giuliano

lunedì 27 maggio 2013

IL PRINCIPE AL SANT' ELIA (2)














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il Principe al Sant'Elia












...Nel pomeriggio del giorno stesso alle tre partirono per San
Francisco le guide con parte delle casse.
Da Boston era venuto incontro al Principe il prof. Fay che,
gentilmente, offriva alla spedizione la più larga assistenza,
occupandosene con molta sollecitudine.
Sapemmo da lui che il signor Bryant era partito per l'Alaska
un paio di settimane prima del nostro arrivo.  Ci fermammo
a New York un giorno solo, e la mattina del 30 maggio il tre-
no diretto della 'Pennsylvania Co.' ci trasportava rapidamente
verso Chicago e San Francisco.




Il treno attraversava villaggi e città a tutto vapore, in mezzo
alle case, quasi sempre senza ripari, suonando a distesa una
campana d'avviso.
Di giorno e di notte se ne sente il suono caratteristico quan-
do si passa per luoghi abitati o si entra nelle stazioni. La cam-
pagna, dapprima piana, povera di alberi e coltivata a cereali,
diventa presto accidentata, con numerosi cottages, fresche
casette all'ombra di macchie d'alberi; poi addirittura monta-
gnosa, con grandi valli a declivii poco ripidi coperti di foreste.




Passammo senza accorgecene da uno Stato dell'Unione all'al-
tro, e la mattina del 31 ci trovammo a Chicago, dove il cam-
biamento di treno ci diede qualche ora per visitare i famosi
macelli negli 'Stock Yards', vera ecatombe di bestiame, e per
assistere alla grande sfilata militare che ha luogo ogni anno
nel giorno anniversario della guerra di secessione.
La sera si ripartiva per svegliarci il 1° giugno presso la riden-
te Omaha, sulle rive del Missouri, che scorre maestoso fra
ricche praterie cosparse di gruppi d'alberi, animate da nume-
rosi armenti.




Presto si comincia a salire grdatamente verso le Montagne
Rocciose. L'erba va facendosi più rada, finché la prateria è
sostituita da una immensa distesa ondulata di sabbia gialla-
stra, coperta da macchie di bassi cespugli spinosi.
Si sale per una serie di terrazze a pendìo dolce, terminate
verso la pianure da bastioni a picco, coi margini frastagliati
pei solchi che v'hanno scavato le pioggie.
Quella sera e la mattina dopo fece fresco, anzi cadde un po'
di nevischio sulla cima del colle, a 2512 metri sul mare. Ma
valicata la catena trovammo di nuovo il caldo.




A San Francisco riprendemmo il lavoro di preparazione.
Bisognava provvedere al vettogliamento della carovana se-
condo i piani che S.A.R. ci aveva minutamente esposto, fis-
sandone tutti i particolari, durante il viaggio in ferrovia.
Presto il salotto del Principe fu riempito di campioni di gal-
lette, di carne in scatola, di minestre e vegetali conservati,
latte condensato, cioccolata, ecc.
Si gustava tutto, scegliendo le cose che pareva dovessero
stancare meno nella monotonia di vitto che ci attendeva.
Poi, riunita ogni cosa, lavorammo col Principe un giorno
intero fino a tarda ora, per formare 50 razioni, ognuna del-
le quali doveva contenere tutto quello che era necessario
a dieci uomini per un giorno.......
(Filippo de Filippi, La Spedizione di S.A.R. il duca degli
Abruzzi al monte Sant'Elia)













sabato 25 maggio 2013

KNUD RASMUSSEN (2)







































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Knud Rasmussen












Il 5 maggio, di primo mattino, entriamo in Alaska.
La costa è la stessa che abbiamo seguito da quando abbiamo at-
traversato il Mackenzie. La piatta costa bassa si ondula monotona
verso l'interno e i monti, avvolti in una nuvola di tormenta.
Ci fermiamo un istante accanto ai pali alti come un uomo che se-
gnano il confine.
Canada, c'è scritto dalla parte verso est, United States of America
dalla parte opposta. Il confine ufficiale, montato su pali che a brevi
intervalli si susseguono per migliaia di chilometri su pianure, mon-
tagne e fiumi, fa un singolare effetto in queste piane innevate dove
non si scorge un solo segno di vita umana.
Solo un passo dai pali del Canada e si è in Alaska.




Ora tocca a Point Barrow e agli eschimesi d'Alaska, per 800 chilo-
metri dobbiamo seguire la costa desertica della terraferma prima
di poter fare una nuova sosta.
Abbiamo un terreno eccellente. Fuori dalla linea di costa della ter-
ra ferma ci sono gli stretti banchi di sabbia che formano delle lagu-
ne delle quali seguiamo il ghiaccio regolare.
Come un muro verso i cordoni di sabbia ci sono le lastre di ghiac-
cio stravolte dell'Oceano Artico, accavallate nel caos, e la sensa-
zione di barare superando gli ostacoli da dietro ci dà una gioia
doppia.




I cani si mettono al loro abituale trotto, ormai capita di rado che
passino alla vivace galoppata, ma in compenso è un trotto serra-
to, e se veniamo affiancati da slitte estranee vediamo spesso le
loro mute galoppare col fiatone per stare al passo.
La primavera incombe.
Quando montiamo l'accampamento sulle rive delle lagune veniamo
 circondati da uccellini che cantano. La verde tenuta estiva della
tundra sta spuntando fra i cumuli di neve, e quando la luce del so-
le cade dritta sulle imponenti Endicott Mountains, che fanno da
sfondo alla pianura per tutto il tragitto verso sud, scintallano ru-
scelli privi di neve e i pendii dei monti bruciati dal sole.
Gli eschimesi sono sparsi in piccoli accampamenti su tutta que-
sta costa, e incontriamo anche singoli uomini bianchi, danesi,
svedesi, alcuni con piccole golette, altri a mani nude su slitte
cariche di trappole da volpe.




L'intervallo fra gli insediamenti è determinato dalle possibilità
di cacciare animali da pelliccia. Ma quando termina 'the trap-
ping season', alla fine del mese di marzo, le renne e le pecore
 di montagna scendono dai monti, e così cominciano nuove
battute di caccia con gli accampamenti fin sotto le catene mon-
tuose.
La battute durano finché il ghiaccio non è pieno di foche addor-
mentate, e allora si scende di nuovo sulla costa per procurar-
si il cibo e il grasso per i cani, per la caccia alla volpe dell'in-
verno successivo.
Questo periodo è appena iniziato.
Ovunque andiamo incontriamo qualcuno, e se abbiamo fretta
e il terreno è pesante, non hanno mai paura di darci una mano
per qualche giorno.




Incontriamo anche singoli pastori di renne che cercano di te-
nere le loro bestie nelle miti vallate mentre le femmine parto-
riscono.
Il 25 maggio percorriamo la solida pista per le slitte fino all'-
insediamento più settentrionale d'America, Point Barrow, e
per la prima volta da quanto abbiamo lasciato Godthab, nel
1921, ci troviamo in un agglomerato umano.
Il nostro arrivo dall'estremo est desta il massimo interesse
fra la popolazione. Tutti hanno abbastanza conoscenze scola-
stiche da essere in grado di valutare approssimativamente le
distanze che abbiamo percorso, e la curiosità che suscitiamo
ha come risultato che il giorno dopo l'arrivo tengo subito, nel-
la scuola una  grande conferenza sulla Groenlandia e su tutti
gli altri paese che abbiamo attraversato.




Il mio dialetto groenlandese viene compreso senza difficoltà,
e questo mi fa ben sperare per il periodo che trascorrerò nel-
l'Alaska più settentrionale.
Qui vivono circa 250 indigeni e alcuni uomini bianchi.
Ci sono grandi negozi con empori e magazzini, ma ciò che
più ci salta agli occhi sono la scuola, l'ospedale e la chiesa.
E' la prima scuola che vediamo in tre anni, un edificio chia-
ro e festoso in cui il lavoro è diretto da un giovane olande-
se di nome Peter van der Sterre, che ci accoglie con grande
ospitalità.
Siamo nel mezzo del periodo più interessante della stagione
di caccia alla balena. A solo pochi chilometri dalla costa c'è
il mare aperto che culla le lastre di ghiaccio; gli uccelli mari-
ni si sono riuniti in fitte schiere e le loro strida arrivano fino
 a terra.




Quasi tutti gli uomini vivono sui bordi del ghiaccio, in vario-
pinti accampamenti di caccia, e a casa ci sono solo le donne
e i bambini.
C'è tensione in tutti i loro e sembra che non si dorma mai.
Quando noi stessi, alle quattro del mattino, andiamo a let-
to e apriamo le finestre, sentiamo ovunque un chiacchieric-
cio di donne, bambini che gridano e cani ululanti.
Ma tutti i più alti pendii argillosi occupati da attente vedet-
te che aspettano l'istante in cui con un assordante ruggito
potranno annunciare agli insonni nottambuli che una balena
è stata arpionata.
La nostra conoscenza dell'Alaska non risale molto indietro
nel tempo. Fu scoperta nel 1741 dal danese Vitus Bering,
il quale guidò - al servizio della Russia - la famosa spedi-
zione attraverso quello stretto che ora porta il suo nome.
Sarebbero però passati molti anni prima di avere una mi-
gliore conoscenza del paese.




Qui era come più a est: le spedizioni per il Passaggio di
Nordovest erano state l'occasione per lo studio più appro-
fondito delle coste. Nell'anno 1826 Point Barrow fu visitato
per la prima volta da una spedizione inglese sotto la guida
del luogotenente Beechy, che dal Pacifico doveva naviga-
re a nord del paese per incontrare John Franklin che pro-
veniva dal Mackenzie River. Ma Beechy si imbatté in una
popolazione indigena così numerosa e in così tanti uomini
armati che considerò poco saggio scendere a terra.
Non riuscì a passare Point Barrow, ma la conoscenza del-
la costa settentrionale dell'Alaska fornita al mondo dal suo
viaggio aprì la porta ad altri.




Nel primo periodo fu la Russia a governare il paese.
Con le migliori intenzioni furono create delle stazioni missio-
narie intorno alla foce dello Yucon, ma era l'epoca in cui la
situazione era influenzata più dai mercanti privi di scrupo-
li che dai missionari, e fiumi di vodka invasero il paese.
Di rado si avviavano scambi commerciali prima di aver fatto
ubriacare i clienti. Allo stesso tempo lungo le coste arrivaro-
no grandi flotte di baleniere, che prendevano con sé molte
famiglie eschimesi come manovali e nostromi.
Per lungo tempo la popolazione sembrò condannata a morte;
degenerava e si demoralizzava, poiché gli uomini bianchi
non avevano solo introdotto l'acqua di fuoco, ma anche pe-
ricolose malattie contagiose.




Sconsiderate battute di caccia spingevano le renne lontano
dall'interno del paese, e anche la caccia agli animali marini,
che era sempre stata l'attività principale, sembrava per mol-
ti versi minacciata.
Tutte le tribù indipendenti regredivano, morte e distruzione
sembravano inevitabili. Poi accadde che nell'anno 1867
gli Stati Uniti acquistarono l'Alaska dalla Russia al prezzo
di 7.200.000 $, sicuramente il miglior affare che avesse
fatto un americano!
Così si annunciarono tempi nuovi, anche se ci vollero mol-
ti anni prima che gli americani facessero qualcosa di razio-
nale del loro grande acquisto.
Una nuova epoca nella vita degli eschimesi comincia solo
quando il 'Bureau of Education', nell'anno 1890, affronta
l'opera. Primo fra tutti quelli che allora si gettarono nel
fuoco per il futuro degli eschimesi va citato il dottor Shel-
don Jackson.




L'inglese divenne subito una lingua scolastica e tutte le e-
nergie vennero destinate a trasformare gli eschimesi in a-
mericani. Come risultato di un insegnamento bene organiz-
zato, prevalentemente con insegnanti americani, si vede
ora, dopo 36 anni, che un popolo morente, distrutto e
maltrattato, è stato trasformato in un gruppo di persone
laboriose, ambiziose e indipendenti.
Va detto anche di un'altra forma di educazione ebbe la sua
importanza: la creazione delle cosiddette attività commer-
ciali cooperative, o associazioni di consumatori.
All'inizio la popolazione ha contribuito direttamente, ma
non è stato possibile realizzare tutto questo senza sussi-
dio statale, e le navi governative che ispezionarono il
sistema scolastico e quello medico trasportarono qui le
merci a un costo che copre appena le spese.
(Knud Rasmussen, Il grande viaggio in slitta)











martedì 21 maggio 2013

ALCATRAZ ISLAND (6)







































Precedenti capitoli:

Alcatraz Island (5) &

Alcatraz Island (4)

Prosegue in:

l'uomo peloso &

l'omicidio (7)













Kitty trovò lavoro in un cabaret; e cercava di incoraggiare il suo amante poco
socievole, che si adattava per lunghe ore della sera con gli altri che si indebi-
tavano, bevevano e ballavano.
Al bar Montana, Carletto Dahmer faceva quattrini, ma per perderli a roulette
e a faraone. Quando si incontrò con Stroud lo invitò a visitare la villetta, che
Carletto aveva in condominio con Nels.






















- Bring Kitty, Berto,
gli disse Carletto,
- la birra la pagherò io.
Quando Berto parlò a Kitty dell'invito, essa esitò.
- Vieni,
osservò Berto,
- Carletto mi deve dei dollari, che io non avrò mai.
Kitty teneva tra le dita il medaglione d'oro che le pendeva dal collo.
- Carletto deve a tutti, io compresa; non è questo.




























Rise e passò il suo braccio intorno a lui.
- Bene; quello che è passato è passato, ma devi stare in guardia Carletto.
- Non ho paura di lui, ed è di buona compagnia.
Kitty non volle informarlo che l'interesse di Carletto era tutt'altro che ca-
meratismo. Carletto le offrì denaro per motivi che andavano oltre la loro
amicizia.
Il loro primo incontro fu festoso. Con il morale abbattuto di uno che è lon-
tano da casa nel giorno festivo, Stroud non notò nulla di insolito nel conte-
gno di Carletto. Tutti brindarono alla salute di Kitty e Carletto aumentò i
sospetti fissandola, ma in questa maniera Nels se la cavò.
Si lasciarono amici, mentre Carletto insisteva che presto la circostanza
si ripetesse. Il 18 gennaio 909 si incontrarono di nuovo.























Carletto pensò alla birra, presa al bar Montana. Sebbene stesse per im-
brunire, Stroud si recò al deposito doganale di Juneau. Un suo amico ma-
rinaio gli aveva promesso del pesce da aggiungere alla lista delle vivande
di quella sera.
Stroud non sapeva che Nels, il condomino di Carletto, aveva altri piani
che potevano comunicare con lui. In ogni caso Nels se ne andò, lascian-
do sola Kitty con Carletto.
Al suo ritorno con il pesce, Stroud trovò la villetta di Carletto vuota.
Una sedia stava capovolta e la cuccetta di Carletto sconvolta. Imbaraz-
zato Stroud ritornò alla casa, dove lui e Kitty abitavano e vi trovò Kitty
che gemeva sul letto.
I suoi occhi erano velati, il collo solcato da una riga rossa, ed il meda-
glione era scomparso. Stroud le diede una forte bibita di whisky.
- Uccidi l'animale, uccidilo,
ripeteva lamentandosi.....
(T. G. Gaddis, Il morto vivente di Alcatraz)

















domenica 19 maggio 2013

LA GELOSIA (2)






































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La Gelosia (Prima Lettera ai Prigionieri)

Prosegue in:

Devil's Island (4)














La paura che l'Adamo ed Eva, una volta mangiato il frutto dell'Albero della
conoscenza, sarebbero 'diventati come Dio', accese a tal punto la sua gelo-
sia da annebbiargli la ragione, rendendolo incapace di trattare quelle povere
creature con giustizia e pietà, e persino di astenersi dall'accanirsi con la cru-
deltà di un criminale sulle loro innocenti progenie.
A tutt'oggi non si è ancora ripreso da quel trauma.
Da allora è posseduto da una sfrenata ossessione di vendetta e ha quasi
dato fondo alla sua innata abilità di inventare dolori, sofferenze, umiliazioni
e infelicità con i quali avvelenare le brevi esistenze dei discendenti di Adamo.
Pensate alle malattie che ha inventato per loro!
Pensate alle catastrofi per punirli!


























Sono una moltitudine; non esiste libro che le possa enumerarle tutte.
E ciascuna è una trappola tesa per una vittima innocente.
L'essere umano è una macchina.
Una macchina automatica.
E' fatta di migliaia di meccanismi complessi e delicati, che svolgono le loro
funzioni armoniosamente e secondo le leggi deputate al loro governo e sul-
le quali l'uomo non ha autorità, dominio e controllo.
Per ognuno di questi svariati meccanismi il Creatore ha previsto un nemico
il cui compito è molestare, assillare, disturbare, calunniare, perseguitare,
danneggiare, infliggere sofferenze, miseria e, infine, distruzione.
Niente è stato lasciato al caso.
Dalla culla alla tomba questi nemici sono sempre al lavoro.
Non conoscono riposo, né di giorno né di notte.


























Sono un esercito: un esercito ben organizzato e ben equipaggiato. Un eser-
cito che assalta; un esercito vigile, guardingo, assiduo, ingiusto, disonesto,
spietato; un esercito che non concede tregua.
Agisce in squadre, compagnie, battaglioni, reggimenti, brigate, divisioni, cor-
pi d'armata; appena ha l'occasione riunisce i suoi reparti e muove in blocco
sull'umanità, sprigionando tutta la propria forza.
E' il Grande Esercito del Creatore, e lui è il Comandante in capo.
Lungo il fronte di battaglia i suoi raccapriccianti vessilli sventolano al sole
le proprie leggende: Disastro, Malattia e tutto il resto....
Malattia!
Ecco la forza principale, l'arma inesorabile, l'arma devastante!
Attacca il bambino sin dal primo giorno di vita, rifilandogli una piaga dopo
l'altra; poi lo insegue nell'adolescenza e lo rifornisce con le specialità di quel
periodo della vita. Poi insegue il giovane fino alla maturità, di lì fino alla vec-
chiaia e dalla vecchiaia alla morte.





























Ora, chiariti questi fatti, provate a indovinare qual è il principale vezzeggiati-
vo che l'uomo ha rivolto a questo feroce Comandante in capo?
Vi risparmierò la fatica, ma non ridete.
E' il Padre Nostro Celeste!
E' curioso il modo in cui funziona la mente umana.
Il cristiano comincia con la seguente diretta, precisa, inflessibile e ferma pro-
posizione:
'Dio è onnisciente e onnipotente'.
Visto che le cose stanno così, non può accadere nulla che lui non conosca
già; niente può accadere senza il suo (meschino & misero) permesso; niente
può accadere se Lui non vuole che accada.
Questo è abbastanza chiaro, non vi pare?
Il Creatore è chiaramente il solo responsabile di ciò che accade, non credete?
Il cristiano lo riconosce con quella frase in corsivo. Lo riconosce con passione,
con entusiasmo.

























Quindi, dopo aver reso il Creatore il solo responsabile di tutte le sofferenze,
le malattie e le miserie elencate sopra, e che il Creatore avrebbe potuto impe-
dire, il geniale cristiano lo chiama affettuosamente Padre Nostro!
E' proprio così!
Il cristiano attribuisce al Creatore ogni tratto tipico di un demonio e poi arriva
alla conclusione che un demonio e un padre sono la stessa cosa!
Eppure egli negherebbe che un pazzo malvagio e il direttore di una Scuola
domenicale siano essenzialmente identici.
Cosa pensate ora della mente umana?
Voglio dire, nel caso pensiate che esista una mente umana.....

(Samuel Langhorne Clemens, Lettere dalla Terra)
















venerdì 17 maggio 2013

ALCATRAZ ISLAND (4)












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Alcatraz Island (3)

Prosegue in:

Alcatraz Island (5) &

Henri Charrière (2/1)










....La vita di Robbie durante gli anni della formazione del carattere,
sembrava un intreccio di ostilità avvicendata con l'affetto materno.
La famiglia tuttavia si mantenne unita.
Prova di ciò fu la seconda gravidanza di Elisabetta Stroud.




Alla nascita del secondogenito, Marco, Beniamino fu contento.
'Egli mi rassomiglia proprio', andava ripetendo, mentre contempla-
va da vicino il lettuccio del bimbo dal viso tondo e grasso. Guarda-
va il bambino proprio come a buon auspicio e si confermò nella sua
convinzione, perché, precisamente nel 1897, veniva a cessare im-
provvisamente la crisi a Seattle.
Le voci relative ad una ricca miniera scoperta in Alasca appariva-
no come reali individui barbuti, barcollanti sopra il pontile dei pi-
roscafi di Portland, con un sacco di cuoio tra le mani incallite ed
in ogni sacco una piccola fortuna in lingotti.




Allo spargersi in città della notizia, secondo cui un vapore aveva
recato una tonnellata e mezza di oro, e che una maggiore quanti-
tà sarebbe sopraggiunta, Seattle si abbandonò alla frenesia; sem-
brava inoltre divenuta centro di riferimento per Klondiche e l'-
Alasca.




Beniamino rimase per mesi al traffico del carbone, ma l'oro finì
per avere vittoria sul carbone; nel 1898 mise assieme 100.000
Lire, e si precipitò verso Yukon.
Più tardi, Beniamino ritornava a mani vuote, con l'incubo negli
occhi ed una storia di uomini morti, di cavalli gelati e di straor-
dinari ammassi di nuovi rifornimenti che stipavano Chilkoot,
battuti dagli amatori impazziti per la fortuna dal facile passo.




Benché la porta di casa si aprisse a lui con serena accoglienza,
Beniamino Stroud trovò una parete psicologica.
Ai bisogni della famiglia pensava Elisabetta, lavorando all'ago,
in cui era abile ed esperta; quest'arte essa l'aveva imparata, co-
me la maggiore delle sorelle nella dinastica casa del padre suo.
...Raccolta nell'intimità per festeggiare il tredicesimo genetliaco
di Roberto, ad un tratto la famiglia Stroud si vide scissa.
In un violento litigio, Beniamino diffamava la propria vita, sve-
lando la sua relazione con una donna del vicinato.




Elisabetta, furente, lo invitò ad andare a coabitare da lei; ed 
il caparbio Beniamino visse in seguito nel peccato, portando in
quella casa soltanto del denaro, e avendo la gioia della compa-
gnia di Marco.
Nel rapido sviluppo di Seattle il lavoro di Beniamino prospera-
va, ma egli dopo la sua palese rottura con la famiglia, secon-
do la testimonianza di Marco, fu trascinato in una compagnia
scialacquatrice, che si dava al vino smoderatamente.




In breve, dopo questo importante fatto, Roberto scomparve
da casa, dove lasciò un semplice biglietto in cui raccomanda-
va alla madre, che l'amava, di non crucciarsi, perché sarebbe
ritornato presto.
Il giovane Stroud rimase lontano da casa otto mesi. Con una
passione da sbarbatello per la libertà, egli batté le vie della
libera faccia dell'America del 1903.
Si unì ai vagabondi e visse nella giungla, imparò a fare il fac-
chino ed affrontò i pericoli delle frustate sulle sbarre dei vei-
coli da trasporto.




...Dopo un violento alterco con suo padre, nella primavera
del 908, l'antica bramosia per la fuga si ridestò in Roberto,
ed il suo pensiero si rivolse all'Alasca.
Nel maggio del 908, fu informato di un lavoro che poteva
essere un affare. Una squadra di operai per la costruzione
della ferrovia in Alasca veniva reclutata a Seattle. I partico-
lari rimasero segreti; ma era difficile trovare gli uominini...
nonostante il salario fosse buono.
(T. E. Gaddis, Il morto vivente di Alcatraz)














mercoledì 15 maggio 2013

ALCATRAZ ISLAND (2)














Precedente capitolo:

Alcatraz Island

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Alcatraz Island (3)










Egli è forse un pazzo?
L'ufficio del carcere federale dichiara che egli non è uno
psicopatico; e difatti non è trattato da psicopatico.
I detenuti pazzi si trovano al manicomio federale di Spring-
field nel Missouri.
E' forse un violento?
L'ufficio dichiara che egli non ha più commesso nessun at-
to di violenza dal 1920, quando il presidente Woodrow
Wilson gli ha salvato la vita.




Egli si poteva liberare 'su parola' nel 936.
Infatti i condannati a vita sono scarcerati dopo una buona
condotta di dieci o quattordici anni. A Los Angeles un
giudice recentemente dichiarò che negli Stati Uniti ci sono
200.000 persone a piede libero che erano state condanna-
te per omicidio di primo, secondo e terzo grado.
Il prigioniero di Alcatraz, per decadi, osservò condannati
per omicidio andare e venire.




E' pericoloso?
Perfino ad Alcatraz, l'ultimo avamposto del sistema carce-
rario federale, egli è tenuto isolato e solo.
E' molto importante che sia solo...
Fu messo dietro le sbarre tra i delinquenti alienati - gli as-
sassini, i rapinatori, gli incorreggibili - prima ancora di na-
scere, o appena fuori dai pantaloni corti.
Alcatraz era un carcere civile, poi vi furono rinchiusi i gang-
sters (ed anche quelli andavano e venivano, ma il nostro
uomo di Alcatraz e le sue poesie rimanevano...); in seguito
divenne carcere severo, e da anni carcere federale di mas-
sima sicurezza...




Secondo il nipote di un giudice, quest'uomo è probabilmen-
te (unico caso nella storia...) il solo detenuto che sfidò un uf-
ficio governativo e seguì una linea di condotta che lo riguar-
dava personalmente non sottomettendosi agli stessi principi
di coloro che lo avevano recluso....
Quando il nome di quest'uomo appare tra gli uomini che lo
sorvegliano (costantemente...), l'irritazione, l'inquietudine,
l'odio e il disprezzo salgono dal passato avvolti in un lugubre
e sanguinante furore.




Il suo isolamento e la strana vita formano uno dei grandi eni-
gmi della storia delle prigioni di tutto il mondo!
Dopo lunghi cinquant'anni di prolungate e profonde sofferen-
ze, il suo spirito e con lui ciò che lo incarna (i suo volatile pre-
ferito..) si mantiene indomito.
Egli è uno dei viventi morti; numero 594, Alcatraz.

Sua la famosa frase:

Il mio uccello vola libero ed alto nei cieli ...per i vostri diletti....

(T. Gaddis, Il morto vivente di Alcatraz)













lunedì 13 maggio 2013

PARADISE ISLAND (2)















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Paradise Island











Marm aveva anche un debole per le delinquenti ed era amica
e mecenate di famose criminali quali Black Lena Kleinschimi-
dt, Bog Mary, Ellen Clegg, Queen Liz, Little Annie, Old Mother
Hubbard e Kid Glove Rosey, tutte ladruncole, borsaiole e ricat-
tatrici, e di Sophie Lyons, forse la più nota truffatrice che l'-
America abbia mai prodotto e moglie di Ned Lyons, uno scas-
sinatore di banche.




Black Lena guadagnava somme ingentissime grazie a furti e ri-
catti, ma una volta raggiunta la mezza età fu assalita dal desi-
derio di salire la scala sociale e si trasferì a Hackensack, nel
New Jersey, dove si fece passare per la ricca vedova di un in-
gegnere minerario sudamericano.
Organizzò raffinati eventi mondani e suscitò un tale clamore
nella società del New Jersey da diventare nota come la regina
di Hackensack.




Rimase comunque un'abile borsaiola e taccheggiatrice, e ogni
settimana trascorreva un paio di giorni a New York rimpiungan-
do i suoi forzieri.
Fu infine detronizzata quando sfoggiò un anello con smeraldo
che una delle invitate alla sua cena, a cui Black Lena aveva
rubato il marito, riconobbe come quello sottratto dalla sua bor-
setta mentre si trovava a New York per fare spese.
La polizia newyorkese schedò per la prima volta Marm come
presunta ricettatrice nel 1862 e si ritiene che nel ventennio suc-
cessivo lei abbia maneggiato refurtiva per un valore compreso
tra i 5 e 10.000 $.




Parecchie volte, nel corso della sua lunga carriera, provò a ver-
sare un salario fisso ad alcuni suoi clienti, vincolandoli a conse-
gnarle tutto quello che rubava e inducendoli così a esercitare
adeguate doti di industriosità e segacia.
Ma ben presto si convinse della veredicità del motto dell'ispet-
tore Byrnes secondo cui non c'è onore tra i ladri e abbandonò
questa pratica dopo aver sorpreso diversi suoi mercenari men-
tre portavano il bottino a Travelling Mike Grady.




Si dice anche che addestrasse dei ragazzi a rubare e che aves-
se fondato una scuola a Grand Street, non lontano dal quartier
generale della polizia, dove bambini e bambine avevano come
insegnanti borsaioli e ladruncoli esperti.
Offriva anche corsi avanzati su come effettuare rapine e scas-
sinare casseforti, e ad alcuni dei più intimi collaboratori per-
metteva di seguire corsi di perfezionamento in ricatto e truffe.
La fama dell'istituto si diffuse notevolmente, ma Marm si spa-
ventò e licenziò il suo corpo insegnante quando il giovane figlio
di un importante funzionario di polizia presentò una domanda d'-
iscrizione.




E' da sottolineare che nel corso di tutte le sue operazioni Marm
godette dell'esperta consulenza legale di Big Bill Howe e di
Little Abe Hummell, titolari del rinomato studio legale Howe &
Hummell, a cui versava uno stipendio annuo di 5.000 $....
Personaggi come lei oggi siedono in Parlamento in ben altre &
consimili associazioni a delinquere; Marm in confronto a loro
forse non è altro che una volgare ladra......
Buon lavoro Marm....
(H. Asbury, Le gang di ....)