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Intermezzi bellici... (28)
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Alla ricerca del 'Monte Analogo' (30) (31) (32) (l'arte e lo spirito che
l'accompagna... non conoscono i confini della...)
… Alle sette eravamo stipati in quattro in uno di quegli stretti
carretti sui quali si posano di traverso due panche, e che perciò prendono il
pomposo titolo di ‘char-à-bancs’, e in due in una di quelle piccole vetture
svizzere che si muovono di traverso come i granchi. Per mia disgrazia mi ero
accomodato sul ‘char-à-bancs’.
Non avevamo fatto dieci passi che, considerato il modo con cui
conduceva il cavallo, feci al nostro cocchiere queste osservazioni: ‘CARO IL
MIO GIOVANOTTO, SIETE FORSE UBRIACO?’.
‘SI, MA NIENTE PAURA, SIGNORE!’.
Le cose andarono a meraviglia finché fummo in pianura, e non facemmo
altro che ridere delle leggere curve che descrivevano cavallo e vettura; ma,
dopo aver sorpassato Martigny le Bourg e Sembranchier, quando incominciammo ad
entrare nella valle d’Entremont, e vedemmo la strada arrampicarsi sul fianco
della montagna, quella strada stretta, strada tipica delle Alpi, se mai ve ne
furono, col suo pendio ripido come un muro da un lato e il precipizio
dall’altro, le nostre risa si fecero meno accentuate, benché le curve fossero
ugualmente frequenti; e in modo più energico gli facemmo questa seconda
osservazione. ‘Ma, sacr… ci rovesciate!’.
Frustò a sangue il cavallo, e ci rispose con la sua locuzione favorita:
‘NIENTE PAURA, SIGNORE’. Solo che aggiunse, senza dubbio come incoraggiamento:
‘NAPOLEONE E’ PASSATO PER DI QUA’.
‘E’ una verità storica che non intendo contestarvi; ma Napoleone
cavalcava un mulo, e la sua guida non era ubriaca’. ‘Un mulo’ Si vede che ve ne
intendete! Era una mula…’.
Ripartimmo come il vento; la guida continuò a parlare con la testa
voltata dalla nostra parte, senza degnarsi di dare un’occhiata alla strada.
‘Sì, su una mula; tant’è vero che è stato Martin Grosseiller di Sant-Pierre a
condurlo, e che ciò ha fatto la sua fortuna’.
‘Cocchiere!’.
‘Mai paura; e che il primo console gli ha mandato a Parigi una casa e
quattro iugeri di terra…’.
‘Hooooooh! Haoh!’.
La ruota del carro rasentava in modo tale il precipizio, che Lamark e
de Sussy – i quali si trovavano dalla parte della panca la cui estremità
sporgeva dal bordo della vettura – erano letteralmente sospesi su un abisso di
1500 piedi. Ciò rendeva lo scherzo di pessimo gusto…
Saltai sulla strada a costo di fracassarmi le gambe nelle ruote, e
fermai il cavallo prendendolo per la briglia. I nostri compagni che ci
seguivano nella seconda vettura, e che non capivano nulla di quanto ci stava
succedendo dal principio del Viaggio, credendoci perduti, avevano gettato il
grido che avevamo inteso.
‘NIENTE PAURA, NAPOLEONE E’ PASSATO PER DI QUA, NENTE PAURA!’.
Ogni parola di questo eterno ritornello era accompagnato da uno
scroscio di frustate, di cui una parte piombava sul cavallo, l’altra su di me;
l’animale furioso si impennò rinculando e la vettura si trovò di nuovo sospesa
sullo spaventoso precipizio. Il momento era critico: i miei compagni di vettura
lo potevano giudicare meglio di chiunque altro: presero perciò una risoluzione
violenta ed istintiva; l’auriga, afferrato alla vita, fu sollevato di peso dal
suo posto e scaraventato sulla strada, dove cadde penosamente, impacciato come
Ippolito dalle redini che non aveva abbandonato.
Il cavallo, che era molto pacifico di temperamento, si calmò subito;
essi ne approfittarono per saltare a terra, e così ci trovammo tutti – ad
eccezione del maledetto cocchiere – sani e salvi sulle nostre gambe in mezzo
alla strada….
Alle due desinammo a Liddes, dove, com’era stabilito, avremmo dovuto
cambiare cavallo e guidatore: eravamo troppo interessati alla scrupolosa
osservanza di questa clausola perché non dessimo ogni nostra più attenta
sollecitudine alla sua esecuzione. Fatto il cambiamento, riprendemmo la strada,
completamente tranquillizzati dall’onesta andatura del nostro quadrupede e
dall’aspetto del suo padrone, che, fra parentesi, era il NOTAIO del luogo. E
così arrivammo senza incidenti a Saint-Pierre, dove finisce la strada
carrozzabile.
Fu nei dintorni di questa borgata che l’armata francese fece l’ultima
sosta quando valicò il Gran San Bernardo, al di là del quale l’attendevano i
campi di Marengo. La gente del paese ci indicò vari appostamenti delle
fanterie, della cavalleria e dell’artiglieria, ci spiegò come i cannoni,
smontati dai loro affusti, erano stati assicurati dentro tronchi di abete
scavati e portati a braccia da uomini che si davano il cambio ogni cento passi.
Alcuni di quei montanari avevano visto svolgere quell’opera da giganti
e si vantavano con orgoglio, di avervi preso parte; si ricordavano la figura
del Primo Console, il colore del suo vestito, perfino alcune brevi frasi (come
piccoli messaggini…) insignificanti che aveva lasciato cadere in loro presenza…
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