giuliano

giovedì 22 marzo 2018

SIAMO QUI!


















Precedenti capitoli:

La cima di Satana & l'Isola del Diavolo (4)

Prosegue in:

Io sono qui tu dove sei? ovvero: il motore a schioppo (6)














Consentitemi qui di dare qualche indicazione a chi intende scegliere la professione di guida...

Innanzi tutto occorre avere una perfetta conoscenza delle montagne, così da poter essere certi del percorso anche quando la foschia le avvolge. Bisogna poi sorvegliare sempre con attenzione i propri clienti, particolarmente quando ci si trova in luoghi pericolosi…
Prima di organizzare un'escursione, è bene ogni volta informarsi circa le capacità delle persone che si stanno per accompagnare…




…La guida dovrebbe agire come il capitano di una nave: per quanto illustri possono essere gli individui (spesso non sono consapevoli delle difficili pagine del Tomo specchio della Storia intera la quale vorrebbero conquistare... e sopraffatti dall’illusione di una nuova Cima nominata progresso tornare babbuini di ben altri giardini  deliziare l’altrui ingordo appetito... Ci sono paradossi profondi come crepacci che governano il misero loro ed altrui cielo; regnano contraddizioni come gelo e ghiaccio; albergano immagazzinano respirano ed inalano un ossigeno rarefatto da divenire inconsapevoli oggetti soggetti e strumenti di una complessa componentistica dal palmare inghiottiti di altrui dei là ove una volta regnavano i veri ‘Dèmoni’ della Terra; pensano credere e possedere la Cima, ma in verità e per il vero, nel fondo di una grotta incisa e scritta ove si è perso anche l’uso della vera e nobile Parola accompagnare il Verso,  regredendo all’illetterato soffocato urlo ed indicare o barattare una Verità come la peggior bestemmia… e che Satana ci assista lungo tal difficile Eretico Viaggio…) che si affidano alla sua sorveglianza, soltanto a lui spetta di dirigere e governare...




 …Il segreto della guida è la prudenza: io sono sempre all’erta...

Tuttavia esistono differenze anche tra coloro che conoscono questo (nobile) principio e segreto.

C’è guida e guida: ognuna ha il proprio punto forte!

Si dice che la guida di Zermatt sia la migliore su roccia mentre la guida dell’Oberland sia da preferirsi su ghiaccio.
Ciò non è sempre esatto per quanto riguarda i singoli casi, ma risulta vero parlando in generale. Io stesso sono diventato specialista sia su roccia che su ghiaccio. Poi c’è la guida che confida nella fortuna: è pronta a tutto, ma non sa che cosa l’attende, semplicemente tira ad indovinare quando le si domanda:
‘Quanto dista la vetta?’.




Io però non lo faccio mai; prima di affrontare un itinerario che non ho mai percorso, lo studio in anticipo, ne disegno il tracciato e lo esploro con il binocolo finché non lo imparo a memoria. Quando dico ‘ANDIAMO’, sono in grado di rendermi conto che cosa mi aspetta...

In montagna devo sempre sapere quel che faccio...

Non che io sia ‘scientifico’: se qualcuno si rivolge a me per avere una risposta 'scientifica', di sicuro non l’ottiene...
Ma cartina alla mano posso indicare ‘SIAMO QUI’ (e non certo dove pensano loro che ci scrutano laggiù in quel misero albergo...). [ *1 ]




[ *1 ]… Stendo il mio sacco-piuma sul pavimento, mi sdraio e sistemo la candela accanto al guanciale…

Petr Petrovic alza la testa e mi guarda.

‘Ecco, voglio spiegarvi una cosa…’,

dice sottovoce, perché il resto della cordata (assieme al resto del Club da cui dipende…) non senta…

‘Qui in Siberia il popolo è ignorante, inetto. Gli portano tutto dalla Russia: e i pellicciotti, e il calicò, e i piatti, e i chiodi… da solo non sa far nulla. Solo arare la terra, e trasportare i viaggiatori, nient’altro…

Non è nemmeno capace di pescare!




Che popolo noioso, solo Dio sa quanto! Se vivi insieme a loro, puoi soltanto ingrassare a dismisura, per l’anima e l’intelligenza non c’è speranza! Ma se li guardi, caro signore! Perché l’uomo qui è in gamba, ha il cuore, lui, e poi non ruba, non offende il prossimo non beve neanche tanto. E’ un tesoro, altroché, eppure vedete, va in malora come niente, è inutile, come una mosca, o tutt’al più una zanzara.

Chiedeteglielo un po’: per cosa vive?’.

‘L’uomo lavora, si sazia, si veste’, dico.

‘Che cos’altro potrebbe volere ancora?’.

‘Ma, ad ogni modo, dovrebbe capire a quale scopo vive! In Russia lo capiscono!’.

‘No, non lo capiscono’.

‘Non è possibile, non ci credo’,

dichiara Petr Petrovic, dopo averci pensato un po’.




‘L’uomo non è un cavallo. Per esempio, da noi in Siberia, non c’è giustizia. E se mai c’è stata, è morta assiderata da un pezzo. Ecco l’uomo deve cercarla, questa giustizia. Io sono un contadino ricco, potente, l’assessore di qui me lo rigiro come voglio, e anche domani potrei fare un torto a questo padrone di casa: lui marcirebbe in prigione per colpa mia e i suoi figli sarebbero costretti ad andarsene chissà dove. Io non ho nessuno che possa fermarmi, e lui nessuno che possa difenderlo, e questo perché viviamo senza giustizia… Perché è solo all’anagrafe [ *2 ]  che siamo registrati come uomini, Petr, Andrej… in realtà vien fuori che siamo lupi che siamo Diavoli… Guarda invece poco più in là dove ci troviamo agli Uniti Stati guarda che grande Democrazia sorgerà…'.




Poco dopo essere tornato dalla Russia verso la fine del 1896, l’ingegnere (un altro cliente della guida…) fondò finalmente la sua società. Collocò la sede dell’azienda nel suo austero magazzino-officina di due piani nel quartiere Georgetown di Washington D.C., a pochi minuti di auto dalla Casa Bianca e dal Census Bureau [ *2 ]….

Scelse il nome della sua organizzazione con prevedibile semplicità: The Tabulating Machine Company, un nome che sarebbe stato dimenticato. Quella stessa impresa si sarebbe trasformata nell’IBM, uno dei nomi commerciali più noti di tutti i tempi.
Poco dopo il censimento del 1900, il governo federale comprese di aver aiutato la Tabulating Machine Company a creare un monopolio globale basato su un’invenzione che il Census Bureau aveva, in un certo senso, ‘commissionato’ ad Herman Hollerith, un dipendente sul suo libro paga (come si evolveranno medesimi intenti e progetti? Non aggiungo altro!). Simeaon North, il nuovo lungimirante direttore del Census Bureau, scoprì inoltre numerose irregolarità nei contratti relativi alle macchine per schede perforate.




Hollerith ingannava il governo federale (e in seguito l’F.B.I.  aprirà una sostanziosa inchiesta…) ed inoltre utilizzava i dati incamerati per scopi poco illeciti… A quanto pare, i contribuenti americani senza saperlo stavano finanziando l’ascesa del nuovo impero Hollerith (e questo continuò sino all’evoluzione dello stesso tradotto nei moderni fasti della digitale globale comunicazione di massa….). La tecnologia avanzata della Tabulating Machine Company era indispensabile, pensava Hollerith, con essa pensava di potersi servire del governo statunitense, e non più di essere da questi adoperato, e di poter esercitare su di esso pressioni illimitate: la complicità era reciproca.




In seguito, avvilito ed esasperato per come evolsero le cose, nel 1910, con una manovra incredibilmente arrogante, Hollerith cercò addirittura di impedire agli Stati Uniti di assolvere la propria funzione di effettuazione del censimento, una funzione prevista dalla Costituzione. Affermando che il Census Bureau intendeva utilizzare nuovi macchinari che, in qualche modo, violavano i suoi brevetti, Hollerith intentò una causa legale e riuscì a convincere un giudice di Washington D.C. ad emettere un’ordianza restrittiva contro il 13 censimento. Alla fine però, i tribunali si espressero contro la Tabulating Machine Company.

Hollerith aveva perso alla grande.

A questo punto quando tutto sembra perduto entra in scena Charles Flint, un rude individualista, che alla fine del XIX secolo incarnava la figura del ricco capitalista avventuriero (e sappiamo ancor meglio come cotal figura individualistica in barba alla sana democrazia evolverà ed usurperà il suo scettro il suo regno…).




Flint, uno dei primi americani a possedere un’automobile e a viaggiare in aereo, un avido cacciatore e pescatore, accumulò i suoi milioni grazie al commercio internazionale. Tra le merci che trattava figuravano le armi, e a lui non importava chi le acquistasse.

Le speculazioni belliche di Flint non avevano limiti!

L’industriale allestì una flotta privata per aiutare i funzionari brasiliani a reprimere brutalmente una rivolta organizzata dalla Marina di quella nazione, restaurando così l’autorità del governo. Concesse al Kaiser Guglielmo la licenza per la riproduzione del nuovo aeroplano Wright-Brothers per contribuire al lancio dell’aviazione militare tedesca e dei suoi assi della grande Guerra. Flint non si faceva scrupoli di vedere fucili e imbarcazioni a entrambe le parti di un violento conflitto.

Era la religione del suo Dio ed in nome di questo.

Iniziò a vendere armi al Perù subito dopo aver interrotto i contatti con il Cile quando tra i due paesi scoppiò una schermaglia di confine e fece lo stesso con la Russia e il Giappone durante i loro innumerevoli scontri…

Una volta, qualcuno scrisse di lui:

‘Se qualcuno lo avesse definito un commerciante di morte, Flint si sarebbe domandato che cosa volesse dire’.

Era questa in sostanza la natura occidentale prima della Grande Guerra.




Flint perfezionò inoltre un metodo ignominioso per condurre gli affari, il cosiddetto trust. I trust erano coalizioni industriali volte a limitare la concorrenza (una sorta di protezionismo), che spesso divoravano segretamente gli avversari e alla fine inducevano il governo a optare per un giro di vite. Il famoso Sherman Anti-Trust fu creato proprio per combattere simili abusi. I giornali dell’epoca denominarono Flint il ‘padre dei trust’. Questo nomignolo lo trasformò subito in un’affascinante leggenda e in un cattivo del suo Tempo (vi ricorda nulla?).

…Tutto ciò come sappiamo porta all’IBM…

Il Presidente aveva imparato da tempo che un governo in fase di riorganizzazione, e soprattutto, un governo che monitorava rigorosamente la propria popolazione, poteva recare notevoli vantaggi all’IBM. Negli anni della Depressione, quando l’amministrazione di Franklin Delano Roosevelt creò una massiccia burocrazia per aiutare il pubblico e controllare il commercio, l’IBM raddoppiò le proprie dimensioni e triplicò di conseguenza il volume d’affari. Per esempio, il National Recovery Act del 1933, ricorda un funzionario dell’IBM,

‘stabiliva che all’improvviso le imprese dovessero fornire al governo federale informazioni in quantità enormi e inaudite’.

Nuovi moduli e rapporti e statistiche sulle esportazioni, altre registrazioni e altre statistiche: l’IBM prosperò grazie alla burocrazia…

(non censiti....)

(Prosegue...)


















mercoledì 14 marzo 2018

LA SFERA DELLA MORTE

 








































Precedente capitolo:

La sfera della morte

Prosegue in:

La sfera della morte (3)












Colui che vi discendeva e vi trascorreva una notte vi subiva le pene del… purgatorio… Se resisteva ai demoni che lo tormentavano e lo tentavano, tornava sulla terra sicuro di andare in cielo purificato dai suoi peccati, poiché, convinto e terrificato dalla sua esperienza, aveva cura di fare penitenza e di condurre da quel momento una vita senza peccato.
Se, al contrario, si lasciava sedurre dai demoni, egli non tornava più, poiché veniva portato via nell’inferno. Questa prova era un’ordalia, un ‘lascia o raddoppia’ sulla salvezza eterna. Ad Owein viene dato avvertimento che resista tanto alle minacce che alle lusinghe dei demoni, e, qualora non si fosse sentito in grado di tener duro fino alla fine, non avrebbe dovuto far altro che invocare – ma solo in extremis – il nome di Gesù.




Trascinato da una corte di demoni, egli attraversa una serie di luoghi in cui ci sono uomini e donne che subiscono torture spaventose da parte dei diavoli. Alla fine del viaggio durante il quale  in ogni tappa egli è sfuggito ai demoni grazie all’invocazione del nome di Dio, riesce ad evitare di essere trascinato in fondo al pozzo dell’inferno in cui i demoni l’hanno gettato pronunciando il nome di Gesù; ed è questo che gli consente di uscire nuovamente dal pozzo, di attraversare vittoriosamente un ponte vertiginoso, stretto e scivoloso, finché arriva nel paradiso terrestre da dove gli viene additata la porta del paradiso celeste. Non gli rimane a questo punto che prendere la via del ritorno, che questa volta percorre senza incontrare ostacoli e, uscito dalla caverna in cui era disceso, si pente dei suoi peccati e si converte ad una vita di pietà.
Il Purgatorio descritto dal trattato del monaco di Saltrey è molto vicino all’inferno. E’ un inferno temporaneo al quale alla fine le anime, e coloro che vi cadono dentro, sfuggono. Tutto quello che vi accade, compresi i gesti che vi sono compiuti, vale pure per l’inferno, anche se con modalità relativamente attenuate e soprattutto con due differenze non prive di influenza sui gesti. Il purgatorio è una successione di luoghi che si trovano sullo stesso piano, lo si percorre con un cammino in pianura, non salendo o scendendo. E si tratta di un luogo aperto, di cui non si vedono i confini, da cui si esce, cui si sfugge.




Ma in questo testo – largamente influenzato dalla sua fonte principale, l’Apocalisse di Paolo, e cronologicamente situato alla fine del XII secolo, in un momento in cui il sistema del purgatorio non è ancora ben costituito -, alcuni gesti che in seguito saranno tipici del purgatorio non compaiono ancora: si tratta delle preghiere dei defunti che sono lì a purgarsi, preghiere rivolte ai visitatori perché, tornati sulla terra, avvertano i parenti di fare suffragi onde possano abbreviare il tempo della loro permanenza in purgatorio, preghiere rivolte a Dio nella speranza di raggiungerlo in paradiso cui teoricamente sarebbero destinati dopo un certo periodo.
Gli esseri che si aggirano nel ‘Purgatorium Sancti Patricidi’ appartengono a due categorie: uomini e demoni…
Fra gli uomini bisogna distinguere i morti dei due sessi – che sono delle anime, ma munite di una specie di corpo che fa sì che sentano le sofferenze materiali – torturati nel purgatorio, e il visitatore che conserva la sua condizione di uomo terrestre. Fra i demoni ci sono quelli che accompagnano e tentano Owein, e quelli che torturano i condannati alle pene del purgatorio. Il loro status è identico, cambia solo la loro missione, la loro funzione.




Va osservato che le prove subite da quelli che sono nel purgatorio e da Owein consistono in un insieme strettamente legato di torture del corpo, di grida urli vociferazioni insopportabili accompagnate da calunnie ed insulti, ed inoltre di odori fetidi, di puzzi insostenibili, e contemporaneamente di spettacoli fra il terrificante e l’allucinante (il tutto a reti unificate…al canone convenute).
Si tratta dunque di un sistema che tocca tutto intero il corpo e le sue facoltà. Quattro dei cinque sensi sono interessati: la vista, l’olfatto, l’udito, il tatto… Solo il gusto ne sembra esente (perché?), ma non del tutto poiché per esempio uno dei supplizi consiste nell’essere immerso in recipienti pieni di metalli in ebollizione fino alla sopracciglia, o alle labbra, o al collo, o al petto, o all’ombelico o alle ginocchia, o con un piede o una mano…
…In altri casi la lingua sarà trapassata e torturata…(alla ‘bolla’ esiliata nel motto et araldo del fiero gesuita rinato…).




Non mi soffermo (per l’appunto) su codesto aspetto del sistema del purgatorio (o dell’inferno), ma non si deve dimenticare che i gesti dell’aldilà sono abitualmente inseriti in un insieme più ampio che interessa il corpo umano. Il tratto fondamentale nel sistema dei gesti di questo purgatorio è che ci sono da una parte personaggi che manipolano gli altri, che impongono loro i propri gesti, e dall’altro lato individui i cui gesti dipendono da questa azione cui sono sottoposti… Ci sono dei gesticolanti, nel senso attivo della parola, e, in senso passivo, dei gesticolati. I primi sono i demoni, i secondi gli uomini.
Dal punto di vista dei gesti, Owein passa per tre fasi. All’inizio e alla fine della sua avventura, quando è libero, o piuttosto quando non obbedisce che alla natura umana, fra peccato originale, libero arbitrio e grazia, egli discende – in questa concezione di un purgatorio sotterraneo – e poi risale. Durante tutta la fase centrale, la più lunga, attraversa luoghi situati allo stesso livello. Nel corso di tutta questa prova Owein è essenzialmente lo zimbello dei demoni che lo scortano e l’attaccano. E’ tirato, trascinato spintonato, aggredito. Deriso, umiliato ingannato derubato &.....




...calunniato… Ma dato che egli conserva la sua condizione di Perfetto  resiste vittoriosamente ai demoni e con essi al male, raramente i suoi gesti sono espressi con un verbo passivo, per lo più è soltanto il completamento oggetto dei gesti dei demoni. Durante gli intermezzi, invece, nei quali, avendo invocato il nome del suo Dio Straniero, ritrova una relativa indipendenza, egli prosegue il suo terreno cammino, esce, entra, giunge in uno dei luoghi successivi del purgatorio. D’altra parte, e per il vero in ogni luogo ove la materia conia la sua falsa moneta, i demoni insistono affinché torni indietro, giacché l’andar avanti nel progresso dello Spirito è tradire l’imbecillità della materia cui ogni falsità gesto & parola è cosa gradita nello gnostico Tempo qui rimembrato…



A tal proposito se il proponimento al censore di stato pare cosa poco gradita alla cultura osservata & globalizzata non certo servita in quanto il nutrimento al pozzo della vita è sì nutrito con diverso et avverso principio, giacché al feudatario rinato parrà cosa sgradita questo Trovatore narrare diversa impresa in quanto le sue gesta sono – in verità & per il vero – pura scemenza e concime cui nobilitare il volgo cui sbiadire l’ingegno in ognuno cresciuto cosicché scemarlo del tutto in altro ‘logo’ edificato è pur sempre sogno Orwelliano curato… E se lui riderà di me in questo Tempo rinato - senza freccia e maestro ad indicare passo smarrito al bosco della vita - io saprò ridere di lui all’Esilio cui costretto dalla sua insaziabile e profonda gola da cui scaturisce dubbia e breve parola… Non certo Poesia né Rima né Primitivo Frammento o Ingegno manifesto, se anche non si è cibato di quello… E rimembro in degna et arguta risposta alla ‘parabola’ cui servito, nonché il papa suo alla bolla convenuto, che in codesto Tempo ove ogni spirito rinato alla breve risata cui destina ogni sua calunnia dal bullo partorita la nostra essere diversa Natura dallo Spirito servita, la quale, come in ogni Trovatore o Perfetto che sia, la sua parola e gesto è la cosa sgradita…l’inizio manifesto del tempo numerato ove la persecuzione fu ed è sano principio predicato se pur ben vestito e comandato…
E rimembro diverso principio perseguito…
Prendi nota dall’Esilio della vera Storia e con essa della Memoria…














LA SFERA DELLA MORTE 1191-1911 (inversioni spazio-temporali ovvero la Freccia del Tempo) (2)











































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La sfera della morte

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La sfera della morte (3)













Colui che vi discendeva e vi trascorreva una notte vi subiva le pene del… purgatorio… Se resisteva ai demoni che lo tormentavano e lo tentavano, tornava sulla terra sicuro di andare in cielo purificato dai suoi peccati, poiché, convinto e terrificato dalla sua esperienza, aveva cura di fare penitenza e di condurre da quel momento una vita senza peccato.
Se, al contrario, si lasciava sedurre dai demoni, egli non tornava più, poiché veniva portato via nell’inferno. Questa prova era un’ordalia, un ‘lascia o raddoppia’ sulla salvezza eterna. Ad Owein viene dato avvertimento che resista tanto alle minacce che alle lusinghe dei demoni, e, qualora non si fosse sentito in grado di tener duro fino alla fine, non avrebbe dovuto far altro che invocare – ma solo in extremis – il nome di Gesù.




Trascinato da una corte di demoni, egli attraversa una serie di luoghi in cui ci sono uomini e donne che subiscono torture spaventose da parte dei diavoli. Alla fine del viaggio durante il quale  in ogni tappa egli è sfuggito ai demoni grazie all’invocazione del nome di Dio, riesce ad evitare di essere trascinato in fondo al pozzo dell’inferno in cui i demoni l’hanno gettato pronunciando il nome di Gesù; ed è questo che gli consente di uscire nuovamente dal pozzo, di attraversare vittoriosamente un ponte vertiginoso, stretto e scivoloso, finché arriva nel paradiso terrestre da dove gli viene additata la porta del paradiso celeste. Non gli rimane a questo punto che prendere la via del ritorno, che questa volta percorre senza incontrare ostacoli e, uscito dalla caverna in cui era disceso, si pente dei suoi peccati e si converte ad una vita di pietà.
Il Purgatorio descritto dal trattato del monaco di Saltrey è molto vicino all’inferno. E’ un inferno temporaneo al quale alla fine le anime, e coloro che vi cadono dentro, sfuggono. Tutto quello che vi accade, compresi i gesti che vi sono compiuti, vale pure per l’inferno, anche se con modalità relativamente attenuate e soprattutto con due differenze non prive di influenza sui gesti. Il purgatorio è una successione di luoghi che si trovano sullo stesso piano, lo si percorre con un cammino in pianura, non salendo o scendendo. E si tratta di un luogo aperto, di cui non si vedono i confini, da cui si esce, cui si sfugge.




Ma in questo testo – largamente influenzato dalla sua fonte principale, l’Apocalisse di Paolo, e cronologicamente situato alla fine del XII secolo, in un momento in cui il sistema del purgatorio non è ancora ben costituito -, alcuni gesti che in seguito saranno tipici del purgatorio non compaiono ancora: si tratta delle preghiere dei defunti che sono lì a purgarsi, preghiere rivolte ai visitatori perché, tornati sulla terra, avvertano i parenti di fare suffragi onde possano abbreviare il tempo della loro permanenza in purgatorio, preghiere rivolte a Dio nella speranza di raggiungerlo in paradiso cui teoricamente sarebbero destinati dopo un certo periodo.
Gli esseri che si aggirano nel ‘Purgatorium Sancti Patricidi’ appartengono a due categorie: uomini e demoni…
Fra gli uomini bisogna distinguere i morti dei due sessi – che sono delle anime, ma munite di una specie di corpo che fa sì che sentano le sofferenze materiali – torturati nel purgatorio, e il visitatore che conserva la sua condizione di uomo terrestre. Fra i demoni ci sono quelli che accompagnano e tentano Owein, e quelli che torturano i condannati alle pene del purgatorio. Il loro status è identico, cambia solo la loro missione, la loro funzione.




Va osservato che le prove subite da quelli che sono nel purgatorio e da Owein consistono in un insieme strettamente legato di torture del corpo, di grida urli vociferazioni insopportabili accompagnate da calunnie ed insulti, ed inoltre di odori fetidi, di puzzi insostenibili, e contemporaneamente di spettacoli fra il terrificante e l’allucinante (il tutto a reti unificate…al canone convenute).
Si tratta dunque di un sistema che tocca tutto intero il corpo e le sue facoltà. Quattro dei cinque sensi sono interessati: la vista, l’olfatto, l’udito, il tatto… Solo il gusto ne sembra esente (perché?), ma non del tutto poiché per esempio uno dei supplizi consiste nell’essere immerso in recipienti pieni di metalli in ebollizione fino alla sopracciglia, o alle labbra, o al collo, o al petto, o all’ombelico o alle ginocchia, o con un piede o una mano…
…In altri casi la lingua sarà trapassata e torturata…(alla ‘bolla’ esiliata nel motto et araldo del fiero gesuita rinato…).




Non mi soffermo (per l’appunto) su codesto aspetto del sistema del purgatorio (o dell’inferno), ma non si deve dimenticare che i gesti dell’aldilà sono abitualmente inseriti in un insieme più ampio che interessa il corpo umano. Il tratto fondamentale nel sistema dei gesti di questo purgatorio è che ci sono da una parte personaggi che manipolano gli altri, che impongono loro i propri gesti, e dall’altro lato individui i cui gesti dipendono da questa azione cui sono sottoposti… Ci sono dei gesticolanti, nel senso attivo della parola, e, in senso passivo, dei gesticolati. I primi sono i demoni, i secondi gli uomini.
Dal punto di vista dei gesti, Owein passa per tre fasi. All’inizio e alla fine della sua avventura, quando è libero, o piuttosto quando non obbedisce che alla natura umana, fra peccato originale, libero arbitrio e grazia, egli discende – in questa concezione di un purgatorio sotterraneo – e poi risale. Durante tutta la fase centrale, la più lunga, attraversa luoghi situati allo stesso livello. Nel corso di tutta questa prova Owein è essenzialmente lo zimbello dei demoni che lo scortano e l’attaccano. E’ tirato, trascinato spintonato, aggredito. Deriso, umiliato ingannato derubato &.....




...calunniato… Ma dato che egli conserva la sua condizione di Perfetto  resiste vittoriosamente ai demoni e con essi al male, raramente i suoi gesti sono espressi con un verbo passivo, per lo più è soltanto il completamento oggetto dei gesti dei demoni. Durante gli intermezzi, invece, nei quali, avendo invocato il nome del suo Dio Straniero, ritrova una relativa indipendenza, egli prosegue il suo terreno cammino, esce, entra, giunge in uno dei luoghi successivi del purgatorio. D’altra parte, e per il vero in ogni luogo ove la materia conia la sua falsa moneta, i demoni insistono affinché torni indietro, giacché l’andar avanti nel progresso dello Spirito è tradire l’imbecillità della materia cui ogni falsità gesto & parola è cosa gradita nello gnostico Tempo qui rimembrato…



A tal proposito se il proponimento al censore di stato pare cosa poco gradita alla cultura osservata & globalizzata non certo servita in quanto il nutrimento al pozzo della vita è sì nutrito con diverso et avverso principio, giacché al feudatario rinato parrà cosa sgradita questo Trovatore narrare diversa impresa in quanto le sue gesta sono – in verità & per il vero – pura scemenza e concime cui nobilitare il volgo cui sbiadire l’ingegno in ognuno cresciuto cosicché scemarlo del tutto in altro ‘logo’ edificato è pur sempre sogno Orwelliano curato… E se lui riderà di me in questo Tempo rinato - senza freccia e maestro ad indicare passo smarrito al bosco della vita - io saprò ridere di lui all’Esilio cui costretto dalla sua insaziabile e profonda gola da cui scaturisce dubbia e breve parola… Non certo Poesia né Rima né Primitivo Frammento o Ingegno manifesto, se anche non si è cibato di quello… E rimembro in degna et arguta risposta alla ‘parabola’ cui servito, nonché il papa suo alla bolla convenuto, che in codesto Tempo ove ogni spirito rinato alla breve risata cui destina ogni sua calunnia dal bullo partorita la nostra essere diversa Natura dallo Spirito servita, la quale, come in ogni Trovatore o Perfetto che sia, la sua parola e gesto è la cosa sgradita…l’inizio manifesto del tempo numerato ove la persecuzione fu ed è sano principio predicato se pur ben vestito e comandato…
E rimembro diverso principio perseguito…
Prendi nota dall’Esilio della vera Storia e con essa della Memoria…
















martedì 13 marzo 2018

LA SFERA DELLA MORTE 1191-1911 (4)

















Precedenti capitoli:

La sfera della morte (3/1)

Prosegue in:

Il modo giusto di sbagliare 1891-1981 (5)












                                               1911


Owein attraversa successivamente un prato nero, quattro campi, un posto occupato da un’immensa ruota di fuoco…

Ed eccoci d’incanto in altro secolo affranto…





Mi sono chiesto spesso cosa avrebbe fatto il babbo se avesse saputo che proprio in quell’anno avevo anche bevuto il mio primo sorso di whisky. Era successo durante le nostre vacanze estive a Muskegon. Mi avevano dato dei piccoli sorsi di birra anche da bambino. Molte persone in quegli anni pensavano che la birra fosse una bevanda sana, a metà tra un tonico e una medicina. Le attribuivano persino una integrità morale, parlando di un’onesto boccale di birra.
Ma per il whisky era diverso.  
Come ci dicevano i preti e gli editoriali dei giornali, il whisky era il male in persona, e sembrava che venisse distillato all’inferno.
Il mio primo bicchiere me lo feci con un amico di Bluffton, Lex  Neal. A quei tempi aveva 19 anni, due più di me, poi diventò un autore di testi di canzoni, e scrisse anche le gag per me. Era stato appena lasciato dalla bellezza locale, ed ero indignato più io che lui. Ma non mi ricordo più il suo nome. Mi ricordo che era la figlia del Commissario per gli Acquedotti della Contea di Muskegon. ‘Ti proverò che sono un amico vero’, gli dissi, ‘non facendoti ubriacare da solo. Mi ubriacherò anche io’.
Sembrava un giorno perfetto.




Oltre alla tragedia amorosa di Lex, la nostra squadra di baseball aveva perso l’ennesima partita. Né io né Lex avevamo il coraggio di chiedere una bottiglia di whisky nell’unico bar di Bluffton, la Pasco's Tavern. Chiedemmo al signor Feeney, il proprietario di un campeggio per turisti, di comprarla per noi. L’impresa presentava però una difficoltà, perché il campeggio - che poi erano baracche e tende per chi voleva fare dei picnic - era su un rialzo del terreno alto venti metri. Si arrivava al campeggio di Feeney salendo una traballante scala a pioli. Quando il gentile Feeney tornò con il whisky, io e Lex bevemmo tutta la bottiglia in due scambiandoci riflessioni filosofiche sulla perfida natura delle donne. Ci promettemmo anche reciprocamente di non sposarci mai, per quanto fossero belle le ragazze che volevano intrappolarci.
Al calar della sera io ero cotto. Ma Lex, forse perché aveva avuto qualche altra esperienza con il whisky, era in condizioni un po’ migliori delle mie. Fece del suo meglio per aiutarmi a scendere dalla scala a pioli di Feeney. Ma era una notte senza luna, e dopo uno scalino o due caddi giù senza farmi male, perché la sabbia era soffice e coperta da erba molto folta. La mia caduta fece capire a Lex che non ero in grado di andare a casa.



Mi portò a casa sua dove la madre, una vecchia fragile donna del Sud che fumava con una pipa di tutolo, mi mise a letto e mi aiutò, il mattino dopo, a superare i postumi della terribile sbornia. Dopo quell’esperienza non ho bevuto mai più il whisky fino a quando, anni dopo, non andai soldato nella Prima guerra mondiale.
Per circa dieci anni la mia vita seguì lo stesso andamento, fatto di estati di sogno a Booth Tarkington e di inverni passati a fare il clown in giro per la nazione. Mi è sempre piaciuto esibirmi. Ma era un lavoro duro, e c’erano dei momenti in cui non era molto divertente. Per esempio capitò, era una mattina di lunedì, che dovemmo allungare a un’ora e mezza il nostro show di 17 minuti mentre lo spettacolo che veniva dopo di noi sistemava l’attrezzatura dietro le quinte. Quell’attrezzatura era difficile da montare, lo show era una acrobazia motociclistica chiamata ‘Il Giro della Morte del dottor Clark’.
Era un’immensa sfera fatta di strisce (di spirituale forza) di acciaio poste a poca distanza l’una dall’altra. Un ‘motociclista’ vi entrava dentro, cominciava andando piano nella parte inferiore della sfera, poi accelerava e saliva sempre più in alto. L’apice dello spettacolo veniva quando cominciava a fare il giro della morte, a testa in giù, dentro la sfera… Dopo un po’ il direttore ci fece segno che erano arrivate le sezioni della Sfera della Morte. Potevamo sentire i macchinisti che la montavano dietro le quinte. Ma ci sarebbe voluto un sacco di tempo. Quando non riuscimmo a pensare ad altro, il babbo urlò:
‘Tirate su il sipario!’.  




Dietro stavano ancora cercando di mettere insieme la ‘Sfera della Morte’. Io e il babbo ci mettemmo a lavorare di buzzo buono, aiutando i macchinisti, in realtà intralciandoli, facendoci inchiodare i pantaloni e altri pezzi di vestiario alla grande sfera. Nonostante il nostro aiuto alla fine riuscirono a mettere insieme quell’affare, che era puntellato da tutte le parti da travi d’acciaio. A questo punto eravamo stati sul palcoscenico per un’ora e 35 minuti...
Per certe ragioni il babbo si trovava meglio a fare a botte con più di un uomo alla volta. Penso che lo considerasse più divertente per gli avversari. Di certo la sua capacità di combattere con i piedi lo aiutò un sabato quando entrò al Considine’s Metropole, il posto in cui si ritrovavano le personalità dello sport a New York. Il babbo era solo. La mamma giocava a carte alla Ehric House, e io osservavo il gioco.
Tre universitari entrarono ed esplosero in pazze risate alla vista di un omino barbuto al bar.
‘Vieni qui, ebreuccio’, disse uno di loro. ‘Vieni a far festa con noi’. Poi cominciarono a prenderlo in giro e a dargli noia, raggiungendo il massimo del divertimento quando gli abbassarono il cappello sugli occhi. 




‘Lasciatelo stare’, disse mio padre.
‘Allora devi essere ebreo anche tu’, disse uno dei ragazzi.
‘Vi ho detto di lasciarlo stare’, urlò mio padre quando gli altri due cominciarono a spingere l’uomo.
Il terzo disse a mio padre: ‘Ti ho fatto una domanda. Sei ebreo?’  
‘Certo’, annunciò il babbo, facendo rimanere a bocca aperta il barista, che lo conosceva da anni come irlandese. Gli universitari andarono verso di lui. Uno tirò un pugno. Il babbo lo evitò, sistemò uno di loro con i piedi, e con un montante destro fece volare il terzo attraverso la vetrina di Considine’s.
Il barista e il piccolo ebreo guardarono stupiti i vetri e i due giovani aitanti a terra.
‘Bene, cosa ordina signor Keaton?’, disse il barista. Joe si massaggiò le nocche della mano destra mentre pensava, poi disse: ‘Una birra’. Disse poi che stava per offrirne una al piccolo ebreo, ma decise che aveva già fatto abbastanza per lui.
Nel frattempo mentre si beveva la sua birra, uno dei camerieri uscì dal bar e chiamò il grasso poliziotto che era di ronda. Andando con il babbo alla stazione di polizia, il poliziotto chiese: ‘Perché non sei scappato?’.




Un sorriso si allargò sulla faccia di Joe: ‘Ora è troppo tardi?’.
‘Sì’, disse tristemente lui, ‘Ora è troppo tardi. Il sergente sa già tutto’.
Io e la mamma lo venimmo a sapere quando George Howard, degli Howard Brothers, un grande gruppo di suonatori di banjo, irruppe nella sala in cui si giocava a carte. Era il momento sbagliato: la mamma aveva appena puntato 350 dollari a picche, e picche vale doppio. ‘Myra’, esclamò George, ‘Joe è nella stazione di polizia della 47sima ovest. Ha steso tre ragazzi da Considine’s. La cauzione è 250 dollari’.
La mamma che doveva mettere dei guanciali per sedere allo stesso livello degli altri al tavolo, guardò fissi gli altri due giocatori. ‘Apro di 350’, disse con tono aggressivo.
George pensò che la mamma non avesse sentito.
‘Myra, ho detto che Joe è in prigione e...’.
La mamma gli fece segno di stare zitto.
Quando nessuno rispose alla puntata, mise giù la sua scala, giocò la mano e vinse facilmente. Si girò verso George solo dopo aver raccolto la somma vinta e chiese: ‘Di quanto ha bisogno Joe per la cauzione?’.
‘Due e cinquanta. 250 dollari, cioè’.
La mamma si piegò verso la sua borsetta, tirò fuori i soldi, li dette a George Howard, facendogli segno di andare, e disse: ‘Va bene, date le carte..’.

(J. Le Goff  & G. Rossetti & Buster Keaton, Memorie a rotta di collo)