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L'imbarbarimento del sapere (23/1)
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A detta di un 'barbone' (25)
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Tra
gli studi dedicati alla tradizione manoscritta, la circolazione e la diffusione
del trattato sui misteri degli Egiziani,
spiccano i lavori di Angelo Raffaele Sodano e Martin Sicherl. All’epoca in cui
Sodano si dedicò allo studio dei codici nei quali è contenuto il De Mysteriis, il loro numero ammontava a
ventidue esemplari. Sodano li suddivise in due famiglie.
Eccezion fatta per l’estratto Vaticanus graecus 1026, gli altri codici
risultano essere posteriori al sec. XV.
Ora,
venendo alla prima delle due classi, Sicherl ha accertato che lo scrivano di A
e di Z (entrambi copiati da V) fu Pietro
Candido, monaco camaldolese che risiedeva a Firenze, più precisamente nel
convento di Santa Maria degli Angeli.
Secondo
un’annotazione presente nel Vatic. gr.
1898 (f. 136), Candido avrebbe
lavorato per conto di Scutellio o del
card. Egidio da Viterbo († 1532), dal momento che Scutellio collaborava con l’alto prelato alla traduzione dei testi
dal greco in lingua latina. Pare, inoltre, che Z fosse stato donato da Luca Olstenio al card. Francesco Barberini († 1679). É andata
invece perduta la copia di un manoscritto H (Hamburgensis philol. gr. 36).
Il
manoscritto V appartenne a Marsilio
Ficino, che lo fece copiare per sé da Giovanni
Scotariota, probabilmente poco prima
del 1458-59. In un secondo momento il medesimo codice pervenne ad Achille Stazio († 1581). La copia più
antica di V è il codice C (Vindobonensis
philosophus graecus 264), risalente al sec. XV, di cui non si conosce il
copista.
Per
quanto concerne W (Vallicellianus E. 36),
Sicherl dimostra che a possederlo fu Nicola Scutellio, del quale ha
riconosciuto la scrittura a margine 10 Y appartenne al card. Guglielmo Sirleto († 1585), da cui la
denominazione codex Sirletianus, e
fece parte della biblioteca di Diego
Hurtado da Mendoza, ambasciatore spagnolo a Roma dal 1547 al 1554. Questi
fu anche il primo proprietario di F, il cui copista fu con ogni probabilità Andronico Nunzio. Il ms I (Matritensis N
136) fu copiato da Andrea Damario.
S’aggiunga
alla prima famiglia di manoscritti anche il Ravennate 381,11 contenente alcuni
excerpta falsamente attribuiti ad Olimpiodoro.
Il codice è stato fatto risalire al sec. XVII da Martin (1884) e Bernicoli (1895),12
e contiene una serie di brani tratti dal De
mysteriis.
Giamblico può essere
considerato il filosofo neoplatonico che più di ogni altro ha assimilato
l’influenza della tradizione caldaica e che, attraverso l’assimilazione di
questa alla filosofia di Platone, ha conferito al contenuto degli Oracoli di Giuliano lo statuto
scientifico di teologia platonica. Di ciò costituiscono piena testimonianza i
numerosi passi del De mysteriis che
richiamano gli Oracoli ai 28 libri dedicati espressamente alla teologia
caldaica andati perduti.
Gli
interessi di Giamblico risultano
orientati maggiormente verso problemi di ordine religioso anziché squisitamente
filosofico e sotto questo profilo egli si inserisce perfettamente nel contesto
culturale del suo tempo, nel quale il pensiero filosofico – e in particolar
modo quello neoplatonico – assume un carattere piuttosto pratico, dominato
dalla preoccupazione (non tanto di quella ‘felicità’ precedentemente
apostrofata dall’autrice ‘citata…) della purificazione dell’Anima e dell’unione
con la Divinità.
La
via che conduce a tale unione implica la pratica di tutti quei riti contemplati
dalle dottrine religiose di origine orientale, ivi comprese le pratiche
divinatorie e i misteri teurgici finalizzati, appunto, alla purificazione
dell’Anima. Il Pensiero di Giamblico
a questo riguardo è in verità abbastanza complesso e in parte, talvolta, anche
contraddittorio. Nel De mysteriis,
infatti, si legge che l’uomo ha due anime:
‘L’una
derivata dal primo intelligibile e partecipa anche della potenza del demiurgo;
l’altra ingenerata in noi dal movimento dei corpi celesti in cui entra l’anima
che contempla dio’. (De mysteriis VIII)
(M.P. Barbanti)
[ …Ora quest’Anima la quale contempla e nel
qual tempo contemplata Frammento del Dio, la quale soggetta e assoggettata a
vari interpretazioni per cui anche ciò che, al meglio o al peggio, per medesima
ugual natura gli appartiene; può essere ancor meglio esplicitata e dedotta
compreso il linguaggio con il quale coniugare ciò che per sua indelebile
Natura al meglio, e come già detto, indistintamente gli appartiene...
…Per quanto riguarda un aspetto
‘antropologico’ quindi scientifico con cui coniugare non solo l’uomo ma
l’intera Natura da cui nato compresa l’Universo da cui la stessa Madre (…) grazie
all’Evoluzione perfezionata, circa i termini della dovuta comprensione adottati
non meno quelli di simmetrica connessione per chi alla medesima fonte
probabilmente si è dissetato, non intendiamo né rimuovere né escludere nessun
contesto o singolo Frammento ove cotal bisogno - non tanto di felicità - ma
innato istinto di sapere nato neppure estraneo al mondo inanimato, giacché per
nostra ed altrui Universale appartenenza e natura ugualmente aspiriamo alla
Luce quanto alla Vita, e questa in diversi modi difesa coniugata tradotta
migliorata nonché e per ultimo, interpretata; seppur da opposta immateriale
consistenza nata.
…Ed altresì in questa comune
prospettiva non escludendo o tantomeno subordinando o tacendo quanto per
difettevole carente natura e con essa presunta cultura, escluso, o ancor
peggio, esplicitato circoscritto e sacrificato quale irrimediabile
irreversibile ‘povertà di mondo’ (di cui il Dalai Lama ha enumerato talune
cifre in ugual opposta materia dalla Weil dedotta) e relativa inconsapevolezza
di potervi partecipare solo qual ‘atto’ subordinato all’altrui inferiore
‘umana’ volontà per medesimo atto ed istinto condiviso solo qual sacrificio o
animata-inanimata ugual materia da cui la dovuta sopravvivenza.
Univoci linguaggi glutterati da cui
nati.
Traduco; abbiamo accennato attraverso
i capitoli del presente Sentiero non certo la volontà della Cima riducendo così
la presunta salita nei termini propri in cui cotal aspirazione si snoda
rendendola in ugual medesimo Tempo acrobatica evoluta aspirazione, o, regresso
intendimento affine al cammino in cui l’uomo retto ed evoluto provenire da un
Passo certamente inferiore: chino a quattro zampe divincolarsi da medesimo mare
fino ad una Cima stratificato ed in cui tutte le precedenti vite da cui nati
appartenenti al comune linguaggio: abbiamo nuotato volato strisciato camminato
ed arrampicato sino al medesimo Creato fin sulla cima evolutiva, ‘intendendo’
ed altresì ‘intuendo’, oppure ‘sottintendendo’ ed anche ‘tacendo’, una presunta
conquista così come prima di noi erroneamente s’era pur evoluta la vita.
…Potremmo anche noi rappresentarne la
dotta eccezione e non certo equazione, e bensì non la regola specchio della
vera superiore intelligenza…
Attendiamo responso dal Cielo così
come in Terra!
Al contrario; esulando i termini
propri di siffatta pretesa, analizzando e decifrando il Sacro attraverso una
propria - non certo circoscritta quantunque sintesi, quanto ‘globale’
dispiegamento di conoscenza in cui le ‘fonti’ apportano un senso comune per l’intendimento
e dovuto conseguimento della Verità e mai Golgota della Cima. E con lei, i
molteplici termini con cui una o più simmetriche Verità si congiungono alla
Storia dall’asimmetria in cui nata ed evoluta, facendo dispiegare una
invisibile tela, e non certo ragnatela, con cui assicurarsi nei limiti e
crepacci o difficoltà di medesima materia qual corda, per non rimantenerne
impigliati nella trama al pari… d’una fitta ragnatela. Per meglio raggiungere
in medesimo globale istinto ed atto ‘con e nella’ Natura disquisito immagine
del Dio che così magnificamente l’ha pur pensata, decifrarne quanto perso,
quindi antropologicamente o evolutivamente parlando, estinto, per propria
natura o difettevole altrui dotta limitata materia.
Quindi e al contrario e a ritroso di
come si procede in un determinato contesto culturale ritenuto specchio
dell’evoluzione, o peggio del progresso, quanto della Verità (giacché come
l’Anima e la disquisizione che gli appartiene connesse ad una duplice natura
come dal Giamblico delineato…) una delle tante Verità apostrofate, rimosso a
beneficio di false deduzioni.
Possiamo disquisire sull’intendimento
e dispiegamento circa Anima Intelletto e Spirito… e Dio, ma di certo non
possiamo sottrarci dalla costante volontà di ricerca la quale intende nella
salita di medesimo Sentiero cancellato ‘assicurato’ nei termini propri di
quella corda tradotto nella volontà cui sembra accennare anche la mitologia.
Ed in cui la Storia ancora afflitta!
…Certamente l’interpretazione
dell’Anima può risolversi dispiegarsi come annodarsi o peggio avvinghiarsi in
vari intendimenti e procedimenti, rilevando non tanto il paradosso, semmai come
gli stessi se pur distinti, medesimi in secolari disquisizioni le quali
certamente non esulano sulla Natura di identico Dio trattato, giacché l’avvento
della religione cristiana ne ravviverà, o al contrario, limiterà intento ed
intendimento, ed in cui, altrettanti valenti dottori di chiesa in veste di
filosofi, si alternano e dibattono circa medesima materia nella dovuta
ortodossa eretica o pagana dottrina… circoscritta…
Riducendo la corda allo zero in cui
posta fors’anche nata, sia per propria mano che altrui tempio. E Dio per
proprio conto ritirarsi all’Olimpo in cui assiso e malriposto per ogni Elemento
divenuta avvelenata materia avvolgere la spirale donde l’immateriale Pensiero
nato formare il baratro della spirale non più equiangolare ‘con ed in cui’
dedotto e nella materia apostrofato, bensì contraria spirale scavare morta
materia solo per affliggerne l’essenza.
Ora tutte queste disquisizioni
riconoscono un comune denominatore della materia trattata e non tanto nella
progressione del numero qual scienza divina, almeno come esplicitata e dedotta
dalla Weil, ma nel velo che tale esplicitazione conserva nel proprio codice
genetico.
Ossia; per quel poco, qual Nessuno
che sono ed ero, permettermi in siffatta disquisizione, nell’affermare altresì
per come ho letto e interpretato la Teologia del divino Pitagora celare, come
intenderebbe il Rossetti, non una paradossale condizione di come questa si
risolve e dispieghi nella materia, accrescendo la Natura del Dio, bensì al
contrario, come manifestandola nelle dovute divine proporzioni, in verità e per
il vero, ne celi ed in qual tempo accresca il vero e più profondo divario e
significato circa medesima verità teologica enunciata.
Per cui rapportandolo
all’Armonia della musica come
i due precedenti accademici disquisivano e ne discutono ancora,
sottolineo tra l’altro che la vastità degli argomenti trattati non sono di
dominio comune, ovvero, la storiografia tende a mutarne e rimuoverne i
distintivi tratti ‘nel e del’ Sacro armonizzato, facenti parte non solo
dell’Armonia, ma in toto quell’Armonia la quale indistintamente conserviamo
qual Gene derivato specchio ed immagine d’un primordiale creato; ossia non
distinti da quanto creato, ma facenti parte
dell’Anima ampiamente disquisita, e non solo per la felicità
impropriamente dall’autrice sopracitata qual presunta formula filosofica
nell’atto di oggettivare un argomento sì vasto nel procedimento non certo
mutato pur se convinti del contrario, giacché non....
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