martedì 1 aprile 2014
CON 'SATANA' SULLE TORRI (10)
Precedente capitolo:
Con 'Satana' sulle torri (9)
Prosegue in:
Le bestemmie di Piaz (12/11)
Forse quest'improvviso risorgere della coscienza di ativiche
facoltà istintive è una delle rivelazioni più profonde e più gra-
te che di noi stessi dia a noi la selvaggia contesa col monte,
ed ogni volta ci è cagione di sorpresa e quasi di turbamento,
come se un essere nuovo ed ignoto sia apparso in noi ed ab-
bia per quel tempo soverchiato l'altro individuo, quello pieno
di debolezze e di orgoglio che è solito vestire le nostre spo-
glie nella consueta vita cittadina.
Si direbbe che quest'uomo moderno, civile, sazio di artifici
e di agi, risalendo ai monti primitivi, ritrovi fra le caverne in-
tatto e vivo il fratello preistorico, il fanciullo semplice e rozzo
dal piede sicuro e dall'occhio avvezzo agli orizzonti, e goda
nel riconoscere il superstite delle prime lotte oscure della sua
famiglia con la natura indomita, ed a lui si afferri e si lasci con-
durre, a traverso le terribile visioni di un paesaggio primordia-
le, a rinnovare per un giorno l'antica guerra che temprò l'infan-
zia del genere umano.
Il mio spirito si ridestava lentamente, tutto commosso ancora
del recentissimo sogno, stupefatto di ciò che la propria mate-
ria vigile e generosa, aveva saputo compiere mentre esso dor-
miva, ed un'insolita tenerezza lo prendeva per questa sua vec-
chia oscura compagna che si fa viva nell'attimo del bisogno e
che oggi lo aveva condotto ancora una volta alle belle follie
del pericolo....
E, come per l'affluire di un nuovo sangue ricco e puro, si sen-
tiva più alacre, più sicuro del proprio possesso, pieno di una
trepida gioia quasi fosse in sul punto di scoprire il segreto del-
la vita, di afferrare i vincoli invisibili che la uniscono alla gran-
de vita della natura...
Non so se fosse febbre di fatica od ebbrezza di vittoria, esal-
tazione della ragione o soddisfazione dell'istinto - forse era
tutto questo insieme - io non dubitava punto in quegli istanti
che le rupi immote fossero vissute per me come io per esse,
ché le avevo vedute muoversi, minacciare e deridere, sentite
ribellarsi alle mie strette e chinare la fronte sotto il mio piede.
Ardevo sulle mie membra le graffiature delle scheggie, le fe-
rite delle percosse e degli amplessi crudeli: erano i doni delle
fanciulle di Vajolet; un forte sapore, come di sale, mi era rima-
sto sulle labbra nel frequente aspirare la polvere sottile delle
rupi: era il profumo dei loro baci; mi martelleva alle orecchie
ed entro il cervello un tintinnio insistente; lo seguivo nel silen-
zio e sorprendevo una musica bizzarra, a tocchi, a scatti, una
scala di suoni crescente e decrescente con vece rapidissima,
un incalzare di note ora sottili come un filo ora violenti come
un colpo di mazza, una fuga vertiginosa senza capo né chiusa,
incominciata e cessata di botto, con tre sole pause larghe e
sublimi: era il coro delle tre pazze sorelle che mi ricantava la
canzone della danza ed il mio cuore batteva la misura...
Sognavo ancora ma già comprendevo il significato del sogno....
(G. Rey, Alpinismo acrobatico)
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