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con Pietro Autier sulle orme del Payer (1) (2) (3)
Prosegue in:
Gli ultimi Velieri (41)
Tra i detriti di forre, aggirando a sinistra la parete di ghiaccio, ci
volgemmo verso la cresta del monte, uscendo così dalla zona dell’ombra, che
fino ad allora era stata così provvidenziale. La cresta era formata da lame di
neve sporgenti e da ampie volte. Seguimmo a lungo in leggera salita le sue
tortuosità mentre a 5000 piedi sotto di noi si scorgeva la valle di Solda, da
dove ci stavano osservando.
La cresta perdeva ora la sua dolcezza. Seguiva una parete di ghiaccio
che saliva bruscamente, la seconda parte difficile. Pinggera scavò qualche
dozzina di gradini; più sopra, si proseguì comodamente. L’aspetto sempre
mutevole dell’Ortles e i suoi impressionanti strapiombi sulla Valle di Solda
catturavano incessantemente la mia attenzione.
Incontrammo un’altra parete ripida, con un’inclinazione di buoni 50°:
per salirla in obliquo furono necessari quindici scalini o gradini. Dopo aver
superato alcune vedrette in leggera pendenza, arrivammo finalmente sul dolce
pendìo della piana superiore dell’Ortles sovrastata dall’ultima struttura alta
circa 150 piedi, un costone di ghiaccio che si erge solitario. Eravamo ad
un’altitudine di 12000 piedi e piantammo nella neve la terza bottiglia di vino
svuotata: dal Passo Tabaretta non avevamo fatto praticamente alcuna sosta ed
avevamo anche bevuto camminando.
Io proposi di scavare dei gradini per salire alla bella Cima Ortles
direttamente lungo la dura parete di ghiaccio, ma Pinggera era per un
aggiramento. Perciò procedemmo ancora per un tratto verso sud fino a
raggiungere il dolce pendìo del fronte meridionale del tetto di ghiaccio.
Questo pendìo dolce si trasforma quasi improvvisamente in un affilata lama di
neve. Si aggiunga che questa lama, proseguendo verso nord, acquista una certa
pendenza, anche se minima, che essa sporge talvolta sulla sinistra, che
inizialmente è larga 1 piede e mezzo e poi solo un piede, che sulla destra, a
4000 piedi di profondità, si scorge la Vedretta di Solda verso le cui
profondità strapiombano, a poca distanza dai nostri piedi, pareti e lingue di
ghiaccio impressionanti, e si avrà la misura della difficoltà di questo
passaggio, difficoltà che ha già frustrato diversi tentativi di raggiungere la
vetta più alta.
Senza difficoltà arrivammo sulla vetta alle 10, e perciò dopo una marcia
di 7 ore e mezza comprese le soste… Il tempo era splendido e senza nuvole fino
ai confini più lontani, l’atmosfera straordinariamente tersa, tanto che
consentiva di riconoscere in dettaglio i contorni più remoti, limitati solo
dalla rotondità della terra; non si muoveva un filo d’aria, all’ombra il
termometro segnava + 3°R., nulla disturbava il sublime godimento della natura
sulla poderosa torre di ghiaccio.
Iniziai subito a lavorare alla carta; vedevo la regione orientale di
Solda sotto di me come un modello neoplastico; poi annotai la veduta e tracciai
qualche schizzo panoramico. Davanti a noi si estendeva un mondo di montagne;
migliaia di cime selvagge con ogni sfumatura di forme e di toni, catene e
catene allineate e separate in gruppi, coperte da vedrette luccicanti,
infinitamente articolate e spezzate si estendevano tutt’intorrno come onde gigantesche – 300 miglia quadrate
di tutte le immaginabili conformazioni di terreno erano spiegate davanti ai
miei occhi estasiati – da nessuna parte una striscia di terreno pianeggiante
degna di nota, solo monti dopo monti senza fine, territori multiformi senza
demarcazioni di colore politico, differenziati solo dai toni della prospettiva!
Com’è strana la visione di un mondo immobile, senza vita, di una quiete
solenne e la consapevolezza di un isolamento totale! Dal sublime distacco di
una vetta, quasi non ci si ricorda delle attività e degli affanni là sotto, del
loro intenso coinvolgimento nell’amore e nell’odio, della loro destrezza nel
fingere e nel nascondere; a noi quassù queste cose non dicono nulla, noi
vediamo solo il teatro del loro agire e, per qualche attimo distanti dalla
profana quotidianità, sorridiamo filosoficamente sulla microcosmicità della
loro esistenza.
(L'esplorazione alpinistica dell'Ortles Cevedale)
(L'esplorazione alpinistica dell'Ortles Cevedale)
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