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& brevi Frammenti (di Giuliano)
Hanno sacrificato l’agnello
nel rito di una croce,
hanno ucciso l’uomo barbuto
e l’intruglio,
voce di un’antica chiesa
senza croce e uomo che prega.
Una donna come sacerdotessa,
custode del sogno,
tramuta l’antica visione,
in numero perfetto mai più letto.
Disegno scolpito
non nel legno,
ma sabbia lontana
e montagna che sgorga
dal fondo di un letto,
dopo l’orgasmo di un muto ricordo
… mai letto. (13)
Cambiarono il ricordo
mutarono la visione,
confusero perfino l’amore.
Mutarono il sorriso
con una corona di spine,
bruciarono la poesia
uccisero il numero,
trovarono anche l’insano intruglio
del rito segreto.
Poteva dar loro non un sogno,
neppure il momento
di una pazza corsa nel vento,
ma solo pensiero
di un nuovo tormento,
offerto come aceto
ad un Dio di un lontano Universo.
Straziato per la parola di perdono
che non sazia né gola né il ventre,
chi pose una corona di spine
a guardia del proprio trono. (14)
Vino appestato per il vomito
di una donna che muore,
offerto per il piacere dell’inquisitore,
perché vuol vedere lo stesso dolore.
Non conosce l’amore,
ma solo peccaminosa sostanza
in una spoglia stanza.
La donna nuda e
l’uomo
che rantola:
delirio strano e mai provato,
frutto di un arcano mistero,
forse strana e demoniaca
possessione,
per l’abito suo che offre
solo martirio,
e reprime l’istinto,
…. con un gesto violento. (15)
Piacere diviso al confino
di una croce,
chiede pentimento,
e muta il sogno in grido
di dolore,
per un attimo d’amore.
Rantolo di dolore,
poi sogno perfetto
e incubo insano,
di un mondo mai nato.
E un nuovo inquisitore,
veglia l’uomo che muore,
chiede come sacrificio
l’amata donna sua.
Scrigno e parola di un principio,
può accendere la speranza
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