostro Sentiero, il sapore della morte ci prenderà alla gola come un nodo profondo, rimpiangeremo quella selvatica acerba colta un giorno e sapremo che mai più, come chi la cantò appollaiato ad un ramo puntuale nel suo fraseggio, potrà appagarne l’appetito come l’udito, una Sinfonia unica. Il tutto mentre attendo i frutti di un bosco ove la Ragione ancora regna, il Cervo mi fa’ compagnia ogni mio Pensiero corre con Lui nella Selva, ogni tanto scorgo una tana, s’apre alla Stagione della Vita, ma lontano mio Maestro odo l’eco della morte; le fosse saranno colme del mostro della vita qual vil nutrimento della terra e con il sangue sarà concimato ogni campo, il mulino volteggerà e piegherà le sue pale verso l’Inferno, il pane saprà di aceto, l’uva sarà bevuta prematura non più colta, tracannata in boccali di ferro e fuoco, il Cervo mio amico ne fuggirà ogni compagnia, perché ciò che insegna Dio, lui la donò con umile semplicità simbolo e araldo al focolare del Diavolo, in quella stessa sala come animali, umani saranno impalati e purgati delle altre membra del corpo, le teste in cima ai pali, e il Cervo pregare per ciò che è l’uomo…

 

Mio Maestro il nostro Genio non adatto alla bassezza dell’uomo… quel Leonardo ch’io scorgo…

 

(Giuliano)







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