giuliano

lunedì 12 marzo 2018

IL MODO GIUSTO DI SBAGLIARE 1981-1891 (6)









































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Il modo giusto di sbagliare 1891-1981 (5/1)

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1891- Decifrare l'uomo che fu e sarà (7)













....Nei quali dichiara anche lui di avvalersi di un informatore indio, il lettore di ‘quipu’ Chuarurac – Oliva firma con la sigla Jao e allega al manoscritto un Frammento di ‘quipu’ di lana che aveva trovato nella grotta di Acatanga, in Bolivia. Quindi inserisce nel manoscritto tre fogli, disegnati e firmati Blas Valera, ove è raffigurato un ‘quipu’.

CILE 1737: A Concepciòn, un indio in punto di morte consegna il ‘quipu’ di lana e il manoscritto al gesuita Padre Pedro de Illanes, il quale vi aggiunge un appunto in spagnolo e la copertina col titolo ‘Historia et rudimenta linguae piruanorum’ (Storia e rudimenti della lingua dei peruviani).

ITALIA 1744: Pedro de Illanes è in Italia e vende il manoscritto e il frammento del ‘quipu’ di lana a Raimondo di Sangro, erudito e alchimista noto come Principe di Sansevero.

ITALIA 1927: Il duca Amedeo di Savoia-Aosta regala il manoscritto e il ‘quipu’ al suo compagno d’armi Riccardo Cera, al quale scrive una dedica sull’ultima pagina del documento.

ITALIA 1951: Il gesuita Carlo Miccinelli, cognato di Antonio Cera, inizia un’indagine sul manoscritto di famiglia e mostra il ‘quipu’ di lana a Lidio Cipriani, ex direttore del museo di Antropologia di Firenze, ed a Paul Rivet, uno dei fondatori del Musée de l’homme di Parigi, i quali si dichiarano interessati all’acquisto del reperto…

ITALIA 1981… circa: Clara Miccinelli, affronta la lettura della parte scritta in latino che così inizia:....




‘Queste notizie che io reputo, per mia conoscenza, di ricordo del popolo peruviano, le trascrivo così come me le ha riferite l’ex ‘curaca’ Mayachac Azuay, giunto a Cuzco, quando i Conquistadores giustiziarono Tupac Amaru (ultimo Inca del Perù, catturato e messo a morte dagli spagnoli nel 1571). Tale ‘curaca’ m’ha fornito molte notizie interessanti, soprattutto sul gesuita padre Biagio Valera che, per l’intero popolo peruviano, essendo gli meticcio, fu non solo guida spirituale, ma in specie loro difensore. L’anziano nobile ‘curaca’ conobbe di persona il Reverendo Padre Valera, il quale fu molto infastidito dai suoi stessi Confratelli, perché s’era schierato contro le torture praticate dagli Europei e dagli Spagnoli, per estorcere l’oro, nonché contro i Sacerdoti cristiani. Il padre Valera non voleva che alcuni di questi ultimi usassero falsamente il nome di Gesù, per accusare di idolatria il popolo, cui Egli pure apparteneva per metà, in quanto la religione da esso professata era molto simile alla Cattolica… Al padre Biagio Valera furono sottratti tutti i suoi libri nonché i suoi meticolosi scritti sugli usi e costumi dei peruviani e sulle scorrettezze dei nuovi conquistatori e prelati. Ma alcuni suoi fogli manoscritti, per fortuna, li consegnò ad un suo discepolo di nobile discendenza incaica…’. 




…Quindi l’autore affronta una complessa spiegazione della struttura della lingua incaica, ne fornisce una breve grammatica e – infine – rivela interessanti notizie sui ‘quipu’: ‘…c’è il ‘quipu’ solo per constatare e dire cose comuni, noto a tutti, e quello per raccogliere i segreti della religione delle caste, conosciuto dai Sovrani, dalle Vergini del Sole, dai Sacerdoti, dai Filosofi. Ecco, proprio questi meravigliosi ‘quipos’, che il padre Biagio Valera sapeva ben leggere, sono stati in massima parte distrutti dai conquistatori. I più importanti di quelli rimasti – poiché i preti cattolici volevano impadronirsene - i Capi li raccolsero e chiusero in Arche di oro non maturo che essi fondevano con un procedimento segreto. Tali Arche le immersero nel lago Titicaca e nella valle dell’Orcos. Ad ogni Arca era stata fissata una grossa pietra al fine di imprigionarla al fondo…’.
Dopo aver così confermato l’esistenza di ‘quipu’ letterari, l’autore dice che questi documenti fatti di cordicelle ‘parlavano’ in base ad una struttura sillabica intelligibile solo da chi era a conoscenza di una serie di parole ‘crittografate’ di cui fornisce un breve elenco. Lo scritto termina con la sigla Jac (Joan Antonio Cumis) preceduta dalla data poco leggibile, forse il 1610.




A questo punto la Miccinelli si sofferma su tre piccoli fogli del manoscritto ove compaiono alcuni disegni firmati da Blas Valera; disegni che sembrano raffigurare un ‘quipu’, i numeri che coprono intere pagine del prezioso manoscritto si trasformano in lettere per raccontare un’incredibile storia, siglata questa volta Jao (Joan Anello Oliva) e datata 1637.
Dopo aver sostenuto l’origine unica di tutte le religioni, Jao-Oliva espone una stravagante teoria secondo la quale gli Inca sarebbero arrivati nelle Americhe dalla Tartaria, e poi spiega di essere costretto a celarsi dietro uno pseudonimo per la costante paura che i conquistatori, o meglio gli usurpatori…, dessero mandato di rappresaglia ai suoi diretti superiori della Compagnia che certo non avrebbero accettato la divulgazione delle notizie contenute nel manoscritto. Quindi la cosa più importante motivo della chiave della Storia qui narrata e conservata è data su tre argomenti principali: Pizarro, i ‘quipu’ e Blas Valera.

Eccola in sintesi…




‘PIZARRO il Conquistatore si presentò al drammatico incontro con l’Inca Atahualpa in compagnia di tre domenicani e avvelenò i capi dell’esercito peruviano con vino all’arsenico. ‘Di fatto’, premette Joa, ‘i conquistatori durante i loro viaggi di conquista portavano seco tanto vino moscatel che permetteva meglio il contrabbando di oggetti preziosi con gli indios. Il Pizarro si accompagnava nelle sue scorribande con i frati domenicani fra cui Joannes Yepes, ed in seguito nel contrasto sorto con lo stesso domenicano circa la gestione e il conforto della parola di Gesù, lo pugnalò a tradimento gittandolo poscia da un dirupo. L’interesse in nome dell’industriosa conquista o Giubileo imposto agli Indios decretarono siffatto sacrificio in nome della ricchezza.
Gli Indios non ebbero giammai nota la verità!
Il domenicano Padre Ciprianus riferisce che Pizarro ad Ata Ualpa Inga offerì in principio moscato sincero, poscia gliene dette picciola pozione falsa, doppo che havea avvelenato le guardie rege. In tal guisa don Francisco restò sicuro della vittoria, tant’è che procedette senza niuno impedimento alla cattura del Re. Per conseguente Ata Ualpa, avvelendosi della moria de’ suoi uomini, credette esservi il volere di una forza divina…’.




Così Jao-Oliva scopre che in Spagna Valera aveva scritto una storia degli Inca e della Conquista ma, non potendola pubblicare pena torture confische e interdizione…, la consegnò al cronista Garcilaso de la Vega il quale però, utilizzò il testo di Valera censurandolo di quanto poteva essere per lui troppo rischioso. Nel 1598, dopo aver consegnato i suoi appunti ad il cronista, Valera tornò segretamente in Perù dove venne aiutato a nascondersi a Cuzco dal suo confratello Goncalo Ruiz ed entrò in contatto con Oliva. Qui i tre gesuiti misero a punto un ambizioso per quanto veritiero ed articolato progetto rispondente ad una più certa verità storica occultata per secoli… in base agli appunti di Valera……

(E. Weisz & ......)














     

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