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Cristiani e Pagani (Eretici 9)
Non erano trascorsi che pochi mesi dal suo ‘Contra Heracleium’, quando
ebbe una nuova opportunità per attaccarli, circa l’interpretazione data da
questi ‘psudo-cinici’ sulla figura di Diogene, presentandolo come un mediocre
vanaglorioso, gettando discredito sull’intera Scuola. Giuliano decise che era
venuto il momento di insegnare a quei ‘cani-ignoranti’ la vera dottrina dei
Cinici (talaltro come affermato da taluni storici, neppure pienamente condivisa
dal filosofo…, ma loro erano un mezzo per quella costante calunnia che mai
abbandonò il suo ‘illuminato cammino’. Dopo di loro sarà Nazianzo ad elevare
alla stessa calunnia un significato di ‘scienza’ ad appannaggio di qualsiasi
verità più certa e storicamente vera!).
A tale scopo scrisse un’orazione molto più breve, teorica e omogenea
della precedente, inserendo la corrente dei Cinici nel solco della tradizione
filosofica greca e riaffermando la sostanziale unità del pensiero ellenico (cui
necessitava per la restaurazione…).
Sulla scia di Platone, Giuliano descrive il fuoco di Prometeo come una
particella del sole, inviata dagli Dèi sulla Terra per divenire ‘parola’
(logos) e ‘mente’ (nous), per mezzo delle quali l’umanità partecipa della
divinità. La ragione incorporea presente nell’uomo lo spinge verso la filosofia
‘arte delle arti e scienza delle scienze’, che consiste nella conoscenza di Sé
e nell’assimilazione al Divino.
Attraverso la conoscenza dell’anima si giunge a ‘scoprire quanto vi è
in noi di più nobile e divino dell’anima stessa, un qualcosa in cui tutti
crediamo anche se non ci viene insegnato, un qualcosa che tutti riteniamo
appartenga al Cielo’.
Questo assunto fondato sullo schema di Plotino, ‘spirito-mente-essere’,
porta Giuliano a considerare la filosofia come una via di salvezza e
conoscenza (Gnosi…). E’ mediante la
speculazione filosofica che impariamo a conoscere noi stessi, fino ad acquisire
quel sapere ‘Perfetto’ proprio degli Dèi, poiché ‘gli Dèi ci sono superiori
solo nella conoscenza…’, dal momento che in noi brilla una scintilla della luce
divina.
Questa verità ‘essenziale’ costituisce uno dei temi centrali
dell’orazione, mediante la quale Giuliano si propone di dimostrare come la
filosofia – disciplina unica ed indivisibile che conduce attraverso sentieri diversi,
ad un’unica mèta – sia un’altra strada verso la salvezza.
… La filosofia, come la verità (di Valentino e non solo…), è una e
realizza la propria unità essenziale trascendendo l’apparente molteplicità
delle forme e la diversità dei sistemi, poiché ogni Scuola o sistema si propone
come scopo unico la ricongiunzione con la divinità e ha come principio primo la
conoscenza di Sé.
Giuliano, inoltre, opera una netta distinzione fra la conoscenza esatta
dei filosofi-teologi e l’‘opinione delle folle’. Servendosi delle parole di
Platone definisce la conoscenza del vero come ‘la fonte del bene tanto per gli
uomini quanto per gli Dèi’, un assunto condiviso, a suo parere, dalla dottrina
cinica.
Ma i Cinici, come gli Scribi del Tempio del Cristo, erano ormai divenuti
simili ai sofisti dei tempi di Socrate: sensibili all’adulazione, parevano (e
‘paiono’) curarsi solo della propria fama, ostentando, al contrario, come nei
giorni nostri, una ‘saccente-ignoranza’ (come direbbe giustamente Bruno…);
giammai una ricerca della Verità, innata aspirazione dell’uomo ‘evoluto’
(quella evoluzione passa in tempo reale attraverso i prodigi della moderna
‘scienza’ che offre l’opportunità ai ‘cani-ignoranti’ di perseverare nei loro
errori misti a loschi affari di Stato, vestendolo di un manto di decenza
pubblica ad uso di favole per vecchie e bambini…).
Siamo nel 325 d.C., il Concilio di Nicea è convocato da Costantino con
l’intento di far accettare ai propri sudditi i principi formali del
cristianesimo, mentre come vescovo di tutti i non appartenenti alla Chiesa
auspicava che fosse impartito ai laici l’insegnamento dei dogmi della nuova
religione di stato. A partire da quel momento l’unità religiosa divenne il
fondamento dell’unità dell’Impero.
… Giuliano colse l’importanza di tale principio, e non cadendo nel
baratro della contraddizione (che la sua vasta cultura gli aveva ‘imposto’),
tentò di riformulare i dogmi del paganesimo…..
(P. Athanassiadi, Giuliano)