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Quando l'Anima era pura (26/1)
Prosegue nel:
Mistico silente silenzio del Tempo (28) & (29)
È assolutamente possibile praticare l’essenza di
una fede o di una cultura senza associarla a una religione.
La nostra
cultura tibetana, ancorché in larga parte ispirata dal buddhismo, non deve a
esso tutta la propria filosofia. Una volta ho suggerito a un’organizzazione per
il soccorso ai rifugiati tibetani l’interessante idea di valutare quanto il
nostro popolo debba al suo stile di vita tradizionale. Quali sono i fattori che
rendono i tibetani persone calme e di buonumore?
La gente
cerca sempre la risposta nell’unicità della nostra religione, dimenticando che
anche il nostro ambiente naturale è unico. La tutela della natura non è
necessariamente un’attività sacra e non richiede sempre il ricorso alla
compassione.
In quanto buddhisti esercitiamo la compassione
nei riguardi di tutti gli esseri senzienti, ma non di necessità verso ogni
singola pietra o albero o abitazione.
La
maggioranza di noi si preoccupa della propria casa senza però provare
compassione verso di essa. La manteniamo in buone condizioni per poterci vivere
serenamente. Siamo più solleciti che compassionevoli.
Il nostro
pianeta è come la nostra casa e noi dobbiamo trattarlo con cura, se vogliamo
assicurare il benessere a noi, ai nostri figli, ai nostri amici e agli esseri
senzienti che condividono con noi questa grande dimora.
Se pensiamo
che il nostro pianeta sia la nostra casa, o la «nostra madre», la nostra madre
Terra, non possiamo non prendercene cura. Oggi abbiamo capito che l’avvenire
dell’umanità dipende dal nostro pianeta e che il futuro di quest’ultimo dipende
dall’umanità. Ma non sempre ciò è così chiaro. Finora la nostra madre Terra ha
tollerato le nostre negligenze. Ora però il comportamento degli uomini, il loro
numero e la loro tecnologia hanno raggiunto uno stadio in cui la nostra madre
Terra non può più sopportare in silenzio.
‘I miei bambini si comportano male’,
…sembra
dire, per farci prendere coscienza che esistono limiti da non superare. Noi
buddhisti tibetani raccomandiamo la temperanza, che non è priva di relazione
con l’ambiente, poiché porta a non consumare in modo sconsiderato. Noi poniamo
dei limiti alle nostre abitudini di consumatori e sappiamo apprezzare uno stile
di vita semplice e responsabile. Il nostro rapporto con l’ambiente è sempre
stato particolare. Le nostre antiche scritture parlano di un contenitore e del
suo contenuto.
Il mondo è il ‘contenitore’, la nostra casa, e
noi, gli esseri viventi, siamo il contenuto.
Il
risultato è un rapporto speciale con la natura, perché senza il contenitore il
contenuto non ha modo di esistere. Il fatto che gli esseri umani sfruttino le
risorse naturali per sovvenire alle proprie necessità non è in sé riprovevole,
ma la natura non va sfruttata al di là dello stretto necessario.
È essenziale
ricomprendere da un punto di vista etico quanto ci è stato dato, ciò di cui
siamo responsabili e ciò che dobbiamo trasmettere alle generazioni future. È
evidente che la nostra generazione si trova a vivere in un passaggio critico.
Abbiamo accesso a una forma di comunicazione globale, e nondimeno è più
frequente che ci si scontri, anziché dialogare per costruire la pace.
Le
meraviglie della scienza e della tecnologia coesistono con numerose tragedie,
come la fame nel mondo o l’estinzione di certe forme di vita. Mentre ci si
dedica all’esplorazione dello spazio, gli oceani, i mari e le fonti di acqua
dolce sono sempre più inquinati. È verosimile che per le generazioni future
alcune specie terrestri – animali, piante, insetti e persino microrganismi –
divengano sconosciute. Dobbiamo agire prima che sia troppo tardi.
A pensarci
bene, si potrebbe concludere che se il Buddha
Śākyamuni tornasse tra noi per iscriversi a una formazione politica, questa
sarebbero i Verdi!
Sarebbe un ecologista!
In fin dei conti il Buddha non è nato in un
paradiso, ma in un giardino. Quando ebbe l’illuminazione non si trovava in un
ufficio, in una casa o in un tempio, ma all’ombra di un albero, l’albero della
bodhi. E al momento della morte, fu ai piedi di due alberi che entrò nel grande
nirvāna.
Se fossi
chiamato a votare, voterei per un partito che difendesse l’ambiente. Uno degli
sviluppi più positivi registratisi in tempi recenti è la crescente presa di
coscienza dell’importanza della natura. La materia non ha in sé nulla di sacro
o di santo. Come esseri umani traiamo vita dalla natura, per cui agire contro
di essa è un’insensatezza. Ecco perché dico che l’ambiente non è questione né
di religione né di etica né di moralità e che queste sono un lusso, dal momento
che per sopravvivere possiamo farne a meno. Se però continuiamo ad agire contro
la natura, non sopravvivremo.
Dobbiamo
accettare questo dato di fatto: se rompiamo gli equilibri naturali, l’umanità
avrà di che soffrire. Noi, che ci troviamo a vivere oggi, inoltre, dobbiamo
pensare a chi verrà domani. Un ambiente pulito è un diritto umano come gli
altri. Rientra quindi nelle nostre responsabilità quella di trasmettere un
mondo sano, se non più sano di come lo abbiamo trovato. Tale obiettivo non è
così difficile come potrebbe sembrare.
Certo, il
nostro potere d’azione individuale è limitato, ma l’impegno di tutti non lo è. Individualmente
siamo chiamati a fare il possibile, per poco che sia. Se spegnere la luce
quando si lascia una stanza sembra non avere particolari conseguenze, ciò non
significa che non dobbiamo farlo.
A tale
riguardo, come monaco buddhista, ritengo che la credenza nel karma sia di
grande utilità nella vita di ogni giorno. Se si crede al legame tra la motivazione
di un atto e il suo effetto, si diventa più sensibili alle ripercussioni delle
proprie azioni, su di sé e sugli altri.
Per questo,
malgrado la tragedia che si sta consumando in Tibet, vedo nel mondo molte cose buone.
In particolare mi conforta rilevare che la concezione del consumo come un fine
in sé sembra cedere il passo all’idea che le risorse della Terra vanno preservate.
È assolutamente necessario.
Mi auguro
di riuscire, un giorno, a fare arrivare al popolo cinese questo messaggio sulla
necessità di proteggere l’ambiente e di preoccuparsi degli altri. Il buddhismo
non è un fatto estraneo ai cinesi e io ritengo che su un piano pratico possa
loro essere utile.
Il IX
Panchen Lama impartì un’iniziazione del Kalachakra nella città di Pechino. Se
dovessi farlo anch’io, avrei alle spalle un precedente. Sono un monaco
buddhista e perciò le mie cure sono rivolte a tutti i membri della famiglia
umana, anzi a tutti gli esseri senzienti.
Con il crescente impatto della scienza sulle
nostre vite, religione e spiritualità possono giocare un ruolo ancora più grande,
rammemorandoci la nostra umanità.
Tra l’uno e
l’altro approccio non c’è contraddizione. Ciascuno dei due ci fornisce valide
intuizioni, che permettono di comprendere meglio l’altro. Sia la scienza, sia
gli insegnamenti del Buddha ci parlano dell’essenziale unità di ciò che vive.
Al giorno
d’oggi, il degrado delle foreste, causato dal sovraffollamento e dall’aumentata
concentrazione di sostanze chimiche nell’atmosfera, provoca piogge irregolari e
il surriscaldamento del globo.
Ne risultano cambiamenti climatici tali che le
nevi perenni che coronano le nostre montagne si stanno sciogliendo, evento che
colpisce non solo gli esseri umani, ma anche altre specie viventi.
Questa
situazione critica è presa molto sul serio nel mondo. Una volta, in Tibet, lo
strato delle nevi perenni che ricopriva le montagne era molto spesso. I nostri
anziani ricordano che, quando erano giovani, le cime erano coperte da un manto
nevoso molto denso.
Secondo loro, la rarefazione delle nevi, oggi, è
uno dei segni della fine del mondo.
È vero che
il cambiamento climatico è un processo lento e i suoi effetti diventano
evidenti dopo un periodo di tempo molto lungo. Anche gli animali e le piante
del nostro pianeta si adattano in funzione di tale cambiamento.
Lo stesso vale per la struttura fisica dell’uomo,
che, sempre in funzione di quei cambiamenti, si sta modificando di generazione
in generazione.
A causa
dell’aumento della popolazione mondiale, molti alberi vengono tagliati per fare
da combustibile e per aumentare la superficie dei terreni agricoli. Inoltre, in
Tibet, i cinesi hanno distrutto alberi secolari con la stessa facilità con cui
ci si rade la testa, cosa che equivale a una devastazione su larga scala del
patrimonio dei tibetani.
Allo stesso
modo, il continuo declino delle foreste in molte parti del mondo, tra cui le Americhe,
ha effetti negativi sul clima di tutto il pianeta, che ha già cominciato a
modificarsi, sconvolgendo l’esistenza della comunità umana e di tutti gli
esseri viventi.
Spetta a
noi, che discutiamo del bene di tutti gli esseri senzienti, dare il nostro
contributo alla tutela dell’ambiente. Dal momento che anch’io ho la mia parte
di responsabilità in materia, e perché le generazioni presenti e future possano
godere dell’ombra rinfrescante degli alberi e dei loro frutti, ho portato
questi semi di alberi da frutto, acquistati con parte del denaro del mio premio
Nobel per la pace. Ho chiesto che venissero distribuiti durante questo grande
raduno in occasione del Kalachakra, raduno nel quale voi rappresentate i cinque
continenti. I semi sono stati messi accanto al mandala per riceverne le
benedizioni. Ci sono germogli di albicocco, nocciolo, papaya, guava e di altri
alberi che potrete coltivare a latitudini diverse.
(Dalai Lama, Salviamo il mondo)
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