giuliano

mercoledì 18 settembre 2024

L'INDUSTRIA ANARCHICA (guarda O'MAR QUANTE' BELLO!)

 










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Dell'Ecologia... (10/2)


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(l'industria) Anarchica (14)


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Con la 'vena creativa' ovvero il capitolo quasi


al completo  (15)








In rispetto e simmetricamente alle esigenze del ‘mercato’ e l’economia che al peggio e al meglio lo dovrebbe gestire, quindi e soprattutto alla volontà umana nel doverlo continuamente promuovere ed incentivare, sussiste un reciproco rapporto di dipendenza fra le mutevoli superiori forze della Natura e l’uomo proteso dall’inizio dei tempi nel piegarla al proprio volere, sfruttando a suo piacimento la risorsa costante ma non certo infinita che ogni Elemento, dalla crosta alle più alte vette della Terra sino in Cielo, può e sa offrire all’uomo assennato nel principio dei ritmi del Tempo con la Natura maturato…

 

Gaia un essere vivente e oltremodo cogitante!

 

Ricolma di Vita nel beneficio di comprenderla e capirla, con un cuore pulsante, le proprie vene [*1], ed il proprio Intelletto derivato e dedotto dall’intero moto e principio dell’Universo…




Fu detto qual timore del Verbo (mai sia detto corrotto!) che la Natura creata dal Dio communente e comunitariamente - dall’Europa all’America compresa la grande steppa russa -, unanimemente pregato nella volontà di asservire sotto ogni suo aspetto l’esclusività dell’uomo.

 

Nell’‘esclusiva esclusività’ - rivolta al meglio o al peggio - nel fine di dominarla più che comprenderla, giacché, purtroppo, la dedotta comprensione spesso conduce ad un fraintendimento del corretto rapporto procedendo verso il corrotto…

 

Dedotto margine di corruzione lo possiamo scorgere ovunque soprattutto negli ultimi duecento anni, anche nel fraintendimento della pandemica aggressione da parte del virus, del quale imputato un contesto naturale divenuto innaturale, l’innaturale corruzione derivante dall’uomo nel manipolare ciò che ritiene normale nella progressione, geneticamente non calcolata, la quale non può e deve essere imputata alla Natura…




Di grazia, uomo, fu un batterio l’origine della Vita; di grazia mio sire salite sino alla cima di Venere per scorgerne facezia e bellezza, microbica impronta ed urlare alla vita, sì sono venuto! Di grazia mio zar, la corsa fin sulla cima fu intrepida avventura, eppure lassù a Solaris la nota multiproprietà, non si può godere d’un bicchiere d’acqua neppure appestata!

 

Preghiamo ogni dì il Santo e pio Matteo, lui che spalanca sepolcri e porte!  

 

Ecco perché nella Natura scorgiamo quella purezza persa da ogni contesto la possiamo osservare e comprendere, anche nel più sollecito modo di difendersi ridendo dell’intera commedia in nome della…  




Per ciò concernente l’aspetto ecologicamente più serio - anch’esso mal interpretato - veicolato secondo le normative del nuovo assetto societario (dell’intero eremo all’ordine dottrinale dell’abbazia posto) con cui pretendono di specificare e dedurre la Natura  (SPA SRL SNC, in essere e da fondare, trascurando in questa sede tutti quelle ‘cordate’ che traendo medesimo guadagno e non più dichiarato profitto, si astengono omettendo il beneficio con impatto ambientale equivalente a ZERO, quotate indistintamente in borsa per il maggior margine di profitto e nuova prospettiva di post crescita successiva la ‘benedetta’ [da taluni] crisi pandemica), le quali nulla cambiano rispetto al risultato costantemente ragguagliato, cioè il massimo inquinamento nell’illusiva prospettiva tridimensionale data (confacente al Dio del Verbo pregato) di poter esser presi per i più bassi istituzionalizzati fornelli…

 

Ebbene avete - se sapete ancor leggere -… letto bene!




Dacché la lieta novella o Grande Notizia ci giunge mentre ci affanniamo per un misero piatto di pasta con contorno di patata, all’Osteria di Don Chisciotte, lui il quale in Verità e per il Vero, fu il verro custode d’ogni energia trasmutata e affissa ad ogni mulino della silente Poesia a cui ci uniamo a mo’ di preghiera nel combattere la fitta schiera d’ogni inganno dato.

 

Di certo non fu un pazzo!

 

Aveva ben intuito cosa sarebbe divenuto quel mulino, e avendo prefigurato schiere di demoni rotanti tratti dalla silente letteratura della Natura; l’Anima dell’uomo di Mondo che lo teneva in custodia comandò di difenderne l’onore tradito.




 Sancio rimase avvilito giacché l’alito suo sicuramente più abituato e avvezzo non men che appestato al cacio come al somaro, infatti, s’accompagna e comanda al proprio padrone sempre nobile pane con buona farina macinato…

 

Fu questo il Primo Grande avvento della negata Genesi del Genio, Dio meditò l’eterna contesa destinando pazzia Testamentaria fra il Vecchio che semina e il Nuovo che avanza (a passo di gambero)…

 

L’intero lascito testamentario, io che fui un eretico notaio, lo possiamo ben leggere in ogni strofa della nobile leggenda…




Secoli dopo, infatti, pur non avendo nulla d’Eretico, un altro  gaglioffo non nominandolo ciarlatano, armato di matita al servizio del preciso compasso, rifondò l’Arte e non solo della Letteratura, ne trasse un giudizio in merito, forse perché pensava di appartenere al Vecchio Mondo ereditato, comunque sentenziò che l’Opera ‘schierata’ e al campo del mulino combattuta, altro non èra che l’Avvenire ammirato e dipinto circa la nuova industriosità nel vagito del nuovo Secolo nato dal cordone ombelicale mal reciso da codesto parto (questo uno dei casi in cui l’aborto ammesso e concesso per il bene delle rimanenti creature procreate e non più bestie dell’inferma terra non ancora infermeria…)...

 

Più che pianto pensiamo all’alito appestato!

 

Deva forse imparare ad interpretarne e leggerne l’Opera!

 

Lascio all’insindacabile Giustizia del Dio pregato il giudizio terreno, abdicando allo Spirito un diverso principio ma non certo pregiudizio…




Non abbiamo imparato e mai impareremo come al meglio pregarlo per questo ci braccano come animali, e come il Don ci insegna ancora, ci scagliamo contro le elettriche meccanizzate pale prive del Tempo (con annessa Memoria) come del vento cui la miglior Storia da cui la tormentata battaglia impone la folle corsa ma non certo l’altrui abisso eretto, sia dell’industrioso mulino, sia dei similar inutili artifizi del falso progresso nutriti da tutti quei gaglioffi che lo difendono in nome e per conto del falso sostentamento dato dal valore economico ragguagliato all’osteria della presunta ricchezza…

 

Che l’oste ne prenda nota!

 

E ne aggiunga una nuova, di botte mai sia detta damigiana, la quale vien travasata nel gradire codeste massime offerte qual introduzione al pasto (mai sia detto passo) dell’industrioso (mai sia detto obeso) anarchico…

 

(Giuliano)



Amo sempre queste centrali elettriche con i loro enormi camini, ma è altresì raro che compongano un architettura urbanistica confacente nei secoli. Altrettanti palazzi industriali di Berlino sono anche loro armoniosi: ad esempio i lavori della General Electric Company, i suoi negozi per la costruzione di dinamo, e i gasometri cittadini che sono stati trasformati in moderni castelli di lavoro di enorme mole; e gli edifici fioriti delle persone che lavorano. Tutto questo costituisce la meraviglia del lavoro a Berlino.


(Prosegue...)








lunedì 16 settembre 2024

LO CAOS DELLI VERMI (2)

 








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nelo Kaos 


delo Viagio  


Prosegue fino alla fine... 


con lo capitolo completo   (*)  


& con la materia 


storica  (4)  &  [5]


 





Torniamo allora alla cosmogonia di Menocchio, che all’inizio ci era parsa indecifrabile. Ora possiamo ricostruirne la complessa stratificazione. Essa cominciava discostandosi subito dal racconto del Genesi e dalla sua interpretazione ortodossa, affermando l’esistenza di un caos primordiale:

 

Io ho detto che, quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme...’ (7 otobre).

 

In un interrogatorio successivo, come abbiamo visto, il vicario generale interruppe Menocchio che stava discorrendo dei Viaggi di Mandeville per chiedergli ‘se questo libro parlava niente del chaos’. Menocchio rispose negativamente, riproponendo (in forma consapevole, questa volta) l’intreccio già accennato tra cultura scritta e cultura orale:

 

‘Signor no, ma questo l’ho visto nel Fioretto della Bibia; ma l’altre cose ch’io ho detto circa questo chaos le [ho] formate da mio cervelo’.




In realtà Menocchio non ricordava bene, il Fioretto della Bibbia non parla propriamente del caos tuttavia, il racconto biblico della creazione vi è preceduto, senza alcuna preoccupazione di coerenza, da una serie di capitoli derivati in gran parte dall’Elucidarium di Onorio di Autun, dove la metafisica si mescola all’astrologia e la teologia alla dottrina dei quattro temperamenti. Il capitolo IV del Fioretto, Come Dio creò l’huomo di quattro elementi, comincia cosí:

 

‘Sí come è decto Dio circa il principio fece una grossa materia, la quale non haveva forma né maniera: et fecene tanta che ne poteva trarre et fare ciò che voleva, et divisela et partilla sí che ne trasse l’homo formato di quatro elementi...’




Qui, come si vede, viene postulata un’indistinzione primordiale degli elementi, che esclude di fatto la creazione ex nihilo: ma il caos non è menzionato.

 

È probabile che Menocchio traesse questo termine dotto da un libro a cui accennò incidentalmente nel corso del secondo processo (ma nel 1584, come si dirà, gli era già noto): il Supplementum supplementi delle croniche dell’eremitano Jacopo Filippo Foresti. 




Questa cronaca, scritta alla fine del Quattrocento ma d’impianto ancora nettamente medievale, comincia con la creazione del mondo. Dopo aver citato Agostino, patrono del suo ordine, il Foresti scriveva:


‘... et è ditto, nel principio fece Iddio el cielo et la terra: non che questo già fussi, ma perché essere potea, perché di poi se scrive esser fatto el cielo; come se le seme d’un arbore considerando diciamo quivi essere le radice, la forza, li rami, li frutti et le foglie: non che già sieno, ma perché di quivi hanno ad essere. Cosí è ditto, nel principio fece Iddio il cielo et la terra, quasi seme dil cielo et della terra, essendo anchora in confuso la materia del cielo et della terra; ma perché gli era certo di quella dovere essere il cielo et la terra, però già quella materia cielo et terra fu chiamata. Questa adunque spaciosa forma, che di certa figura mancava, Ovidio nostro nel principio del suo maggiore volume, et anchora alcuni philosophi Caos la chiamorono, de la qual cosa esso Ovidio in quel medesimo libro fa mentione dicendo: “La natura avanti che fusse la terra et lo mare et il cielo che copre il tutto, havea un vulto in tutto il suo circuito, il quale li philosophi chiamorono Caos, grossa et indigesta materia: et non era se non un peso incerto et pegro, et radunata in quel medesimo circulo, et semi discordanti delle cose non bene congionti” ’.




Partito dall’idea di mettere d’accordo la Bibbia con Ovidio, il Foresti finiva con l’esporre una cosmogonia piú ovidiana che biblica. L’idea di un caos primordiale, di una ‘grossa et indigesta materia’ colpi fortemente Menocchio di qui trasse, a forza di rimuginare, ‘l’altre cose... circa questo chaos... formate da suo cervelo’.

 

Queste ‘cose’, Menocchio cercò di comunicarle ai compaesani.

 

‘Io gli ho inteso a dir, riferí Giovanni Povoledo, che nel principio questo mondo era niente, et che dall’acqua del mare fu batuto come una spuma, et si coagulò come un formaggio, dal quale poi nacque gran multitudine di vermi, et questi vermi diventorno homini, delli quali il piú potente et sapiente fu Iddio, al quale gl'altri resero obedientia..’




Si trattava di una testimonianza molto indiretta, addirittura di terza mano : il Povoledo riferiva ciò che gli aveva raccontato un amico otto giorni prima, ‘caminando per strada, andando al mercado a Pordenon’; e l’amico aveva raccontato a sua volta ciò che aveva saputo da un altro amico, che aveva parlato con Menocchio. Di fatto, questi diede, nel primo interrogatorio, una versione un po’ diversa:

 

‘Io ho detto che quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos... et quel volume andando cosí fece una massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel deventorno vermi, et quelli fumo li angeli; et la santissima maestà volse che quel fosse Dio et li angeli; et tra quel numero de angeli ve era ancho Dio creato anchora lui da quella massa in quel medesmo tempo...’




Apparentemente, a furia di passare di bocca in bocca, il discorso di Menocchio si era semplificato e deformato. Una parola difficile come ‘caos’ era scomparsa, sostituita da una variante piú ortodossa (‘nel principio questo mondo era niente’). La sequenza formaggio - vermi - angeli - santissima maestà - Dio il più potente degli angeli-uomini, era stata abbreviata, strada facendo, in quella formaggio - vermi - uomini - Dio il più potente degli uomini.

 

D’altra parte, nella versione data da Menocchio l’accenno alla spuma battuta dall’acqua del mare non compariva affatto. Impossibile che il Povoledo se lo fosse inventato. Il seguito del processo mostrò chiaramente che Menocchio era pronto a variare questo o quell’elemento della sua cosmogonia, pur lasciandone immutata la fisionomia essenziale. Così, all’obiezione del vicario generale

 

‘Che cosa era questa santissima maestà?’




 …spiegò:

 

‘Io intendo che quella santissima maestà fusse il spirito de Dio, che fu sempre’.

 

In un interrogatorio successivo precisò ancora: il giorno del giudizio gli uomini saranno giudicati da…

 

‘quella santissima maestà che ho detto di sopra, che era inanti che fusse il caos’.

 

E in un’ulteriore versione sostituí Dio alla ‘santissima maestà’, lo Spirito santo a Dio:

 

‘Io credo che l’eterno Dio de quel caos che ho detto di sopra habbia levata la più perfetta luce a guisa che si fa del formaggio, che si cava il più perfetto, et di quella luce habbia fato quei spiriti quali noi dimandamo angeli, delli quali elesse il piú nobile, et a quello gli dette tutto il suo sapere, tutto il suo volere et tutto il suo potere, et questo è quello che nui addimandiamo Spirito santo, il qual il pose Iddio sopra la fabrica de tutto il mondo...’




Quanto all’anteriorità di Dio rispetto al caos, mutò ancora parere:

 

‘Questo Iddio era nel caos come uno che sta ne l’aqua si vuol slargare, et come uno che sta in un boscho si vuol slargare: cosí questo intelleto havendo cognosciuto si vol slargare per far questo mondo’

 

Ma allora, chiese l’inquisitore,

 

‘iddio è stato eterno et sempre con il caos?’

 

‘Io credo. rispose Menocchio, che sempre siano stati asieme, né mai siano stati separati, cioè il caos senza Iddio, né Iddio senza il caos’

 

Di fronte a questo guazzabuglio l’inquisitore cercò (era il 12 maggio) di raggiungere un po’ di chiarezza, prima di chiudere definitivamente il processo.




 
INQUISITORE: ‘Vui nelli superiori constituti parlando de Dio par che vi contradiciate, perché in uno dicete Dio esser eterno con il caos, et in un altro dite che fu fato dal caos: però dechiarate questa conditione et l’animo vostro’

 

MENOCCHIO: ‘L’opinion mia è che Dio fusse eterno con il caos, ma non si cognosceva né era vivo, ma dopo si cognobbe, et questo intendo esser fatto dal caos’

 

INQUISITORE: ‘Di sopra havete detto Idio haver l’intelletto; come adunque prima non cognosceva se stesso, et qual fu la causa che dopo si cognobbe? Dichiarate ancho che cosa è venuta in Dio per la quale Dio non essendo vivo sii poi vivo’

 

MENOCCHIO: ‘Credo che Iddio sia venuto come alle cose di questo mondo le quali procedeno da imperfetto a perfecto, sí come per esempio il putto mentre è nel ventre della madre non intende né vive, ma uscito dal ventre comenza a vivere, et tuttavia crescendo comenza intendere: cosí Iddio mentre era con il caos era imperfetto, non intendeva né viveva, ma poi allargandosi in questo caos lui comenzò a vivere et intendere’

 

INQUISITORE: ‘Questo intelleto divino in quel principio cognosceva ogni cosa distintamente et in particulare?’

 

MENOCCHIO: ‘Cognobbe tutte le cose che si dovevano fare, cognobbe gli homini, et anche de quelli doveano nassere li altri; ma non cognobbe tutti quelli havevano da nassere, esempio di quelli che hano li armenti, il quali sano che di quelli han da nasser delli altri, ma non san determinatamente tutti quelli che han da nassere. Cosí Iddio vedeva il tutto, ma non vedeva tutti quelli particulari che dovevan vennire’

 

INQUISITORE: ‘Questo intelletto divino in quel principio hebbe cognitione di tutte le cose: donde hebbe tal notitia, o dalla propria essentia o per altra via?’

 

MENOCCHIO: ‘L’intelletto riceveva la cognitione dal caos, nel quale eran tutte le cose confuse: et di poi a esso intelleto li dette l’ordine et cognitione, a similitudine che noi cognosciamo la terra, aqua, aere et fuogo, et poi ponemo distintion fra di loro’

 

INQUISITORE: ‘Questo Iddio non haveva la voluntà et il potere avanti che facesse tutte le cose?’

 

MENOCCHIO: ‘Sì, come crescete lui la cognitione, cosí crebe in lui il volere et potere’

 

INQUISITORE: ‘Il voler et il poter sono una medema cosa in Dio?’

 

MENOCCHIO: ‘Sono distinte sí come in nui: con il volere bisogna che vi sia il poter fare una cosa, esempio il marangone vuol far uno schagno, è di bisogno delli instrumenti di poterlo fare, et se non ha il legnamo è vana quella sua voluntà. Cosí diciamo de Iddio, oltra il volere bisogna il poter’

 

INQUISITORE: ‘Quale è questo poter de Dio?’

 

MENOCCHIO: ‘Operare per mezo della maestranza’

 

INQUISITORE: ‘Quelli angeli che per te sono ministri de Iddio nella fabrica del mondo, furono fati da Dio inmediatamente, o da chi?’

 

MENOCCHIO: ‘Della piú perfetta sustantia del mondo furono dalla natura produtti, a similitudine che de un formaggio si producono i vermi, ma venendo fuor a ricceveno la voluntà, intelleto et memoria da Iddio benedicendoli’

 

INQUISITORE: ‘Poteva Iddio fare ogni cosa da se stesso senza aiuto de angeli?’

 

MENOCCHIO: ‘Sí, come uno nel far una casa usa la maestranza et opere, et si dice che l’ha fatta colui: cosí nella fabrica del mondo ha usato Iddio li angeli, et si dice che l’ha fatta Dio. Et si come quel maestro nel fabricar la casa può far ancho da se stesso, può far con piú longo tempo, cosí Iddio nel fabricar il mondo l’haverebe fabricato da se stesso, ma però con piú longezza di tempo’

 

INQUISITORE: ‘Se non vi fusse stato quella sustantia della qual vi è produto tutti quei angeli, non vi fusse stato il caos, havarebbe possuto Iddio far tutta la machina del mondo da se stesso?’

 

MENOCCHIO: ‘Io credo che non si possa far alcuna cosa senza materia, et Iddio anco non harebbe potuto far cosa alcuna senza materia’

 

INQUISITORE: ‘Quel spirito o angelo supremo dimandato da vui Spirito santo, è d’una medema natura et essentia de Dio?’

 

MENOCCHIO: ‘Iddio et li angeli sono dell’essentia del caos, ma è differentia in perfetione, perché è piú perfetta la sustantia de Dio che non è quella di che è il Spirito santo, essendo Iddio piú perfetta luce: et il medemo dico de Christo, che è di minor sustantia de quella de Dio et de quella de Spirito santo’

 

INQUISITORE: ‘Questo Spirito santo è di tanto poter quanto puole Iddio? et ancho Christo è di tanto potere quanto che è Iddio et quanto che è il Spirito santo?’

 

MENOCCHIO: ‘Il Spirito santo non è di tanto poter quanto che è Iddio, et Christo non è di tanto poter quanto è Iddio et il Spirito santo’

 

INQUISITORE: ‘Quel che vui adimandate Dio è fato et produto da qualche un altro?’

 

MENOCCHIO: ‘Non è produto da altri ma riceve il moto nel movere del caos, et va da imperfetto a perfecto’

 

INQUISITORE: ‘Il caos chi ’l movea?’

 

MENOCCHIO: ‘Da sé’


(Ginzburg)


[LO CAPITOLO COMPLETO]







venerdì 21 giugno 2024

L'ERETICO PAPA & LA FABBRICA DEL DUOMO

 








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per chi 'Nulla' 


avesse compreso







Dalla seconda metà degli anni Duemila un gruppo di laici ricchi e influenti hanno preso il potere in seno alla Chiesa americana inondandola di generose donazioni. L’esempio più noto è quello dei Cavalieri di Colombo. A metà strada fra il Rotary e una massoneria cattolica, questa confraternita è stata fondata nel 1882, nella fase in cui si affermava la dimensione comunitaria del cattolicesimo americano, per garantire tramite un’assicurazione un sostentamento alle donne e ai bambini disagiati.

 

Oggi con due milioni di membri, continuando a proporre assicurazioni sulla vita, i Cavalieri di Colombo sono seduti su un gruzzolo dichiarato di quasi 100 miliardi di dollari che rende in media circa 2 miliardi di dollari all’anno, sufficienti per fare generose donazioni alle istituzioni della Chiesa statunitense e di altri paesi.

 

Da un’inchiesta pubblicata nel 2017 sul settimanale ‘National Catholic Reporter’ risulta che, per quanto una parte non trascurabile di queste donazioni affluisca effettivamente nelle casse di enti di beneficenza, anche la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti e numerose diocesi godono dei contributi dei Cavalieri di Colombo, e non ultimo il Vaticano, che ha avuto come membro di diversi suoi organismi il cavaliere supremo Carl Anderson, ex consigliere di Ronald Reagan alla Casa Bianca.

 

Dal ‘National Catholic Reporter’ emerge anche che i Cavalieri sovvenzionano senza alcuna remora svariate istituzioni che esibiscono le posizioni più conservatrici, in sintonia con la svolta decisamente più dura impartita, alla fine degli anni Duemila, dall’élite del cattolicesimo americano, in particolare come reazione alla politica di Barack Obama. Al centro della battaglia era l’ObamaCare, la riforma che obbligava gli imprenditori a pagare ai dipendenti una forma di protezione sociale, comprendente anche il rimborso delle spese sostenute per la contraccezione e l’aborto. Tale finanziamento di atti contrari ai propri princìpi era per i cattolici americani in netta contraddizione con la loro libertà di coscienza: sarà questa, come si vedrà, la base della lotta sferrata successivamente contro i democratici da una parte del cattolicesimo americano.

 

Vi parteciperanno anche i Cavalieri, finanziando la Marcia annuale per la vita, per esempio, o il Becket Fund for Religious Liberty che difende istituzioni e datori di lavoro cattolici che hanno fatto valere la loro obiezione di coscienza e rifiutano di applicare l’ObamaCare.

 

I Cavalieri destinano anche ingenti somme ai media.




 Gian Galeazzo ambiva a creare uno Stato nazionale italiano e diventare, chissà, re d’Italia; bisognava quindi preparare una chiesa degna della futura capitale, e non solo morale, del vagheggiato regno. Secondo Bonvesin da la Riva, un frate innamorato della sua città, Milano meritava addirittura di ospitare la sede pontificia, tanto era ricca e prestigiosa. Nel suo ‘de magnalibus urbis Mediolani’ ossia ‘Le meraviglie dalla città di Milano’ (1288), ne aveva tessuto un appassionato elogio attribuendole, con qualche esagerazione, duecentomila abitanti, trecento forni, settanta scuole elementari, dieci ospedali, centoventi giureconsulti, millecinquecento notai, novecento mulini nel contado, floride fabbriche d’armi e di seta: i tessuti si esportavano fino al paese dei tartari.

 

Ottomila destrieri e centomila cani fornivano alla nobiltà piacevoli svaghi. Mancava soltanto la cattedrale, che vincesse in splendore le duecento chiese esistenti in città.

 

Gian Galeazzo era chiamato conte di Virtù, dal feudo di Vertus portatogli in dote dalla prima moglie, Isabella di Valois, ma virtù cristiane ne aveva poche. Un giorno del 1385 mandò a dire allo zio Bernabò:

 

‘Il 6 maggio vado a fare un pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese. Già che passo dalle tue parti, vorrei darti un salutino. Perché non esci dalla città? Ti vedrei con molto piacere’

 

 Bernabò abboccò e cavalcando una mula andò, accompagnato da alcuni figli (non tutti: ne ebbe diciassette legittimi e venti naturali) a incontrare il nipote nei pressi di sant’Ambrogio, allora in periferia. Appena vide lo zio, Gian Galeazzo fece un cenno ai suoi uomini che lo arrestarono, lo condussero al castello di Trezzo, dove morì dopo sette mesi, per una indigestione di fagioli (avvelenati) Qualcuno pensa che il nipote abbia dato inizio al duomo per riparare l’orrendo delitto, altri per ringraziare il Signore del ‘buon esito’ della liquidazione dello zio, altri ancora per ottenere dalla Madonna la grazia d’un figlio maschio, impegnandosi a chiamare Maria il nascituro.

 

La Madonna concesse la grazia doppia e nacquero Giovanni Maria e Filippo Maria Visconti. I lavori furono affidati ai maestri campionesi, a uno dei quali, Marco Frisone, morto nel 1390, si attribuisce il progetto originario (assieme a quello del ponte sul Ticino a Pavia e del duomo di Crema) Questi maestri, oriundi da Campione e da Lugano, erano architetti e scultori eccellenti nel lavorare la pietra e avevano formato un'affiatata scuola artigiana, tramandandosi l’arte di padre in figlio. Richiesti in tutta Italia per la loro valentia, lavorarono un po’ dappertutto, alla Certosa di Pavia, alle Arche Scaligere di Verona, a Brescia.




Ogni anno versano trecentocinquantamila dollari al sito Internet Crux (pari al 40 per cento del suo bilancio), creato dal Boston Globe che in seguito se n’è dissociato per mancanza di sufficienti risorse pubblicitarie. Analogamente, 1,5 milioni di dollari sono andati all’emittente televisiva di stampo molto conservatore Eternal World Television Network (EWTN), fulcro di una nebulosa mediatica che raggruppa anche la Catholic News Agency (CNA) – diffusa in inglese, spagnolo, portoghese e italiano – e il settimanale ‘National Catholic Register’, una delle prime testate a pubblicare la testimonianza di monsignor Viganò. Timothy (detto Tim) Busch, uno degli amministratori di EWTN, in un’intervista al New York Times ha raccontato – per poi ritrattare – di essere perfino stato consultato prima della pubblicazione del pamphlet dell’ex nunzio.

 

Tim Busch, avvocato e promotore immobiliare specializzato in complessi di lusso, è una delle figure di maggior spicco di questa nuova generazione di laici facoltosi che costituiscono ormai il nucleo dirigente del cattolicesimo americano. ‘Timothy Busch è un uomo ricco dalle grandi ambizioni’ scrive il giornalista Tom Roberts, secondo il quale l’uomo d’affari difende un ‘cattolicesimo privo di complessi che si esprime fra cene di gala con ampia scelta di vini e sigari, cocktail party per cattolici tradizionali rigorosamente selezionati, messe in latino per chi lo desidera, sessioni di rosario patriottico abbinate a letture di George Washington e Robert E. Lee, e l’eventuale pausa per una partita a golf’.

 

Tim Busch è fra l’altro il fondatore del Napa Institute che promuove in parallelo una teologia conservatrice e una visione molto libertaria dell’economia. ‘L’evangelizzazione di fascia alta del Napa Institute si svolge in contesti come il Meritage Resort and Spa di Busch, nella Napa Valley, o in luoghi prestigiosi quali il Trump International Hotel di Washington’ racconta Tom Roberts. ‘Ai suoi eventi non manca mai una spruzzata di zucchetti rossi e viola … che conferiscono ai dibattiti una certa credibilità e legittimità’. Si vanta dell’appoggio dell’arcivescovo di Filadelfia, monsignor Charles Chaput, capofila dei vescovi conservatori americani, e arriva persino ad accogliere come consulente fino all’estate 2018 monsignor John Nienstedt, dopo che questi è stato destituito dal suo ruolo di arcivescovo di Saint Paul e Minneapolis per avere coperto abusi sessuali.

 

Tim Busch è anche il fondatore della Busch School of Business presso la Catholic University of America, anch’essa promotrice di un liberismo economico radicale. Il ricco uomo d’affari non esita del resto ad applicare la propria visione imprenditoriale alla sfera ecclesiale. Nel marzo 2017, durante un convegno nella cripta della basilica dell’Immacolata Concezione di Washington, sottolineava così che ‘l’evangelizzazione del nostro paese è portata avanti da fondazioni private e ONG cattoliche come il Napa Institute e Legatus’.




La fabbrica del Duomo cominciò nel 1386, in un clima di gareggiante generosità. Ricchi e poveri prestarono la loro opera gratis, talvolta pagavano per avere l’onore d’impugnare la cazzuola. La corporazione degli avvocati, nel primo giorno che andò a lavorare, offrì quarantaquattro fiorini d'oro, i nobili duecentosettantadue lire (al tramonto, sfiniti, prosciugarono una botte di vino)

 

Le meretrici offrirono una giornata, o meglio, una nottata di lavoro, un condottiero la spada, la parrocchia di san Marcello un asino, quella di Porta Orientale (oggi porta Venezia) un vitello. Marco Carelli, facoltoso mercante, si ridusse in miseria per aver donato tutti i suoi averi, trentacinquemila scudi d’oro, guadagnati trafficando schiavi sul mercato di Venezia, dove una bella tartara di diciotto anni valeva trentadue scudi, ma se ne aveva ventotto, il prezzo scendeva a trenta. Questo gesto, munifico fino all’autodistruzione, gli fu compensato con un ricordo che sfida i secoli: una tomba in duomo, nella quarta campata della navata minore di destra.

 

Sempre per racimolare denaro, giravano per la città le cantegole, cortei di ragazzine biancovestite che suonavano pifferi, mentre le dame di Porta Vercellina organizzavano spettacolini mitologici, con Giasone e Medea a pagamento.

 

Quali erano le famiglie della Milano-bene, fine Trecento?

 

Ce lo dice un accertamento fiscale ordinato da Gian Galeazzo. Occorrendogli diciannovemila fiorini per comprare dall’imperatore Venceslao il titolo di duca, il Visconti impose un prestito forzoso, in realtà una nuova tassa, ai più facoltosi operatori economici e proprietari terrieri.

 

La stima, fatta nel 1395, vede in testa, nella ripartizione del gravame, Giacomino Vismara di porta Vercellina, tassato per centoventi fiorini, seguito dai fratelli Giovanni e Antonio di Lignatiis di porta Comasina (novantasei fiorini), Andreotto del Maino (sessantaquattro), Bolo Resta di porta Vercellina (cinquantacinque), Cressino de Monte di porta Vercellina (cinquantatré), Luigi da Gallarate di porta Vercellina (cinquantadue), Francescolo de Fossalto di porta Vercellina (cinquanta), Rizzardo Resta di porta Vercellina (cinquanta), Cesare Borri di porta Romana (quarantotto), Gervasio Resta di porta Vercellina (quarantotto)

 

Dare un’idea anche approssimativa del potere d’acquisto del fiorino è impresa difficile, com’è difficile tentare una comparazione tra le monete d’allora e quelle d’oggi. A titolo indicativo, si pensi che in Lombardia, secondo un documento del 1375, con trenta lire una persona si manteneva per un anno, scrive l’economista Carlo M. Cipolla; e pochi anni più tardi una famiglia benestante spendeva per il proprio mantenimento una media di circa cinquanta lire annue per persona. Quanto al fiorino, nel decennio 1390- 1400, esso valeva una lira e settanta centesimi.

 

Nel giubileo del 1390, siccome molti lombardi erano impediti, dalle guerre e dalle pestilenze, di recarsi a Roma, Bonifacio IX concesse le stesse, immutate indulgenze a chi versava alla Fabbrica del duomo i due terzi del denaro che avrebbe speso se avesse fatto il viaggio. ‘Purché pentiti e confessati’ precisava la bolla pontificia. Ma qualche zelante imbroglione, più preoccupato di raccogliere soldi per il cantiere che anime per il paradiso, mise in giro la voce che, per l’occasione, la chiesa s’accontentava del denaro, senza pretendere che il fedele s'accostasse ai sacramenti. Il che recò molti quattrini alle casse della Fabbrica e altrettanto dolore al cuore del papa.




 Quest’ultimo organismo è un club di imprenditori cattolici che si proclamano ‘ambasciatori di Cristo sulle piazze del mercato’. Riservata a dirigenti di imprese che vantano giri d’affari di almeno cinque milioni di dollari e versano ogni anno un contributo minimo di millecinquecento dollari, l’associazione è stata cofondata da Tom Monaghan, il creatore di Domino’s Pizza. Dopo aver venduto nel 1998 la maggior parte delle quote dell’azienda, si è dedicato a iniziative ancorate in un cattolicesimo molto identitario, come per esempio l’Ave Maria University e la città costruita tutt’intorno, che vuole essere un’autentica cittadella cattolica, sita nella Florida meridionale, dove sono banditi aborto e contraccezione, e gli omosessuali sono guardati con diffidenza.

 

Oltre a essere membro di Legatus, dal canto suo Frank Hanna è uno dei più importanti filantropi cattolici americani, munificente dispensatore di assegni al Becket Fund, al Napa Institute, a EWTN o anche all’Acton Institute, un centro di ricerca ‘dedicato ai princìpi di libertà individuale, di governo limitato, di libero mercato e di pace’ e che assegna annualmente un premio Milton Friedman, dal nome dell’economista ultraliberista americano, premio Nobel nel 1976. Frank Hanna è pure un generoso donatore dell’Ethics and Public Policy Center animato da George Weigel – l’assai conservatore biografo di Giovanni Paolo II – e della Federalist Society.

 

Questa potente lobby conservatrice, che riunisce settantamila giuristi degli Stati Uniti, aveva già goduto di una grande influenza sotto le presidenze dei Bush padre e figlio, adoperandosi con successo per la nomina dell’attuale presidente della Corte suprema, John Roberts, oltre che dei giudici Samuel Alito e Clarence Thomas. Sotto Donald Trump, la Federalist Society ha anche partecipato alla designazione del nuovo giudice Neil Gorsuch. Effettivamente, da diversi anni la lobby si occupa di reclutare giovani e talentuosi studenti di legge noti per le loro idee conservatrici, mettendoli in contatto con giudici delle alte sfere o studi di amici avvocati. Si tratta oggi di una vasta rete i cui membri si aiutano reciprocamente a ottenere impieghi, per esempio alla Corte suprema, dove cinque successivi giudici hanno beneficiato della loro appartenenza alla lobby. ‘Qualsiasi avvocato conservatore è membro della Federalist Society’ scrive sul sito dell’Huffington Post Carrie Severino, capogiurista del Judicial Crisis Network, un gruppo conservatore vicino a Leonard Leo, vicepresidente della Federalist Society.




La morte di Gian Galeazzo segna, con la decadenza dello Stato, un arresto dei lavori dopo quindici anni di intenso cantiere. La peste, le lotte dei fuorusciti che volevano ricondurre in città il ramo dello spodestato Bernabò, le difficoltà economiche ostacolano l’azione del giovanissimo successore Giovanni Maria. Ora non è più il principe che finanzia la fabbrica, bensì la fabbrica che, nei momenti di necessità pubblica, finanzia il principe, concedendo un prestito di duecento fiorini per riparare le mura della città.

 

Morto Giovanni Maria, pugnalato mentre entrava in chiesa a san Gottardo, gli successe il fratello Filippo Maria, obeso, gottoso, superstizioso, non voleva attorno a sé gente vestita di scuro, cambiava letto tre volte per notte, durante i temporali si nascondeva per paura dei fulmini, addolorato per tutta la giornata se al mattino, sbadatamente, gli veniva fatto d’infilare la scarpa sinistra invece della destra, e teneramente devoto delle immagini dei santi Antonio, Cristoforo, Sebastiano, Pietro Martire, Elisabetta e Maddalena.

 

Filippo Maria impose a tutti i dipendenti del comune una trattenuta del dieci per cento pro duomo, e affrontò la questione del tiburio, la struttura che copre l’incrocio dei bracci della croce latina. Problema di durata secolare, per il quale saranno interpellati anche Leonardo e il Bramante, quando Milano passerà dai Visconti agli Sforza.

 

Nel 1447 morì Filippo Maria e si proclamò l’effimera Repubblica Ambrosiana, con l’inevitabile strascico di epurazioni e vendette, ammantate di sacri principi. Così fu licenziato, dopo mezzo secolo di onorato servizio, l’architetto Filippino da Modena, autore dei tre finestroni dell’abside (che ospiteranno le vetrate più grandi del mondo) L’accusa era di vita scellerata e di essersi dato a vizi et disordini d’ogni maniera. I fondi della fabbrica furono dirottati a costruire palle di cannone, alla faccia dei donatori che morendo avevano destinato i lasciti a fine di bene e di pace.

 

Fatto un boccone dell’imbelle Repubblica Ambrosiana, che aveva tra l’altro commesso l’ingenuità di affidargli la propria difesa, l’ambizioso condottiero Francesco Sforza entrò il 26 febbraio 1450 in Milano che, stanca di tre anni di anarchia, lo acclamò duca, mentre a cavallo si dirigeva verso il duomo, per inginocchiarsi davanti all’altar maggiore. Francesco riprese i lavori, ‘posando un’altra delle tante prime pietre del tempio’ annota argutamente il Cassi Ramelli, nel quadro d’una illuminata politica culturale che vide fiorire l’università di Pavia e iniziare in una cappella del duomo un servizio di biblioteca circolante, gestito da un bibliotecario che, nel nome della cultura, s’accontentava d’un quarto di vino al giorno. Anche Lodovico il Moro incrementò i lavori, poi arrivarono le grandi pestilenze a troncarli.




Dopo aver personalmente approvato diverse nomine di giudici federali a partire dall’inizio del mandato di Donald Trump, nel febbraio 2018, Leo ha comunicato la sua decisione di lasciare momentaneamente la Federalist Society per assistere il presidente nella scelta del successore del giudice Anthony Kennedy che andava in pensione. In definitiva, dei venticinque candidati selezionati dalla Casa Bianca (una lista stilata in prevalenza da Leonard Leo), ventiquattro sono membri della Federalist Society, la quale, dopo la conferma di Brett Kavanaugh nell’ottobre 2018, risulterà quindi direttamente coinvolta nella nomina di quattro dei nove membri della Corte suprema!

 

‘Siamo arrivati al punto in cui quasi tutta la Corte suprema ha qualcosa a che vedere con Leonard Leo’ osserva divertita Carrie Severino. ‘Nessuno conosce meglio di lui il mondo giuridico conservatore’. Carl Tobias, professore di diritto alla University of Richmond (Virginia) ed esperto nella nomina dei giudici, commenta: ‘Ha avuto più influenza di chiunque altro, e so che il presidente George W. Bush ha contato parecchio su di lui per due candidati. Ma in questa amministrazione si battono tutti i record’.

 

Vale a dire che gli ambienti conservatori – sia evangelici sia cattolici – si fregano le mani sotto la presidenza di Donald Trump.

 

Durante la sua campagna elettorale il candidato repubblicano non aveva d’altronde nascosto le promesse che aveva fatto loro: la nomina di un vicepresidente scelto fra le loro file e quelle di giudici pro-vita alla Corte suprema, la salvaguardia della libertà religiosa, la fine del finanziamento federale alla Pianificazione familiare e il ripristino della politica di Città del Messico istituita da Ronald Reagan che vietava il finanziamento americano delle organizzazioni internazionali a favore del diritto all’aborto…

 

Con l’eccezione della Pianificazione familiare – della quale un Congresso spaccato in due non ha voluto sopprimere il finanziamento – Donald Trump ha mantenuto la parola su tutta la linea. ‘Ho fatto un buonissimo lavoro. Possono essere fieri di me’ dichiarava nella conferenza stampa del 7 novembre 2018 in risposta a una domanda di EWTN l’indomani del voto di metà mandato.




Anno 1630: la peste descritta dal Manzoni, la grande fabbrica del duomo vista da Renzo Tramaglino è ferma, mancano braccia e denari. Ogni epidemia, falcidiando la popolazione, provocava rarefazione della mano d’opera e aumento dei salari, per la ineliminabile legge della domanda e dell’offerta; pertanto, se da un male si può ricavare un bene, gli sconquassi economici e sociali conseguenti alle terribili stragi portarono al progressivo miglioramento delle condizioni dei lavoratori superstiti.

 

Durante la peste del 1630, lunghe processioni di cittadini e magistrati, vestiti di sacco, i piedi nudi, sfilarono in duomo davanti al corpo di Carlo Borromeo, il santo che nel 1576 aveva pregato, e ora veniva pregato affinché cessasse il flagello. La sua ardente carità e purezza di vita gli avevano cattivato la fiduciosa devozione dei milanesi, colpiti dalla semplicità dei costumi, in eroico contrasto con la nobiltà delle origini.

 

Ricchissimo, si cibava di pane e acqua. Se i medici visitavano gli appestati a distanza, fermandosi sull’uscio e sollevando con una lunga bacchetta le coperte e le vesti del malato, il naso coperto da un enorme becco colmo di essenze odorose per difendersi dall’aria ‘corrotta’; se i parenti scappavano impauriti ('i pare no voleva andar dal fio, né 'i fio dal pare si legge in una cronaca veneziana), Carlo non temeva di accostarsi a quegl’infelici. Dormiva nudo sul pavimento, rifiutava ogni forma di comfort e di mondanità, provenisse dal governo spagnolo o dalla sede apostolica.

 

Il suo era un cristianesimo arduo, aspro, intransigente non soltanto con gli eretici ma anche con molte monache che tralignavano. Protagonista del rinnovamento spirituale della Controriforma, impose ai pastori l’obbligo della residenza, ponendo fine allo scandalo di vescovi titolari di diocesi che nemmeno sapevano dove fossero sulla carta geografica. Istituì seminari per la formazione e selezione del clero, spesso reclutato secondo criteri in cui il censo familiare, la carriera individuale, la vanità sociale facevano aggio sulla vocazione. Accortosi che gli erbivendoli, per raggiungere più rapidamente il mercato, attraversavano il duomo dalle porte laterali, coi muli carichi di merce, allontanò i mercanti dal tempio facendole chiudere.

 

Processò le streghe con estremo rigore, ma vendette il principato di Oria per quarantamila ducati, che distribuì ai poveri. Il suo corpo è conservato in un’urna di cristallo e argento, dono di Filippo IV di Spagna, dentro il sacello sotto l’altar maggiore, cui si accede attraverso il coro iemale (invernale), dove di solito si riunisce il capitolo dei canonici. La cripta è aperta al pubblico il 4 novembre, festa del santo. Sul petto dell’arcivescovo, una croce di smeraldi e diamanti offerta dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria. La maschera d’argento che ricopre il viso è dono di Giovan Battista Montini, quand’era cardinale di Milano, prima di diventare Paolo VI.




Un mese prima, durante un convegno sulla riforma nella Chiesa organizzato dal Napa Institute, il suo fondatore Tim Busch si rallegrava dell’imminente nomina di Brett Kavanaugh alla Corte suprema, salutando Leonard Leo, vicepresidente della Federalist Society, seduto al suo fianco. ‘Con questo nuovo giudice’ diceva ai duecentocinquanta partecipanti ‘i tribunali saranno nostri per i prossimi quarant’anni. E con cinquantuno seggi al Senato vedremo qualche cambiamento’.

 

Organizzato dopo le rivelazioni sugli abusi sessuali in Pennsylvania e, soprattutto, dopo la testimonianza di monsignor Viganò, questo incontro era particolarmente critico nei confronti di papa Francesco, al quale si chiedeva un cambio di rotta. Durante il convegno, chiamando in causa il problema dell’omosessualità, Tim Busch si spingeva fino a denunciare un grande e immorale complotto omosessuale in Vaticano, ma passava bellamente sotto silenzio le accuse di stupro rivolte da una donna contro Brett Kavanaugh, accuse che minacciavano la conferma da parte del Senato del suo incarico alla Corte suprema: un ‘due pesi e due misure’ da parte di un uomo che non lesina gli attacchi contro la corruzione sessuale del Vaticano.

 

Per lo storico della Chiesa Massimo Faggioli, la crisi degli abusi sessuali ha creato un vuoto di autorità nel quale si sono insinuati cattolici miliardari diventati in pochi anni i veri dirigenti del cattolicesimo americano:

 

Non è un vuoto di potere, che sta sempre nelle stesse mani (almeno per il momento), ma un vuoto di autorità, vale a dire che mette in gioco la fiducia e la credibilità.

 

La natura ha orrore del vuoto, e quelli che hanno un libretto degli assegni aperto e un’agenda ideologica molto chiara hanno riempito questo vuoto.

 

Il denaro parla forte e chiaro.

 

I cattolici che dispongono di risorse finanziarie cospicue e di stretti legami con i vertici dell’episcopato americano tentano di colmare il vuoto con un programma ufficialmente imperniato sulla riforma. Ma in realtà questo corrompe ancora di più la Chiesa, sebbene in modo diverso …

 

Ci sarebbe molto da dire su come le autorità ecclesiastiche cattoliche siano diventate insensibili alla minaccia rappresentata dal denaro per il carattere cristiano della comunione dei fedeli.

 

Tale desensibilizzazione è una delle conseguenze dell’abbandono di una teologia che prende sul serio i rapporti di produzione, come li chiama Karl Marx, per concentrarsi invece sulla cultura e sull’identità come strumenti di opposizione al materialismo.

 

È invece emerso che questa teologia della cultura post-materialista, incentrata sui valori, serve gli interessi di coloro che controllano i rapporti di produzione: la rete influente dei ricchi filantropi cattolici di destra, che di recente ha stabilito stretti legami con i vescovi conservatori degli Stati Uniti.

 

Secondo lo storico, questa evoluzione sarebbe paragonabile alla crisi attraversata dalla Chiesa intorno all’anno Mille, quando i potenti feudatari avevano messo le mani sull’istituzione e sulle sue risorse. Crisi che era sfociata nella Riforma gregoriana.

 

Per Faggioli, a essere in gioco oggi negli Stati Uniti è proprio l’indipendenza della Chiesa cattolica di fronte alla potenza del denaro.

 

‘Il denaro è il carburante che assegna a certe voci ciò che qualcuno potrebbe giudicare un peso smisurato’ spiega Tom Roberts, che propone l’esempio di un Tim Busch che ‘mira a influenzare le istituzioni religiose e a plasmare la narrativa cattolica acquisendo influenza sulle università e le imprese mediatiche’.

 

Ora, è proprio contro questa potenza che si batte papa Francesco.

 

(N. Senèze & C. Marchi)