martedì 23 aprile 2013
STORIA UNIVERSALE DELL'INFAMIA (14)
Precedente capitolo:
storia universale dell'infamia: brigantaggio, mafia, camorra (13)
Prosegue in:
storia universale dell'infamia: religione, morale, politica (15)
I camorristi, che alla lor volta si dividevano in semplici ed in
proprietarj, eleggevano, fra i più coraggiosi o più prepotenti,
un capo, Masto, Maestro, o Sì....
Questi non poteva prendere gravi provvedimenti senza consul-
tare gli elettori, riuniti in assemblea, che vi discutevano, colla
stessa gravità e correttezza, le più piccole minuzie, come la que-
stione di vita e di morte; assistito da un contabile, 'contarulo', e
da un tesoriere 'capo cariusello', e per ultimo da un segretario,
il meno illetterato de' suoi subordinati, egli doveva indicare i
contrabbandi, regolare le liti, e perciò teneva addosso o in qual-
che ripostiglio sempre tre armi, proporre alle assemblee le puni
zioni, o la grazia, 'alzata di mano', concessa generosamente nel-
le fauste occasioni; ma la parte più importante della sua missio-
ne era di distribuire, ogni domenica la 'camorra' o 'barattolo'.
Così chiamavasi il frutto delle regolari estorsioni sopra i gioca-
tori, sui postriboli, sui rivenditori di cocomeri, di giornali, sui
vetturali, sui mendicanti, e perfino sulle messe; ma più di tutto
sui carcerati, che furono il loro primitivo, e quindi il più usufrut-
tato provento.; appena entrato in prigione, ognun di questi in-
felici doveva pagare il così detto 'olio' per la 'madonna'; paga-
va poi un decimo di ogni suo avere; che più! doveva pagare per
bere, per mangiare, per giocare, per vendere, per comperare,
perfino, per dormire in men rude giaciglio; i più poveri, soprat-
tutto, erano rovinati da costoro; costretti a vendere metà della
loro...
minestra, o le poche vesti che avevano in dosso per poter fare
una fumata o per giocare, se non voleva giocare, vi venivano
obbligati, poiché il giuoco era la principale rendita del camorri-
sta, che guadagnava da ambe le parti.
Il loro codice non era formulato né scritto, ma non perciò era
meno minuziosamente seguito.
Il camorrista non poteva uccidere un collega senza il permes-
so dei capi; mentre, poi, poteva torre di mezzo qualunque al-
tro, in ispecie per vendetta, non solo, senza permesso, ma con
isperanza di avanzamento e di gloria.
Non doveva avere rapporti colla polizia; era condannato a
morte chi tradiva la società, o chi uccideva o rubava senza or-
dine dei capi; o chi violava la moglie di questi; o chi si rifiutava
di uccidere, quando ne avesse ricevuto il comando.
La sentenza era pronunciata, solennemente, previo un dibatti-
mento in famiglia, e si tirava a sorte il picciotto che doveva e-
seguirla.
Qualche volta i prescelti erano due: uno doveva commettere
l'omicidio, e l'altro assumersene la colpa, e quindi subirne le
conseguenze, col che si guadagnava una promozione nella
nobile carriera.
Il camorrista, poi, era il giudice naturale dei popolani, in ispe-
cie al giuoco o nelle risse; egli manteneva l'ordine nei postribo-
li e nelle carceri, proteggendo, ben inteso, chi aveva pagato la
tassa; era, a sua volta, una specie di cassa di risparmio, però
che sulle tasse estorte ai carcerati teneva da parte un fondo di
riserva, che serviva a mantenere in vita il poveretto, quando
era stato spogliato del tutto; non senza giovare, nello stesso
tempo a imbrogliarselo, in maggior soggezione.
Egli era, anche, il sensale del piccolo commercio; era, all'occa-
sione, il miglior poliziotto; dopo aver espilato il venditore all'-
ingrosso, sorvegliava, per suo conto, il rivendugliolo al minuto,
che per suo mezzo, fedelmente, rimetteva al padrone il ricava-
to.
I vecchi camorristi, le vedove loro, ricevevano una pensione
regolare; e così l'ammalato, come il prigioniero, toccavano
la solita quota di bottino, benché non avessero parte nelle
decisioni sociali.
(C. Lombroso)
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