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Gente di passaggio (mentre 'rimavo la vita' con il mio amico....) (104)
Conosce le ‘gesta’ del più moderno ‘cavaliere…’ che stranamente per
codesta mancata Rima, ma seria Storia Antica, si è alleato con il peggior
nemico della sua strana ’Fedina’, e qui l’intento del vero custode della
Memoria, Trovatore di codesta breve Prosa, deve accendere e cantare la dubbia
morale di codesti nuovi scudieri paggi e cavalieri, non certo onesti amministratori
della Pubblica Cosa, non certo civili custodi della Democrazia….) e scarsa era
stata la partecipazione alle ‘Crociate’ (di codesto aspetto, qui alla Fortezza Bastiani ne siamo più che certi, ne siamo più che onesti e nuovi interpreti,
perché ‘lo traffico’ dell’arme rende bene a questi nobili e nuovi cavalieri; lo
‘sterco’ della banca del fido scudiero accompagnato alla loggia del ‘cavaliero’
rende bene alla cassa del loro governo, così che li ‘boschi’ delle loro ‘parole’,
non certo degne poesie, diventano caccia del ‘trovatore’ diletto, che a scuola
a lasciato il suo fido pargoletto…, ed il vero ‘trovatore’ hanno così sacrificato
al banco della classe, in codesto scuola, ‘stil nuovo’ della STORIA…).
Ma sulla fine del Millecento, il grande slancio mistico e conquistatore
che aveva ispirato le avventure in Terrasanta anche in Francia si esaurì. E
nelle Corti dei Signori che tuttora si dividevano il Paese, venne di moda una
nuova poesia ironica, leggera, anticlericale e antipolitica…
I suoi più alti padroni furono il conte Guglielmo di Poitiers e di
Aquitania che, andato a Gerusalemme per difendervi la Fede, ce l’aveva perduta,
e sua figlia Leonora, destinata a divenire due volte regina: prima di Francia e
poi d’Inghilterra. Furono due spregiudicati e impenitenti libertini, che misero
nel piacere dei sensi e dell’intelletto lo stesso impegno che i loro
predecessori avevano messo nelle guerre e nello zelo religioso.
Si chiamò ‘gai saber’, o ‘gaia scienza’, questa nuova poesia (ma non
dobbiamo farci ingannare da facili errori…: la scienza positivistica aveva
ancora secoli di fronte a se per manifestare il suo ‘pensiero’). E ‘trovatori’ furon detti
i suoi bardi, che naturalmente riecheggiavano i gusti e la mentalità dei loro
protettori. A quei tempi i poeti non potevano contare sui ‘diritti d’autore’
(certo ancor oggi, per gli stessi bardi perseguitati, la cosa non è per nulla
mutata…).
Dovevano farsi mantenere da qualche potente (oppure scegliere
l’esilio, prassi ben conosciuta in suolo di italica memoria..), secondandone le
propensioni (certo in codesta ‘povera sede’ si parla di poeti, trovatori,
novelli scienziati, non certo di ‘bottegai’…, o altri nobili, se pur sempre
servitori delle esigenze altrui; certo servitori non dello ‘intelletto’ detto ‘corretto’…,
quello lo servono a letto del loro padrone, ‘nobile de panza e di fiera…
sostanza, altri discorsi so’ monnezza che avanza…’; scusate la rima, son più
trovatore di prima, io che nell’albergo non pozzo desinare e neppure vegliare
al lume del sapere del nuovo digiuno, perché il libro ho preferito ad un
tartufo ben saporito e la notte fu’ bianca più di prima che Iddio ci assista…
& benedica; ed il frutto saporito abbiam preferito donarlo al…, che ben ne
conosce il sapore ed al suo cane, anche lui, che Dio lo benedica, Trovatore
della VERA RIMA!).
In compenso avevano vita facile a Corte, godevano le simpatie e spesso
le grazie delle gentildonne e, a furia di mescolarsi coi gentiluomini si
consideravano tali anch’essi, si vestivano come loro con sontuosi mantelli
ricamati d’oro e orlati di pelliccia, e partecipavano a cacce e tornei (questa
fu’ la Storia, che Dio ci renda vera Memoria, la realtà come sopra espressa, è
certo diversa, il Tempo si è fermato ad una strana ‘boa’ nel mare di questa
difficile geologia, forse geografia, forse alchimia della vita, perché tentammo
anche di spiegare la vita, ma come detto non fu cosa gradita, a chi la Terra
vede più piatta di pria, a chi l’orologio carica ogni mattina, ma il Tempo è
solo un inganno della Storia, cui il servo rende la giusta gloria, ed al polso ostenta un Rolex araldo del progresso,
che corre pur stando ben fermo, che scalcia avanza precipita nella sua STRANA GEOGRAFIA…, per D…
di nuovo la Rima).
Le loro poesie, oltre alla musica che sovente componevano, erano di
diversi generi. D’amore, era la ‘canzone’; di filosofia o di moralità, la
‘tenzone’. Il ‘sirventese’ era un canto di guerra; il ‘pianto’, di dolore o di
morte. La ‘ballata’ era un racconto col ‘fatto’; la ‘serenata’ un omaggio
serale; la ‘pastorella’ un dialogo. Quanto alla metrica, il colmo della bravura
era rappresentato dalla ‘sestina’, complicata sequenza di ‘sei’ stanze (ove il
moderno.. alberga al nero dell’affitto per la causa dello nobile suo padrone..),
inventata da un Arnaldo Daniello, che Dante ammirò molto e studiò attentamente…
(donde scrive lo povero Pietro, trovatore della misera casa degli Autier, le
canzoni, ballate, pastorelle e stanze son ben diversa cosa, ma almeno
conosciamo l’inganno della vita, nell’abile alchimia del commercialista di
codesta immonda vita…, per D… una nuova rima, che il Trovatore non ce la
tolga…., son tutti suoi i diritti di codesta umile e povera Storia ne faccia
tesoro fra lo sterco della sua ‘nobile parola’).
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