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Quando andai (d) a Sidney
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Le vie dei canti (3)
Dopo alcuni mesi di successi in Inghilterra, l’orchestra di Cook si
sciolse. Bechet rimase a Londra con
alcuni dei suoi componenti, riuniti sotto la guida del batterista Benny Peyton,
che si trasferì poi a Parigi per tornare nella capitale britannica, dove suonò
nella ricostituita Southern Syncopated Orchestra e ancora nel complessino di
Peyton.
Nel novembre 1921, con un sarrussofono, uno strumento della famiglia
dell’oboe, scovato in un negozio londinese, Bechet tornò in America, per
fermarsi a New York.
Pochi mesi dopo faceva parte del cast di una rivista musicale, ‘How
come?’, che presentò fra le altre attrazioni una allora sconosciuta cantante di
blues, Bessie Smith. Lo spettacolo piacque in alcune piazze, ma fece fiasco a New
York, dove le rappresentazioni terminarono presto.
Al luglio del 1923 risalgono
le prime incisioni effettuate da Bechet con un complessino riunito da Clerence
Williams negli studi della Okeh, e battezzato Blue Five. Ad alcune, realizzate
nei mesi successivi sotto la stessa insegna, prese parte anche Louis Armstrong,
che allora suonava al Roseland con l’orchestra di Fletcher Henderson. In tutte
queste esecuzioni (in cui suona sia il clarinetto che il sassofono soprano, a
cui finirà per dedicarsi in modo esclusivo, e persino il sarrussofono) Bechet
si dimostra già solista perfettamente maturo: alcune di esse, come ‘Wild cat
blues’, ‘Kansas City man blues’, ‘Texas moaner blues’ e ‘Cake walking babies
from home’, sono tuttora considerate fra le prime gemme del jazz.
Aprì ad Harlem il Club Basha che offriva ai clienti jazz e alcool di
contrabbando. Chiuso il locale, Sidney si preparò a una nuova traversata
atlantica con la compagnia di una rivista preparata in America ma destinata
all’Europa: la sua stella era Josephine Baker, rivelatesi a Broadway nella
rivista ‘Shuffle along’, e l’orchestra era quella di Claude Hopkins. Bechet era
stato scritturato perché suonasse nell’orchestra di fossa e si esibisse anche
come attore e strumentista virtuoso, sul palcoscenico.
A Parigi, dove fece il suo esordio alla fine del 1925, la ‘Revue Nègre’
ottenne un successo strepitoso, che procurò alla Baker una scrittura alle
Folies Bergères e un posto permanente nel cuore dei parigini. Bechet seguì la
troupe fino a Berlino, ultima tappa della tournée, poi si rimise in cammino:
questa volta si diresse, con un gruppo di musicisti riuniti ancora una volta
da Benny Peyton, verso l’unione Sovietica.
‘Il sassofono parlante’ – come lo definiva la pubblicità – fu ascoltato
in varie città russe, e anche a Mosca, dove una signora, che non aveva mai
visto un negro e volle accertarsi con un dito se la sua faccia fosse dipinta,
si buscò un manrovescio.
E’ faticoso tenere dietro ai suoi passi dal momento in cui lasciò la
Russia; girò come una trottola da un capo all’altro dell’Europa, da solo e con
una compagnia di rivista, fece una scappata ad Harlem, e nel 1928 si ritrovò
nuovamente a Parigi. Qualche giorno prima del Natale di quell’anno, proprio a
Parigi, ne combinò una grossa. Uscito a notte fonda da un bar di Montmatre,
dove lavorava, si incontrò con un altro musicista, Mike McKendrick, con cui
ebbe una violenta disputa, che si concluse di primo mattino con una sparatoria.
I due ‘duellanti’ non si fecero praticamente alcun male, ma tre passanti
rimasero feriti. Il fatto ebbe una certa risonanza e si concluse in tribunale.
Nel 1932, uno degli anni più neri della Depressione, Sidney riuscì a
trovare il coraggio di metter su, con Ladnier, un sestetto, The New Orleans
Feetwarmers, col quale si esibì anche al Savoy di Harlem e incise dei dischi
eccellenti. Ma i tempi erano troppo duri e anche e Feetwarmers dovettero
sciogliersi. ‘… Le cose andavano
piuttosto male – ha scritto Bechet – e per un certo tempo Tommy ed io facemmo
andare avanti una bottega nei pressi di St. Nicholas Avenue. Non confezionavamo
abiti: nel negozio si riparavano e si stiravano soltanto. L’avevamo chiamato
‘Southern Tailor Shop’, Negozio di sartoria meridionale. Tommy dava una mano
facendo il lustrascarpe… Molti musicisti che non avevano lavoro, e in più
alcuni anche fra quelli che ne avevano uno, venivano a trovarci spesso, e con
loro suonavamo in jam session nel retrobottega….’.
…. Scendendo giù per Iberville, appena passata Marais Street, ecco che
lei si stacca dalla folla e comincia a camminare al nostro ritmo tra noi ed il
pubblico. La mia nuova maglietta rossa e la nuova camicia bianca e lucida
risplendono sotto la cornetta. Anche le scarpe sono nuove. Sono tornato in
città!
Faccio scivolare qualche nota di avvertimento verso di lei, la cingo di
uno squillo e la spingo verso la folla. Che ruggisce. Tra Marais e Liberty mi
limito a far partire una nota ogni quindici secondi. Henry Allen mi lancia
occhiate per incitarmi a continuare e ogni tanto la mia nota parte come un uccello
che s’alza dalla merda e rimane a librarsi a lungo in alto…
Un altro ruggito!
Zigzago per Iberville come un lupo che si pavoneggia davanti ai suoi
cacciatori, porto in parato il mio Io, mi esibisco nel passo strascicato del
‘cakewalk’ mentre i maiali bianchi fanno colazione e calunniano gente all’ombra
di un pasticcino…..
Poi.. tre aghi persi dentro di me….
Mi spostano e nella polpa dell’anca mi insinuano dentro l’assassino del
dolore (il male mi guarda e scruta prova un piacere antico da pervertito…). Ed
io apro gli occhi e c’è lì l’infermiera, la sua faccia di corda sorride,
sorriso biondo e falso…
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