giuliano

martedì 28 novembre 2023

L' ESPOSIZIONE UNIVERSALE

 

















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Circa taluni Fotogrammi 




  

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Dicembre  (14/6)














Il Dr. Alfred Russell Wallace, in un recente lavoro, sostiene che il Diciannovesimo secolo è del tutto unico in quanto ha inaugurato una nuova èra. Per coglierne i meravigliosi risultati, ci dice, dovrebbe essere confrontato con un lungo periodo storico, piuttosto che con un altro secolo, il progresso che questo Secolo comporta, infatti, è definito quasi interamente materiale e intellettuale, e il merito di ‘completezza’ è conferito al materiale.

Per quanto discutibile possa essere la sua conclusione, non ci possono essere controversie né sul progresso qualitativo o quantitativo rilevato con il rapporto adottato dallo stesso ‘da e per’ l’umanità quale nuovo coefficiente e parametro di vita nel Secolo che si sta chiudendo né, ed al contrario, il danno causato… 




Nella presente retrospettiva diventa evidente la visione più ampia, circa differenza fra ‘materiale e intellettuale’ quali ‘forze alleate’ che si sono costantemente spinte in avanti ‘fianco a fianco’, ‘progredendo’, e successivamente, come leggeremo, ‘regredendo’ verso la stessa identica ‘solitudine’ di come nate ed applicate, la quale ‘solitudine’ nulla ha da condividere con un diverso stato Spirituale specchio dell’Anima quantunque riflessa nella ‘materia’; la qual Anima esula per propria ‘condizione’ [o Stato] da una diversa (retro)prospettiva  nell’Infinita aspirazione di una assoluta condizione trascendente, alla quale, per sua indelebile  ‘partecipazione’, per sempre si ‘eleva’, come disquisirebbe Plotino (durante ugual viaggio in ascensore verso l’alta Torre) circa la Natura [dell’Anima] con i vari principi di cui molti Filosofi si sono espressi ammirandola dal basso come dall’alto…




Quindi può far ‘progredire’ solo l’immateriale donde proviene in una più profonda riflessione ove lo stesso Wallace convergerà rapportando, il proprio ‘fallace’ impegno ‘evolutivo’; giacché conferendo merito al citato Wallace, se ‘Evoluzione e Ragione’ non vengono simmetricamente ed adeguatamente applicate non avremmo un confacente reale stato evolutivo quantificabile e rilevabile; eccetto che, in momentanei ‘equilibri puntinati’, ove nicchie della stessa ‘evoluzione’ rappresentano ‘germi e geni’ del mutamento nella prospettiva del ‘cambiamento’ sociale rilevato nella breve e lunga distanza (così come ragiona un evoluzionista), quindi, adottato quale ‘mutazione’; ma sappiamo altresì che la ‘mutazione’ specificata tanto dal Wallace, che dal suo collega Darwin, presenta una selezione entro la specie stessa riflessa in ‘ragione’ della Vita; quindi se alla statistiche aggiornate del presente articolo rapportiamo le odierne, entro ‘mutazioni selezioni e specie’, potremmo rilevare il ‘mutamento’ detto difettare - in ciò e per ciò - che intendiamo uomo, e non solo dal punto di vista genetico ma altresì umano e psicologico…




Quindi determinare la ‘variabile’, come stiamo per l’appunto facendo, variabile intesa ed applicata non solo nel vasto campo tecnologico, ma altresì, anche artistico e sociale, così da poterne ‘specificare’ e successivamente intendere ed esaminare con detti parametri le ‘differenze’ e non solo ‘genetiche’, ma psicologiche e sociali’ derivate che dette ‘mutazioni’ sottintendono e comportano, riflesse in tutto ciò - in cui e per cui - l’animale uomo si è contraddistinto e da cui evoluto, pur differenziandosi nella propria linea evolutiva; rilevando così, nell’arco di poche generazioni rispetto alle stesse ‘variabili’ adottate nei secoli, porre in essere una differente condizione, notevole, anche e soprattutto,  oltre che per l’improvviso carattere che si presenta esteso nella temporalità  rapportato all’ambiente di adattabilità; in senso pratico e reale, avremmo tradotto  adottato nonché specificato, la ‘selezione’ entro l’evoluzione detta nell’arco di Secoli, in cui potremmo solo in futuro, stabilirne ed intenderne la ‘mutazione’.




Così come la Natura per millenni ha migliorato apportando alla Vita nell’Ambiente in cui evoluta come lo stesso Wallace che ne ha studiati i principi, nella Terra all’interno dell’Universo ove nata.

Quindi per concludere suddetta introduzione, il lavoro, il presente lavoro, non solo una isolata opera di restauro archeologico, ma un documento più che prezioso il quale adotta gli stessi principi dei naturalisti nonché evoluzionisti detti, per verificare ed applicare il vasto campo da loro dedotto rapportato alle odierne condizioni… Rapportate altresì, alla sociologia oltre che del progresso economico quale specchio (come già detto) ed indice della vera condizione evolutiva…




Rilevando così una differenza sostanziale in cui per sempre la stessa Anima che lo ha partorito pur aspirando ai benefici della nuova condizione economica dedotta aspira e in qual tempo difetta…

Difettare intendo per tutti i mali rilevati vecchi e nuovi e futuri…

Taluni pensatori e filosofi ci aiuteranno in questa breve ricerca.

Per concludere, esaminare i molti documenti introdotti specchio del loro e nostro comune Tempo condiviso qual specifica del progresso tecnologico, mi sembra un aspetto importante che pone le dovute differenze in un ambiente nel quale l’esposizione rappresenta la condizione globale di civile o incivile indubbia appartenenza nella differenza posta.

(Autore & Curatore del Blog)



  
L’evoluzione dell’esposizione internazionale di oggi è un risultato evidente di questo matrimonio materiale e intellettuale. Sembra che sia trascorso molto tempo tra le ‘fiere’, e le grandi esposizioni in cui le nazioni del mondo ne incarnano il pensiero d’apparente uguaglianza. All’esposizione come alla fiera ed nel futuro magazzino si può acquistare di tutto!

Dalla prima di questa ‘classe di mostre’ sono nate le ‘imprese internazionali’, le successive e più famose ‘Compagnie’, e poi ancora, le più note fiere mondiali, e successivamente come mostre ed esposizioni internazionali.




La prima mostra delle industrie di tutte le nazioni fu quella che si tenne a Hyde Park, a Londra, nel 1851. Fu una evoluzione delle mostre annuali della Society of Arts, e inizialmente fu progettata per essere solo un’impresa nazionale, ma su una scala più estesa rispetto alle precedenti mostre della società. Il compianto Principe Alberto, marito della regina Vittoria, tuttavia, concepì l’idea di aprire questa particolare mostra all’industria del mondo. Il suo suggerimento ha subito incontrato il favore del Consiglio della Società, nonché dei principali produttori inglesi e del pubblico in generale. Fu ottenuto un mandato reale che nominava una commissione per ‘gestire una mostra delle opere dell’industria di tutte le nazioni’ e di questo Società il Principe Alberto ne divenne presidente.




Il 21 febbraio 1850, i commissari si sentirono giustificati nel fare un annuncio pubblico che l’edificio avrebbe coperto un’area di sedici a venti acri; che sarebbe stata pronta per il ricevimento delle merci entro il 1° gennaio 1851; e che la mostra sarebbe stata aperta al pubblico il 1° maggio successivo. I piani per un edificio presentati da Sir Joseph Paxton furono adottati dopo che un gran numero di progetti era stato preso in considerazione. Chiesero una vasta struttura di ferro e vetro, in qualche modo simile al grande giardino d’inverno che aveva eretto per il Duca del Devonshire a Chatsworth. È stato firmato un contratto con i signori Fox e Henderson per la costruzione dell’edificio, in base al quale dovevano ricevere £ 79,800, e i materiali dell’edificio dovevano rimanere di loro proprietà. Il 3 febbraio, la struttura completata è stata consegnata formalmente ai commissari.




Mentre era in corso l’erezione dell’edificio, il Dr. Lyon Playfair è stato scelto per decidere e classificare la vasta gamma di articoli che si cercava di riunire sotto il titolo generale di ‘Oggetti di arte industriale e produttiva’. Le ha organizzate e suddivise in quattro grandi sezioni: materie prime, macchinari, manufatti e belle arti, che a loro volta sono state divise e suddivise in un vasto numero di classi e divisioni più piccole. La raccolta di reperti nazionali è stata affidata ai comitati distrettuali di tutte le principali città e località manifatturiere e, in risposta agli inviti estesi a tutte le colonie britanniche e ai vari governi stranieri, quasi tutti i paesi d’Europa, insieme agli Stati dell’Unione nordamericana, repubbliche sudamericane, India, Egitto, Persia e lontane isole dei mari.




La mostra è stata aperta dalla regina Vittoria il giorno stabilito e è proseguita fino all’11 ottobre. Il numero totale di espositori è stato di circa 15.000. Durante i 114 giorni la mostra è stata aperta per un totale di 6.063.986 persone  che l’hanno visitata, una media giornaliera di 42.111. Il numero più grande in un solo giorno è stato il martedì della settimana di chiusura, 109.915. Un tentativo di accertare il numero di visitatori stranieri ha sviluppato il risultato inaspettato che non più di 40.000 stranieri hanno visitato Londra oltre la media annuale di 15.000. Il risultato finanziario della mostra è stato davvero notevole. Le entrate totali da tutte le fonti ammontano a £ 506.000 e le spese totali a circa £ 330.000, lasciando un surplus di £ 176.000, che è stato successivamente aumentato a £ 186.436.




La nostra incisione rappresenta questa terrazza nel momento in cui il signor Eiffel  ha issato in cima alla Torre la bandiera nazionale. In questo stesso momento il signor Gontamin si avvicina all’ingegnere e si congratula con lui calorosamente. Pochi minuti dopo, il gruppo ufficiale, attraversando la terza piattaforma, brinda con champagne in onore del signor Eiffel, e presto riprendono il cammino nella Torre in cui gli operai erano riuniti per la pausa pranzo.

La Torre Eiffel, senza dubbio, rappresenta il vero grande successo dell’Esposizione. Non guardare da lontano il gigantesco monumento, giacché per l’approccio con cui bisogna predisporsi per questa futurista architettura figlia del nostro Secolo, consiste nel  posizionarsi al centro della Torre, tra i quattro pilastri principali.




Si rimane schiacciati da questa massa e nel contempo ti domandi,  come può l’uomo costruire opere simili, di cui in proporzione è solo un nano infinitamente piccolo. Di fronte a un dipinto o una statua conservi una sensazione di felice smarrimento, questa emozione rilassante che la vista del bello determina negli uomini che possono scorgerlo e coglierlo nelle sue gradevoli proporzioni.

Non è la stessa impressione prodotta dalla Torre: l’uomo è colto da un sentimento di ammirazione misto ad un solenne tributo di grandezza e maestosità principiato spontaneamente dalla meravigliosa opera, una gioia di cui sentiamo e percepiamo il trionfo sulla materia.




Non si può concludere siffatta breve introduzione senza volgere lo sguardo all’ornamento dei pannelli della prima piattaforma. Oltre all’attuale decorazione, in gradevole stile nonostante la sua semplicità, come vedremo dai nostri disegni, il signor Eiffel ha dato l’ordine di scrivere in lettere d’oro i nomi di molti uomini famosi. Quanto al suo, non ha bisogno di essere scritto su un singolo pannello: può essere letto dall’alto verso il basso della Torre gigante alle fondamenta al campanile.

L’attività che regnò al Champ de Mars dall’inizio dell’anno, necessaria per la costruzione costringe l’apertura dei cantieri di notte. Si dovette ricorrere alla forza degli elettricisti per la necessaria illuminazione; ed è stato un aspetto meraviglioso vedere questi lavoratori operare incessantemente come in pieno giorno, grazie a quarantacinque lampade ad arco con un’intensità media di milioni da candele distribuite nei vari Palazzi del Champ de Mars.

Dall’alto verso il basso delle mansioni ben distribuite, dalle più umili alle più importanti, dall’operaio all’ingegnere, con il loro semplice compito, ognuno ha contribuito al massimo sforzo volto per realizzare la grande impresa chiamata ‘mostra’…




Lo spettatore o il visitatore che sia per ciò che deriva, si trova immerso in questo nuovo palcoscenico, lo spettacolo è assicurato dall’intera Compagnia e non tanto dall’Opera, bensì dall’apparato scenico che fa mostra di se al misero costo d’un futuro biglietto da cinematografo, l’arte non ancor del tutto perfezionata se pur ‘comparse’ ed ‘attori’ si alternano al ‘Primo Piano’ dell’ultimo ‘regolatore’ dell’intera futura sceneggiatura facciata dell’intera avventura; il ‘Quinquennale’ non ancor approdato anche lui attende la rivoluzione a conferma del proprio ‘libero’ Stato, non ancora avversato dal mito delle stelle, alte dipinte e scolpite, mute e sonore, or bianche or nere or a colori, tutto nelle mente del grande ‘regista’, Dio una misera comparsa; poi recitare frammentate, brevi parole, in Primo Piano al modico prezzo di ugual porto franco così come il ‘copione’ prevede e sovrintende; Vie Boulevard e cantieri sopra e sotto il cielo e che Dio - nell’ultima comparsa – appena si intravede, lo hanno ‘montato’, oppure se meglio vi piace, in linguaggio consono, è stato ‘tagliato’: di Lui è rimasto qualche breve frammentato basso gotico... 




...capitello al di sotto della Torre; carrozze e velocipedi, bar e saloon, vapore e rumore sparati a tiro di cannone in onore di qual si voglia futuro imperatore, dèi dell’indiscussa nuova ‘dottrina’; la Torre immortala il Progresso e con lui ogni futuro ‘maestro’; ed ove alla teatralità d’un tempo ugualmente rappresentato, si è innestato un nuovo ‘processo’ o consequenziale piano ‘filmico’, ‘tecnico’; ove ognuno al centro del nuovo palcoscenico ‘elettrificato’… per chi la riceve e per chi ne fa’ dono, rassicurando l’intero palcoscenico che non regna ‘nevrosi’ solo qualche isolato ‘pazzo’ al piano di sotto far silente secolar rumore pregando ad hore stabilite, tantè che hanno provveduto ad illuminarlo a dovere; è il preludio d’un Film ove lo spettatore diviene d’incanto interprete in fotogrammi storici ben ‘illuminati’ così come ‘montati’ per i vari ‘set’ e non più  celebrazione del Sacro, bensì del rito dissacrato; la trama a soggetto per singolo ‘stand’ ora assume la sequenza filmica del kolossal concernente un nuovo rito, fors’anche il mito preferito delle masse…




La distrazione e il raccoglimento vengono contrapposti in un modo tale che consente questa formulazione: colui che si raccoglie davanti all’opera d’arte vi si sprofonda; penetra nell’opera, come racconta la leggenda di un pittore cinese alla vista della sua opera compiuta.

Inversamente, la massa distratta fa sprofondare nel proprio grembo l’opera d’arte. 

Ciò avviene nel modo più evidente per gli edifici.

L’architettura ha sempre fornito il prototipo di un’opera d’arte la cui ricezione avviene nella distrazione e da parte della collettività. Le leggi della sua ricezione sono le più istruttive.

Gli edifici accompagnano l’umanità fin dalla sua preistoria.




Molte forme d’arte si sono generate e poi sono morte.

La tragedia nasce coi greci per estinguersi con loro e per poi rinascere dopo secoli; ma ne rinascono soltanto le regole. L’epopea, la cui origine risale alla giovinezza dei popoli, si estingue in Europa con l’inizio del Rinascimento.

La pittura su tavola è un frutto del Medioevo e nulla può garantirle una durata ininterrotta.

Ma il bisogno dell’uomo di una dimora è ininterrotto.

L’architettura non ha mai conosciuto pause, la sua storia è più lunga di quella di qualsiasi altra arte; rendersi conto del suo influsso è importante per qualunque tentativo di comprendere il rapporto tra le masse e l’opera d’arte.

Delle costruzioni si fruisce in un duplice modo: attraverso l’uso e attraverso la percezione. O, in termini più precisi: in modo tattico e in modo ottico. Non è possibile definire il concetto di una simile ricezione se essa viene immaginata sul tipo di quelle raccolte per esempio dai viaggiatori di fronte a costruzioni famose.

Non c’è nulla, dal lato tattico che faccia da contropartita di ciò che, dal lato ottico, è costituito dalla contemplazione.










giovedì 23 novembre 2023

DUE FOTOGRAMMI INVERTITI (della cine sequenza storica) (10)

 








Precedenti...: 


fuori programma (9) 


Prosegue ancora? 


Sì certo! verso la 


boscosa collina! [11]










Per stabilire che il presidente doveva essere stato colpito da più di un tiratore e che quindi doveva esserci stato un complotto, chiamammo un certo numero di testimoni da Dallas che avevano visto e udito sparare da’ un punto posto di fronte al corteo. 


William E. Newman, un giovane ingegnere progettista di Dallas, illustrò come si fosse trovato a soli tre-quattro metri di distanza dalla limousine, quando vide il primo sparo colpire il presidente alla fronte. Kennedy cadde violentemente all’indietro. Newman ricordava che i colpi provenivano dalla collinetta erbosa dietro e sulla destra rispetto a dove lui stava.




La sua testimonianza venne confermata da quella di Frances Newman, sua moglie. E da quella di James Simmons, un dipendente della Union Terminal Railway. E da quella della signora Mary Moorman, una casalinga di Dallas, e del signor Philip Willis.

 

Richard Randolph Carr, costretto su una sedia a rotelle a causa di un incidente sul lavoro, volle comunque spostarsi da Dallas e dichiarò di aver sentito dei colpi provenire dalla collinetta erbosa e di aver visto un solco nel prato della Dealey Plaza in direzione est, prodotto da un proiettile che aveva mancato la limousine del presidente. Carr era poi sceso lungo le scale esterne dell’edificio dove stava lavorando e gli capitò di notare quattro uomini che uscivano dal deposito libri. Uno di loro si allontanò, mentre gli altri tre salirono su una Nash Rambler parcheggiata col muso in direzione nord in Houston Street e partirono nella direzione vietata. Quando raccontò la sua storia all’FBI, testimoniò Carr, gli agenti gli dissero di tenere la bocca chiusa.




Il vice sceriffo Roger Craig confermò la testimonianza di Carr, ripetendo sotto giuramento di aver visto una Nash Rambler guidata da un latino-americano arrestarsi in Elm Street di fronte al deposito e raccogliere un giovanotto, che in seguito avrebbe riconosciuto come Lee Oswald, prima di allontanarsi ad alta velocità.

 

L’esperto che convocammo per controbattere la spiegazione ufficiale della commissione Warren riguardante le ferite da pallottola subite dal presidente, era il dottor John Nichols, un professore associato di patologia presso la University of Kansas, il quale si era studiato il film di Zapruder e altre fotografie della scena dell’assassinio. La corte qualificò il dottor Nichols esperto di patologia e di medicina legale.




Per favorire la comprensione da parte della giuria della testimonianza del dottor Nichols, avevamo disposto la presentazione come prove documentali del film di Zapruder e di ventuno fotografie a grande ingrandimento del settimanale Life. Era la prima volta, dopo più di cinque anni, che il film di Zapruder veniva finalmente reso pubblico. Per la verità, l’FBI aveva dato una copia del film alla commissione Warren, ma due fotogrammi decisivi erano stati misteriosamente invertiti per suscitare la falsa impressione che il colpo di fucile, che aveva colpito la testa di Kennedy, fosse stato sparato da dietro.





Anche i National Archives ne avevano una copia per quei cittadini che erano in grado di interrompere il loro lavoro e farsi un viaggio nella capitale. Comunque il film di Zapruder non era mai stato proiettato pubblicamente. Per tutti quegli anni era stato tenuto in una camera blindata nel Time-Life Building in Avenue of the Americas a New York.

 

A questo punto Al Oser, che stava conducendo l’interrogatorio del dottor Nichols, chiese alla corte il permesso di mostrare il film di Zapruder. Mentre i miei viceprocuratori stavano sistemando il proiettore e lo schermo, il pubblico si spostò in massa da una parte all’altra dell’aula per poter assistere alla visione della prima del film della morte del presidente. La pellicola, che illustrava chiaramente con dettagli tremendi il colpo fatale subito dal presidente Kennedy, venne mostrata più di una volta, fino a quando tutti i membri della giuria furono in grado di comprendere quello che era avvenuto. Poi Oser chiese al dottor Nichols di stabilire in qualità di esperto da quale direzione fosse venuto il colpo.

 

‘Avendo osservato queste diapositive, queste fotografie e il film di Zapruder’,

 

dichiarò il dottor Nichols,

 

‘ritengo che siano compatibili con la tesi di uno sparo frontale’.




 Il dottor Nichols testimoniò inoltre che il presidente era stato colpito non solo da davanti ma anche da dietro. A grandi linee, descrisse come i proiettili sparati da dietro fossero entrati necessariamente nel corpo di Kennedy con angolazioni diverse, il che significava che coloro che avevano sparato lo avevano fatto da due differenti posizioni.

 

Speravamo che la testimonianza del dottor Nichols avesse chiarito, una volta per tutte, alla giuria l’assoluta impossibilità della versione ufficiale della commissione Warren, secondo cui sette ferite in entrata e in uscita sul presidente Kennedy e sul governatore del Texas John Connally erano state causate da una sola pallottola.




Il governo assunse questa posizione ufficiale, che finì per essere nota come la teoria del ‘proiettile magico’, dopo che il film di Zapruder aveva permesso di stabilire un intervallo massimo di durata della sparatoria di 5,6 secondi. In un tempo così breve, un assassino solitario avrebbe potuto sparare soltanto tre proiettili. Dal momento che il governo aveva già concluso che un proiettile era andato completamente a vuoto (un frammento aveva colpito la guancia di uno spettatore, James Teague) e un secondo proiettile aveva colpito il presidente alla testa fracassandone il cranio, restava solo questo terzo proiettile ‘magico’, il reperto numero trecentonovantanove della commissione, in grado di spiegare le rimanenti sette ferite riscontrate su Kennedy e Connally.




Stando alla versione del governo, le sette ferite sarebbero state inflitte nel modo seguente: il proiettile penetrato nel collo del presidente, [1] si era diretto in giù con un’inclinazione di diciassette gradi. Poi si era spostato all’insù uscendo dal corpo di Kennedy nella parte anteriore del collo [2], Era proseguito entrando nel corpo di Connally sul retro della sua ascella destra [3], Dal momento che il governatore Connally si era trovato seduto direttamente di fronte al presidente Kennedy, si doveva presumere che il proiettile in qualche modo si fosse spostato verso destra sufficientemente per proseguire, con un’inclinazione rivolta verso sinistra, dentro Connally. A questo punto il proiettile si era diretto in basso con un’inclinazione (di ventisette gradi, spezzando la quinta costola di Connally e uscendo dal lato destro del suo torace [4], Il proiettile proseguendo verso il basso sarebbe entrato nel polso destro di Connally [5], spezzandone l’osso. Poi sarebbe uscito dall’altro lato del polso destro del governatore [6] e sarebbe entrato nella sua coscia sinistra, dove finalmente si sarebbe placato.

(J. Garrison)







mercoledì 15 novembre 2023

BREVI PAUSE (6)









Precedenti capitoli: 


Circa ugual medesima 


'materia storica' (4/5) 


La programmazione 


prosegue  (7/8)   (9)







 …E mentre componevo la Rima pensando la Vita, la morte mi ha atteso nel Sogno aggredito, nel Secondo, dialogo taciuto, si è impossessata quanto da me evoluto, e nel Sogno eterno della vita  sgorgare quale linfa da ogni cellula o atomo, il Pensiero Creato tremare nel boato della terra dove gli Dèi mutarono il mito, ove un profeta assiso al riparo di un albero ebbe la visione di quanto compiuto.

 

Nel ‘vuoto’ governato dal Secondo, la terra ha tremato paura, certo nel mondo della materia è geologia narrare l’opera compiuta, ma nel mondo invisibile di codesto sentiero, simmetrico alla vista di ciò che mai appare, Dèi e Dèmoni hanno lottato per il principio dell’eterna vita, nel ciclo che sempre si ricompone nella materia compiuta. Chi desidera tornare al principio: Simmetria in apparente assenza di vita, e nel vuoto (apparente) all’èstasi dell’infinito, preferendo lo Spirito, ‘Dio prima di Dio’, dovrà affrontare una primordiale lotta: schiere di angeli e dèmoni combattersi nell’invisibile universo.

 

‘Secondi’ intenti pretendono governare il mondo, e con esso anche la materia, se pur ancora la vita terrena, destino del loro profeta li vuole (solo) custodi quanto (dal Primo e immateriale pensato) da me creato.


…Forse fu un sogno incompiuto, nel quale mi astenni da ogni potere su ciò che ottiene forma e immagine, dimensione di vita, la mia essenza e dimensione precedere Spazio e Tempo compiuto, e inquantificabile al principio della vista. Dimensione da te narrata nell’umile materia, ‘assenza’ senza nesso con cui la vita spiega e svela la via (per chi il segreto dell’invisibile vista). In verità, chi esce dal retto contesto e gode visione da te nominata pazzia, inizia a comprendere la retta via nell’invisibile sentiero svelato.




 Tu scruti un sol uomo, contemplare e pregare doppia essenza e mistero, e quale dio dall’occhio Polifemo lo narri e apostrofi come idiota, una virgola senza nessun nesso predicare, o peggio, ipotizzare la vita… Cammino e ti vedo, ed ogni elemento da te così braccato svelare la prigione cui hai destinato codesto creato.

 

La freccia del Tempo svela la via affinché nessuno la smarrisca, il libro del profeta narra uno strano Dio, Straniero all’Infinito mio cammino… E quando scrivo creo e contemplo la vita, testimone il Dio invisibile alla tua parola, hai squarciato la terra e divorato l’antico e saggio profeta. Ci siamo combattuti, materia e principio increato, nelle montagne custodi d’un Primo Pensiero narrato. La Terra tremare  vittoria o sconfitta di chi con la morte scrive la vita. Io che sono la vita muoio nel Sentiero di un Teschio con ugual torto al dono del tempio… nella materia evoluto…  




   ...Neppure per sogno! 

Accanto ai tronchi venerandi delle fedi che hanno nutrito per millenni miliardi di uomini, trovi quelli secchi, oppure i polloni che hanno buttato per una primavera e poi sono rimasti distrutti, o si sono saldati al legno maggiore. Trovi l’episodio manicheo che ci porta poi fin nell’Asia centrale e forse anche nel cuore dell’Europa medievale; trovi l’episodio marcionita; trovi l’episodio essenico; trovi l’episodio mazdakita; trovi il sottobosco, la nebbia di foglie delle innumerevoli sette gnostiche; trovi la fioritura delle confessioni cristiane che si combattevano su ponti sottili di teologia, trovi lo slancio dei mistici sufi…

…Ma in tutti riconosci alcuni, spesso molti, elementi fondamentali del brodo Epsimìra combina ti e rivissuti in maniere, fogge, temperie, toni diversi. Ora qualche elemento manca; ora uno è grandemente sviluppato a scapito degli altri; ora cambia la temperatura emotiva; ora prevalgono miti; ora la nuda religione. E’ come una sinfonia immensa e millenaria in cui i tempi si svolgono su alcuni motivi fondamentali, in alcune chiavi ed in alcune tonalità riconoscibili da lontano.

(F. Maraini, Paropàmiso)




  Aspiro alla foglia dono di vita, e se pur tende alla luce e grazie ad essa compie le sue funzioni principali, è riconducibile all’essenza della radice. Una ben visibile, l’altra nascosta e protesa verso i meandri della terra, ma essenziale fonte di sussistenza per l’albero e il legno ad esso riconducibile a cui aspiro per questa scala.

 

Cerco la foglia e ammiro la sua perfezione.

 

Ciò che ammiro nella compostezza di un panorama colto da lontano è l’infinito concerto di verde di tutte le foglie comporre universale visione dal cielo alla terra cresciuta. Il germogliare in primavera e l’infinita linfa estiva, poi il lento morire, con le troppe sfumature, i troppi colori, la troppa bellezza anche nell’ultima scintilla della stella specchio di questo Universo. Quando la linfa viene meno ecco la stella accendersi di colori ultimi e abbaglianti nella  luminosa bellezza. Monocromatici eventi tornare allo scuro ed invisibile principio, policromatici colori volgere alla linfa della terra in apparente morte, in apparente assenza, letargo quale Spazio contratto precedente al Tempo, per resuscitarlo dal calvario di un apparente nulla.

 

Simmetrico ‘nulla’ universale.

 

Ma la divina bellezza la quale ravviva l’animo, prima e dopo essere approdata alla retina occhio dello Spirito nella materia evoluto, vibra in noi ogni sentimento di gioia e amore per gli elementi della natura composta dal concerto nell’insieme di tutte le note invisibili e successivamente percepite come un suono troppo distante dai sensi in cui pensiamo la dimensione nominata vita, quantunque pregata e udita nello spartito di chi vive nell’Anima Mundi della sua stagione, sino al ciclo del monocromatico verde al policromatico opposto della graduale morte. L’Universo sembra esprimersi con uguali velate note nel simmetrico terreno donde cresciuto, con medesima lingua, stessa costanza ed impareggiabile bellezza.

 

Così cerco con cura e senza far rumore, questi buoni legni.




Non legno qualsiasi, ma accuratamente scelto, a costo di sacrifici e lunghe passeggiate. L’opera più saggia e completa e nello stesso tempo illuminante, non è mai paragonabile a quel ponte sospeso fra due sponde. Nel nulla della concretezza e astrazione dei temi trattati, anche gli argomenti secolari, quelli che rimangono vigili testimoni dell’evoluzione nata dalle pieghe della sua spirale, della sua struttura, nelle curve dei rami, nella forza dirompente delle radici, può cedere il passo alla volontà che sottostà all’ombra della sua ‘creatura’.

 

Da lontano ammiro la perfezione secolare della natura, ne rimango estasiato, contemplo questo Universo. Conto i suoi colori, leggo il libro della vita. Compongono con esso le strofe di una più probabile verità.




 …Ed ora riprendo l’umile cammino terreno, chino e con più ferite di prima nelle percosse della tua parola… Risorgo ad ogni Primavera dall’eterno inverno dell’infallibile dottrina, cerco solo di narrare la vita, l’Anima Infinita, lo Spirito di una diversa Rima, così risorgo e osservo quanto (da te) governato nel sogno compiuto.

 

Mi perdo in quello, in quanto (tu) sfrutti la vita, io vago nell’Abisso di una diversa bellezza, principio assente alla materia, vuoto in apparente assenza di movimento, principio che sogna la vita. La penetro e  governo nella dimensione assente alla tua orbita, parlo con chi invisibile al tuo ingegno nel ciclo di questa opera, così da poter svelare nell’onda dell’apparente pazzia, il quadro della rima ammirata e crocefissa.

 

Insieme componiamo la Rima, ma non certo l’intera poesia o arte che sia: tu cerchi di penetrare controllare e addirittura prevedere il principio infinito di cui Secondo al Primo verso composto. Ridi e ti fai beffa della semplicità, nell’infallibilità dell’ortodosso verbo ove pensi scorgere l’eterna Eresia sottomessa e braccata. Urli e ridi prigioniero di una particella di vita, ignaro che il ciclo ognuno dovrà ricomporre per provare cos’è, in verità, la segreta mia Natura…

 

In ogni elemento dimora l’eterno e invisibile principio, in quanto la forma presiedo, tu calco… narri e scomponi la vita. Nell’apparenza, quella certamente è una foglia, principio e linfa respiro della materia, ma nel secolare albero che ti narrai dimora un intero Universo.




 Una vita punita dalla tua schiera, dal tuo effimero potere, il nulla creato. Io posso dall’alto di questa eterna lotta destinare loro il ciclo dell’opera alla tua vista compiuta, in verità incompiuta in quanto il sogno sempre si ricompone alla notte della tua venuta…  

 

 …Gli alberi sono santuari…

Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, percepisce la verità.

Essi non predicano dottrine e ricette ma predicano, noncuranti del particolare, la legge primordiale della vita...

Un albero parla: in me si cela un granello, una scintilla, un pensiero, io sono vita della vita eterna. Unico è il tentativo e il parto che l’eterna madre ha osato con me, unica la mia figura e la nervatura della mia pelle, unico il gioco di foglie della mia vetta e la più minuscola ferita della mia corteccia. Il mio compito è rappresentare e significare l’eterno nell’intarsio dell’unicità.

Un albero parla: la mia forza è la fede...

Io non so niente dei miei padri, non so niente dei mille figli che ogni anno da me si generano. Io vivo sino in fondo il mistero del mio seme, di nient’altro mi preoccupo.

Ho fede che Dio è in me.

Ho fede che il mio compito è sacro.

Di questa fede io vivo.

Quando siamo tristi e non riusciamo più a sopportare la vita, allora un albero può parlarci:

Fa silenzio! Guarda me! Vivere non è facile, vivere non è difficile…

(H. Hesse, Alberi, Storie di vagabondaggio)




Così nell’interrogativo dall’uomo a dio posto dio o uomo che sia, chiedo al principio che in ognuno dimora, chi sono questi Spiriti che vagano come onde narrare le ère trascorse. Chi questi esseri vivi e invisibili al Sentiero dell’opera magnifica comporre siffatta splendida Rima, non certo la mia. Sua, l’infinita Poesia, mi suggerisce foglia e Parola, eterna Anima  risorta alla luce di quanto Creato…  

 

Nel verbo ove contemplo e prego Dio, la verità per sempre taciuta narrare il Sentiero della Vita: avversa alla materia (ora) compongo e dipingo il quadro, vista del tuo occhio compiuto… Ciò che vedi e non intendi compone solo l’intento incompiuto controllato dal piatto schermo evoluto, la ‘parabola’ cui affidi il sogno sognato alla materia della vita incapace di vedere l’opera prima.

 

Nel Sentiero di questo esilio, la domanda si fa più compiuta di prima, e là dove poggio l’occhio dell’Eterna Memoria scopro il segreto della vita muto alla parola. Là dove prego e dipingo Dio nell’opera della Natura risorta, il quadro si forma alla segreta mia vista, per ricomporsi più bello di prima.




 Così parla il ‘Dio prima di Dio’, indica la via in apparenza smarrita, dona coraggio e preghiera, ad annunciare nel quadro dipinto all’alba di una eterna mattina la sua risposta: prosegui il cammino perché il sentiero non hai smarrito, è nato l’uomo non certo lo Spirito avverso al sogno compiuto. Anch’io fui inchiodato una mattina, trascinato al rogo della vita da chi nella materia cerca il calore della vita. Da chi bracca ogni Anima perseguitare la vita. Da chi caccia ogni parola per il trofeo che sfama ed orna la sua dimora. Ugual gente mi insultava e calunniava nella stessa via.

 

Poi come un raggio di verità nella legge nel tempio evoluta, la legge di un dio non conforme alla vita pensata e cresciuta, terminai la parabola dell’eterna Parola al Teschio della tortura. Ciò che per il vero appare quale pazzia, è via e vita, scoperta e indagata una mattina per l’intero sentiero dell’infinita venuta.

 

Chi pone questa regola, vedrà comporsi e dispiegarsi la domanda ossessione di una e più vite. I sentieri percorsi furono tanti, narrarli o descriverli non basta un Universo, come non sufficiente una sola dalla  Dimensione vissuta… svelare la vita.

 

Da quello… neppure Dio… se è per questo.




Così quando preghi la vita, senza nome o dio. Quando preghi la Natura taciuta, io osservo l’opera compiuta, e seguo la tua via. Ciò che tutto intorno appare, è quanto dall’uomo nato studiato sfruttato e dominato, in verità, a te dico, vi è un altro Universo invisibile al loro secondo Dio. Un altro Universo ove ciascuna vita vissuta compiere il ciclo dell’eterna venuta…

 

Lo Spirito cui composta la Luce Divina parte dell’opera compiuta, disceso entro la materia, eterno questo sentiero, fors’anche prigione, perché se pur bella la foglia che preghi comporre l’albero della vita, prigioniera del Tempo ciclo della Natura. Prigioniera anche lei di un destino compiuto, se dona elemento, se orna la vita, sempre nel corpo della materia evoluta…, ed in lei compone l’opera di cui linfa taciuta…  



 ...Quel ponte sospeso nell’attimo di raccoglimento quale visione dell’opera e nella parola non scritta, ne supera in verità la sostanza. Perché non si attiene ad essa, ma da essa ne prende linfa per uno slancio nuovo che produce energia essenziale per assaporare la vita nell’incessante suo procedere posta nel ciclo costante fra la nascita e la morte.

 

Così mi accingo alla costruzione di questa scala che pongo nell’insieme, al di sopra di esso mi elevo per superare la stretta via del programmato, organizzato, strutturato. La costruisco con sapiente maestria, e non cerco quell’ispirazione verso l’alto inteso come superiore, ma elevazione morale e non erudizione bensì intuizione. Che no, non è linguaggio misurato, scrutato, controllato, elaborato, per divenire geroglifico d’incomprensione, ma istinto  mutato in esperienza già vissuta. Lingua già parlata, sé pensante e quantificabile nella sua evoluzione. Sé assumere coscienza di ciò che era e non ricorda. Questo ricordo indago, un sogno perso in una visione mistica verso il nostro passato troppo spesso confuso barattato venduto per altro, cerco correggo ed interpreto.




Una semplice opera di ‘metafisica’, in quanto essa supera per sua volontà le leggi della fisica e della natura così come ci appare. Cerco in questo sforzo di sollevarmi da ciò che per nostra natura ‘pensiamo’ conoscere o scrutare. Pongo delle ragioni di dubbio che risiedono nel fondamento dell’ispirazione. Quando pongo nel buio dei vostri perché questa scala, la mia ispirazione non è sollevarmi al di sopra degli uomini per raggiungere simmetrica sostanza dell’infinito, bensì, sollevarmi dall’immensità del conosciuto o del mistero, verso ciò che prescinde dall’essenza del materiale con cui per millenni è stata costruita, con ugual volontà con cui mi accingo per la stessa opera (e se nel paradosso di cotal volontà manifesta approdo, in assenza di tempo, alla prima negazione detta, allora ho pur perseguito Infinito intento e creato Spazio e Tempo nella mistica contemplativa d’una negazione la quale negando se stessa divenire affermazione prescindendo così dalla volontà con cui per secoli cotal ‘scala’ pensata e costruita, liberato cioè da qual si voglia manifesta ortodossa pretesa di cui Eckhart eretico maestro…).

 

Quando ci rivolgiamo alle ragioni della fisica con tutte le sue teorie, occorre questo sforzo intellettivo per elevarsi alla concezione reale di una probabile creazione e al suo motivo. Quando mi accingo allo sforzo culturale di immaginare l’Universo secondo le ultime teorie della fisica, attenendomi alla teoria delle stringhe fino alle più recenti definizioni circa la materia scura, deve compiere questo sforzo intellettivo: assimilazione e astrazione.

Innalzo questa scala composta con tutti gli scalini del nostro sapere, ma prescindendo innanzitutto da essi, per sollevarmi a nuove e più probabili affermazioni di verità. Attraverso lo spazio tridimensionale, apro più certe dimensioni sulla consistenza dell’inizio e successiva fine, come il presente scritto attraverso più dimensioni di altri scritti, cercherà di fare.




Fra l’inizio e la fine ci sono dei perché, come punteggiature e virgole  all’interno di un disquisire. Più di certi punti esclamativi, riduttivi e ripetitivi nella loro bellica chiassosità. Mentre coloro che si soffermano su degli stili di vita e modellano grazie ad essi tutta la loro materiale esistenza, non convergono a degli interrogativi, bensì a delle pause più o meno lunghe negli intermezzi della frase, del discorso, nell’opera che si accingono compiere ogni giorno fra l’inizio e la certa fine nella grammatica della vita.

 

Si soffermano, illusi di procedere, senza proseguire nel cammino, non compiono sforzi intellettivi e interpretativi per andare alla fonte della retta la quale da  - A -  tenta e striscia verso  - B - e successivamente camminare e volare da - B - e poi ancora procedere all’uso costante di una e più possibili grammatiche dal pensiero evolute sino alla parola e questa ad una probabile scrittura consequenziale e connessa nell’intero suo svolgere non esulando da nessuna condizione posta…

 

Così come la foglia ed il suo ramo e questo all’albero dalla radice cui nasce e l’uomo raccoglierne il frutto ben maturo che non sia una mela nell’errata grammatica nella genesi della vita bensì pensiero evoluto all’ombra di uno o più universi nati nella corretta comprensione e successivo stupore   nella parola… celebrato…




Si sottomettono poi, senza mettersi in discussione in improbabili voli di costruzioni infinite, al pari, pensano, del nuovo mondo virtuale, da questo traggono giovamento per la propria esistenza e quella degli altri. Così l’economia del mondo. La nuova lingua: uguaglianza, emancipazione, moda, e dicono anche progresso e libertà. Non si accorgono invece di essere fermi in interminabili pause storiche che con il loro operato tendono a ricomporre con uguale precisione sottoposte all’intervento grottesco di più punti interrogativi ed esclamativi. Quante volte sottoponendoci alla umiliante visione (per l’essere umano evoluto) delle notizie che ogni giorno ci arrivano a conferma di questa teoria, ci accorgiamo che le pause di punteggiature e virgole scandirne il tempo, tendono ad essere costanti insormontabili per il giusto progredire dell’essere umano. E tutti coloro che si dilettano in questo modo a concepire la grammatica della nostra esistenza, ne rallentano in verità la vera ascesa.

 

Il Profeta che ti appare ed il suo Universo, lo scruti nella giusta preghiera di un intero mondo taciuto, forse lo hai visto, e quando ti sei avvicinato ed hai contemplato l’Assoluto, ammiri la vita nel cosmo compiuto. Vi sono Spiriti dimorare e rinascere ad altre nature, risorgere così ai loro sentimenti opere ed errori, in questo nulla possono eccetto il Principio. Chi risentito e prigioniero, anche nella bellezza per sempre pregata o rifiutata, alla ricerca del comune principio Spirito desiderato, vuol tornare in verità e per il vero all’originale Natura…, per questo hai udito le tante voci di Eretici prigionieri della materia, ora godono il ‘consolamentum’ del sogno dell’eterna via destinata.

 

Poi risorgeranno con il loro ‘peccato’ a nuova vita!




Chi in verità attende resurrezione dei corpi divisa e pregata nei gironi di ugual vita, anche se con nomi diversi, Inferno Purgatorio o Paradiso, ha inventato una strana dottrina per svelare e narrare la Natura. Ha inventato un falso sentiero, cedere ad un Dio incompiuto il passo di un  parola assente al Suo giudizio per abdicarla alla verità taciuta dell’opera mia… Se fosse così meschina e misera la vita, o la Natura da me solo sognata e pensata, sarei incompiuto per ciò che appare Infinito. 

 

Sarei più piccolo del Creato, Frammento di quanto pensato.

 

L’Universo che scruti e vedi, viaggi ammiri e brami, dove formuli numeri e teorie, è uno specchio fra te e il Dio pregato e cercato.

 

Il Tempo?

 

Un inganno con cui abbandonano la Verità della dimensione cercata, se osservi attentamente la strana teoria, vedrai altri Universi prima del principio della… Vita… Così potrai comprenderne la verità muta ed invisibile alla dimensione della tua via… Nell’inganno del Tempo creato ove la materia stende lo spazio osservato… Compongo nei miliardi di anni luce non ancora giunti alla comprensione della tua vista, una diversa Rima… Quando l’immagine si ricompone fra secoli millenni milioni miliardi di spazi contati, scoprirai galassie dove se scruti vedrai la vita, e forse un pianeta ove appena eretta una strana ‘dottrina’ ciecamente pregata… ed osservata…




Ti guarderai come eri e diverrai, ma quando poggerai l’occhio smarrito all’Albero della Vita, Universo taciuto, sarai al capolinea della terrena venuta, avrai mutato il corso d’un pensiero sogno incompiuto, scorgerai l’errore della vita dominata, godrai dello scempio della Terra ora albero secco e muto morto all’opera (tua) compiuta. Una lacrima nel sotterraneo del rifugio bagnerà il viso, vedrai una terra piatta da un Oceano di continenti unita, e nei secoli rinascerai al piccolo tuo sogno di gloria incarnato in un Dio di potenza giudice del peccato mai consumato. Pensa governare la Terra, quando in verità tutto in lei più morto di prima.

 

Vedrai una terra, un pianeta, una foglia ed un Albero di vita…

 

Ma te che ti fai beffa dell’opera sei alla fine di ciò che pensi la cima, Sentiero cui hai dominato e confuso la vita…

 

Quel pazzo assiso senza parola privato del nesso della vita, che pensano aver smarrito la retta via… ha scritto e scoperto in silenzio il segreto dell’intera ed infinita segreta immateriale sua essenza… Mortificherai la verità, braccherai Dio, calunnierai il Suo mistero… ed ad un Teschio condannerai la retta Parola…

   


Così in questo spazio tridimensionale mi accorgo che in realtà la nostra percezione tende a trascurare e condizionare, per nostro limite, altre dimensioni o visioni. Ciò che non vediamo composto nella materia della vista o percepito con l’udito, non esiste. Esiste solo ciò di cui si compone l’immagine ed il proprio elemento, ciechi e sordi di fronte al simmetrico suo specchio e riflessa nell’armonia dell’invisibile, né vista né udita, ma radice, dell’universale pianta che ammiriamo in silenziosa preghiera. L’essenza prima sulla quale poggia la teoria della ‘meccanica quantistica’ risiede in questa specifica intuizione nella definizione di moto dal micro al macrocosmo della materia visibile e quantificabile.

 

Quando immaginiamo una scala, in senso prettamente metafisico, tocchiamo per il vero le ragioni della fisica. Ma dobbiamo adoperare un’immagine surreale, che non si assommi nella Babele della propria altezza, bensì cerca di allontanarsi da quel giogo di gravità intesa in termine fisico e culturale a cui siamo assoggettati quale condizione della visione stessa, quando uno stesso mezzo, il più antico nella sua efficacia, relegato in una singola visione e non interagendo con le altre. Se pensiamo l’uomo, la storia da lui creata, lo spazio occupato ed i presunti risultati conseguiti da quando riscontriamo i segni della sua presenza su questo pianeta, ci accorgiamo che per rispondere ad alcune domande circa il dubbio (nonché ciclico così come poco fa espresso circa la ‘grammatica’ quale scrittura composta di  interrogativi in virgole e punti distribuiti) operato raggiunto nei secoli dobbiamo rivolgerci ad altre scienze e discipline. Ci sono insufficienti argomentazioni attendibili circa i temi trattati da alcune discipline sulla natura umana. Dobbiamo cercare, così come faremmo nel cosmo, altri elementi per spiegare la sua natura per poi prevederne e capire dinamiche passate e future distribuite entro la dimensione dello spazio e tempo, in una probabile freccia del tempo se l’Universo ne contenga una o molteplici.




Nell’evoluzione della materia conosciamo questa direzionalità irreversibile, ed attraverso questa scala così immaginata aspirare al concetto precedente l’Universo, cui proveniamo in assenza di tempo direzione e reversibilità. Per poi decifrare più che capire, visto la distanza della materia osservata, visto la profondità dell’abisso scavato, visto l’impossibilità della percezione ottenuta attraverso questa vista, questo sguardo, questa intuizione, questo sogno. Quindi l’uomo con i propri limiti i quali riconducibili ad uno specifico DNA acquisito nei milioni di anni connesso a fattori bio-chimici da cui la vita nella totalità estensiva della propria evoluzione, ed in cui per l’appunto, nessun ‘senso’ o elemento esulare dall’intero contesto interagendo con gli altri, l’ecosistema vita si rivela in base a questo principio. Ma anche cotal fisica via, mi sembra comprendere, contiene un aspetto riduttivo e fors’anche selettivo ridotta alla materia (precipitata composta e successivamente ‘corrotta’), se pur spiega molte più cose di quanto siamo abituati ad esaminare e studiare secondo le discipline attuali, le quali tendono evidenziarne il profilo psicologico nel contesto sociale in cui calato l’essere umano nel quotidiano vivere esulando in verità e per il vero da molti altri metafisici aspetti fondamentali per una più retta e saggia comprensione di una probabile ed invisibile dinamica.

 

Certo, leggere l’umano attraverso un ‘codice a barre’, è come leggere un libro chiuso cui è stato affidato il compito ad operatori incaricati del suo commercio nel magazzino e scaffale della storia. La storia in realtà comprende più aspetti, più letture e chiavi di interpretazione. Più fattori che uniti assieme  convergono o divergono, creando nel cosmo della vita molteplici interpretazioni ed evoluzioni. Psicologiche sociali antropologiche genetiche filosofiche scientifiche e via dicendo.




 Così quando ci accingiamo alla nostra costruzione, alla nostra scala, in puro senso metafisico, siamo attenti ai ‘legni’ adoperati per erigerla aspirando innanzitutto alla somiglianza dell’essenza della radice, per la quale i motivi del frutto visibili opposti che convergono. Uno ben godibile dalla corteccia al ramo quale immagine di vita, l’altra invisibile ed essenza del principio cui la sostanza dipende. La funzione della radice indispensabile, metaforicamente parlando, nel ciclo della vita, la quale ci riconsegna grazie alla fotosintesi a quel processo costante ed essenziale per l’esistenza nel nostro ed altrui benessere. Pensare di abbattere ciò che è imprescindibile ed indispensabile per la vita per diversa fonte di sussistenza e con questa guadagno e profitto per tutti gli interessati, significa non voler progredire ed evolversi nel senso scientifico della parola; bensì regredire con tutte le immediate conseguenze e successivi disagi che si palesano a breve e lunga scadenza. Migliorare la qualità della vita non significa solo guardare ai grandi traguardi conseguiti dalla scienza in questi ultimi anni, bensì vedere la ‘scala’ così come noi la intendiamo nella reale costruzione per la quale è stata pensata.




  Di solito però vivevamo giorno per giorno nella severa ritiratezza del nostro Eremo. Esso era edificato ai margini delle Scogliere di Marmo, nel mezzo di una delle isole pietrose che interrompono qui e la terra fertile dei vigneti.

...Dalla terrazza si passava ella biblioteca per una porta a vetri. Nelle serene ore mattutine questa  porta era interamente aperta, sicché fratello Ottone sedeva al suo ampio tavolo come se fosse in giardino. Entravo sempre volentieri in questa camera, alla cui parete le verdi ombre del fogliame pareva giocare, ed il silenzio era appena interrotto dal pigolio degli uccelli usciti da poco dal nido e dal vicino ronzio delle api.

Presso la finestra su di un cavalletto era disposta la grande tavola da disegno, e alle pareti si susseguivano file di libri sino al soffitto. La fila inferiore era disposta in un compartimento alto, opportuno per gli in-folio, per il grande Hortus Plantarum Mundi e per le opere con illuminatore a mano, quali ormai più non si stampano. Sopra quel compartimento sporgevano i ripostigli, che si potevano ancora ampliare mediante tavole, coperte di carte occasionali o dei fogli ingialliti degli erbari. Quei cassetti contenevano anche una raccolta di piante, che noi avevamo estratte da miniere di calce e di carbone, e fra di esse parecchi cristalli, che si usano esporre come soprammobili, e che a volte si soppesano in mano, per trastullo, nel meditato conversare.

Sopra le cassettiere si innalzavano le file di volumi di formato minore, una raccolta di opere botaniche non molto vasta ma completa di tutto quanto prima d’allora era apparso sulla coltivazione dei gigli. Questa parte della biblioteca si distingueva in tre diversi rami, formati cioè dalle opere circa la struttura, il colore e il profumo del giglio.

...Eravamo venuti all’Eremo con il piano di dedicarci a profondi studi circa le piante, e cominciammo,secondo l’ordine del respiro e dell’imporci un regime nella nutrizione. Come tutte le cose di questa terra, anche le piante ci vogliono parlare, una mente chiara è necessaria per comprenderne il linguaggio.

(E. Junger, Sulle scogliere di marmo)

 

(Da Giuliano Lazzari l’Eretico Viaggio)