giuliano

mercoledì 3 agosto 2016

CURARE IL MONDO (11)




































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...Carteggio depositato nel terzo libro del Tesoro della vita humana, indirizzata al collega Giovantomaso Lamberto da Cingoli abitante a Cortona nella quale, scherzando sopra l’inafferabilità e l’invisibilità degli umori, deplora chi, fra i medici, crede ancora a ‘certe opinioni di quelle del tempo antico’, in un pervicace attaccamento ai quattro inafferrabili, fantomatici agenti responsabili dell’equilibrio e del temperamento della macchina umana. Teorie dogmatiche ‘difficili da intendere e dubbiose da credere’, conclamate verità mai provate o sperimentate, supinamente seguite da eserciti di dottori addormentati in una cultura libresca non verificata sul reale quanto sfrenati e liberi da ogni buona disciplina nella vita privata:

ma che maggior cosa volete che vi dica, che non si trova gente al mondo che creda manco alla medicina quanto facciamo noi altri medici e nelle città non vi sono uomini più sregolati quanto siamo noi, perché le cose che noi proibimo a gl’infermi le mangiamo noi senza paura. Questo che io dico a voi è la verità, ma nol dirla ad altri, e tutto questo vi dico perché mi scrivete se il dia aromatico, la quinta essenza, il balsamo, il rimedio delle gotte, i medicamenti delle ferite sono convenienti in tutte le complessioni: perché uno è colerico, l’altro flemmatico, uno sanguigno e l’altro melanconico e va discorrendo, cose che come vi ho detto son tutte fandonie e burle, ma la verità sta nel fatto.

Ancora più decisamente e seccamente interviene in una pagina de La cirugia (1570) nella quale anche la qualità e i gradi delle erbe vengono demoliti come privi di fondamento. In questo processo di revisione, anzi di smantellamento dell’antica cultura, Fioravanti manifesta nel modo più clamoroso e spregiudicato lo spirito di rottura con i dogmi scientifici del suo tempo accettati incondizionatamente dai grandi ‘fisici’ contemporanei di formazione accademica. …Partendo da un’analisi della privatizzazione e occultamento della conoscenza delle proprietà delle erbe medicinali da parte di una casta di medici avidi di potere (l’analisi è perfettamente speculare a quella sull’invenzione della stampa che ruppe antichi privilegi rendendo accessibile a tutti la lettura prima di Gutenberg riservata a ristretti gruppi di 




privilegiati in gradi di comprare costosissimi codici e manoscritti), egli scrivendo il capitolo 48 del primo libro La cirugia ricostruisce il processo di progressiva separazione e appropriazione unilaterale dei saperi medico-botanici che ‘l’Onnipotente aveva ab initio concesso al mondo a commune beneficio de tutti gli umani viventi’, distacco incominciato quando, con l’uso della scrittura e dell’astrusa ‘teorica’, gli antichi sofi padroni dell’alfabeto aveva reso oscure e incomprensibili le cose di natura. Costoro ‘scrivendo con parole, volevano occultare la medicina (della Natura) e farsene loro ministri e che gli altri non solamente (non) se ne servissero ma che avessero paura di quella’.
Rimetteva perciò in discussione la superiorità della scrittura sull’oralità e individuava nell’alfabetizzazione specialistica dei gruppi di potere, riservata alla classe degli scribi e dei sacerdoti separata dalla cultura del popolo, lo strumento per sottomettere e dominare le masse incolte e illetterate, dando così inizio alla formazione di gruppi elitari, caste di potere solitario e incontrollato (tramandato sino ai giorni nostri) che nel XVI secolo, per gli uomini della sua professione, si identificavano coi togati esponenti del Collegio dei medici persecutore di liberi e non allineati ricercatori!

E così come quelli tali fecero presupposto di occultarla col voler mettere i nomi all’erbe e alle piante e con volerle graduare dicendo quale era calida e frigida nel primo, nel secondo, nel terzo e nel quarto grado; e come elle si dovevano operare e come si dovevano raccogliere e preparare e quali erano buone e quali cattive: e in somma, non volevano che altri che loro ne avesse cognizione… E di più volsero dividere i corpi umani in tante parti, dividendoli in quattro complessioni governate da quattro umori e infinite altre materie da ridere… Se leggiamo i libri loro, trovaremo che hanno assignato i gradi a tutte le erbe, come ho detto di sopra, come se fossero a peso, che una pesasse un’oncia, l’altra due, l’altra tre e l’altra quattro, il che lo lascierò giudicare al mondo. Trovaremo ancora che hanno scritto ne i corpi umani esser flemma, colera, malinconia, flavabile, pituita, spiriti vitali e altre cose. E io ancor, per dire il vero, sono stato un grandissimo tempo in questa cecità, ma di poi che la somma bontà di Dio, mi ha illuminato il cuore e dato cognizione della verità, ho cominciato a considerare sopra di ciò. E quando ho visto fare la notomia, non ho mai visto che abbino mostrato flemma, né colera, né malinconia, né flavabile, né pituita, né spiriti vitali, ma sì bene hanno mostrato la lingua, il canarozzo, il polmone, il cuore, il fegato, la milza, il ventriculo, la diafragma, le budella, i rognoni, la vesica, le songie, i nervi, le vene, i tendoni, la carne, la pelle e l’ossa, ma non già mai quelle cose sopradette. Come dunque potiamo noi prestar fede a quelle cose che sono così occulte, che non si possono trovare? Questo veramente fa dubitare a molti che elle non vi sieno. Non so dunque con che ragione si possono provare cose che non sono in natura, e quello che è peggio di tutto, volerle medicare…




L’abiura nei confronti dei venerati testi, la personale confessione d’avere per troppi anni, prima dell’illuminazione divina, prestato fede a teorie incontrollate, creduto a teoriche fondate sul nulla, a favole antiche cervellotiche e risibili, la netta dissociazione da idola consacrati sono una prova di grande onestà intellettuale, di riaffermata libertà di ricerca e di sperimentazione oltre che un’autocritica coraggiosa che invano si cercherebbe nei più illustri trattatisti del suo e dei secoli seguenti….


(P. Camporesi, Camminare il mondo)